Le varie categorie di reddito nel modello OCSE

I redditi derivanti da beni immobili (articolo 6 OCSE). L’articolo 6 stabilisce che “i redditi che un residente di uno Stato contraente (Stato di residenza) ritrae da beni immobili situati nell’altro Stato contraente (Stato della fonte) sono imponibili (anche) in quest’ultimo”. Pertanto, l’art. 6 attribuisce la potestà impositiva non esclusiva allo Stato della fonte, con la conseguenza che i redditi immobiliari possono essere assoggettati a tassazione anche nello Stato di residenza del percettore. L’art. si applica anche alla locazione o a ogni altra utilizzazione di beni immobili di un’impresa. Si aggiunge all’articolo 6 anche l’articolo 13, che parla di utili di capitale, attribuendo allo Stato della fonte la potestà delle plusvalenze derivanti dall’alienazione di beni immobili ivi situati e realizzate da soggetti residenti dell’altro Stato. In Italia è previsto lo stesso regime fiscale applicabile alle plusvalenze derivanti dall’alienazione diretta dei beni, il che costituisce una deroga alle Convenzioni contro la doppia imposizione.

I beni immobili ai fini delle imposte sui redditi (articolo 3 comma 1 TUIR). La normativa italiana si fonda sul principio di tassazione mondiale (l’imposta personale si applica sul reddito complessivo). La base imponibile IRPEF è formata per i residenti da tutti i redditi ovunque posseduti e, per i non, solo da quelli prodotti in Italia.

I beni immobili situati all’estero e posseduti da soggetti residenti. I soggetti residenti che possiedono immobili all’estero devono includere i relativi redditi nella dichiarazione dei redditi. Questi concorrono alla formazione del reddito complessivo dell’ammontare netto risultante dalla valutazione effettuata nello Stato estero per il corrispondente periodo di imposta. Il contribuente deve determinare il valore imponibile ai fini delle imposte nello Stato estero. Tale reddito deve essere dichiarato anche nel territorio italiano, detraendo l’imposta pagata all’estero a titolo definitivo, secondo i limiti previsti per il credito di imposta. Se il fabbricato è esente o escluso (nello Stato estero), in Italia sono imponibili i canoni nella misura dell’85%. Se l’immobile è esente e non genera redditi di locazione, il contribuente non deve dichiarare alcun reddito. Se il reddito di locazione è soggetto all’imposta nello Stato estero, il contribuente deve indicare l’importo dichiarato nello Stato estero, senza alcuna deduzione e, in tal caso, gli spetta il credito di imposta. Sono imponibili le plusvalenze (“speculative”) realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di 5 anni. Per evitare la tassazione si potrebbe costituire una società immobiliare nello Stato estero (il reddito ricadrebbe così non sulla persona fisica, ma sulla società).

I beni immobili situati in Italia e posseduti da soggetti non residenti. I soggetti non residenti devono dichiarare in Italia i redditi fondiari relativi ai terreni e fabbricati situati nel territorio italiano. Da tali redditi non sono detraibili gli interessi passivi sui mutui. Le plusvalenze sono imponibili se realizzate entro i 5 anni dalla data di acquisto o costruzione.

I redditi di lavoro autonomo. L’articolo 14 OCSE è stato abrogato, facendo rientrare i redditi da lavoro autonomo nell’articolo 7 (utili di impresa).

I redditi di lavoro autonomo prodotti in Italia da soggetti non residenti. Il criterio di collegamento è quello del “luogo di esercizio dell’attività”. Pertanto, i redditi derivanti da soggetti residenti in Stati non legati all’Italia da Convenzioni (per evitare le doppie imposizioni) si considerano sempre imponibili in Italia. Nel caso vi sia, invece, una Convenzione, sono imponibili soltanto se l’attività è esercitata abitualmente in una sede fissa, con una ritenuta alla fonte a titolo di imposta nella misura del 30%. Se il percettore del reddito riceve un compenso da un privato, non è esonerato dall’obbligo di presentazione della dichiarazione. A questo proposito, si verifica una differenza di trattamento tra un soggetto che effettua la prestazione a un privato e quello che la effettua a un sostituto di imposta. Il primo avrà la possibilità di dedurre le spese sostenute, mentre il secondo subirà l’applicazione di una ritenuta alla fonte a titolo di imposta, sul lordo del compenso.

