Le imprese grandi e piccole nel rapporto con l’ambiente competitivo

Il rapporto fra impresa e ambiente è un rapporto di scambio multidimensionale nel senso dell’interdipendenza, dell’evoluzione nel tempo, della contraddittorietà (la crescita può generare occupazione innovazione, ma può limitare la concorrenza). L’impresa da una parte è influenzata dalle pressioni ambientali, dall’altre parte determina condizioni positive o negative d’ambiente, peggiorandolo o migliorandolo. Il rapporto tra impresa e ambiente può essere definito come rapporto di scambio di tipo dialettico, di influenza reciproca con cambiamenti e contraddizioni. In sintesi il rapporto tra impresa e ambiente è co-evolutivo, si assesta di periodo in periodo.Grandi e piccole imprese convivono e collaborano sia nell’ambiente specifico che in quello generale. Esse influenzano e sono influenzate direttamente e indirettamente dall’ambiente, come meglio si vedrà più avanti, e la stessa forte competitività che spesso distrugge grandi imprese in mercati molto grandi, fa la salvezza delle piccole imprese. Il tutto può sembrare paradossale, ma basti pensare a ciò che succede ad un impresa che subisce un forte sviluppo. Questa tende sempre più a disintegrarsi verticalmente, delegando molte delle funzioni produttive ad altre imprese medio piccole, concentrandosi sulla ricerca, sull’innovazione e sulla progettazione. La maggiore flessibilità e reattività di questi mercati permettono infatti alle piccole imprese di sopravvivere in un ambiente estremamente competitivo, purché queste siano in grado di recepire tutte le informazioni che l’ambiente crea e fornisce, affinché possano arricchire il bagaglio di conoscenze e competenze.

Nozioni di ambiente

Le condizioni dell’ambiente in generale influenza sensibilmente la competitività delle imprese, anche all’interno di un task environment, a seconda del grado di efficacia ed efficienza dell’offerta di beni e servizi da parte di altre organizzazioni pubbliche o private, nonché dalla cultura di quello che viene definito sistema-paese. L’impresa deve trovare un equilibrio oltre che nel proprio interno, anche nel suo rapporto con le organizzazioni del proprio ambiente competitivo (omeostasi all’esterno). Il rapporto tra imprese e ambiente è un rapporto di forza che si evolve nel tempo in modo circolare, con alternanza di fasi di prevalenti condizionamenti ambientali (relativa maggior dipendenza) e fasi di prevalente influenza o potere di condizionamento attivati dall’impresa (relativa autonomia). La forza competitiva dell’impresa fa tutt’uno con la sua sistemicità e con le altre capacità acquisite o autogenerate nel tempo (risorse/competenze quali: redditi non distribuiti, capacità manageriali e organizzative, capacità di innovazione tecnologica o di marketing).

L’adattamento dell’impresa all’ambiente

Quando l’impresa accumula esperienze, conoscenze ed altre risorse, tende a provvedersi di cuscinetti (buffer) per prevenire o controllare le pressioni all’esclusione dal suo task environment. Essa non sempre si adegua all’ambiente, anzi si attiva verso di esso facendo si che diventi favorevole e confortevole, stabilizzando i rapporti con i fornitori o i distributori, migliorando le condizioni offerte alla clientela, prevenendo con piani le minacce, anticipando le opportunità competitive, controllando la propria gestione e i comportamenti delle forze competitive. Talune imprese si adattano adeguandosi alle condizioni dell’ambiente esterno (concorrenza perfetta), altre invece cercano il controllo, spiazzando o escludendo la concorrenza (oligopolio). L’accumulazione di risorse/competenze e la crescita dimensionale favoriscono il controllo di altre imprese  e possono condurre al controllo dell’intero settore. In sintesi: “adattamento dell’impresa all’ambiente significa ricerca dell’omeostasi all’esterno, tramite interazione con altri sistemi produttivi o altre organizzazioni del task environment aventi differenziato fine. Ciò può avvenire o per adeguamento o per controllo”. In tal modo l’impresa determina il proprio posizionamento competitivo, essendo leader o follower. Il posizionamento è ottenuto dall’impresa che si adatta all’ambiente specifico imboccando un percorso strategico; la quota di mercato delle vendite di un prodotto ci dice molto sul posizionamento ma non tutto. Infatti bisogna anche considerare lo stato della tecnologia, della struttura organizzativa e di tutti gli altri fattori di competitività (diversi al prezzo) che l’impresa ha attivato o sta per attivare, rispetto a quello dei concorrenti. L’adattamento (Z) coinvolge due insiemi di variabili: le pressioni ambientali/competitive da una parte (X) e le capacità aziendali (uso delle risorse e competenze possedute) dall’altra (Y). Si esplicita attraverso una funzione generale: Z= f (X,Y). L’adattamento si verifica continuamente in funzione sia del determinismo ambientale, sia dalle capacità aziendali di influenzare o controllare la dinamica delle forze competitive. Nell’adattarsi l’impresa segue (consapevolmente o meno) una strategia; ciò viene fatto studiando i comportamenti  e le pressioni dell’ambiente in cui vive, ricercando in seguito un metodo di azione, infine costruendo un piano. Solitamente l’impresa sceglie fra tre alternativi percorsi di adattamento, a ciascuno dei quali è associato un preciso corso e metodo di azione:

