Il diritto societario: cooperative e società di capitali

 LA SOCIETA’ PER AZIONI

La società per azioni (creata dall’ordinamento per offrire un modello di società – organizzazione di persone e mezzi creata dall’autonomia privata per l’esercizio comune di un’attività produttiva – nella quale fosse ridotto il rischio d’impresa e nella quale vi fosse una più facile mobilitazione di grandi capitali d’investimento, con possibilità di compresenza di azionisti imprenditori ed azionisti risparmiatori) è una società di capitali:

– dotata di personalità giuridica, e conseguente piena e perfetta autonomia patrimoniale, che risponde quindi con il suo patrimonio in modo esclusivo alle obbligazioni sociali (i soci sono responsabili limitatamente ai soli conferimenti promessi, e non assumono nessun’altra responsabilità, neppure sussidiaria per le obbligazioni sociali);

– nella quale le partecipazioni sociali sono rappresentate da azioni (partecipazione omogenee standardizzate e spersonalizzate);

– organizzata con una struttura di tipo corporativo, formato da tre distinti organi quali:

– l’assemblea, regolata secondo il principio maggioritario (con voto non per testa, ma proporzionato alle partecipazioni sociali), che è espressione (indiretta) della volontà dei

soci (e tendenzialmente della maggioranza);

– gli amministratori, ai quali spetta la gestione delle attività sociali;

– il collegio sindacale, che ha poteri di controllo sulla gestione degli amministratori.

Amministratori e sindaci, nominati dall’assemblea, rispondono sia in sede civile che penale dei danni

arrecati in seguito a violazione dei doveri di condotta ricollegati all’esercizio delle rispettive funzioni.

 

I PROBLEMI RIGUARDANTI LE S.P.A. E L’EVOLUZIONE DELLA DISCIPLINA

Nelle S.p.A. a ristretta base azionaria i problemi sono quelli della tutela dei soci di minoranza e dei creditori, di fronte a possibili abusi egli azionisti di maggioranza ed amministratori.

Nelle società con azionariato largamente diffuso fra il pubblico, il controllo è spesso in mano a gruppi minoritari (dato il disinteresse, se non indiretto, degli azionisti investitori per l’attività sociale), per cui sarà necessario tutelare anche gli investitori da comportamenti scorretti del gruppo di controllo, di cui non è sempre facile l’individuazione.

Nelle società con azioni quotate in borsa si pone inoltre il problema di garantire il corretto funzionamento dell’intero mercato azionario e di tutelare il pubblico indifferenziato dei potenziali investitori.

In un primo intervento alla disciplina dettata dal codice civile del 1942 (con la riforma del 1974), il legislatore prende atto dell’effettivo dominio minoritario e, con una serie di apposite norme, mira a tutelare le masse di azionisti risparmiatori:

– tramite la possibilità di emettere azioni di risparmio (maggiormente adatte a tale pubblico);

– tramite l’obbligo di una maggiore trasparenza degli assetti proprietari e di una più ampia informazione del mercato;

– tramite la certificazione del bilancio da parte di un’autonoma società di revisione;

– tramite l’istituzione di un organo pubblico di controllo – la Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) – diretto a garantire la completezza e la veridicità dell’informazione societaria.

Con la riforma del 1998 si è risposto all’esigenza di dare attuazione alle direttive comunitarie in materia di servizi di investimento e di rendere competitivo sul piano internazionale il mercato mobiliare italiano (la cui disciplina era già stata modificata, a tutela degli azionisti investitori, nel 1983 per rispondere a necessità di trasparenza ed efficienza)

La riforma del 2003 va, innanzitutto, a tutelare i risparmiatori di massa (che investono nella società, pur disinteressati all’attività sociale) e mira a semplificare la disciplina della società di capitali, ampliando lo spazio dell’autonomia statutaria.

A seguito della riforma, accanto ad un insieme di regole valide per tutte le società per azioni, si sono andate a delineare discipline parallele riferite a differenti modelli di S.p.A :

– la società chiusa (che non fa appello al mercato del capitale di rischio);

– la società che fa appello al mercato del capitale di rischio (che comprende società quotate o con azioni diffuse fra il pubblico in modo rilevante)

–     la società quotata (che soddisfa il suo bisogno di capitale di rischio nei mercati regolamentati)

Sono state studiate, inoltre, discipline a “statuto speciale” per società aventi per oggetto determinate attività (bancarie, assicurative, ecc.) e per i gruppi di società (riguardo alla cui composizione era necessario garantire maggiore trasparenza).

La riforma del 2005 riguarda, invece, la trasparenza dei gruppi di società ramificati in paesi che non assicurano la trasparenza societaria, soprattutto al fine di tutelare i risparmiatori; inoltre è stata riformata in più punti la disciplina riguardante i controlli delle società quotate e la tutela dei diritti dei soci di minoranza.

 

LA COSTITUZIONE

La costituzione della S.p.A. passa per due fasi fondamentali che sono la stipulazione dell’atto costitutivo (che tassativamente deve avvenire per atto pubblico), e l’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese (che determina l’acquisizione della personalità giuridica da parte della società, che viene quindi ad esistenza).

La stipulazione può avvenire secondo due differenti procedimenti:

stipulazione simultanea, nella quale i soci fondatori stipulano immediatamente l’iniziativa di costituzione e sottoscrivono integralmente il capitale sociale iniziale;

stipulazione per pubblica sottoscrizione, nella quale:

–      i promotori predispongono un programma (contenente oggetto, capitale, e principali disposizioni dell’atto costitutivo) che viene depositato presso un notaio e quindi reso pubblico (secondo le modalità previste per il collocamento di strumenti finanziari mediante offerte pubbliche di sottoscrizione);

– sottoscritto integralmente il capitale sociale, i promotori devono fissare un termine (non superiore a 30gg) per il versamento del 25% del capitale (presso una banca indicata nel programma) ed è facoltà dei promotori agire giudizialmente contro i sottoscrittori morosi o liberarli dall’obbligo assunto (nel cui caso il procedimento si blocca finché non vengano nuovamente collocate le azioni rimaste non sottoscritte);

– versato il 25% del capitale, viene convocata l’assemblea dei sottoscrittori, che accerta l’esistenza delle condizioni richieste per la costituzione, delibera sul contenuto dell’atto costitutivo non ancora fissato nel programma, e nomina i primi amministratori e sindaci; nell’assemblea ciascun sottoscrittore ha diritto ad un solo voto e per la validità della delibera è necessaria la presenza di almeno la metà dei sottoscrittori ed il voto favorevole della maggioranza dei presenti (o di tutti i sottoscrittori per modifiche alle condizioni stabilite dal programma);

– i promotori sono solidamente responsabili verso i terzi per le obbligazioni assunte in nome della costituenda società, che si potranno riversare su questa (sempre che si costituisca) solo se necessarie per la propria costituzione; d’altra parte è consentito che essi si riservino una partecipazione agli utili della società, indipendentemente dalla loro qualità di soci (a patto che tale partecipazione non superi il 10% dell’utile netto di bilancio e non abbia durata superiore ai 5 anni).

La stipulazione dell’atto produce alcuni effetti immediati e preliminari alla costituzione della S.p.A: le somme di denaro risultano vincolate fino alla conclusione del procedimento di costituzione (a meno che l’iscrizione nel registro delle imprese non avvenga entro il termine di 90gg, scaduto il quale l’atto perde di validità ed i soci hanno diritto alla restituzione del versamento) e vengono consegnate agli amministratori solo dopo la prova dell’iscrizione nel registro delle imprese.

 

L’ATTO COSTITUTIVO

La S.p.A può essere costituita per contratto (od atto unilaterale, da parte di un singolo socio fondatore) ed in ogni caso per atto pubblico, che deve tassativamente (come stabilito nell’art. 2328) “indicare:

1) il cognome e il nome o la denominazione, la data e il luogo di nascita o lo Stato di costituzione, il domicilio o la sede, la cittadinanza dei soci e degli eventuali promotori, nonché il numero delle azioni assegnate a ciascuno di essi;

2) la denominazione e il comune ove sono poste la sede della società e le eventuali sedi secondarie;

3) l’attività che costituisce l’oggetto sociale;

4) l’ammontare del capitale sottoscritto e di quello versato;

5) il numero e l’eventuale valore nominale delle azioni, le loro caratteristiche e le modalità di emissione e circolazione;

6) il valore attribuito ai crediti e beni conferiti in natura;

7) le norme secondo le quali gli utili devono essere ripartiti;

8) i benefici eventualmente accordati ai promotori o ai soci fondatori;

9) il sistema di amministrazione adottato, il numero degli amministratori e i loro poteri, indicando quali tra essi hanno la rappresentanza della società;

10) il numero dei componenti il collegio sindacale;

11) la nomina dei primi amministratori e sindaci ovvero dei componenti del consiglio di sorveglianza e, quando previsto, del soggetto al quale è demandato il controllo contabile;

12) l’importo globale, almeno approssimativo, delle spese per la costituzione poste a carico della società;

13) la durata della società ovvero, se la società è costituita a tempo indeterminato, il periodo di tempo, comunque non superiore ad un anno, decorso il quale il socio potrà recedere.”

La denominazione sociale può essere liberamente formata, ma deve contenere l’indicazione di “Società per Azioni” e non può essere simile ad altra già adottata da società concorrente quando ciò possa creare confusione.

La sede sociale è il luogo dove risiedono l’organo amministrativo e gli uffici direttivi della società; essa indica inoltre (dovendo indicare il comune in cui si trova) quale sia ufficio l’ufficio del registro delle imprese presso il quale deve avvenire l’iscrizione della società.

L’oggetto sociale è il tipo di attività economica che la società si propone di svolgere (che non deve essere espresso in modo tanto generico ed onnicomprensivo da risultare indeterminato).

Lo statuto è parte integrante parte dell’atto costitutivo: esso contiene le norme legali e convenzionali per il funzionamento della società; in caso di contrasto tra i due atti (se redatti separatamente) prevalgono le clausole dello statuto.

 

LE CONDIZIONI PER LA COSTITUZIONE

Le condizioni per la costituzione (stabilite nell’art. 2329) sono:

– la sottoscrizione integrale del capitale sociale;

– il rispetto delle disposizioni relative ai conferimenti (versamento di almeno il 25% di quelli in denaro, o l’intero ammontare in caso di atto unilaterale);

– le autorizzazioni e le altre condizioni richieste dalle leggi speciali per la costituzione della società, in relazione al suo particolare oggetto.