I redditi di lavoro dipendente (articolo 15 OCSE). L’articolo stabilisce che i salari che un residente di uno Stato riceve come corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili solo in detto Stato, salvo che l’attività non sia svolta nell’altro Stato contraente. La tassazione esclusiva nel Paese di residenza del percettore presuppone che siano soddisfatti 3 requisiti:

  1. il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per un periodo non superiore a 183 giorni dell’anno fiscale;
  2. le remunerazioni sono pagate da un datore di lavoro che non è residente nell’altro Stato;
  3. l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione che il datore ha nell’altro Stato.

Nel caso in cui lo Stato della fonte eserciti la potestà in base all’articolo 15, lo Stato di residenza del dipendente deve garantire con l’esenzione (articolo 23 a) o il credito di imposta l’eliminazione della doppia imposizione giuridica.

I redditi di lavoro dipendente prodotti nel territorio dello Stato da soggetti non residenti. Il criterio è quello del luogo di esercizio dell’attività. Sono soggetti a imposizione i redditi derivanti da attività di lavoro subordinato prestato nel territorio dello Stato, se percepiti da soggetti non residenti:

  • in Stati non legati all’Italia da Convenzioni;
  • in Stati legati all’Italia da Convenzioni che prevedono la tassazione di tali redditi sia in Italia sia nello Stato estero;
  • in Stati legati all’Italia da Convenzioni che prevedono la tassazione solo italiana.

Per quanto concerne gli stipendi pagati da un datore di lavoro privato, è prevista la tassazione esclusiva nello Stato di residenza del percettore se:

  • il lavoratore residente all’estero presta la sua attività in Italia per meno di 183 giorni nell’anno fiscale;
    • le remunerazioni sono pagate da un datore residente all’estero;
    • l’onere non è sostenuto da una stabile organizzazione.

La normativa italiana in tema di tassazione dei redditi da lavoro dipendente prestato all’estero. L’articolo 5 del Decreto Legislativo 314 del ’97 ha previsto l’abrogazione dell’articolo 3 comma 3 TUIR che prevedeva l’esonero per i redditi da lavoro dipendente prestati all’estero in via continuativa e per effetto dell’articolo 3 comma 2 della legge 388 del 2000 restano però esclusi i redditi di lavoro dipendente prestati all’estero in zone di frontiera. L’art. 36 della l. 342 del 2000 ha integrato le disposizioni per la determinazione del reddito da lavoro dipendente (con l’aggiunta del comma 8 bis all’articolo 48 TUIR), del residente in Italia e prestato all’estero, in base a valori convenzionali definiti con decreto dal Ministero del lavoro. Cessa il criterio di esenzione ai fini IRPEF stabilito dal previgente articolo 3 comma 3 TUIR. Affinché si applichi il comma 8 bis, l’attività deve essere prestata in via continuativa e per un periodo superiore a 183 giorni dell’anno fiscale (comprese ferie e permessi). Ai fini delle imposte si considerano residenti le persone fisiche che per la maggior parte del periodo di imposta sono residenti o hanno il domicilio nello Stato italiano. La nuova normativa non trova applicazione, qualora l’Italia abbia stipulato un accordo per evitare le doppie imposizioni, e lo stesso preveda che il reddito di lavoro dipendente venga tassato esclusivamente nel Paese estero. In presenza di Convenzione bilaterale, stipulata secondo il modello OCSE, se il periodo è superiore a 183 giorni, il lavoratore potrà beneficiare del credito di imposta (articolo 23). Viceversa, la tassazione sarà effettuata esclusivamente in Italia. Per la nuova disciplina è necessario uno specifico contratto, che preveda la prestazione in via esclusiva all’estero, non applicabile ai dipendenti in trasferta. La base imponibile considera una retribuzione convenzionale, quindi anche i benefits non subiscono nessuna tassazione autonoma, perché il loro ammontare è ricompreso nella retribuzione convenzionale. N.B. In conclusione, i redditi dipendenti possono essere suddivisi in 3 categorie:

  1. redditi prestati all’estero per un periodo superiore a 183 giorni: tassati nello Stato della fonte, ma devono essere dichiarati anche in Italia sulla base del reddito convenzionale, con la detrazione del credito di imposta per le imposte pagate all’estero;
  2. i redditi prestati all’estero per un periodo superiore a 183 giorni in zona di frontiera: sono esclusi da imposizione in Italia e tassati solo nello Stato della fonte;
  3. i redditi prestati all’estero per un periodo inferiore a 183 giorni devono essere dichiarati in Italia sulla base del reddito percepito e beneficiano del credito di imposta.

