Innovazioni tecnologiche, innovazioni organizzative e nuovi ruoli direzionali

PREMESSA

Le conseguenze organizzative delle nuove tecnologie si prestano a diverse configurazioni tra il sistema di produzione e la strategia d’impresa (Cohen e Zysman 1987). Esistono a questo riguardo due correnti di pensiero. L’una, che si può definire chiusa, statica e deterministica vede nella tecnologia una forza capace di plasmare univocamente l’organizzazione del processo produttivo. Una seconda corrente di pensiero adotta un approccio aperto, che considera il complesso del sistema in cui la configurazione produttiva è inserita e che può far assumere ad una stessa relazione causale significati diversi a seconda del contesto.

L’ORGANIZZAZIONE PRODUTTIVA TRA STRATEGIA D’IMPRESA E STRATEGIA DI PRODUZIONE

Un recente filone di studi sottolinea l’esigenza di collocare le relative responsabilità al vertice della struttura aziendale finalizzate alla massimizzazione dell’efficienza o a una sorta di engineering perfection (Hayes e Wheelwright 1984). L’elevato grado di integrazione e di equilibrio tra i reparti di ricerca e sviluppo, di progettazione e di produzione è alla base del successo dei processi di innovazione (Freeman 1987). Al vertice aziendale resta il compito di definire l’orientamento strategico di fondo. L’alta direzione dovrebbe essere comunque in grado di capire e valutare le argomentazioni della produzione e di assicurare una funzione di coordinamento tra marketing, R&S e produzione. Per concludere, la rilevanza strategica delle decisioni si manifesta attraverso la capacità del management di attivare un insieme di competenze e di capacità di produrre che consenta all’impresa di perseguire le proprie strategie competitive. Emergono due problemi: un problema di coerenza tra strategia produttiva, generale e funzionali d’impresa; e un problema di contribuzione della strategia produttiva al vantaggio competitivo. Un esempio:

Caso Benetton. “La vera grande innovazione è il colore. La necessità di assicurarsi la flessibilità nella produzione senza appesantirsi con investimenti fissi ingenti ha comportato una vera e propria reazione a catena di innovazioni”.

Caso Zegna. “Il su misura al computer costituisce un tassello importante di una strategia aziendale più complessa: consolidare la leadership nel mercato dell’abbigliamento maschile elegante”.

ORGANIZZARE L’INNOVAZIONE

La capacità di innovazione di un sistema dipende non solo dalla disponibilità di risorse economico – finanziarie, ma anche dalle forme organizzative assunte dalla funzione preposta alla ric3erca di nuovi prodotti o nuovi processi, tanto a livello d’impresa quanto a livello nazionale (Freeman 1987).

Caso Campagnolo. “Inventò il sistema a leva di bloccaggio della ruota in modo del tutto casuale. Poiché riuniva in sé la figura di utilizzatore, progettista e produttore non ebbe problemi a realizzare rapidamente l’idea”. Un grosso problema è quello di conciliare e rendere tra loro coerenti la capacità di innovare e la capacità di produrre. L’organizzazione che serve per produrre il primo esemplare di un bene non è la stessa idonea a produrre il milionesimo (larga scala). L’alta percentuale di innovazioni nate al di fuori della R&S starebbe ad indicare la tendenza a privilegiare le innovazioni di breve periodo a scapito di altre più ambiziose, ma più rischiose, caldeggiate dalla R&S. Ciò evidenzia una fonte di conflittualità tra le funzioni di ricerca e le altre funzioni aziendali. Le soluzioni organizzative dovrebbero tendere a ridurre questa conflittualità, trasformando in competitività, se non proprio in cooperazione, attraverso un miglioramento dell’interazione tra le specifiche funzioni.

Caso 3M. “Le risorse umane vengono organizzate in funzione dell’innovazione”. Dal caso 3M si può ricavare l’indicazione che in una strategia produttiva costruita sulla tecnologia e l’innovazione:

  1. si costruiscono raggruppamenti di attività basati su affinità tecnologiche piuttosto che sul mercato;
  2. viene cercato un equilibrio tra ricerca di base o comunque ricerca di lungo periodo (accentrata) e ricerca applicativa (decentrata);
  3. nessuno è escluso dal processo innovativo;
  4. la flessibilità operativa viene perseguita attraverso divisioni operative di dimensioni medie e attraverso il frazionamento della capacità produttiva;
  5. il fronte dell’innovazione viene presidiato attraverso un “eccesso” di risorse dedicate alla ricerca tanto all’interno quanto all’esterno dell’organizzazione.