Inoltre (secondo l’art. 2327, modificato dalla riforma del 2005) il capitale sociale minimo non può essere inferiore a 120.000€ (salvo limiti più alti, imposti dalle leggi speciali per particolari oggetti sociali).

 

IL CONTROLLO NOTARILE E L’ISCRIZIONI NEL REGISTRO DELLE IMPRESE

Il controllo di legalità sull’atto costitutivo viene affidato al notaio, sia sul piano formale – di conformità dell’atto agli obblighi di forma stabiliti dalla legge – che su quello sostanziale – di conformità alla legge della costituenda società: in base alla legge notarile, infatti, il notaio non può ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge, o manifestamente contrari al buon costume o all’ordine pubblico“.

Dopo il controllo, il notaio deposita l’atto per l’iscrizione nel registro delle imprese, nel cui ufficio viene effettuato un controllo di regolarità formale della documentazione.

Con l’iscrizione nel registro si determina il completamento della costituzione della S.p.A. , che acquista la personalità giuridica (come stabilito dall’art. 2331) e viene dunque ad esistenza.

 

LE OPERAZIONI SVOLTE PRIMA DELL’ISCRIZIONE

Riguardo le operazioni fatte in nome della costituenda società prima dell’iscrizione nel registro, (secondo la riforma del 2003) sono illimitatamente responsabili verso i terzi coloro che hanno agito (promotori, socio unico fondatore, o soci fondatori che abbiano autorizzato le operazioni):

– se la società viene iscritta nel registro delle imprese, le operazioni necessarie per la costituzione sono automaticamente accollate alla società stessa.

– se il procedimento di costituzione non giunge a compimento, i promotori per le spese sostenute per la costituzione non hanno alcuna rivalsa verso i sottoscrittori delle azioni (a meno che non abbiano agito su specifico incarico di questi ultimi); d’altra parte si ammette che le persone delegate dall’atto costitutivo come amministratori (in quanto obbligati per legge a compiere gli atti necessari alla costituzione della società) abbiano azione di rivalsa verso i sottoscrittori (solo per le spese strettamente necessarie).

Riguardo alla responsabilità nei confronti di terzi, non è ammessa la supposizione dell’esistenza di una S.p.A. irregolare di fatto, ed i terzi si potranno rivalere solo su chi responsabile (chi ha operato e chi ha autorizzato tali operazioni), ma non sul patrimonio della costituenda società, non ancora posta in essere durante tali opzioni preliminari, in quanto non iscritta nel registro delle imprese (come facilmente accertabile dai terzi, visto che negli atti e nella corrispondenza della società dev’essere sempre indicato l’ufficio del registro delle imprese presso il quale è avvenuta l’iscrizione): tali atti sono stati compiuti in nome della costituenda società e non dei soci sottoscrittori, e questi ultimi saranno responsabili solo nel caso in cui abbiano esplicitamente autorizzato tali operazioni.

 

NULLITA’ DELLA SOCIETA’ PER AZIONI

La costituzione della società per azioni (ed in particolare l’atto costitutivo) può essere affetta da vizi ed anomalie che determinano effetti diversi nel caso in cui emergano prima o dopo l’iscrizione nel registro delle imprese:

– la nullità prima dell’iscrizione segue le regole sulla nullità del contratto in generale (per cui il contratto è nullo quando contrario a norme imperative, per mancanza di uno dei requisiti del contratto – accordo, causa, oggetto e forma – per illiceità della causa, per motivo illecito comune, per impossibilità, illiceità od determinatezza dell’oggetto, e negli altri casi stabiliti dalla legge), ed in particolare sulla nullità del contratto associativo (per cui nullità ed annullabilità colpiscono solo le parti direttamente interessate, salvo che la loro partecipazione al contratto sia da considerarsi essenziale);

– la nullità dopo l’iscrizione è regolata diversamente, in modo da poter meglio salvaguardare i diritti dei terzi, dare maggior fluidità ai traffici giuridici e preservare per quanto possibile l’attività della società. Con la riforma del 2003 le cause di nullità dell’atto costitutivo (indicate nell’art. 2332) sono state ridotte a tre:

– mancata stipulazione dell’atto costitutivo nella forma dell’atto pubblico;

– illiceità dell’oggetto sociale;

– mancanza nell’atto costitutivo di indicazioni su denominazione, conferimenti, ammontare del capitale sociale ed oggetto sociale;

Gli effetti di tale nullità non sono, però, retroattivi, per cui gli atti successivi all’iscrizione e precedenti alla dichiarazione di nullità sono efficaci; a tal proposito:

– i soci non sono liberati dagli obblighi di conferimento sino a quando non siano soddisfatti i creditori sociali;

– la sentenza di nullità opera solo per il futuro come semplice causa di scioglimento della società (e nella stessa sentenza è contenuta la nomina dei liquidatori);

– la società non può essere dichiarata nulla quando la causa di nullità sia stata precedentemente eliminata, e tale eliminazione sia stata iscritta nel registro delle imprese (criterio di sanabilità);

–    come per il diritto comune, anche tale azione di nullità è imprescrittibile e può essere mossa da chiunque sia interessato;

–    ancora, l’invalidità della singola partecipazione non può portare alla nullità della società (al più allo scioglimento per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale nel caso di essenzialità della partecipazione).

 

SOCIETA’ PER AZIONI UNIPERSONALE

La riforma del 2003 ha esteso la figura dell’unico socio fondatore (introdotta nel ’93 per la S.r.l.) anche alla S.p.A. , per cui è oggi possibile la costituzione di società per azioni da parte di un unico socio fondatore per atto unilaterale; a tutela dei terzi è inoltre stabilito che

– sia al momento della sottoscrizione che dell’aumento di capitale a pagamento, l’unico socio debba versare la totalità dei conferimenti in denaro (e così pure nel caso in cui venga meno la pluralità dei soci, nel qual caso i restanti conferimenti sono da versare entro 90gg);

– negli atti di corrispondenza (ma non nella denominazione sociale) sia indicato che la società è unipersonale;

– gli amministratori debbano depositare (presso il registro delle imprese) i dati anagrafici dell’unico socio nel caso in cui cambi, e dar pubblicità nel caso in cui venga costituita (o ricostituita) la pluralità;

Il mancato rispetto di tali disposizioni impedisce che operi per l’unico socio il beneficio della responsabilità limitata (per cui l’unico azionista è responsabile, per quanto solo in via sussidiaria, delle obbligazioni).

Inoltre, sempre a tutela dei terzi:

– la limitazione di responsabilità per l’unico socio opera solo dopo l’iscrizione nel registro delle imprese (per cui, prima che questa avvenga, questi è responsabile solidalmente con chi altri abbia agito in nome della costituenda società);

– dato l’accentuato rischio di conflitto di interessi, i contratti tra la società ed il socio unico (così come le operazioni a favore dello stesso) sono opponibili ai creditori sociali solo se risultano dal libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione.

 

PATRIMONI SEPARATI: PATRIMONI DESTINATI E FINANZIAMENTI DESTINATI

Altra limitazione del rischio di impresa consiste nella possibilità di individuare uno o più patrimoni separati che rispondono solo delle obbligazioni relative a “predeterminate e specifiche operazioni economiche”. La società ha dunque facoltà di:

– costituire uno o più patrimoni, ciascuno dei quali destinato ad uno specifico affare;

– stipulare con terzi un contratto di finanziamento di un singolo affare, pattuendo che al rimborso (totale o parziale) del finanziamento siano destinati i proventi dell’affare stesso (o parte di essi).

La delibera per la sua costituzione di un patrimonio operativo (separato dal patrimonio sociale e relativo solo alle obbligazioni del singolo affare) deve avvenire a maggioranza assoluta dei componenti dell’organo amministrativo e deve indicare (ai sensi dell’art. 2447ter):

– l’affare al quale è destinato il patrimonio;

– i beni e rapporti giuridici compresi nel patrimonio; – le regole di rendicontazione dello specifico affare.

Inoltre è stabilito che:

– il patrimonio destinato non superi il 10% del patrimonio netto, ma che d’altra parte questo risulti congruo rispetto alla realizzazione dell’affare (come attestato dall’apposito piano economico-finanziario allegato alla delibera);

– nel caso in cui il patrimonio contenga incrementi generati da apporti di terzi, la delibera debba contenere le indicazioni relative alle loro partecipazione ai risultati;

– se il patrimonio deriva anche da strumenti finanziari di partecipazione allo specifico affare, diffusi in maniera rilevante, nella delibera deve essere nominata una società di revisione contabile incaricata del controllo dell’andamento economico dell’affare.

La delibera, verbalizzata dal notaio, acquista validità dopo 60gg dall’iscrizione presso il registro delle imprese, e durante tale pendenza i creditori sociali potranno opporsi in tribunale alla separazione patrimoniale: decorso tale termine, i creditori sociali non potranno più far valere alcun diritto sul patrimonio destinato allo specifico affare, salvo che per la parte spettante alla società sui frutti o proventi da esso derivanti; d’altra parte, alle obbligazioni contratte per realizzare il singolo affare (solo a patto che il vincolo di destinazione sia espressamente menzionato negli atti relativi allo specifico affare) la società risponde solo con il patrimonio destinato (fatta salva la responsabilità illimitata della società per le obbligazioni derivanti da fatto illecito).

Più semplice è la disciplina per i finanziamenti destinati, che richiede la formazione di un contratto di finanziamento di uno specifico affare che deve contenere:

– l’oggetto dell’operazione;

– le modalità ed i tempi di realizzazione;

– i costi previsti ed i ricavi attesi;

– il piano di finanziamento, che indichi i beni necessari per la realizzazione dell’affare, la parte coperta dal finanziamento e quella a carico della società;

– la parte dei proventi generati dall’affare che andranno a rimborsare il finanziamento ed il termine oltre il quale non verrà più corrisposto al finanziatore la parte dovuta degli utili.

Il patrimonio separato, in questo caso, è formato dai proventi dell’affare, dai relativi frutti e dagli investimenti eventualmente effettuati in attesa del rimborso al finanziatore.

 

I CONFERIMENTI

I conferimenti sono il contributo dei soci (sotto forma di apporto di capitale di rischio) alla formazione del patrimonio iniziale della società ed il loro valore esprime la cifra del capitale sociale nominale, che individua il vincolo di indisponibilità (la parte di patrimonio non distribuibile ai soci) e svolge un’importante funzione organizzativa (per la ripartizione degli utili ed altri diritti dell’azionista, è infatti necessario che la somma dei conferimenti non sia inferiore al capitale sociale, anche se i conferimenti possono essere ridistribuiti anche non proporzionalmente rispetto ai conferimenti).

