Verifiche fiscali sui forfettari
Nel panorama fiscale italiano, il regime forfettario è spesso stato visto come una soluzione vantaggiosa per la sua apparente semplicità. Tuttavia, i recenti controlli sulle partite IVA in regime forfettario stanno provocando un profondo riesame delle sue implicazioni e della sua effettiva convenienza.

Mentre il regime forfettario si presenta come un’opzione allettante per evitare complessità burocratiche e minimizzare il carico fiscale, la realtà può essere ben diversa. L’Agenzia delle Entrate ha avviato una serie di controlli mirati a verificare la correttezza dell’applicazione di questo regime, rivelando una serie di criticità inaspettate.
Inviti dall’Agenzia delle entrate: un avviso ai contribuenti
In un’analisi dettagliata della situazione attuale, emerge come l’Agenzia delle Entrate stia intensificando i controlli sui contribuenti in regime forfettario, in particolare per l’anno d’imposta 2021. Pertanto, molti titolari di partita IVA hanno ricevuto inviti a presentare documentazione specifica. Questi inviti fanno spesso riferimento al decreto IVA, D.P.R. 633/1972, e sono parte di una più ampia strategia volta a sondare se il contribuente abbia effettivamente diritto al regime forfettario.
Il focus dell’accertamento non è solo la verifica delle dichiarazioni reddituali, ma spesso le indagini mirano a confermare la legittimità dell’adesione al regime forfettario stesso. Tale situazione può condurre a una riliquidazione della posizione fiscale, implicando un passaggio dall’imposta sostitutiva all’IRPEF ad aliquota progressiva, assieme all’applicazione dell’IVA su tutti i ricavi. Un punto critico è rappresentato dalle incongruenze che emergono dal confronto dei dati della banca dati dell’Anagrafe Tributaria con le dichiarazioni dei contribuenti.
Documentazione richiesta: cosa esibire per evitare sanzioni

Nel dettaglio, l’Agenzia delle Entrate solitamente richiede l’esibizione di tutte le fatture emesse e della documentazione bancaria che chiarisca l’effettivo flusso economico dell’attività. È importante comprendere che per i forfettari, i ricavi o compensi rilevanti non si basano solo sul “fatturato”, ma si calcolano secondo il principio di cassa.
Non mancano le richieste curiose, come quella del “registro incassi/pagamenti”, spesso oggetto di sorpresa, poiché nel regime forfettario tale registro non esiste formalmente. Ad ogni modo, per non compromettere la cooperazione con l’Agenzia, è consigliabile preparare un prospetto che metta in relazione le fatture emesse con i movimenti finanziari corrispondenti, assicurando così la quadratura con il quadro LM della dichiarazione.
Se alcune fatture emesse in un determinato anno vengono incassate successivamente, esse devono essere documentate con attenzione per evitare fraintendimenti sui periodi di incasso, salvaguardandosi da eventuali rilievi impositivi errati.
Errori palesi e le trappole delle norme in evoluzione
In alcuni casi, le inefficienze o gli errori commessi dai contribuenti sono talmente evidenti da non richiedere ulteriori indagini da parte dell’Agenzia delle Entrate. Tra questi vi sono situazioni lampanti, come quelle dei contribuenti che, nonostante abbiano dichiarato redditi di lavoro dipendente o pensioni superiori a 30.000 euro nel 2020, non sono più eleggibili per il regime forfettario, in base alla legge n. 160 del 27 dicembre 2019. Altre complicazioni emergono per i soci di società di persone che non hanno ceduto la loro partecipazione entro i termini previsti.
Questo scenario evidenzia come il regime forfettario, tra modifiche normative e circolari, abbia assunto una complessità non trascurabile, trasformando quella che sembrava un’opzione “tranquilla” in un campo minato di regole da rispettare scrupolosamente. A volte, la presunta semplicità del regime nasconde insidie legate alla sua applicabilità, necessitando un’attenta pianificazione e consulenza per evitare conseguenze fiscali e finanziarie disastrose.