Valutazione delle obbligazioni

Per valutare le obbligazioni bisogna ragionare su due aspetti: il rendimento e il rischio.

Cominciamo a parlare di rendimento partendo dai titolo più semplici, quelli senza cedola, che sono i più facili da capire, ma anche da valutare. Nei titoli senza cedola abbiamo semplicemente un flusso iniziale e un flusso finale, perciò abbiamo una sola tipologia possibile di rendimento, che può però essere presentato in modi diversi.

Innanzitutto, precisiamo che il prezzo delle obbligazioni non viene indicato con un valore monetario, ma attraverso un’indicazione in percentuale del valore nominale, ossia del valore di rimborso. Quindi, se diciamo che il prezzo è uguale a 100 (P=100), significa che il titolo obbligazionario sta negoziando al 100% del suo valore nominale. Quando il titolo negozia a 100, si dice che il titolo quota alla pari. Se il titolo negozia sotto a 100 (es.: P=98 ® 98% del valore nominale), si dice che il titolo quota sotto la pari; se il titolo negozia sopra a 100 (es.: P=104 ® 104% del valore nominale), si dice che il titolo quota sopra la pari. A meno che non sia previsto diversamente, tutti i titoli rimborsano alla pari (tranne nel caso in cui abbiano il capitale indicizzato, che però noi non analizzeremo).

Quindi, valutando i titoli senza cedola, il rendimento sarà dato dalla differenza tra il prezzo di rimborso (o di vendita, se vendo il titolo prima della scadenza) e il prezzo di emissione (o di acquisto, se ho acquistato il titolo dopo l’emissione), rapportata al prezzo di emissione/acquisto.

RDI PERIODO = (PR/V – PE/A) / PE/A

Si parla di rendimento di periodo perché è il rendimento che ottengo durante il periodo di detenzione. Questa indicazione, tuttavia, non è sufficiente per confrontare il rendimento di titoli diversi, perché non tutti hanno la stessa scadenza, ossia lo stesso periodo di detenzione. Per confrontare il rendimento di titoli diversi dobbiamo trasformare i rispettivi rendimenti di periodo in rendimenti annualizzati. Per effettuare questa trasformazione, dobbiamo innanzitutto stabilire se utilizziamo la capitalizzazione semplice o la capitalizzazione composta e se facciamo riferimento all’anno solare o all’anno commerciale. In teoria, il calcolo potrebbe essere svolto in qualunque modo, ma, in realtà, ci si basa su alcune convenzioni.

Tutti i titoli di mercato monetario (con scadenza inferiore a 12 mesi) esprimono il rendimento su base annua ricorrendo all’anno commerciale e al principio di capitalizzazione semplice. Si sceglie la capitalizzazione semplice perché, solitamente, si comincia a reinvestire i flussi solo a fine anno, perciò non avrebbe senso utilizzare la capitalizzazione composta per titoli con scadenza inferiore a 12 mesi.

RSU BASE ANNUA = RDI PERIODO * (360 /·gg) *(·100) —> se si vuole ottenere un valore in % e non decimale.

I titoli con scadenza superiore ai 12 mesi (ad esempio i BTP), invece, esprimono il rendimento su base annua ricorrendo all’anno solare e al principio di capitalizzazione composta.

Passando ad analizzare il rendimento dei titoli con cedola, bisogna prendere in considerazione diverse variabili:

  • flusso cedolare;
  • differenziale di prezzo (PR – PE);
  • valore finanziario del tempo.

Esistono diversi modi per calcolare il rendimento dei titoli con cedola, ma non tutti questi metodi sono completi.

1. Tasso di rendimento nominale: TRN = C / PR (VN)

Il tasso di rendimento nominale è il più facile da calcolare, ma ha dei limiti importanti. Infatti, tiene conto del flusso cedolare ma non lo misura adeguatamente, perché non considera che il prezzo di acquisto potrebbe essere diverso dal valore nominale, ossia non considera il capitale investito. Inoltre, non tiene in considerazione il differenziale di prezzo, ossia non misura il guadagno/perdita in conto capitale, e non tiene in considerazione nemmeno il valore finanziario del tempo.