Se non è indicato altrimenti nell’atto costitutivo, i conferimenti devono essere effettuati in denaro ed in qualsiasi momento, dopo la costituzione della società, gli amministratori possono richiedere ai soci quanto ancora (eventualmente) dovuto (oltre al 25% che per legge va versato alla sottoscrizione).

Le azioni non interamente liberate (necessariamente nominative) sono trasferibili e nel titolo azionario devono risultare i versamenti ancora dovuti: in caso di trasferimento, l’alienante è garante dell’attuale azionista, per cui risponderà (anche se in via sussidiaria e solo per i successivi tre anni dall’iscrizione del trasferimento nel libro dei soci) all’obbligo di conferimento di quest’ultimo.

Nel caso di mancato pagamento (come disposto nell’art. 2344), innanzitutto al socio moroso è negato l’esercizio del diritto di voto: gli amministratori sono legittimati a svolgere (in luogo della normale azione giudiziaria per inadempimento) attività di vendita coattiva delle azioni corrispondenti al debito non versato, offrendole prima in opzione ai restanti soci (in proporzione alle partecipazioni), e dunque al pubblico, attraverso banca od intermediario autorizzato; se la vendita coattiva non dà risultati, le azioni vengono trattenute entro il patrimonio della società, che deve metterle in circolazione entro la chiusura dell’esercizio in cui è stata pronunciata la decadenza del socio moroso. Superato tale termine, le azioni rimaste invendute saranno annullate, ed il capitale sociale ridotto dell’ammontare corrispondente.

 

CONFERIMENTI DIVERSI DAL DENARO

Riguardo ai conferimenti diversi dal denaro, la disciplina è più restrittiva rispetto a quella applicabile alla società di persone, e nello specifico:

– non è ammesso il conferimento di prestazioni d’opera o di servizi;

– non si possono conferire cose generiche, future od altrui (in quanto le azioni corrispondenti dovrebbero essere liberate al momento della sottoscrizione);

E’ invece possibile il conferimento di diritti di godimento e brevetti, che entrano col consenso del conferente nell’effettiva disponibilità della società.

La valutazione dei conferimenti diversi dal denaro (come disposto dall’art. 2343) deve essere oggettiva e veritiera, e deve risultare innanzitutto dalla relazione giurata di stima di un esperto designato dal tribunale che viene allegata all’atto costitutivo: entro 180gg dalla costituzione, gli amministratori devono controllare le valutazioni contenute nella relazione di stima, e se ritengono vi siano fondati motivi devono provvedere alla revisione di stima, verificando quale sia l’effettivo valore del conferimento (che non può essere inferiore a quello attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale). Se dalla revisione emerge che il valore del conferimento è inferiore di oltre un quinto rispetto al valore attribuito in sede di costituzione, la società deve ridurre proporzionalmente il capitale sociale ed annullare le azioni corrispondenti; in alternativa il socio:

– può versare la differenza in denaro (tra la valutazione degli amministratori e quella attribuita ai fini della determinazione del capitale sociale) onde evitare che vengano annullate le proprie azioni;

– può recedere dalla società con il conseguente diritto alla liquidazione del valore attuale delle azioni sottoscritte, al quale va aggiunto (o sottratto) un conguaglio per pareggiare il valore di liquidazione della partecipazione con quello del bene conferito.

L’atto costitutivo può inoltre prevedere che nel caso di annullamento delle azioni, quelle residue siano ripartite tra i soci (sempre nel rispetto del principio per cui il valore complessivo dei conferimenti non può essere inferiore al capitale sociale).

 

ACQUISTI POTENZIALMENTE PERICOLOSI

I cosiddetti acquisti potenzialmente pericolosi sono quelli definiti dall’art. 2343bis, cioè quelli acquistati dalla società, “per un corrispettivo pari o superiore al decimo del capitale sociale, di beni o di crediti dei promotori, dei fondatori, dei soci o degli amministratori, nei due anni dalla iscrizione della società nel registro delle imprese“, a meno che non vengano effettuati a condizioni normali nell’ambito delle operazioni correnti della società od avvengano nei mercati regolamentati o sotto il controllo dell’autorità giudiziaria od amministrativa.

Per tali acquisti il codice stabilisce che:

– l’alienante è tenuto a presentare la relazione giurata di un esperto designato dal tribunale, che contenga l’attestazione che il corrispettivo pattuito per l’acquisto non sia superiore al valore stimato dei beni (o crediti), indicato nella relazione (così come i criteri di valutazione seguiti);

– il deposito della relazione deve avvenire entro i 15gg precedenti l’assemblea nella sede della società, dove i soci possano prenderne visione;

– presa visione della relazione, l’assemblea ordinaria delibera sull’autorizzazione preventiva dell’acquisto da parte della società;

– entro 30gg dall’autorizzazione, il verbale dell’assemblea (corredato della relazione dell’esperto designato dal tribunale) dev’essere depositato presso il registro delle imprese.

In caso di violazione di tali disposizioni, gli amministratori e l’alienante sono solidalmente responsabili per i danni causati alla società, ai soci ed ai terzi.

 

PRESTAZIONI ACCESSORIE

L’atto costitutivo può prevedere, oltre l’obbligo dei conferimenti, ulteriori prestazioni accessorie non consistenti in denaro che gravino sui possessori di determinate azioni. Tali azioni rappresentano un utile strumento per vincolare stabilmente i soci e, d’altra parte, visto il rilievo che necessariamente assumono le qualità personali del socio che si impegna a fornire particolari prestazioni, introducono un rapporto di tipo personalistico tra il socio e la società: proprio per questo intuitus personae, le azioni risultano non trasferibili senza il consenso degli amministratori, e gli obblighi derivanti da queste prestazione non sono modificabili se non con il consenso di tutti i soci.

Le prestazioni accessorie costituiscono l’adempimento di obbligazioni sociali, e non di un rapporto contrattuale distinto da quello sociale, per cui la disciplina dei rapporti contrattuali aventi per oggetto le stesse prestazioni sarà applicabile solo in quanto compatibile con la disciplina societaria.

 

LE AZIONI

Le azioni sono le quote di partecipazione dei S.p.A. , caratterizzate da:

standardizzazione, in quanto è attribuito loro un identico ammontare;

omogeneità, in quanto offrono, all’interno della stessa categoria di azioni, a chi le detiene eguali diritti nella società e verso la società;

indivisibilità, in quanto rappresentano l’unità minima di partecipazione al capitale sociale e l’unità di misura dei diritti sociali (per cui se più soggetti diventano titolari di un’unica azione devono nominare un rappresentante comune per l’esercizio dei diritti verso la società; d’altra parte rispondono solidamente verso la società per il versamento dei conferimenti ancora dovuti);

libera trasferibilità, anche grazie al fatto che sono rappresentate, di regola, da documenti – i titoli azionari – che circolano secondo la disciplina dei titoli di credito;

autonomia rispetto alle altre azioni, in quanto ogni azione risulta autonoma rispetto alle altre possedute dallo stesso soggetto, che non vanno a formare un’unica quota, ma più quote distinte.

 

LE AZIONI COME PARTI DEL CAPITALE SOCIALE

Le azioni sono tutte di egual valore ed il loro valore nominale è la parte del capitale sociale (espresso in cifra monetaria) che esse rappresentano.

Poiché in nessun caso il valore complessivo dei conferimenti può essere inferiore all’ammontare totale del capitale sociale, le azioni non possono essere complessivamente emesse per somma inferiore al loro valore nominale; d’altra parte è ammesso (ed obbligatorio quando viene escluso o limitato il diritto di opzione degli azionisti sulle nuove emissioni ed il valore reale delle azioni sia superiore a quello nominale) che vengano emesse in sovrapprezzo.

Il valore di mercato delle azioni indica il loro prezzo di scambio nel giorno della valutazione, ed è espressione sia del valore di bilancio (il patrimonio netto sociale diviso il numero di azioni) che delle prospettive economiche future della società (tenendo conto anche di tutte le variabili esogene).

Nel caso di azioni con valore nominale (che cioè indicano il valore nominale – a differenza delle azioni senza valore nominale, che esprimono non una cifra monetaria ma una frazione percentuale del capitale sociale) si pongono importanti problemi di tutela dei singoli azionisti in caso di raggruppamento delle azioni (la sostituzione di più azioni, in una di maggior valore nominale) nel caso che questo pregiudichi la piena conversione delle azioni possedute, o la stessa conservazione della qualità di socio: la delibera di raggruppamento sarà da considerarsi invalida nel caso in cui il raggruppamento abbia unica ragione nel fine di pregiudicare la posizione dei singoli azionisti (configurandosi in tal caso un’ipotesi di abuso ai danni della minoranza).

 

LE AZIONI COME COMPLESSO DI DIRITTI SINTETIZZANTI LA PARTECIPAZIONE

Ogni azione costituisce una partecipazione sociale ed attribuisce al suo titolare un complesso unitario di diritti e poteri di natura amministrativa e patrimoniale.

Le azioni (come affermato dall’art. 2348) conferiscono ai loro possessori uguali diritti: tale principio va inteso come principio di uguaglianza relativa (in quanto ogni azione attribuisce uguali diritti a quelli della categoria a cui si appartiene) ed oggettiva (in quanto i diritti sono riferiti direttamente alle azioni, e non al soggetto azionista).

I diritti dell’azionista si dividono in tre categorie:

– quelli che non dipendo dal numero di azioni (intervento in assemblea, esame dei libri sociali); – quelli che competono solo se si possiede una determinata percentuale (convocazione o rinvio dell’assemblea);

– diritti che spettano in proporzione al numero di azioni possedute (diritto di voto, agli utili, alla liquidazione, diritto di opzione, di assegnazione gratuita di azioni).

La disuguaglianza soggettiva che emerge da tali categorie di diritti è legittima in quanto esprime il principio per cui a maggiore rischio corrisponde maggiore potere (anche di imporre, sempre nel rispetto della legalità, la propria volontà alla minoranza)

Vi sono poi deroghe a tali principi generali, per quanto riguarda le società privatizzate di interesse nazionale, dove lo Stato inserisce negli statuti clausole per cui gli vengono attribuiti particolari poteri sociali svincolati dalla partecipazione azionaria, od addirittura la qualità stessa di azionista.