LA STRATEGIA DI PRODUZIONE TRA ORGANIZZAZIONE E MERCATO

Il sistema di produzione della “fabbrica diffusa” e a “rete” costituisce un’alternativa a complessi sistemi gerarchici, soprattutto quando si esprime attraverso forme ibride che danno stabilità, continuità e identità distintiva a rapporti che restano di scambio ma che vengono in qualche misura organizzati e “clanizzati” (Powell 1987). Una recente ricerca ha evidenziato sintomi di inversione di tendenza nel processo di decentramento. Si rileva in concomitanza all’adozione di sistemi di automazione flessibile e sarebbe dovuto:

  • “agli accresciuti livelli di produttività interna;
  • alla maggiore flessibilità nella gestione di produzione, alla necessità di manodopera qualificata reperibile solo all’interno;
  • alla ricerca di standard qualitativi sempre più esasperati” (Brandolese e Grando 1987).

Sotto questo aspetto ci sarebbe una tendenza alla integrazione dei processi di trasformazione. Anche in ordine alla capacità di progettazione e innovazione si porrebbe un problema di riaccentramento interno. Comincerebbe a consolidarsi il timore che le aziende che ricorrono esclusivamente all’esterno “perderanno presto o tardi la capacità di capire come utilizzare le nuove tecnologie e che alla fine perderanno la capacità di capire come utilizzare le nuove tecnologie e che alla fine perderanno la capacità di progettare” (Brandolese e Grando 1987). Altri autori paventano questo pericolo anche per la stessa capacità di produrre o di controllare il processo produttivo gestito da altri. In questo caso si assisterebbe ad una ripresa del decentramento, tale tendenza si riscontra in aziende che non hanno adottato le nuove tecnologie semplicemente in vista di una riduzione di costi ma se ne sono servite per una complessa strategia di prodotto (caso Safilo).

Caso Safilo. “Alla Safilo (occhiali) la robotica ha un peso determinante e interviene in tutte le fasi della lavorazione. Da quando l’azienda ha dovuto costruire milioni di occhiali, il ricorso al computer è diventato un obbligo. E’ stato introdotto il sistema di progettazione computerizzato che costituisce la base sulla quale l’azienda si prepara a integrare l’intero stabilimento”.

UNA DIGRESSIONE: L’EQUIVOCO GIAPPONESE

Il rapporto della Mit Commission on Industrial Productivity (Dertouzos et al. 1989) ha individuato alcune caratteristiche che i manuali di management attribuiscono alle imprese giapponesi ma che non hanno nulla di estraneo alla cultura occidentale:

  1. miglioramento dei costi, della qualità e del servizio;
  2. strette interazioni con i consumatori e con i fornitori;
  3. efficace uso della tecnologia;
  4. strutture organizzative meno gerarchizzate e meno settorializzate;
  5. politiche del personale rivolte a sviluppare una formazione continua, il lavoro di gruppo, la partecipazione e la flessibilità.

Caso Toyota. “La Toyota sta cambiando organizzazione. Soffre di gigantismo, che vuol dire inefficienza. Dal giorno dell’assunzione, per il nuovo dipendente scatta un avanzamento che dura tutta la vita. La Toyota aveva scoperto che tale struttura, riportata alle proprie dimensioni, diventava inefficiente. Il sistema giapponese che basa la carriera sull’anzianità è solido ma è rigido. Semplificare il sistema decisionale, dare spazio ai giovani, significa erodere l’altro pilastro del sistema giapponese: l’impiego a vita. Adesso in Giappone non esiste un mercato del lavoro. Se ciò cambiasse, questa vita sarebbe la vera rivoluzione innestata dalla Toyota”. Il mutamento prospettato dal caso Toyota conferma, come ha evidenziato Ferrata (1987), che il cambiamento dell’ambiente competitivo e sociale ha riflessi sul sistema d’impresa e sul modo con cui viene gestito.

TECNOLOGIA, ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO E FATTORE UMANO

Le nuove tecnologie e la modificazione del ruolo dei sistemi produttivi entro l’organizzazione aziendale e sociale comportano una serie di problemi.

  1. La transizione verso la nuova struttura occupazionale. Le imprese devono attrezzarsi per facilitare i processi di transizione;
  2. La produttività del terziario. Un terziario produttivo anche in senso industriale;
  3. Nuove modalità di lavoro;
  4. Nuove relazioni industriali. La diminuita rappresentatività delle organizzazioni sindacali non sembra tuttavia scalfire il loro ruolo politico nei momenti di regolazione centralizzati mentre resta aperto il problema della regolazione a livello decentrato.

I problemi sopra richiamati sono tutti riconducibili ad un unico fenomeno che consiste nel cambiamento del ruolo del fattore lavoro nella costruzione del vantaggio competitivo di un’impresa. Da qui discende la crucialità del lavoro professionale di ricerca e di progettazione. Su questo fronte si prospettano due tendenze. La prima porta alla polarizzazione della struttura occupazionale d’impresa. La seconda fa intravedere una attenuazione delle distanze tra il lavoro intellettuale e quello esecutivo.