Da tutti i punti di vista, si tratta di un indicatore non accettabile, ossia non adeguato a calcolare il rendimento.

2. Tasso di rendimento immediato: TRI = C / PA

Anche il tasso di rendimento immediato è semplice da calcolare, ma presenta dei limiti notevoli. Infatti, misura adeguatamente il flusso cedolare, perché tiene conto del capitale investito, ma, a parte questo, presenta gli stessi difetti del tasso di rendimento nominale, ossia non misura il guadagno/perdita in conto capitale e non tiene in considerazione il valore finanziario del tempo. Nuovamente, abbiamo in indicatore non adeguato del rendimento che possiamo ottenere.

Tasso di rendimento effettivo (a scadenza): il tasso di rendimento effettivo a scadenza è quel tasso che, utilizzato per attualizzare i flussi di cassa generati dal titolo obbligazionario, rende la somma di quei valori attuali pari al prezzo di acquisto del titolo (oggi). Questo è un indicatore del rendimento completo perché:

  • tiene in considerazione il flusso cedolare (tutti i flussi di cassa sono inseriti nella formula);
  • tiene in considerazione il differenziale di prezzo (tra i flussi di cassa c’è anche il prezzo di rimborso);
  • tiene in considerazione il valore finanziario del tempo (è il tasso che uso per attualizzare).

Il TRES è l’indicatore tipicamente usato per valutare i titoli obbligazionari con cedola.

Vediamo le ipotesi alla base del calcolo del TRES (sono ipotesi matematiche, che poi vanno ad influenzare anche finanziariamente il rendimento che stiamo valutando):

  • il titolo viene detenuto in portafoglio fino alla scadenza: il TRES si ottiene solo se l’ultimo flusso è pari al prezzo di rimborso, al valore nominale (è un’ipotesi in realtà superabile);
  • tutti i flussi di cassa generati dall’investimento vengono istantaneamente reinvestiti al TRES.

Siamo arrivati alla conclusione che l’indicatore completo per la valutazione del rendimento dei titoli senza cedola è il TRES (R).

Nel caso di titoli con cedola fissa, i flussi di cassa saranno noti, così come saranno noti i momenti in cui questi flussi di cassa vengono pagati e il valore nominale con cui il titolo rimborsa a scadenza; le incognite, quindi, potranno essere il rendimento (R), se è dato il prezzo di acquisto, oppure il prezzo di acquisto (P), se è noto il rendimento. Nel mercato, si osserveranno sempre dei prezzi, che in realtà sono una funzione dei tassi (P = f(R)): esiste quindi una relazione tra prezzo, tasso e flusso cedolare. Vediamo di che tipo è questa relazione:

– se R=CED ® P = 100. Supponiamo che il titolo paghi il 5% e che il mercato chieda un rendimento pari al 5%: tutto il rendimento richiesto deriverebbe dalla cedola, ossia il rendimento richiesto sarebbe uguale al rendimento offerto. Perciò, il titolo quota alla pari;

– se R>CED ® P<100. Supponiamo che il titolo paghi il 4% e che il mercato chieda un rendimento pari al 5%: per ottenere effettivamente il 5%, gli investitori dovranno pagare un prezzo inferiore al valore nominale del titolo. Perciò, il titolo quota sotto la pari;

– se R<CED ® P>100. Supponiamo che il titolo paghi il 5% e che il mercato chieda un rendimento pari al 4%: gli investitori otterranno il 4% solo se il prezzo del titolo è superiore al suo valore nominale. Perciò, il titolo quota sopra la pari.

Se osserviamo i prezzi, possiamo ricostruire le relazioni esistenti a monte, in termini di segno.

Non verrà mai chiesto di calcolare il TRES, perché non esiste una formula chiusa, bensì si utilizza un principio interattivo. Tuttavia, può venire richiesto di recuperare dei TRES.

Esempio: un titolo quota a 102 e la sua cedola è pari al 4%. Qual è il TRES del titolo?

a) 3% b) 5% c) 4%

Bisognerà quindi ragionare sulla relazione esistente tra prezzo, tasso e flusso cedolare: se il titolo quota sopra la pari, il tasso richiesto deve necessariamente essere inferiore al tasso cedolare, quindi l’unica risposta possibile sarà la a).