Le azioni sono autonome una dall’altra (criterio di autonomia), per cui il socio azionista può disporne separatamente (quindi venderne alcune e non altre, e addirittura votare per una delibera in per alcune azioni a favore e per altre contro la delibera); tuttavia il legislatore ha previsto che in alcuni casi le azioni vadano considerate sotto un profilo unitario (e perciò ha previsto l’esistenza di diritti ed obblighi spettanti conseguenti alla detenzione di determinate percentuali del capitale sociale).

 

CATEGORIE SPECIALI DI AZIONI

Le azioni speciali sono quelle che ineriscono diversi diritti rispetto a quelli previsti dalla disciplina legale per le azioni ordinarie: possono essere create con lo statuto od attraverso una sua modifica.

Se in una S.p.A esistono azioni diverse da quelle ordinarie, le deliberazioni dell’assemblea generale che pregiudicano i diritti dei possessori di una categoria di azioni devono essere approvate anche dall’assemblea speciale della categoria interessata: tale assemblea speciale è regolata secondo la disciplina dell’assemblea straordinaria nel caso di azioni speciali non quotate, e secondo quella dell’organizzazione degli azionisti di risparmio in caso di azioni speciali quotate.

Altre categorie di azioni speciali, oltre a quelle espressamente previste dall’ordinamento, possono essere emesse dalla società, attenendosi ad alcuni limiti legali (come quello previsto dall’art. 2352, che fa espresso divieto di emettere azioni a voto plurimo).

L’attuale disciplina (dopo la riforma del 2003) permette l’emissione di azioni senza voto, o con voto limitato a specifici argomenti, o subordinato al verificarsi di eventi o condizioni (non meramente potestative) – a patto che queste non superino complessivamente la metà del capitale sociale.

Alle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio è concesso, inoltre, emettere azioni con diritto di voto limitato ad una misura massima o con voto scalare.

Le azioni privilegiate sono azioni che – a fronte (ma non necessariamente) di limitazioni dei diritti amministrativi – prevedono un diritto di preferenza nella distribuzione degli utili e/o nel rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società (col solo limite del divieto del patto leonino).

Le azioni correlate sono azioni fornite di diritti patrimoniali direttamente correlate ai risultati dell’attività sociale in un determinato settore (anche quando non danno vita ad un patrimonio destinato), comunque non superiori agli utili risultanti dal bilancio generale della società (per cui i possessori di tali azioni non avranno diritto a dividendi sugli utili correlati se l’attività complessiva registra una perdita).

 

LE CATEGORIE DI AZIONI SPECIALI ESPRESSAMENTE REGOLATE

Le azioni di risparmio sono azioni che prevedono necessariamente vantaggi patrimoniali a fronte della totale mancanza di diritto al voto (sono infatti destinate ai risparmiatori, che non sono direttamente interessati all’esercizio dei diritti amministrativi ma al contenuto patrimoniale ed alla redditività dei titoli azionari). Esse possono essere emesse (anche al portatore) solo da società quotate in mercati regolamentati e non possono superare la metà del capitale sociale, ed in ogni caso non vengono valutate ai fini del calcolo dei relativi quorum costitutivi o deliberativi.

Anche se ai possessori di azioni di risparmio è precluso il diritto di voto, essi sono da considerarsi a tutti gli effetti come soci (che conservano quindi il diritto di opzione su azioni della stessa categoria in caso di aumento del capitale). I soci possessori di azioni sono tutelati per mezzo di un rappresentante comune che (dotato di poteri quali la possibilità di esaminare il libro dei soci e quello delle adunanze dell’assemblea generale, assistere alle assemblee della società ed impugnarne le deliberazioni) difende gli interessi che emergono dall’assemblea speciale degli azionisti possessori di azioni di risparmio.

L’assemblea straordinaria dei soci può deliberare che, per coinvolgere i dipendenti lavoratori alla gestione ed ai risultati della società, vengano loro assegnate gratuitamente azioni a favore dei prestatori di lavoro – o che il diritto di opzione degli azionisti sull’emissione di azioni a pagamento venga limitato per offrire le stesse in sottoscrizione ai dipendenti della società.

Onde evitare conflitti d’interesse da parte di amministratori e dipendenti (dopo la riforma del 2005) si impone che, nelle società con azioni (od altri strumenti finanziari) diffusi fra il pubblico in misura rilevante, i piani di compensi basati su azioni o stock-options a favore di amministratori e dipendenti siano approvati dall’assemblea (straordinaria, onde poter limitare il diritto di opzione dei soci) ed i contenuti del piano siano comunicati alla Consob (ed alla società di gestione del mercato se si tratta di società quotata) e dunque resi pubblici.

Sono, invece, azioni di godimento particolari azioni (di regola prive del diritto di voto) postergate alle altre sotto il profilo dei diritti patrimoniali (ed infatti partecipano agli utili solo dopo che sia stato corrisposto alle altre azioni un dividendo pari all’interesse legale sul valore nominale, ed al saldo attivo di liquidazione solo dopo che alle altre sia stato rimborsato il valore nominale), che vengono emesse onde assicurare la parità di trattamento degli azionisti in occasione di riduzione reale del capitale sociale attuata mediante sorteggio ed annullamento di un certo numero di azioni dietro rimborso del solo valore nominale delle stesse (in modo da compensare l’eventuale differenza tra valore reale dell’azione al momento dell’annullamento e valore nominale effettivamente rimborsato).

 

STRUMENTI FINANZIARI PARTECIPATIVI DIVERSI DALLE AZIONI

Nell’ambito dell’ultima disciplina delle S.p.A. è stata prevista (con la riforma del 2003) l’emissione di strumenti finanziari partecipativi diversi dalle azioni che non sono parte del capitale sociale (e non attribuiscono la qualità di azionista ai soci) ma danno luogo ad un arricchimento del patrimonio della società, in cambio di diritti patrimoniali (e limitati diritti amministrativi, che non possono comprendere il diritto di voto, tranne che per argomenti specificatamente indicati dallo statuto – tra cui l’eventuale nomina di un membro di un membro del consiglio di amministrazione o del collegio sindacale). A tutela dei titolari di tali strumenti finanziari è costituita un’organizzazione di categoria composta da assemblea e rappresentante comune.

 

I TITOLI AZIONARI

I titoli azionari sono documenti che rappresentano le quote di partecipazione nelle S.p.A. “non  quotate, né diffuse fra il pubblico in maniera rilevante” e ne consentono il trasferimento secondo la disciplina dei titoli di credito (ai quali sono accomunati, fatta eccezione per la letteralità del titolo, in quanto per determinare la posizione del socio nei confronti della società è necessario fare riferimento a fonti estranee al titolo quali atto costitutivo e delibere assembleari).

Qualora emessi, essi devono contenere: – denominazione e sede della società;

– data dell’atto costitutivo, data ed in quale ufficio delle imprese è stata iscritta la società;

– valore nominale (o numero complessivo di azioni emesse per azioni senza valore nominale) ed ammontare del capitale sociale;

– l’ammontare dei versamenti parziali, nel caso di azioni non completamente liberate;

– eventuali diritti ed obblighi particolari ad essi inerenti (nel caso, ad esempio, di azioni speciali).

In deroga al principio dell’astrattezza del rapporto cartolare dei titoli di credito dal rapporto originale (quello personale col precedente possessore), è opinione prevalente che la società possa opporre erga omnes eventuali eccezioni personali quando vada salvaguardata l’integrità del capitale sociale (a scapito dell’affidamento dell’acquirente): così, sarebbe possibile per la società, ad esempio, richiedere al terzo acquirente i versamenti dei conferimenti ancora dovuti, anche se dal titolo non risulta che le azioni non sono interamente liberate. Se il punto è controverso, per contro è certo che la società non possa opporre al terzo acquirente eccezioni fondate su rapporti personali col dante causa, qualora non entri in gioco l’esigenza di salvaguardare l’integrità del capitale.

Lo stesso titolo può anche eventualmente racchiudere più azioni (cosiddetto titolo multiplo); di regola, inoltre, ai titoli è collegato un “foglio cedole” contenente più tagliandi – le cedole – che sono a loro volta titoli (di regola al portatore), che permettono di esercitare singoli diritti a loro ricollegati senza esibire l’intero titolo azionario, e possono formare oggetto di autonoma circolazione.

 

TRASFERIMENTO DELLE AZIONI NOMINATIVE

Secondo il vigente sistema, i titoli azionari (tranne che quelli relativi ad azioni di risparmio ed a quelle emesse dalle sicav, i cui titoli possono anche essere anche al portatore) sono nominativi, e le azioni possono essere intestate sia a nome di una persona fisica che di una giuridica.

Poiché nelle azioni nominative, l’intestazione deve risultare anche dal libro dei soci, in caso di trasferimento sarà necessario il mutamento di intestazione sia sul titolo che sul libro dei soci.

Una prima procedura (il cosiddetto transfert, richiedibile sia dall’alienante che dall’acquirente ) prevede il cambiamento contestuale delle due intestazioni, a cura e sotto la responsabilità della società emittente: tale procedura, particolarmente onerosa, prevede la collaborazione della società emittente ad ogni passaggio di proprietà.

Più diffuso è il trasferimento mediante girata in cui la duplice annotazione è eseguita da soggetti diversi ed in tempi diversi:

– quella sul titolo è fatta dall’alienante:

– dev’essere datata e non può essere in bianco;

– dev’essere sottoscritta dal girante, ed anche dal giratario se si tratta di azioni non

interamente liberate;

– dev’essere autenticata da notaio, da un agente di cambio, o da banca autorizzata. – l’annotazione sul libro dei soci (a seguito della riforma del 2003) non è più necessaria per esercitare i diritti sociali al titolare legittimato da una serie continua di girate; graverà dunque sulla società l’obbligo di aggiornare il libro soci (con efficacia essenzialmente informativa), onde poter poi annualmente comunicare all’Agenzia delle Entrate i nominativi degli azionisti che hanno riscosso dividendi o partecipato alle assemblee.

 

AZIONI DEMATERIALIZZATE

Onde semplificare e rendere più sicuro il trasferimento dei titoli, i meccanismi di circolazione si sono spesso svincolati dal trasferimento materiale del documento e basati su semplici registrazioni contabili: un sistema di gestione accentrata di strumenti finanziari è regolato dalla Monte Titoli S.p.A. (società per azioni a statuto speciale sotto la vigilanza di Consob e Banca d’Italia); in tale sistema sono immessi obbligatoriamente (non potendo più essere, secondo la corrente normativa, rappresentati da titoli) quegli strumenti finanziari:

– negoziati o destinati alla negoziazione nei mercati regolamentati italiani;

– non negoziati in mercati regolamentati ma diffusi fra il pubblico in misura rilevante.

