Il rischio di credito

Il rischio di credito è il rischio tipico di intermediari finanziari di tipo creditizio, come banche, società di titoli, società di credito al consumo, ecc. È un rischio puro, non simmetrico, nel senso che può portare esclusivamente a perdite per l’intermediario finanziario.

Il rischio di credito si definisce, innanzitutto, come rischio di inadempienza a scadenza, o comunque alle scadenze contrattuali alle quali chi ha ottenuto il prestito dovrebbe restituire parte del capitale e pagare gli interessi. Questa è l’accezione più tradizionale.

Tuttavia, il rischio di credito fa anche riferimento al rischio di deterioramento della qualità del debitore: dal momento in cui il finanziamento è erogato e per tutta la sua durata, il debitore può peggiorare la propria qualità. Infatti, è possibile che un soggetto che inizialmente è stato valutato dalla banca come un buon pagatore, in seguito incorra in eventi che riducono la sua capacità di solvenza, ossia il suo merito di credito. In questa fattispecie troviamo, ad esempio, gli incagli, le sofferenze, i crediti ristrutturati, i crediti sconfinati e i crediti scaduti.

– Incagli. La difficoltà del debitore è solamente temporanea: il debito si incaglia perché il debitore ha difficoltà a restituirne una parte, ma ci sono prospettive di ripresa.

– Sofferenze. Il debitore si trova in una situazione da cui difficilmente sarà in grado di riprendersi: la banca non ha ancora perso definitivamente la speranza di recuperare il proprio prestito, ma dispera abbastanza.

– Crediti ristrutturati. Sono quei crediti in fase di sofferenza che vengono gestiti dalla banca in modo da poter recuperare almeno in parte la somma concessa e da non interrompere la relazione con il cliente: ad esempio si possono ritardare e riprogrammare le scadenze, oppure applicare condizioni di facilitazione, come un ribasso del tasso di interesse.

– Crediti sconfinati. Sono quei crediti che prevedono un tetto massimo, che è stato oltrepassato dal debitore. L’esempio più classico è rappresentato dai tetti posti alla possibilità di sconfinare sul proprio conto corrente: il titolare del conto corrente può sconfinare sul proprio conto fino a una certa somma, che non dovrebbe mai oltrepassare.

– Crediti scaduti. Il debitore tarda a pagare le quote di capitale o di interesse oltre una certa data, ossia è in mora. Ci sono date precise oltre le quali il credito è considerato in mora: 90 giorni per le imprese e 180 giorni per le famiglie e gli enti pubblici.

Le componenti del rischio di credito

Vi sono alcune componenti che la banca deve valutare per capire quanto sia esposta al rischio di credito.

  1. Ammontare erogato ¹ RC (l’ammontare erogato non è sinonimo di rischio di credito). Supponiamo che la banca abbia concesso un mutuo da 300.000€: al debitore verrà presentato un piano di ammortamento dove vengono indicate le rate da pagare e le scadenze a cui pagarle. Supponiamo che si tratti di un mutuo trentennale con scadenze annue, e che il debitore paghi regolarmente per i primi cinque anni. Dopo il quinto anno, invece, va in default e non riesce a rimborsare la sesta rata. In questo momento, la quota di mutuo ancora da rimborsare non è più quella iniziale, ma è pari a 250.000€, perciò l’ammontare del rischio di credito corrisponde a questa somma e non al credito erogato al tempo 0, ossia 300.000€.
  2. EAD (esposizione al default): la prima componente del rischio di credito è, quindi, l’esposizione al default, che corrisponde alla cifra che deve ancora essere restituita alla banca al momento del default. PD (probabilità di default): la seconda componente del rischio di credito è la probabilità di default, ossia la probabilità che il debitore vada in default prima della restituzione del prestito. Questa componente spiega ulteriormente il motivo per cui l’ammontare erogato non è sinonimo di rischio di credito: se una banca concede a due clienti un prestito di pari ammontare, non è detto che il rischio di credito sia uguale per entrambe le operazioni, dal momento che i clienti avranno diversa qualità. LGDR (rischio di perdita in caso di insolvenza): la terza componente del rischio di credito è il rischio di perdita in caso di insolvenza, che dipende dalle garanzie che sono state poste a copertura del credito. Supponiamo che la banca abbia erogato un prestito per 100 e che il debitore abbia posto a garanzia un immobile di valore pari a 80: in caso di insolvenza la banca può vendere l’immobile posto a garanzia recuperando 80, perciò la perdita sarà pari alla parte residuale, 20. EL (perdita attesa) = PD x LGDR x EAD. La banca deve stimare il valore medio di tutte queste componenti (PD e LGDR sono percentuali) e per farlo, usa tecniche statistiche che si basano sulle sue esperienze passate (ad esempio, prima di finanziare un’impresa, la banca valuterà quante imprese di dimensioni simili sono andate in default negli anni precedenti). Si tratta quindi di stime piuttosto fragili.
  3. Perdita inattesa. La banca deve cercare di stimare quanto potrebbe essere la perdita in media; tuttavia, se quando l’evento di insolvenza si verifica la perdita è maggiore, la banca non sarebbe coperta adeguatamente: nasce perciò l’esigenza di stimare anche la perdita inattesa. Un modo per farlo è considerare la distribuzione della probabilità delle perdite attese, individuare il valore medio della perdita attesa e poi valutare la dispersione delle perdite rispetto a quella attesa, ossia alla media.
  4. Diversificazione: la banca può cercare di mitigare il rischio di credito a livello di portafoglio crediti, se compone tale portafoglio di crediti il cui andamento non è correlato. Quindi, per valutare il rischio di credito bisogna prendere anche in considerazione tutti i crediti che la banca eroga. In caso di andamento assolutamente non correlato, la perdita è nulla (caso estremo e inverosimile)

