Gli anni della depressione tra il 1929 e il 1945

La depressione si manifestò con la disintegrazione dei prezzi azionari la dissoluzione del sistema valutario internazionale e la caduta dei prezzi mondiali infine con il declino della produzione industriale e agricola. Nel mondo industrializzato c’erano, nel 1932, 30 milioni di disoccupati. Il mondo fu colto impreparato infatti nel 1928 il presidente della General Motors Alfred Sloan si disse convinto che la situazione fosse solidissima ed anche il direttore della national bank Goldschmidt proclamò la rinascita del capitalismo quando in realtà la sua banca sarebbe fallita nel 1931. Fu anche a causa di affermazioni del genere che la crisi generò un forte sentimento di sfiducia nei confronti del sistema capitalistico.

Per gli Stati Uniti la caduta della produzione industriale ammontò al 45 per cento. In Danimarca Norvegia e Germania era disoccupato un lavoratore su 3. Gli Stati Uniti erano la parte dominante del centro industriale e gli spettacolari rialzi della borsa valori di New York del 1928 avevano prodotto speculazioni record. L’economia mondiale fu colpita in vari modi dagli avvenimenti Americani dato che vi era una forte dipendenza dai crediti Americani anche nei paesi altamente industrializzati tra i quali sopratutto la Germania. Nel 1930, Hoover appose la propria firma alla legge che introduceva la tariffa Smooth-Hawley uno degli aumenti più generali dei dazi sulle importazioni nella storia del commercio internazionale. Questo aggravò la crisi in quanto i paesi debitori trovarono ancora più difficile esportare le loro merci negli Stati Uniti per procurarsi la valuta necessaria per restituire i prestiti Americani. I prestiti esteri Americani si azzerarono e le banche Americane intensificarono le loro richieste di restituzione dei prestiti più consistenti.

La crisi contagiò poi le economie europee attraverso la contrazione della domanda Americana di prodotti esteri. Gli investimenti in Germania furono praticamente azzerati. La Germania aveva bisogno dei capitali Americani per ripianare i debiti di guerra inoltre in Germania i crediti esteri venivano convertiti in risorse industriali. Il ritiro dei capitali poteva significare guai seri per le banche tedesche. Un altro punto debole era il sistema bancario Americano formato da una moltitudine di piccole banche con riserve limitate. Tra il 1930 e il 1933 fallirono quasi 9.000 banche Americane. Il crollo finale si ebbe nel 1931 quando la Bolivia mancò di far fronte al proprio debito estero presto imitata da altri paesi latino americani.

La banca austriaca fallì e il suo crollo si fece sentire in Cecoslovacchia Ungheria Polonia e Romania. Nel mese di giugno la dichiarazione del cancelliere Bruning secondo cui la Germania non era in grado di continuare a pagare le riparazioni provocò un assalto alle banche tedesche. Il governo tedesco fu costretto ad intervenire a sostegno delle banche acquistando titoli. La crisi finanziaria della Germania e dell’Europa centro orientale si propagò rapidamente al mercato monetario londinese attraverso il quale transitava il flusso internazionale di capitali destinato ai paesi di quella regione. Nel 1931 la fuga della sterlina e il conseguente deflusso di oro raggiunsero livelli tali che il parlamento dovette sospendere l’obbligo per la banca d’Inghilterra di cambiare sterline in oro.

Altri paesi seguirono presto l’esempio britannico e alla fine del 31 erano 32 i paesi che avevano abbandonato il gold standard e quando nel 35 Roosevelt abbandonò il gold standard fu la fine di questo sistema. Il crollo di Wall Street del 1929 è diventato il simbolo dell’inizio della grande depressione e fu provocato dal ritiro dei capitali stranieri. Le aziende che avevano finanziato i propri investimenti attraverso azioni furono costrette a tagliare le spese. Le forze conservatrici continuarono a nutrire fede nella politica economica liberale ortodossa. Quasi tutte le strategie attuate per superare la crisi si basavano su una politica deflazionistica di austerità. Le politiche restrittive avevano lo scopo di impedire il deflusso di oro e valute estere di tagliare le spese e aumentare le entrate per pareggiare i bilanci statali.

Al contrario però gli alti tassi d’interesse il maggior peso fiscale e la stretta alla spesa pubblica rafforzarono la crisi. Tra le misure commerciali figuravano dazi più elevati e divieti di importazione che provocarono un’ulteriore contrazione degli scambi favorendo la disintegrazione dell’economia mondiale. Alla fine degli anni 20 al di fuori dell’Europa industrializzata e degli Stati Uniti la maggioranza dei paesi dipendeva ancora dalla produzione di materie prime e generi alimentari. Il loro sviluppo dipendeva dall’afflusso di capitali esteri quindi la depressione si propagò rapidamente soprattutto in America latina e africa. Fatto più importante la produzione industriale mondiale proveniva in particolare dagli Stati Uniti.

Per alcuni prodotti, una domanda stagnante e un’offerta crescente portarono alla potenziale sovrapproduzione: frumento zucchero caffè gomma stagno piombo lana e cotone. Questa diminuzione delle quantità esportate e dei prezzi dava come risultato un calo di oltre il 50 per cento. L’offerta non si dimostrò flessibile e si continuò a produrre come al solito o persino ad incrementare la produzione in modo che le scorte raggiunsero livelli altissimi. Il calo della domanda di generi alimentari e materie prime nei paesi industrializzati provocava una corrispondente riduzione dei guadagni dei produttori primari i quali a loro volta riducevano gli acquisti di prodotti industriali.

Diversi paesi in particolare nell’Europa sud orientale e del medio oriente non onorarono i propri debiti. Non vi furono vere e proprie sanzioni per tali inadempienze. Il problema del debito costituì un peso ulteriore. Non esiste una spiegazione generalmente accettata per la crisi. Alcuni fattori poterono essere la sovrapproduzione e politiche monetarie creditizie e commerciali poco illuminate. È possibile che una responsabilità vada attribuita alla transizione ai beni di consumo di massa come riflesso di mutamenti tecnologici.