Il business del trattamento acque reflue: il mercato oggi e prospettive future

Il business del trattamento acque reflue: il mercato oggi e prospettive future

Di acque reflue si parla spesso, ma non in modo esaustivo da lasciare davvero intendere la necessità per il nostro sistema di entrare a pieno nell’ottica del trattamento delle stesse.

Qualche anno fa, in un report contenente tutti dati statistici sull’argomento, le acque reflue sono state definite “the untapped resource”, ovvero una grande risorsa non ancora adeguatamente sfruttata.

Sono molti gli Stati, sia sviluppati che in via di sviluppo, non entrati ancora a regime nell’ottica di sfruttare a dovere la risorsa del trattamento delle acque reflue sebbene sia un business che ha preso letteralmente quota negli ultimi anni.

Cosa sono le acque reflue

Per comprendere a pieno quanto sia importante il trattamento delle acque reflue e quanto sia importante agevolare la situazione affinché in un futuro prossimo questo business possa crescere, dobbiamo capire cosa si intende con tale termine.

Sono reflue quelle acque di scarico provenienti da città, industrie e terreni agricoli, che possono essere riutilizzate nell’ambiente solo dopo esser state sottoposte a particolari trattamenti di “purificazione”.

Trattamenti che servono a salvaguardare la salute degli esseri viventi, con esseri viventi inclusi non solo noi umani, ma tutti gli animali che ci circondano e in generale la Natura.

Il mercato del trattamento delle acque reflue

Negli ultimi anni il mercato del trattamento delle acque reflue è in forte espansione grazie alla commercializzazione di dispositivi e apparecchi realizzati da sempre più numerose aziende produttrici, dispositivi necessari per trattare queste acque “sporche”.

Si sono così creati degli aggregati di prodotti che sono andati a convergere in impianti di ultima generazione composti da barili, vasche e serbatoi con capacità elevate, ma anche da filtri, depuratori e pompe per liquidi, impianti ad osmosi inversa (per approfondire vedi gli impianti industriali ad osmosi inversa di Hydro Italia).

Pur non potendo quantificare l’andamento positivo avuto sul mercato di riferimento, ci sono ugualmente segnali chiari che dimostrano come il trend sia in forte crescita, con il risultato che si vengono a creare sempre meno situazioni critiche nelle città dove il quantitativo di acque reflue cresce e con esso la necessità di depurarle per poterle riutilizzare e reimmetterle nel ciclo.

Se volessimo analizzare i dati disponibili dell’ultimo ventennio, emergerebbe come la domanda mondiale in termini di “trattamento di acque reflue” sia cresciuta.

Oggi anche le industrie, spinte soprattutto dalle sempre più stringenti normative europee, stanno cominciando a dotarsi di questi impianti per filtrare l’acqua che reimmettono nei fiumi, nei mari e nei laghi, per ridurre il quantitativo di sostanza tossiche immesse nelle risorse idriche della terra.

Attualmente gli Stati che hanno realizzato un maggiore trend positivo sull’uso di questi dispositivi sono gli Stati Uniti, la Germania, la Cina, il Messico, il Canada e la Francia. L’Italia è partita in ritardo, ma si sta adeguando sempre più alle leggi che impongono i trattamenti delle acque di lavorazione.

E i Paesi in via di sviluppo? La domanda da queste parti risulta ancora troppo limitata, ma una parvenza di miglioramento la si registra già nei paesi appartenenti all’area centro-africana, a quella medio-orientale e a quella del sud-est asiatico.

Negli ultimi anni sta crescendo anche da parte di questi Stati la richiesta di importazione di dispositivi e tecnologie da impiegare per trattare le acque reflue molto più velocemente rispetto ai maggiori player sul mercato.

Il mercato tende a muoversi molto lentamente rispetto alla reale necessità globale.

Tuttavia resta un segno positivo quello dei Paesi in via di sviluppo che tentano di modernizzarsi mettendosi in linea con il progressivo sviluppo economico.

Aumenta nel complesso la consapevolezza che l’ambiente va preservato e cresce il bisogno di contrastare la diminuzione d’acqua tramite un approccio volto al recupero delle risorse.

La posizione Europea a riguardo

Ma qual è la posizione dell’Europa in materia di acque reflue?

Nel settembre 2020 l’Unione Europea ha promulgato la direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane, ovvero un corpo normativo pensato per sensibilizzare gli Stati membri sull’argomento.

L’obiettivo ambizioso è quello di arrivare ad un livello di inquinamento pari a zero (come si evince anche nel Green Deal europeo).

Tale direttiva impone agli Stati membri di possedere nelle città degli impianti che accolgano e trattino le acque reflue onde evitare l’inquinamento irreparabile di mari, laghi e fiumi.

In questo modo si vuole proteggere non solo l’ambiente ma anche la salute dell’uomo, troppe volte messa a repentaglio dalla sua stessa superficialità.

Adeguandosi a quanto previsto dalla direttiva, gli Stati membri potranno altresì fornire il proprio contributo significativo all’economia circolare, grazie al riutilizzo dei fanghi di depurazione e delle acque reflue trattate, incrementando la produzione di energia rinnovabile e il riciclaggio dei nutrienti.

La direttiva nasce sulla base di un’attenta analisi dei dati registrati (relativi all’anno 2016 e secondo i quali oltre 23.600 agglomerati la cui popolazione e in misura limitata, l’industria, genera acque reflue per un totale di 612 milioni di abitanti equivalenti).

Nell’ultimo decennio l’Europa ha vissuto un miglioramento dal punto di vista della raccolta (e del trattamento quindi) delle acque reflue. Il 95% della raccolta rispetta i tassi di conformità, l’88% delle città svolge il trattamento biologico delle acque reflue e l’86% le tratta fino al punto di privarle del fosforo e dell’azoto.

Ovviamente c’è ancora tanto da fare.

Lo scopo dell’UE va ben oltre il semplice trattamento delle acque reflue. La speranza è di poter vedere tutti gli stati impegnati in una politica di protezione dell’ambiente e della salute. Ancora oggi infatti ci sono agglomerati dell’UE dove si rende necessario costruire o migliorare le infrastrutture.

Gli stati avranno tutto il tempo di adeguarsi a quanto previsto nella direttiva, fermo restando che in caso di inosservanza della stessa, potrebbero essere sistematicamente avviati procedimenti di infrazione.

Tutto per un mondo migliore.