Affitto d’azienda

È l’istituto giuridico che ha per oggetto il complesso dei beni mobili e immobili, materiali e immateriali, i rapporti giuridici attivi e passivi e, in genere, l’organizzazione destinata allo svolgimento di un’attività economica con finalità di produzione e di scambio di beni e di servizi.

Perché si abbia affitto di azienda non è necessaria la presenza di tutti gli elementi che normalmente la costituiscono, potendo alcuni di essi mancare senza che ne risulti compromessa l’unità economica dell’azienda stessa.

Il contratto deve essere provato per iscritto; le firme delle parti contraenti devono essere autenticate dal notaio.

L’affittuario acquista la qualità di imprenditore e subentra nei contratti stipulati per l’esercizio dell’impresa, che non abbiano carattere personale. Gli è fatto obbligo di gestire l’azienda sotto la ditta che la contraddistingue senza modificarne la destinazione e in modo da conservare sia le normali dotazioni di scorte sia l’efficienza dell’organizzazione e degli impianti. Egli deve destinarvi i mezzi necessari secondo la regola della buona tecnica e deve sostenere le spese di conservazione e di ordinaria manutenzione.

Deve restituire l’azienda nello stato in cui l’ha ricevuta, tenuto conto del deterioramento dei beni risultante dall’uso e salvo conguaglio in denaro per la differenza fra le consistenze degli inventari di consegna e riconsegna sulla base dei valori correnti al termine dell’affitto.

Il locatore, da parte sua:

  1. È tenuto a consegnare l’azienda nelle condizioni necessarie per servire alla produzione cui è destinata;
  2. Ha facoltà di accertare in ogni tempo se l’affittuario osserva gli obblighi che gli incombono;
  3. Può chiedere la risoluzione del contratto per inadempimento dell’affittuario;
  4. Deve astenersi per tutta la durata dell’affitto dall’iniziare una nuova impresa che per oggetto, ubicazione o altre circostanze, sia idonea a sviare la clientela dell’azienda.

Nel caso di morte dell’affittuario, il locatore e gli eredi dell’affittuario possono recedere dal contratto mediante disdetta.

Le quote di ammortamento sono deducibili nella determinazione del reddito dell’affittuario o dell’usufruttuario [art.102, comma 8 TUIR]. Esse sono commisurate al costo originario dei beni quale risulta dalla contabilità del concedente e sono deducibili fino a concorrenza del costo non ancora ammortizzato, ovvero, se il concedente non ha tenuto regolarmente il registro dei beni ammortizzabili, considerando già dedotte, per il cinquanta per cento del loro ammontare o altro libro o registro secondo le modalità di cui all’art.19 del D.P.R. 07/12/2001, n.435, e dell’art.2, comma 1, del D.P.R. 31/12/1996, n.695, le quote relative al periodo di ammortamento già decorso.

Tali disposizioni non si applicano nei casi di deroga convenzionale alle norme dell’art.2561 c.c., concernenti l’obbligo di conservazione dell’efficienza dei beni ammortizzabili.

Queste disposizioni non si applicano in caso di deroga convenzionale alle norme del codice civile per cui l’ammortamento può essere effettuato dal proprietario anche durante il periodo della locazione.

È consentita la deducibilità per l’affittuario, ai fini Irap, dell’ammortamento dei beni dell’azienda affittata.

La scrittura contabile riguardante l’ammortamento è la seguente:

  • DARE: Ammortamento
  • AVERE: Fondo ammortamento art.102, comma 8 TUIR

Nel bilancio il totale degli accantonamenti effettuati dall’affittuario deve essere indicato in conti d’ordine, poiché non può confluire nei conti che rilevano gli ammortamenti relativi ai beni propri.

Quando avviene la restituzione dei beni, essa è fiscalmente irrilevante solo se l’ammontare totale delle quote di ammortamento imputate dall’affittuario è pari alla somma corrisposta al proprietario a titolo di risarcimento per il deperimento subito dai beni stessi.

Nell’ipotesi in cui non esista tale coincidenza, si deve rilevare in capo all’affittuario una sopravvenienza attiva (risarcimento per deperimento inferiore all’ammortamento dedotto) ovvero una sopravvenienza passiva (risarcimento per deperimento superiore all’ammortamento dedotto).

Il canone di affitto, se percepito dal locatore persona fisica non imprenditore, deve essere dichiarato nei redditi diversi; se percepito da società o da locatore persona fisica imprenditore che ha dato in affitto un ramo di azienda è, invece, classificabile fra i redditi d’impresa.

Per l’affittuario il canone di affitto è un componente negativo del reddito di esercizio.

Ai fini Iva l’imprenditore, che cede in affitto l’unica azienda da lui posseduta ed esercitata, sospende la soggettività dell’imposta. In sostanza egli conserva il numero di partita Iva a lui attribuito, ma risulta esonerato dagli adempimenti previsti dalla legge circa l’imposta sul valore aggiunto.

In quanto sospesa la partita Iva egli non ha obblighi, ma nemmeno diritti.

Nell’affitto di azienda il trasferimento dello status di esportatore abituale con il relativo plafond è ammesso a due condizioni: che il contratto preveda espressamente il trasferimento di tutti i diritti attivi e passivi; che ne sia data comunicazione all’ufficio Iva con lettera raccomandata entro 30 giorni.

Qualora l’azienda data in affitto sia successivamente ceduta all’affittuario, il locatore deve:

  1. Chiudere la partita Iva, che era stata mantenuta aperta, come previsto dalla normativa vigente;
  2. Pagare l’imposta di registro.

Se il locatore possiede l’azienda da più di cinque anni, la plusvalenza realizzata con la cessione è assoggettata a tassazione separata o, se fa opzione nella dichiarazione, è inclusa nei redditi diversi e tassata integralmente nell’anno di percezione.