Il titolare delle azioni può esercitare i diritti amministrativi a lui spettanti, tramite l’esibizione di apposite certificazioni rilasciate dalla società di gestione.

 

VINCOLI SULLE AZIONI

Le azioni possono essere costituite in usufrutto o in pegno e possono inoltre formare oggetto di misure cautelari ed esecutive (sequestro e pignoramento): tali vincoli producono effetti nei confronti della società e dei terzi solo se annotati sia sul titolo che sul libro dei soci.

Nel caso che le azioni siano gravate da tali vincoli, il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio od all’usufruttuario, che devono esercitarlo, però, senza ledere gli interessi del socio (a pena del risarcimento del danno); il diritto di opzione spetta invece al socio, le cui nuove azioni sono sottoscritte libere da vincoli.

Gli utili derivanti dal possesso delle azioni spettano al creditore pignoratizio od usufruttuario ed in caso di aumento gratuito del capitale sociale pegno ed usufrutto si estendono alle nuove azioni.

Se le azioni non sono integralmente liberate, i conferimenti dovuti dovranno essere fatti dal socio in caso di pegno, o dall’usufruttuario (salvo suo diritto alla restituzione al termine dell’usufrutto) in caso di usufrutto.

 

LIMITI ALLA CIRCOLAZIONE DELLE AZIONI

Restrizioni alla libera trasferibilità delle azioni sono attuate tramite:

limiti legali, per cui:

– le azioni liberate con conferimenti diversi dal denaro sono trasferibili solo dopo il controllo di valutazione;

– le azioni con prestazioni accessorie (così come quelle delle società fiduciarie e di revisione) sono trasferibili solo con il consenso del consiglio di amministrazione;

– sono previsti limiti alla circolazione quando riguardino partecipazioni rilevanti o di controllo;

limiti convenzionali, ed a proposito:

– ulteriori limiti possono essere posti nell’atto costitutivo (limiti statutari), opponibili anche a terzi, essendo resi pubblici nello statuto (ma di durata non superiore a cinque anni se vietano in assoluto la circolazione delle azioni);

– ancora, tramite accordi separati (patti parasociali) come sindacati di blocco (non opponibili a terzi), più soci si possono impegnare a non alienare le azioni.

Forme più lievi per limitare la circolazioni delle azioni sono invece:

– le clausole di prelazione, che impongono al socio che intende vendere le azioni di offrirle preventivamente agli altri soci, a parità di condizioni rispetto a quelle che verrebbero offerte successivamente ai terzi;

– le clausole di gradimento, che o richiedono il possesso di particolari requisiti da parte dell’acquirente, o subordinano il trasferimento al consenso di un organo sociale (sono valide anche le clausole di mero gradimento, se si dispone che in caso di rifiuto vi sia obbligo da parte degli altri soci di acquistare le azioni, o la possibilità di recesso per il socio alienante);

– le clausole di riscatto, per cui al verificarsi di un certo evento la società potrà riscattare le azioni del socio.

Nel caso di introduzione o rimozione di tali clausole con delibera dell’assemblea straordinaria, è riconosciuto il diritto di recesso ai soci che non hanno concorso all’approvazione della delibera.

 

OPERAZIONI DELLA SOCIETA’ SULLE PROPRIE AZIONI

Viste non di buon occhio e svantaggiate dall’ordinamento sono le cosiddette operazioni pericolose da parte della società (che minano l’integrità del capitale sociale), per cui:

– è vietata la sottoscrizione di proprie azioni (sia in sede di costituzione che di aumento del capitale) da parte della società (sia in via diretta che per interposta persona); e nel caso avvenga lascia obbligati i soggetti che abbiano materialmente violato il divieto a liberare tali azioni, che si intendono da questi ultimi sottoscritte (per cui nel caso di sottoscrizione diretta, salvo prova di loro esenzione da colpa, saranno obbligati i soci fondatori, promotori, od amministratori – a seconda dei casi); mentre nel caso in cui siano state sottoscritte per conto della società da terzi, questi ultimi ne diventano titolari.

– è limitata la possibilità da parte della società di acquisto di proprie azioni, reso possibile solo nel caso in cui vengano rispettate alcune tassative condizioni:

– le somme impiegate per l’acquisto non possono eccedere l’ammontare degli utili e delle riserve distribuibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato;

– le azioni acquistate devono essere interamente liberate;

– l’acquisto dev’essere autorizzato dall’assemblea ordinaria e la delibera deve fissare le modalità d’acquisto (fermo restando che questo è un atto di gestione degli amministratori);

– il valore nominale delle azioni acquistate non può eccedere il decimo del capitale sociale (tenuto conto anche delle azioni proprie detenute da società controllate);

–    nel caso di società quotate in borsa l’acquisto deve avvenire secondo le modalità indicate dalla Consob.

In caso di inosservanza di tali regole, sono previste sanzioni penali per amministratori e l’obbligo per la società di alienare entro un anno le azioni in questione (e nel caso in cui ciò non risulti possibile, provvedere ad una corrispondente riduzione del capitale).

Onde evitare, inoltre, abusi del gruppo di controllo, le azioni proprie della società sono sterilizzate dai relativi diritti sociali: il diritto di voto (che sarebbe altrimenti esercitato dagli amministratori,

espressione della maggioranza) è infatti sospeso; d’altra parte se ne tiene conto per il calcolo dei quorum costitutivi e deliberativi (onde evitare che l’acquisto di azioni proprie sia finalizzato ad abbassare i quorum necessari, rafforzando così il gruppo di controllo).

L’ordinamento (onde evitare situazioni simili a quelle che derivano dalla sottoscrizione o l’acquisto di azioni proprie da parte di una società) disciplina drasticamente altre azioni considerate pericolose:

– è vietato alle società concedere prestiti o fornire garanzie di qualsiasi tipo verso soci e terzi per la sottoscrizioni o l’acquisto di proprie azioni;

– la società non può accettare azioni proprie in garanzia.

La violazione di tali divieti, porta a nullità dei relativi contratti (che verrebbero posti in essere in contrasto con norme imperative); sono, invece, ammesse deroghe – nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili – qualora si miri così ad incentivare l’acquisto di azioni della società da parte dei propri lavoratori dipendenti, onde coinvolgerli nella gestione.

 

GLI ORGANI DELLA S.P.A.

Il modello della S.p.A è quello corporativo diviso in organi, tra cui quelli di maggior rilievo per la vita sociale, nel sistema tradizionale, sono:

– l’assemblea dei soci;

– l’organo amministrativo;

– l’organo di controllo interno;

Nel sistema dualistico tedesco, amministrazione e controllo possono essere gestiti da un consiglio di sorveglianza (di nomina assembleare) ed un consiglio di gestione (nominato a sua volta dal consiglio di sorveglianza); nel sistema monistico inglese, è previsto che amministrazione e controllo siano gestiti da un consiglio di amministrazione e da un comitato di controllo sulla gestione costituiti da membri interni al consiglio di amministrazione.

Riguardo al controllo contabile è previsto, di regola, che questo spetti ad un soggetto esterno. Infine, sia l’organo amministrativo che quello di controllo sono responsabili sia civilmente che penalmente della legalità dell’attività sociale.

 

L’ASSEMBLEA

L’assemblea è l’organo composto dalle persone dei soci e la sua funzione è quella di formare la volontà della società nelle materie riservate alla sua competenza dalla legge o dallo statuto: le deliberazioni avvengono secondo il principio maggioritario e collegialmente.

Le competenze dell’assemblea ordinaria sono (ai sensi dell’art. 2364):

– approvazione del bilancio (nel sistema dualistico tale compito spetta al consiglio di sorveglianza);

– nomina e revoca degli amministratori, dei sindaci, del presidente del collegio sindacale, e del soggetto riguardante il controllo contabile;

– compenso degli amministratori e sindaci, se non previsto dallo statuto;

– responsabilità di amministratori e sindaci;

– delibere su ciò che la legge stabilisce di competenza dell’assemblea;

– delibera sulle autorizzazioni per gli atti degli amministratori, quando previsto dalla legge;

– approvazione dell’eventuale regolamento dei lavori assembleari;

– autorizzazione di acquisti pericolosi o di acquisti di proprie azioni da parte della società;

–     distribuzione degli utili.

Le competenze dell’assemblea straordinaria sono (ai sensi dell’art. 2365):

– modificazione dello statuto;

– nomina e sostituzione dei liquidatori;

– altre materie attribuite dalla legge (aumento capitale sociale, fusione, scissione, trasformazione).

All’assemblea generale (dei soci possessori di azioni ordinarie) si affiancano assemblee speciali (per i soci possesso di azioni diverse da quelle ordinarie) che vengono regolate secondo la disciplina delle assemblee straordinarie, se non diversamente previsto dallo statuto.

Inoltre, onde evitare che l’assenteismo degli azionisti impedisca di deliberare è prevista (sia per l’assemblea ordinaria che per quella straordinaria) una seconda convocazione con quorum inferiori e che lo statuto possa prevedere convocazioni successive qualora anche la seconda convocazione vada deserta.

 

LE CAUSE DI CONVOCAZIONE

La convocazione è decisa dall’organo amministrativo (o controllo di gestione) quando è ritenuto opportuno, ed obbligatoriamente in alcuni previsti dalla legge:

– una volta l’anno entro il termine stabilito dallo statuto, non superiore ai 120gg dalla chiusura dell’esercizio (o 180gg nel caso di società tenute alla redazione del bilancio consolidato, o qualora lo richiedano particolari esigenze relative alla struttura od all’oggetto sociale);

– quando richiesto da almeno il 10% del capitale sociale (od anche meno se previsto dallo statuto)con indicazione degli argomenti da trattare (mentre i soci rappresentanti almeno un 1/40 del capitale sociale di società quotate possono chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno di un’assemblea già convocata).

Spetta invece al collegio sindacale:

– in caso di inerzia degli amministratori di fronte a cause di convocazione obbligatoria;

– quando vengano a mancare tutti gli amministratori;

– quando, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, il collegio sindacale venga a conoscenza di fatti di rilevante gravità e vi sia necessità di provvedere.