Probabilità di default e rischio di perdita in caso di insolvenza (PD e LGDR)

Le banche hanno sempre valutalo PD e LGDR, che in generale sono il profilo del debitore e il profilo delle garanzie. Nel momento in la banca deve decidere se concedere o meno un finanziamento deve valutare la qualità della persona e le garanzie che questa fornisce. Questi due aspetti possono essere considerati come due argini al rischio: in primis bisogna valutare la persona; in secondo luogo bisogna analizzare le garanzie.

Rischio —> PD    LGDR

Il profilo del debitore può essere valutato attraverso due tipi di analisi:

1. analisi fondamentale;

2. analisi andamentale.

L’analisi fondamentale si articola in tre elementi:

– settore: la banca deve, innanzitutto, analizzare il settore economico in cui opera l’azienda che richiede il credito (per le famiglie è più complicato utilizzare questo tipo di analisi). Vanno valutate opportunità e minacce del settore, per capire se l’impresa è in grado di approfittare di queste opportunità e non è particolarmente esposta a minacce. Gli elementi da considerare sono, ad esempio, il livello di crescita del settore, la presenza di barriere all’entrata, il livello della concorrenza, eccetera;

– impresa: la banca deve valutare se la strategia competitiva dell’impresa è sostenibile nel tempo o meno.

L’analisi di questi due elementi viene anche definita analisi qualitativa.

– bilancio: attraverso il database centrale dei bilanci, si possono ottenere dati sui bilanci dell’impresa che richiede il finanziamento e anche delle imprese simili operanti nel settore. L’analisi dei bilanci è sia storica, per quozienti e flussi, sia prospettica.

L’analisi di quest’ultimo elemento viene anche definita analisi quantitativa.

L’analisi andamentale può essere utilizzata solo se l’azienda è già stata cliente della banca o, perlomeno, di un’altra banca. Anche questo tipo di analisi si articola in più elementi:

– lavoro bancario: la banca valuta tutte le informazioni che ha accumulato nel tempo sull’impresa cliente;

– centrale dei rischi: è un servizio messo a disposizione di tutte le banche da parte della Banca d’Italia, che consente di verificare la situazione di tutte le aziende che vi sono censite. Ogni mese, ogni istituto bancario deve inviare alla Banca d’Italia un resoconto della situazione che le imprese clienti hanno nei suoi confronti. In questo modo, la Banca d’Italia riceve e registra informazioni su un gran numero di imprese, che saranno utili nel caso in cui una banca voglia conoscere la posizione di un’azienda non solo nei suoi confronti, ma a livello di intero sistema.

Per quanto riguarda il profilo delle garanzie, innanzitutto, bisogna precisare che le garanzie che la banca può ricevere si dividono in due categorie: garanzie reali (pegno e ipoteca); garanzie personali (fideiussione). In particolare, alla banca interesserà la capacità di recupero sulle garanzie.

Per quanto riguarda le garanzie reali, bisogna innanzitutto valutare il valore di mercato del bene posto a garanzia nel momento in cui viene concesso il credito (generalmente si concede una somma inferiore al valore stimato della garanzia reale). Il valore di mercato del bene dovrà poi essere sempre monitorato, in modo che, in qualunque momento l’impresa vada in default, la banca possa recuperare almeno buona parte del credito.

Per quanto riguarda le garanzie personali, la banca deve valutare, sostanzialmente, la cosiddetta capienza: ad esempio, in caso di fideiussione, la banca deve valutare che il fideiussore non abbia troppi impegni personali o non abbia prestato garanzia a troppi altri soggetti. In questi casi, infatti, il patrimonio effettivo a garanzia si riduce.

La valutazione del profilo del debitore e del profilo delle garanzie avviene in modo molto diverso, dal momento che il primo fa riferimento allo stesso debitore, mentre il secondo alle singole operazioni. Infatti, a fronte di una sola valutazione sul profilo del debitore si possono avere tante valutazioni sul profilo delle garanzie, dato che una stessa persona può porre garanzie diverse per più operazioni.