Pensione a 71 anni per tutti: la proposta che cambia tutto

Autore:
Antonella Palumbo
  • Giornalista

Pensione a 71 anni per tutti: la proposta che cambia tutto

Le recenti proposte di revisione del sistema previdenziale italiano potrebbero trasformare radicalmente il panorama pensionistico, aprendo nuove possibilità per molti lavoratori che si sentono esclusi dalle attuali regole.

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Un cambiamento rivoluzionario potrebbe essere in arrivo. Se la proposta di uniformare le regole pensionistiche tra i sistemi retributivo, misto e contributivo venisse accolta, l’accesso alla pensione potrebbe non essere più un sogno per i lavoratori attualmente tagliati fuori. Si prospetta un innalzamento dell’età pensionabile a 71 anni per tutti, uniformando così il termine per l’accesso al trattamento pensionistico di vecchiaia. Attualmente, molte persone che a 67 anni non riescono a maturare il diritto alla pensione sono obbligate a ripiegare sull’assegno sociale. Questa situazione potrebbe radicalmente cambiare.

Nuovi orizzonti dal 2026: addio all’assegno sociale?

Con il 2026 alle porte, si intravede la possibilità di andare in pensione già a 64 anni senza essere limitati dallo status di “contributivo puro”. Questa restrizione attualmente preclude l’accesso ai pensionamenti anticipati a chi ha contribuzioni pre-dating al 31 dicembre 1995. Le recenti discussioni suggeriscono un’equiparazione totale: una prospettiva che porterebbe benefici a molti, specialmente i lavoratori nel sistema misto. Una simile modifica non solo aprirebbe le porte ai “misti” ma armonizzerebbe completamente le condizioni tra chi ha iniziato a contribuire prima e dopo il 1996.

Affrontare le disparità: la consulta si pronuncia

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La Corte Costituzionale ha rilevato e dichiarato incostituzionali alcune norme, che ingiustamente svantaggiano gli invalidi nel sistema contributivo puro rispetto ai loro omologhi con versamenti antecedenti il 1995. La decisione della Consulta ha stabilito che gli invalidi devono avere accesso alle stesse maggiorazioni e integrazioni al trattamento minimo, segnalando la necessità di eliminare disparità ingiustificate. Una riforma che contemplasse queste modifiche vedrebbe la pensione di vecchiaia contributiva a 71 anni diventare accessibile a tutti. Perché, allora, non estendere questo diritto universale? Questo significherebbe che a 71 anni, con appena cinque anni di contributi, ogni lavoratore potrebbe usufruire di una pensione, slegata da rigidi vincoli di importo, mettendo fine a un sistema che attualmente privilegia i contributivi puri.

Possibili scenari futuri tra contributi e pensioni

Oggi, chi non raggiunge le soglie contributive minime a 67 anni non ha altra scelta che rivolgersi all’assegno sociale, un ammortizzatore legato al reddito individuale piuttosto che ai contributi versati. Questo strumento di assistenza rischia di venir meno se si oltrepassano certe soglie di reddito, creando un sistema potenzialmente punitivo. Se le nuove regole proposte dovessero entrare in vigore, garantirebbero a tutti l’accesso a una pensione di vecchiaia a 71 anni con soli cinque anni di contributi. Questa riforma non solo eliminerebbe l’approccio attuale ma offrirebbe una prospettiva più inclusiva per i lavoratori di tutte le fasce. Così, ci avvieremmo verso un sistema pensionistico più giusto, in cui i lavoratori non sarebbero più costretti a ricorrere all’assegno sociale per sopravvivere.