 

LE FORMALITA’ DELLA CONVOCAZIONE

La convocazione dev’essere pubblicata con almeno 15gg di anticipo sulla Gazzetta Ufficiale (o su altro quotidiano indicato nello statuto) e per le società che non fanno appello al capitale di rischio sono ammesse anche altre forme di comunicazione, a patto che comunque garantiscano la possibilità di provare l’avvenuto ricevimento.

La convocazione deve contenere giorno, ora, luogo, ordine del giorno ed, eventualmente, le indicazioni per la seconda convocazione (che deve avvenire entro 30gg dalla prima, ma non lo stesso giorno); non è possibile deliberare su argomenti diversi da quelli dell’ordine del giorno, o comunque non consequenziali od accessori.

In mancanza di forme di convocazione l’assemblea è comunque valida se ad essa ha partecipato la totalità del capitale sociale con diritto di intervento, la maggioranza dei componenti degli organi amministrativi e di controllo (ed i rappresentanti comuni degli azionisti senza diritto di voto e degli obbligazionisti), ed agli assenti è data immediatamente notizia delle deliberazioni assunte.

 

VALIDITA’ DELLE DELIBERAZIONI

Il quorum costitutivo è la parte del capitale sociale che dev’essere rappresentata in assemblea perché questa sia costituita; il quorum deliberativo è quella parte del capitale sociale che si deve esprimere a favore di una deliberazione affinché questa sia approvata.

Non si contano ai fini della determinazione del quorum costitutivo le azioni prive di diritto di voto, mentre vengono conteggiate quelle azioni con diritto di voto sospeso – detenute dal socio moroso, o dalle società controllate – e quelle del socio in conflitto di interessi che dichiari di astenersi, delle quali invece non si tiene conto per la determinazione del quorum deliberativo.

 

assemblea ordinaria                 assemblea straordinaria assemblea straordinaria

 

 

 

 

prima

convocazione

seconda

convocazione

convocazioni

successive

 

 

 

COST: 50% C.S.

DEL: 50% + 1 dei presenti

COST: –

DEL: 50% + 1 dei presenti

come per la seconda

convocazione


società chiusa

 

 

COST: –

DEL: 50% + 1 del C.S

COST: 1/3 + 1 del C.S.

DEL: 2/3 dei presenti

come per la seconda

convocazione


società che fa appello al

capitale di rischio

COST: 50% del C.S.

DEL: 2/3 dei presenti

come per la società

chiusa

COST: 20% del C.S.

DEL: 2/3 dei presenti

 

 

 

Lo statuto può richiedere maggioranze più elevate di quelle previste per l’assemblea ordinaria e straordinaria in entrambe le convocazioni, ma nella seconda convocazione (e successive) non può modificare quelle riguardanti approvazione del bilancio, nomina e revoca delle cariche sociali (onde evitare che sia ostacolata l’adozione di delibere essenziali per la sopravvivenza della società).

 

SVOLGIMENTO DELL’ASSEMBLEA

L’assemblea è presieduta dalla persona indicata nello statuto (od in mancanza, da quella eletta per teste con il voto della maggioranza dei presenti): il presidente dirige il lavoro dell’assemblea ed ha il compito di assicurare che la stessa si svolga ordinatamente e nel rispetto delle norme che ne regolano l’attività. Inoltre deve verificare la regolarità della costituzione dell’assemblea, accertare l’identità e la legittimazione dei presenti ed accertare i risultati delle votazioni.

Su quegli aspetti dell’attività non regolati dalla legge o dallo statuto, egli può liberamente assumere decisioni, ma è vincolato alla volontà dell’assemblea nel caso sia sollevata una decisione in materia.

Tanti soci che rappresentino in assemblea oltre 1/3 del capitale sociale possono ottenere il rinvio dell’adunanza (di non oltre 5gg) qualora dichiarano di non essere sufficientemente informati sugli argomenti posti in discussione (gli amministratori sono infatti tenuti a fornire le informazioni necessarie per permettere agli azionisti l’esercizio consapevole del voto – nel caso di società quotate, gli amministratori sono tenuti a mettere a disposizione del pubblico, una relazione delle proposte concernenti le materie poste all’ordine del giorno almeno 15gg prima dell’assemblea).

Le votazioni devono palesi (tranne nel caso di nomina, da effettuare per voto segreto, per le cariche sociali di società quotate), e la verbalizzazione è sottoscritta dal presidente e dal segretario (od obbligatoriamente dal notaio in caso di assemblee straordinarie) e deve essere depositata presso il “Libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea”, tenuto a cura degli amministratori.

 

DIRITTO DI INTERVENTO E DI VOTO

Possono intervenire nell’assemblea:

– componenti degli organi di amministrazione e controllo;

– rappresentanti comuni degli azionisti di risparmio e degli obbligazionisti;

– azionisti con diritto di voto;

– altri soggetti con diritto di voto (come usufruttuario e creditore pignoratizio).

Il diritto di intervento è riconosciuto anche agli azionisti con diritto di voto sospeso (le cui azioni sono infatti computate nel quorum costitutivo).

L’intervento può, se consentito dallo statuto, essere svolto anche mediante mezzi di comunicazione telematica ed il voto esercitato per corrispondenza (e chi esprime il proprio voto per corrispondenza si considera intervenuto all’assemblea); le modalità del voto per corrispondenza sono rimesse allo statuto per le società non quotate, ed alle regole della Consob per le società quotate.

 

LA RAPPRESENTANZA IN ASSEMBLEA

Gli azionisti possono partecipare all’assemblea anche per mezzo di un rappresentante, ma lo statuto può escludere o limitare tale facoltà: la delega deve comunque essere scritta (e non è possibile fare deleghe in bianco) ed i relativi documenti conservati dalla società. Le società e gli enti possono farsi rappresentare solo da propri dipendenti o collaboratori. In generale, inoltre, le deleghe non possono essere conferite a soggetti espressione del gruppo di comando della società o sotto l’influenza dello stesso.

In società chiuse non si possono rappresentare più di 20 soci; nel caso di società che fanno ricorso al mercato di capitale di rischio, 50 per società il cui capitale sociale non superi i 5.000.000€, 100 se il capitale sociale è tra i 5.000.000 e 25.000.000€, 200 se il capitale sociale supera i 25.000.000€.

Nelle società che fanno appello al mercato del capitale di rischio è possibile fare deleghe solo per singole assemblee (salvo si tratti di procure generali, o procure a proprio dipendente da parte di società od altro ente).

Per le sole società con azioni quotate si è cercato di promuovere raccolte di deleghe lasciate in modo consapevole dall’azionariato tramite particolari istituti (per i quali non valgono le limitazioni soggettive e quantitative generalmente valide per la rappresentanza in assemblea) disciplinati dalla Consob secondo principi di trasparenza e correttezza:

– la raccolta delle deleghe, richiesta di conferimento delle deleghe di voto rivolte da un’associazione tra azionisti ad i propri associati;

– la sollecitazione, richiesta di conferimento di deleghe di voto rivolte a tutti gli azionisti da parte di un committente che richiede l’adesione a specifiche proposte di voto.

 

LIMITI ALL’ESERCIZIO DEL VOTO

Con il proprio voto il socio concorre alla formazione della volontà sociale in proporzione al numero di azioni possedute. Per quanto rimesso all’apprezzamento discrezionale del socio, il voto deve essere usato in modo da non arrecare danno patrimoniale alla società, per cui la delibera sarà impugnabile: – nel caso in cui la maggioranza si sia ispirata esclusivamente ad interessi extra-sociali con danno (anche potenziale) per la società;

– se il voto del singolo socio in conflitto di interessi sia stato determinante, ed abbia recato (o potrebbe recare) danno patrimoniale alla società.

Nulla impedisce, invece, al socio di perseguire con la delibera anche un proprio interesse personale, se ciò non avviene a discapito del patrimonio sociale.

L’art. 2373 individua due tipiche ipotesi di conflitto di interessi, ed indica i casi in cui il voto è inibito:

– al socio amministratore per delibere riguardanti la sua responsabilità;

– al socio componente del consiglio di gestione nelle delibere di nomina e revoca del consiglio di sorveglianza.

Per quanto non vi sia una norma specifica riguardo al caso in cui in cui il voto danneggi la minoranza (e non la società in generale), si ritengono applicabili i principi di buona fede e correttezza nel contratto (stabiliti dall’art. 1375), da cui consegue la possibilità di annullabilità della delibera (per la

giurisprudenza, solo quando questa risulti arbitrariamente e fraudolentemente preordinata dai soci di maggioranza per ledere i diritti degli altri soci).

 

Nel caso di abuso da parte della minoranza tramite esercizio scorretto del voto (o degli altri diritti ad essa riconosciuti), i comportamenti ostruzionistici e lesivi dell’interesse sociale sono sanzionati con

un risarcimento dei danni (e con l’eventuale annullamento del voto nei casi in cui questo possa bloccare la decisione della maggioranza).

 

I SINDACATI DI VOTO

I sindacati di voto sono accordi (patti para-sociali) con i quali alcuni soci si impegnano a concordare

preventivamente il modo in cui voteranno in assemblea: essi hanno efficacia solo tra le parti, ma non verso i terzi né verso la società.

 

Tali patti possono essere occasionali o permanenti, a tempo indeterminato (nel cui caso il socio può

recedervi dando un preavviso di 180gg) o determinato (di durata non superiore ai 5 anni per le

società non quotate, e 3 per le società quotate), generali o riferiti solo a particolari argomenti; inoltre

si può stabilire che la posizione del sindacato riguardo la particolare delibera sarà deciso

all’unanimità od a maggioranza (nel cui caso è frequente che il sindacato sia dotato di un proprio un

complesso apparato organizzativo) e che il voto venga esercitato dai singoli soci o che di volta in volta venga delegato un rappresentante comune (il direttore del sindacato).

 

Se nelle società che non fanno appello al mercato di capitale di rischio i patti para-sociali non sono

soggetti a particolari forme di pubblicità, un particolare regime pubblicitario è previsto, invece, per

società con azionariato diffuso tra il pubblico:

– per società non quotate che fanno appello al mercato del capitale di rischio, i patti parasociali

devono essere comunicati alla società, iscritti nel registro delle imprese, e dichiarati all’apertura di

ogni assemblea (pena la sospensione del voto delle azioni cui si riferisce il patto parasociale);

– per società quotate, è necessaria la comunicazione del patto alla Consob, la pubblicazione sulla

stampa quotidiana, e l’iscrizione nel registro delle imprese (pena la nullità del patto e l’applicazione di sanzioni pecuniarie).