I redditi derivanti da rapporti di co.co.co. I compensi per co.co.co. si considerano prodotti nel territorio dello Stato se corrisposti dallo Stato italiano, da soggetti residenti in Italia o da stabili organizzazioni di soggetti non residenti. Se è un soggetto residente a erogare il compenso al non residente, l’imposta è dovuta in Italia, a prescindere dal fatto che le prestazioni siano materialmente effettuate nel territorio nazionale o all’estero. Su questi redditi, ai non residenti è operata una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 30%. È utile analizzare anche le disposizioni del modello OCSE applicabili ai co.co.co.:

  • articolo 14: per le libere professioni à abrogato e rientrante nell’articolo 7;
  • articolo 16: compensi percepiti in relazioni a incarichi di amministratori, sindaco o revisione di società;
  • articolo 15: nel qual caso non si applichino il 14 e il 16 si applica il 15.

L’articolo 15 fungerà da art. residuale in forza dell’articolo 3 comma 2 OCSE, secondo cui ogni termine non definito nel Trattato si attribuirà alla legislazione degli Stati contraenti.

I compensi e i gettoni di presenza (articolo 16 OCSE). Lo Stato di residenza potrà assoggettare a tassazione il compenso, concedendo l’esenzione o il credito di imposta per le imposte assolte nell’altro Stato contraente.

I redditi degli amministratori e dei sindaci non residenti prodotti nel territorio dello Stato. Questi sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente. Fanno eccezione gli uffici che rientrano nei compiti istituzionali o hanno per oggetto arti e professioni. Sono tassati in Italia se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni. In tal caso, sarà operata una ritenuta alla fonte del 30% (come nel caso di artisti e degli sportivi, articolo 17).

Pensioni private (articolo 18 OCSE), pensioni e funzioni pubbliche (articolo 19 OCSE). Le pensioni private pagate a un residente di uno degli Stati contraenti sono imponibili soltanto nello Stato di residenza attuale del percettore, a prescindere da dove abbia lavorato. Sono considerate pensioni private quelle corrisposte da enti, istituti e organismi previdenziali (esempio: pensioni erogate alle vedove e agli orfani). L’articolo 18 affronta la deducibilità dei contributi previdenziali, dal reddito da lavoro dipendente per un residente in uno Stato (d’origine) che svolga un’attività dipendente in un altro Stato (d’attività), versati in un fondo pensione dello Stato d’origine. Ai sensi dell’articolo 19 i salari, gli stipendi pagati da uno Stato contraente a una persona fisica sono imponibili solo in detto Stato. Tuttavia, allo Stato di residenza del percettore è attribuita l’esclusiva potestà impositiva qualora i servizi siano resi in quest’ultimo Stato e la persona fisica sia un residente di questo Stato che ha la nazionalità o non è divenuto residente al solo scopo di rendervi i servizi. In forza del comma 2 dell’articolo 19, le pensioni corrisposte da uno Stato contraente a una persona fisica sono imponibili solo in questo Stato. Nondimeno, queste pensioni saranno tassate solo nello Stato di residenza nel caso in cui questo sia un residente di questo Stato e ne abbia la nazionalità.

Le pensioni percepite in Italia da soggetti non residenti. Si considerano prodotte in Italia le pensioni percepite da soggetti non residenti, se erogate dallo Stato, da soggetti residenti in Italia o da stabili organizzazioni di soggetti non residenti. L’articolo 18 OCSE è applicabile:

  • alle pensioni erogate nell’ambito della previdenza pubblica,
  • alle prestazioni pensionistiche integrative, se erogate in forma di rendita e assoggettate a tassazione ordinaria,
  • alle rendite vitalizie e a tempo determinato, aventi contenuto previdenziale (articolo 13 D.Lgs. numero 47 del 2000).

Si segnala che la normativa italiana affianca alle pensioni anche il TFR. In base alle vigenti Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, le pensioni erogate da enti pubblici e privati in Italia, concesse a un contribuente residente in un altro Paese, sono assoggettate a imposizione diversa a seconda del Paese di riferimento.

Altri redditi (articolo 21 OCSE). Questo articolo costituisce una categoria residuale, infatti il primo comma stabilisce che: “gli elementi di reddito di un residente di uno Stato contraente, qualunque ne sia la provenienza, che non sono trattati nei precedenti articoli, sono imponibili soltanto in questo Stato. Esempio: trust, premi, vincite, sanzioni. Se il reddito diverso è prodotto da una stabile organizzazione, si applica l’articolo 7 OCSE (viene ricondotto alla stabile), ad eccezione dei redditi immobiliari, i quali restano tassabili solo nello Stato di residenza del percettore del reddito.