TECNOLOGIA, OCCUPAZIONE E QUALITA’ DEL LAVORO

La dimensione qualitativa è stata ampiamente sottovalutata. E questo è meno comprensibile e spiegabile alla luce di due considerazioni:

  1. i cambiamenti indotti sull’organizzazione del lavoro e sul contenuto dei compiti interagiscono più direttamente con le scelte tecnologiche;
  2. i problemi qualitativi sono di più difficile soluzione.

Caso Nordica. “La Nordica, leader mondiale nel settore degli scarponi da sci, ha intrapreso all’inizio degli anni ’80 un massiccio processo di automazione. Tra il 1977 e il 1985 gli operai si riducono di circa il 15%, gli intermedi restano invariati, ma gli impiegati aumentano di circa 2,5 volte e i dirigenti sono più che triplicati. Nel 1977 c’era un solo laureato tecnico, nel 1985 ne troviamo 30”. Nel caso Nordica non ci sono state le drastiche riduzioni occupazionali nondimeno il management ha dovuto adottare una nuova e diversa sensibilità politica e professionale.

NUOVE TECNOLOGIE E RUOLI DIREZIONALI

Utilizzando una classica sistemazione di Mintzberg, si può tentare di vedere come potrebbero modificarsi alcuni dei ruoli chiave dell’attività manageriale.

  1. i ruoli interpersonali del manager; cioè:
    • di simbolo dell’autorità;
    • di leader;
    • di collegamento.

I ruoli interpersonali sono influenzati dalle nuove tecnologie produttive nelle seguenti direzioni:

    1. Lo sviluppo dell’informatizzazione aumenta la disponibilità di dati a tutti i livelli dell’organizzazione, ma non aumenta di per sé la comunicazione tra i soggetti;
    2. L’assorbimento di lavori ripetitivi e il trasferimento nella tecnologia di funzioni di controllo rendono le organizzazioni se non “piatte”, come qualcuno ipotizza, sicuramente meno verticali;
    3. La spersonalizzazione del lavoro connessa alla relativa preponderanza della macchina, soprattutto in certe attività di tipo esecutivo, aumenta il bisogno di simboli, anche di quelli connessi all’autorità.
  1. I ruoli informativi collocano il manager al centro di un sistema sensoriale (monitor) che capta informazioni entro e fuori i confini dell’organizzazione e le diffonde, variamente rielaborate, all’interno della propria unità (disseminatore) e all’esterno (portavoce).
  2. Le decisioni costituiscono la parte preponderante dell’attività manageriale. I ruoli decisionali comprendono:
    1. il  ruolo dell’innovatore. Esso consiste nella continua ricerca di miglioramenti e di cambiamenti nello sviluppo delle attività assegnate all’unità organizzativa e nel perseguimento del migliore adattamento alle mutate condizioni interne e ambientali;
    2. il ruolo di stabilizzazione o di assorbimento dei così detti “disturbi” (o varianze), cioè di eventi e comportamenti interni ed esterni che minacciano l’equilibrio dell’unità organizzativa;
    3. il ruolo di allocatore di risorse, che consiste nell’impiego efficace oltre che efficiente delle risorse su cui il manager ha, direttamente o indirettamente, una qualche forma di controllo;
    4. il ruolo di negoziatore, inteso come l’insieme delle attività volte a risolvere conflitti formali e informali e a ottenere il consenso dei membri dell’organizzazione su determinate decisioni.

CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE

Nascono tre equivoci:

  1. l’idea che in un sistema economico i servizi possano soppiantare la produzione industriale;
  2. l’illusione di potersi specializzare in produzione high – tech lasciando ad altri paesi le produzioni low – tech;
  3. problemi, dati dai servizi, di produzione e di tecnologia.

Tecnologie dell’automazione ed evoluzione dei ruoli manageriali

Ruoli manageriali (classificazione adattata da Mintzberg) Contenuti dei ruoli in contesti tecnologici tradizionali Contenuti dei ruoli in contesti tecnologici evolutivi
Ruoli interpersonali    
  • simbolo
  • leader
  • liaison
forma

decidere

gestire pluralità di rapporti bilaterali

identità

far decidere

dare unità a rapporti multilaterali

Ruoli informativi    
  • monitor
  • disseminatore
  • portavoce
captare segnali

fornire informazioni

creare interdipendenza

selezionare segnali

fornire e focalizzare significati

creare interazione

Ruoli decisionali    
  • innovatore

 

  • allocatore

 

  • stabilizzatore

 

  • negoziatore
attore di innovazione

 

allocatore di risorse economiche

intervenire reattivamente per eccezione

composizione di conflitti

catalizzatore di micro innovazioni

allocatori di sistemi compositi di risorse

sviluppare le capacità di autocorrezione del sistema

gestione di reti di negoziazioni