Nel caso non siano stati rispettati tali obblighi pubblicitari, se i voti espressi dalle parti del patto parasociale sono stati determinanti, sarà possibile impugnare la delibera.

 

L’INVALIDITA’ DELLA DELIBERAZIONE

L’invalidità della deliberazione può essere determinata dalla violazione di norme sui procedimenti assembleari o da vizi che riguardano il contenuto della delibera.

 

Ai sensi dell’art. 2377 (dopo al riforma del 2003), “sono annullabili le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello statuto”.

In particolare, danno vita ad annullabilità della delibera:

– la partecipazione all’assemblea di persone non legittimate (esempio azionisti senza voto) se

questa è stata determinante per la regolare costituzione dell’assemblea;

– l’invalidità dei singoli voti, o loro errato conteggio, se ciò è risultato determinante per il

raggiungimento della maggioranza;

– l’incompletezza o l’inesattezza del verbale, quando ciò impedisce l’accertamento del contenuto,

degli effetti e della validità della delibera.

 

Per delibere annullabili, l’impugnativa può essere proposta (entro il termine di 90gg dalla trascrizione

nel libro delle adunanze dell’assemblea – o dall’iscrizione del registro nelle imprese se questa vi è soggetta) solo dai soci (che rappresentino, anche congiuntamente, 1/1000 del capitale sociale per

società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, e del 5% nelle altre – al fine di evitare

azioni pretestuose o di mero disturbo) che non hanno concorso alla deliberazione (assenti,

dissenzienti od astenuti), amministratori, consiglio di sorveglianza e collegio sindacale, e

rappresentante comune degli azionisti di risparmio (in alcuni casi – in tema di partecipazioni rilevanti, sindacati di voto e di blocco e e bilancio sottoposto a revisione – la legge prevede che l’impugnativa possa essere promossa da Consob, Isvap o Banca d’Italia).

Ai soci non legittimati a proporre impugnativa di annullabilità è consentito chiedere il risarcimento dei danni loro cagionati dalla non conformità della delibera alla legge od all’atto costitutivo.

 

Le cause di nullità delle delibere sono tassativamente indicate dall’art. 2379:

– la mancata convocazione dell’assemblea;

 

–     la mancanza del verbale;

–     l’impossibilità e l’illiceità (contrarietà a norme imperative, all’ordine pubblico od al buon costume)

dell’oggetto.

Inoltre sono da considerarsi nulle quelle delibere che, pur avendo oggetto lecito, presentano

un’illiceità del contenuto, tale per cui questo sia in contrasto con norme imperative dettate a tutela di un interesse generale che trascende l’interesse del singolo socio.

 

E’ legittimato a promuovere l’azione nullità della delibera chiunque vi abbia interesse, entro 3 anni

dalla trascrizione nel libro delle adunanze dell’assemblea – o dall’iscrizione del registro nelle imprese se questa vi è soggetta: la azione di nullità non è, invece, soggetta a decadenza riguardo a delibere che modificano l’oggetto sociale prevedendo attività illecite od impossibili.

Termini più stringenti di decadenza dell’azione di nullità sono previsti per alcune delibere di

particolare rilievo: nel caso di aumento o riduzione di capitale sociale o di emissione di obbligazioni, la nullità (anche per illiceità dell’oggetto) si potrà richiedere solo entro 180gg (e comunque – nel caso

di società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio – non oltre l’attestazione nel registro

delle imprese di una anche parziale esecuzione della delibera). Ancora, la delibera di approvazione

del bilancio non è più impugnabile dopo l’approvazione di quella dell’esercizio successivo (e della delibera di trasformazione).

 

Entrambe nullità ed annullabilità non pregiudicano, in ogni caso, gli acquisti dei terzi in buona fede – e le delibere affette sia da nullità che da annullabilità sono sanabili prima di tale sentenza.

 

GLI AMMINISTRATORI

Agli amministratori spetta la gestione dell’impresa in via esclusiva; essi compiono infatti gli atti

necessari per il conseguimento dell’oggetto sociale, per cui:

– hanno potere gestorio (deliberano cioè sugli argomenti attinenti alla gestione – ad eccezione di

quelli di competenza dell’assemblea) che spetta loro in modo esclusivo (come enunciato dall’art.

2380bis);

– hanno potere di rappresentanza generale della società, per cui possono porre in essere i

singoli atti giuridici (che concretizzano l’attività sociale) che saranno imputati alla società stessa;

– danno impulso all’attività dell’assemblea (spetta loro, infatti, convocazione, fissazione dell’ordine

del giorno, attuazione delle delibere, impugnazione delle delibere violanti la legge o lo statuto);

– hanno dovere di tenere i libri e le scritture contabili, redigono il bilancio, si occupano della

pubblicità della società;

– devono prevenire il compimento di atti pregiudizievoli per la società, o quanto mento cercare di

attenuarne i danni.

Tali funzioni sono inderogabili e non modificabili tramite l’atto costitutivo; d’altra parte gli

amministratori saranno penalmente e civilmente responsabili nel caso di danni arrecati alla società od a terzi nell’adempimento dei loro doveri.

 

Gli amministratori, una volta nominati dall’assemblea, godranno di una formale autonomia rispetto a quest’ultima, la quale non potrà impartire loro direttive vincolanti (ma, al più, sarà chiamata – nei casi previsti dallo statuto – ad autorizzare atti di gestione di competenza degli amministratori, su proposta degli stessi che in ogni caso non saranno dispensati dalla responsabilità civile e penale derivante dai

propri atti), ed anzi avranno il dovere ed il potere di astenersi dal dare esecuzione alle delibere assembleari qualora da esse possa derivare danno per la società.

 

Il potere degli amministratori è, tuttavia, limitato all’attuazione dell’oggetto sociale, per cui essi non

potranno compiere scelte tali da cambiare lo stesso (ma al più, scelte meno radicali quali il

rinnovamento degli impianti, o la creazione di una nuova linea di prodotti), in quanto una tale modifica dovrebbe passare per una modificazione dello statuto, di competenza dell’assemblea straordinaria.

 

LA NOMINA DEGLI AMMINISTRATORI

I primi amministratori sono nominati nell’atto costitutivo; successivamente sarà l’assemblea ordinaria

 

a votare (con voto segreto per le società quotate) gli amministratori della società (la cui carica potrà

avere durata massima di 3 esercizi, ma rinnovabile); è possibile, inoltre, che lo statuto riservi la

nomina (e la conseguente revoca) di alcuni componenti del consiglio di amministrazione allo stato (o ad altro ente pubblico), od all’assemblea dei possessori di strumenti finanziari partecipativi.

 

Lo statuto può prevedere la modifica dei normali quorum deliberativi per la nomina delle cariche

sociali (ma non è possibile alzare quelli dell’assemblea ordinaria di seconda convocazione); onde

assicurare agli azionisti di minoranza una presenza nel consiglio di amministrazione, il legislatore ha previsto che nelle società quotate vi sia l’obbligo del voto di lista (per cui ogni socio potrà votare una

sola lista contenente più candidati, presentata da tanti soci che rappresentino almeno 1/40 del capitale sociale) e che almeno un componente del consiglio di amministrazione debba essere espressione della lista di minoranza che abbia ottenuto il maggio numero di voti.

 

Possono essere nominati amministratori le persone fisiche (ma mai le persone giuridiche) – anche non soci – che non siano l’interdetto, l’inabilitato, il fallito e l’interdetto legale.

Leggi speciali stabiliscono cause di incompatibilità per particolari carche (impiegati civili dello stato,

avvocati, membri del parlamento, cariche di governo) per cui il nominato amministratore deve scegliere a quale delle due cariche rinunciare.

Per le società quotate (e per altre stabilite dalla legge per la natura dell’oggetto sociale) sono previsti anche particolari requisiti di onorabilità (gli stessi previsti per i sindaci).

 

LE CAUSE DI CESSAZIONE DALL’UFFICIO

Sono cause di cessazione dall’ufficio di amministratore:

– la revoca da parte dell’assemblea, anche immotivata (salvo risarcimento dei danni se non

sussiste giusta causa);

– la rinuncia (dimissioni) da parte dell’amministratore;

– la decadenza (nel caso insorgano cause di ineleggibilità);

– la scadenza del termine (nel cui caso la carica è prorogata fino all’accettazione della nomina da

parte dei nuovi amministratori);

– la morte dell’amministratore.

 

La rinuncia all’ufficio da parte di un amministratore ha effetto immediato (previa comunicazione scritta

al consiglio di amministrazione ed al presidente del collegio sindacale) se rimane in carica la

maggioranza degli amministratori nominati dall’assemblea, mentre nel caso contrario ha effetto solo dal momento in cui la maggioranza si sia ricostituita.

 

Nel caso in cui gli effetti della cessazione non siano differibili:

– se rimane più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea, i superstiti sostituiranno

quelli venuti meno nominando degli amministratori provvisori, con delibera consiliare approvata

dal collegio sindacale (la cosiddetta cooptazione), purché la maggioranza sia sempre costituita da

amministratori nominati dall’assemblea;

– se viene a mancare più della metà degli amministratori nominati dall’assemblea, i superstiti

dovranno convocare l’assemblea perché sostituisca gli amministratori mancanti;

– se vengono a mancare tutti gli amministratori, il collegio sindacale dovrà convocare d’urgenza

l’assemblea, e gli sarà attribuita competenza temporanea riguardo il compimento degli atti di gestione ordinaria, in attesa di nuovi amministratori.

 

Lo statuto può tuttavia prevedere:

– clausole di annullamento del criterio di cooptazione;

– clausole “simul stabunt simul cadent“, che prevedono la cessazione di tutti gli amministratori e la

conseguente ricostruzione dell’intero consiglio, a causa della mancanza di alcuni amministratori. La notizia dell’accettazione della nomina da parte di nuovi amministratori va pubblicata a cura degli

stessi nel registro delle imprese, mentre quella della revoca della carica a cura del consiglio sindacale entro 30gg.

 

IL COMPENSO

Il compenso degli amministratori è determinato dall’assemblea ordinaria se non previsto dallo statuto;

può consistere anche in una partecipazione agli utili od al diritto di sottoscrivere a prezzo

predeterminato azioni di futura emissione (le cosiddette stock-options, che necessitano della

deliberazione dell’assemblea straordinaria riguardo all’esclusione del diritto di opzione degli azionisti).

