TFR in busta paga: i chiarimenti dell’INL
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce la normativa: i ratei mensili del TFR non possono essere versati direttamente nelle buste paga dei dipendenti. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul tema.

Nel mondo del lavoro, il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una componente essenziale della retribuzione differita, spettante al termine di un rapporto lavorativo. Tuttavia, recenti chiarimenti da parte dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) hanno sollevato importanti questioni sulla modalità di erogazione mensile del TFR nelle buste paga. Ascoltiamo le direttive e le precisazioni contenute nella nota n. 616/2025, un documento non ancora disponibile online, ma già fonte di discussione tra aziende e lavoratori.
TFR: Nessuna possibilità di versamenti mensili
La nota n. 616/2025 dell’INL distingue chiaramente che il TFR non può essere distribuito mensilmente attraverso la busta paga. Questo chiarimento fa riferimento alla natura del TFR, che offre ai lavoratori un supporto economico una volta concluso il loro contratto, indipendentemente dalla sua durata o dal motivo della cessazione del rapporto di lavoro.
L’importo del TFR viene accumulato annualmente, in parte della retribuzione annuale, con un ulteriore aggiustamento basato sui dati ISTAT relativi all’inflazione. Sebbene alcuni lavoratori, specie quelli con contratti a tempo determinato o stagionali, abbiano cercato di negoziare un versamento mensile, l’Ispettorato ha chiarito che questa pratica non è conforme alla legge. Un tale accordo anticipato potrebbe trasformare il TFR in un’integrazione retributiva mensile, imponendo conseguenze fiscali e contributive non previste per questa forma di retribuzione.
Protezione a termine del rapporto di lavoro
La distribuzione del TFR non è un mero trasferimento di fondi; riflette invece una riserva economica che diventa accessibile al lavoratore al termine del suo contratto. L’INL ha ribadito che cambiamenti nella modalità di erogazione potrebbero contrastare con la funzione primaria del TFR: garantire al lavoratore una sicurezza economica a fine rapporto.
Il principio cardine è che il TFR non viene sottoposto a tassazione ordinaria fino all’effettivo pagamento, ma è soggetto a una tassazione separata. Per questo, gli ispettori del lavoro vigilano su eventuali irregolarità e hanno l’autorità di imporre che le somme erroneamente anticipate vengano nuovamente accantonate, in conformità con l’articolo 14 del Decreto Legislativo n. 124 del 2004.
Le Condizioni per Richiedere l’Anticipazione del TFR

Nonostante le restrizioni, ci sono circostanze specifiche che permettono al dipendente di chiedere un anticipo del TFR. Queste richieste devono riguardare solo la quota già maturata e sono limitate a una sola istanza nel corso dell’intera carriera lavorativa con lo stesso datore di lavoro. È importante sottolineare che l’anticipo non può superare il 70% del totale maturato e che questo diritto spetta esclusivamente ai dipendenti con almeno otto anni di servizio continuativo presso lo stesso datore.
I motivi per i quali si può richiedere un anticipo includono l’acquisto della prima casa per sé o per i figli, coprire spese mediche particolarmente onerose, o sostenere il lavoratore durante congedi specifici. Tuttavia, i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) possono prevedere ulteriori motivazioni.
In conclusione, sebbene il TFR rappresenti un importante elemento della retribuzione differita, la sua gestione e le modalità di anticipo sono rigidamente regolamentate per preservarne la finalità e prevenire abusi. L’attenta supervisione da parte dell’Ispettorato garantisce che lavoratori e aziende rispettino pienamente le norme al riguardo.