  • la crescita, cioè lo sviluppo delle dimensioni aziendali, generalmente coniugato a quello delle quote di mercato;
  • la non crescita, cioè il mantenimento delle dimensioni raggiunte e della quota pro tempore occupata nel mercato;
  • la cooperazione con altre imprese e/o istituzioni, il che può avvenire sia in condizioni di piccole dimensioni, sia in condizioni di vaste dimensioni.

Adeguamento

Da una parte il comportamento sistemico e la competitività dell’impresa sono influenzate dalle forze che creano dipendenza (determinismo aziendale), di contro le stesse imprese cercano di divincolarsi dalle pressioni mobilitando o le capacità maturate endogenamente, o acquistando le risorse di cui non dispongono. In questa maniera cercano di progettare e pianificare il proprio ciclo di vita, tendendo a controllare i propri destini e quindi imporre le ragioni della propria autonomia nei confronti di tutte le altre forze competitive. Nella selezione competitiva, grazie all’autonomia che riescono a raggiungere, il processo amministrativo aziendale mira a contenere la dipendenza e a sviluppare la capacità di controllo. Questo accade specie quando le imprese acquisiscono un forte potere di condizionamento sull’ambiente specifico, e talvolta su quello generale. L’equilibrio nel rapporto di forza tra ambiente e impresa (cioè tra determinismo ambientale e orientamento al controllo), deve intendersi come dato in un certo periodo. Tuttavia è variabile nel tempo e soggetto a rapidi mutamenti. La funzione prima citata Z = f (X,Y), può presentarsi secondo varie configurazioni, in base alla preminenza di una forza rispetto ad un’altra. Ma può verificarsi una polarizzazione e allora l’adattamento può assumere la configurazione dell’adeguamento Z1 o del controllo Z2: Z1= f(X,0) quindi Z2= f(0,Y). A questo punto possiamo elencare almeno quattro configurazioni di impresa rispetto alla problematica dell’adattamento:

  • in equilibrio instabile: il loro adattamento varia continuamente; l’omeostasi all’esterno è di tipo puntuale e instabile;
  • dominate: totalmente dominate dalle forze competitive; esse sono configurabili come le imprese operanti in un “sistema dei prezzi”;
  • dominanti: totalmente autonome, monopoliste o oligopoliste, controllori del task environment;
  • in simbiosi: sopravvivono in quanto si rapportano durevolmente ad un’altra organizzazione pubblica o privata.

Analizzando la matrice dell’adattamento si può semplificare quelle che sono le infinite possibilità di adattamenti, in quattro configurazioni:

  1. adeguamento: libera concorrenza; tipico delle imprese neonate o che vogliono restare piccole in mercati di libera concorrenza. Regna la price competition e la dipendenza dalle istituzioni del general environment è forte; nel passaggio al settore successivo l’impresa ha un confronto con i fornitori: deve stabilizzare i rapporti, specie nei contratti; è una specie di no fly zone di cui tener presente prima di avviare una strategia di crescita;
  2. differenziazione: oligopolio differenziato; tipico delle imprese che, superata la selezione naturale, si sono sviluppate usando anche fattori di non price competition. Dipendenza e autonomia possono succedersi rapidamente;
  3. controllo: oligopolio concentrato; tipico delle imprese ormai cresciute, dotate di elevate capacità finanziarie, che hanno avuto successo grazie anche a capacità di innovazione tecnologica e organizzativa radicale. Dopo aver seguito percorsi di integrazione verticale e/o diversificazione della produzione, alcune di esse assumono posizioni di leadership settoriale, grazie a capacità distintive. L’autonomia prevale sulla dipendenza;
  4. dominio: monopolio; Tipico delle imprese monopolistiche o dotate di forte potere di coalizione. La loro autonomia è tuttavia indebolita dal “letargo strategico”. Per eccesso di sicurezza, possono indebolirsi nelle loro capacità di innovazione tecnologica e di marketing, oltre che di anticipazione e progettazione dal futuro, mettendosi imprevedibilmente in crisi.

Attraverso la struttura Z è possibile leggere le caratteristiche dimensionali delle imprese, la configurazione strutturale dei mercati, le caratteristiche delle forze non di mercato, e quindi il posizionamento competitivo dell’impresa.