Per gli amministratori investiti di particolari cariche, è possibile la corresponsione di un’ulteriore

remunerazione, stabilita dallo stesso consiglio di amministrazione (entro i limiti eventualmente dettati

dallo statuto per l’ammontare complessivo di tutti gli amministratori), sentito il parere del collegio sindacale.

 

DIVIETI AGLI AMMINISTRATORI DI S.P.A.

Nello svolgimento dei loro doveri, gli amministratori sono necessariamente portati a conoscenza di

tutti i segreti aziendali: onde evitare potenziali conflitti d’interesse, è vietata agli amministratori di

S.p.A. l’assunzione della qualità di soci a responsabilità illimitata in società concorrenti, svolgere in

proprio un’attività concorrente, essere amministratori o direttori generali di società concorrenti, salvo esplicita autorizzazione da parte dell’assemblea.

Vi sono, inoltre, particolari divieti per il possesso di azioni nel caso di società quotate: agli

amministratori di società quotate è infatti fatto divieto di compiere operazioni su strumenti finanziari

della società sfruttando informazioni privilegiate ottenute in ragione del loro ufficio (e nel caso di violazione del divieto sono esposti anche a sanzioni penali).

 

IL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

Nel caso non sia previsto un amministratore unico (ed obbligatoriamente per le società quotate), nel sistema tradizionale, l’amministrazione spetta ad un consiglio di amministrazione, presieduto da un presidente eletto dagli amministratori stessi (se non vi ha già provveduto l’assemblea).

 

Lo statuto (o l’approvazione dell’assemblea ordinaria) può prevedere che il consiglio di

amministrazione sia articolato al proprio interno tramite la creazione di organi delegati quali il

comitato esecutivo (organo collegiale che opera similmente al consiglio di amministrazione) e gli

amministratori delegati (ai quali di regola è dato il potere di rappresentanza); ancora, è possibile la coesistenza di un comitato esecutivo e di uno o più amministratori delegati con competenze ripartite. Il consiglio di amministrazione è, in ogni caso, in posizione formalmente superiore rispetto agli organi delegati, e potrà in ogni momento revocare la delega od impartire loro direttive vincolanti: il consiglio

di amministrazione avrà potere e dovere di valutare (sulla base delle informazioni fornitegli) l’adeguatezza della gestione degli organi delegati.

 

L’ATTIVITA’ DELIBERATIVA DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

L’attività deliberativa è esercitata collegialmente, a maggioranza, mentre la funzione di

rappresentanza è individuale, nelle modalità indicate nell’atto costitutivo (o nell’atto di nomina) in

modo congiunto o disgiunto; l’attività di vigilanza (controllo dei documenti sociali, atti di ispezione, e

la richiesta di informazioni sulla gestione ad eventuali amministratori con funzioni delegate) spetta sia collegialmente al consiglio che al singolo amministratore.

 

La convocazione spetta al presidente, il quale fissa l’ordine del giorno e provvede affinché gli

amministratori siano adeguatamente informati riguardo le materie che verranno trattate: la

convocazione è valida se è presente la maggioranza degli amministratori (ma lo statuto può

prevedere quorum più elevati), anche mediante mezzi di comunicazione telematica; le deliberazioni

sono approvate se vi è il voto (non ammesso quello per rappresentanza) favorevole della

maggioranza assoluta dei presenti (voto per teste): le delibere adottate saranno depositate in un apposito “libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione”.

 

Ai sensi dell’art. 2388, inoltre, “le deliberazioni che non sono prese in conformità della legge o dello

statuto possono essere impugnate solo dal collegio sindacale e dagli amministratori assenti o

 

dissenzienti entro novanta giorni dalla data della deliberazione“. I soci potranno impugnare solo

quelle deliberazioni che vadano a ledere direttamente un loro proprio diritto soggettivo. In ogni saranno salvi i diritti acquistati in da terzi buona fede.

 

In caso di possibile conflitto di interesse da parte di un amministratore è necessario che:

– questi ne dia notizia agli altri amministratori ed al collegio sindacale;

– nel caso si tratti di amministratore delegato, questi si astenga dal compiere l’operazione

(investendo della stessa l’organo collegiale);

– il consiglio di amministrazione motivi adeguatamente le ragioni e la convenienza del compimento

dell’operazione.

La delibera del consiglio di amministrazione (o del comitato esecutivo), qualora possa recare danno

(anche potenziale) alla società, è impugnabile (dagli amministratori che non hanno concorso

all’approvazione della delibera) sia nel caso che il voto dell’amministratore in conflitto di interessi sia

stato determinante per l’approvazione della delibera, sia nel caso in cui non siano stati rispettati gli obblighi informativi previsti.

 

Nel caso la società sia gestita da un amministratore unico, questi deve dare preventiva notizia al

collegio sindacale (ed alla prima assemblea utile) degli eventuali interessi in conflitto in una

determinata operazione, motivando le proprie scelte: i contratti conclusi dall’amministratore unico in conflitto di interessi sono annullabili (su richiesta della società) in base alla disciplina generale della rappresentanza, fatta salva la buona fede del terzo contraente.

 

In ogni caso, la società può agire contro l’amministratore per il risarcimento dei danni derivanti dalla

sua azione od omissione, o nel caso abbia approfittato – a vantaggio proprio o di terzi – della sua posizione.

 

LA RAPPRESENTANZA DELLA SOCIETA’

Gli amministratori investiti da potere di rappresentanza (di regola, il presidente del consiglio di

amministrazione, ed eventuali amministratori delegati) dovranno essere indicati nello statuto (o nella

delibera di nomina) che dovrà specificare se (nel caso siano più di uno) abbiano il potere di agire congiuntamente o disgiuntamente.

 

Secondo l’attuale disciplina (in attuazione delle direttive comunitarie), inoltre:

– è inopponibile ai terzi di buona fede la mancanza di potere rappresentativo dovuta ad invalidità

dell’atto di nomina (salvo si provi la malafede del terzo contraente);

– la società resta, inoltre, vincolata verso i terzi anche se gli amministratori hanno violato eventuali

limitazioni volontarie poste ai loro potere di rappresentanza (salvo si provi l’esistenza di un accordo fraudolento tra amministratore e terzo diretto a danneggiarla).

Quegli atti che non rientrano nel conseguimento dell’oggetto sociale (atti ultra vires) saranno opponibili solo a terzi che abbiano agito intenzionalmente a danno della società.

 

RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI VERSO LA SOCIETA’

Gli amministratori sono tenuti al risarcimento dei danni nei confronti della società, quando non

adempiano ai loro doveri legali o statutari con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle

loro specifiche competenze (criterio di diligenza personale); non sono invece responsabili per i risultati negativi della gestione non imputabili a difetto di diligenza.

 

Nel caso che il comportamento dannoso sia imputabile solo ad alcuni amministratori (o ad un organo

delegato), gli altri saranno solidamente responsabili ai primi qualora, per violazione degli specifici

obblighi posti a loro carico, non abbiano fatto quanto potevano al fine di prevenire od impedire

l’attività dannosa dei primi (sia che fossero a conoscenza dei fatti pregiudizievoli, sia che l’ignoranza di tali fatti derivi da loro non diligenza), anche se solo per culpa in vigilando (per cui avranno diritto di regresso nei confronti dei primi).

 

 

E’ esonerato da responsabilità l’amministratore dissenziente solo nel caso in cui:

– abbia fatto annotare senza ritardo il suo dissenso sul libro delle adunanze e delle deliberazioni del

consiglio di amministrazione;

– abbia dato immediata notizia, per iscritto, al presidente del collegio sindacale.

 

L’azione di responsabilità può (entro 5 anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica) essere

richiesta dall’assemblea ordinaria (naturalmente i soci amministratori non possono votare) o dal

collegio sindacale a maggioranza dei 2/3 dei componenti. Nel caso che la deliberazione dell’azione di

responsabilità sia stata approvata da almeno 1/5 del capitale sociale, questa ha valore di revoca automatica (in caso contrario sarà necessaria una distinta ed espressa delibera di revoca).

Nel caso in cui la società sia dichiarata fallita, soggetta a liquidazione coatta amministrativa, o ad

amministrazione straordinaria, la legittimazione a promuovere l’azione spetta al curatore fallimentare, al commissario liquidatore, od al commissario straordinario.

 

A tutela delle minoranze, è disposto che l’azione di responsabilità possa essere promossa anche da tanti soci che rappresentino 1/5 del capitale sociale (che lo statuto può estendere fino ad 1/3) per le società chiuse, e di 1/40 (che lo statuto può, invece, solo ridurre) per le società che fanno appello al mercato del capitale di rischio.

 

La società può anche rinunziare all’esercizio dell’azione di responsabilità o pervenire ad una

transazione con gli amministratori, a patto che ciò venga espressamente deliberato dall’assemblea e

che non vi sia il voto contrario di una minoranza qualificata (la stessa che potrebbe promuovere, su propria istanza, l’azione di responsabilità).

 

La responsabili degli amministratori verso la società è responsabilità da inadempimento, per cui la

società avrà solo l’obbligo di provare l’esistenza di danno imputabile ad inadempimento degli

amministratori, mentre sarà onere di questi ultimi provare la propria assenza di colpa o la mancanza di un nesso di causalità.

 

RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI VERSO I CREDITORI SOCIALI

Gli amministratori sono responsabili verso i creditori della società se:

– non hanno osservato gli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale; – il patrimonio sociale risulta insufficiente per il soddisfacimento dei crediti.

 

L’azione è proposta (entro 5 anni) dai singoli creditori; nel caso in cui la società sia dichiarata fallita, soggetta a liquidazione coatta amministrativa, o ad amministrazione straordinaria, la legittimazione a

promuovere l’azione spetta al curatore fallimentare, al commissario liquidatore, od al commissario straordinario.

 

La responsabilità degli amministratori verso i creditori sociali deriva dall’inadempimento di specifici obblighi posti dalla legge a carico degli amministratori (per la conservazione del patrimonio sociale)

per cui si fa ricadere nella fattispecie della responsabilità di tipo contrattuale, per cui i creditori sociali non sono tenuti a provare il dolo o la colpa degli amministratori.

 

RESPONSABILITA’ DEGLI AMMINISTRATORI VERSO SOCI O TERZI

Gli amministratori sono tenuti a risarcire il socio od il terzo quando atti illeciti compiuto nell’esercizio del proprio ufficio cagionino direttamente a questi ultimi un danno patrimoniale.

 

Chi agisce in responsabilità (entro 5 anni dal compimento dell’atto in questione) contro gli

amministratori ha l’onere di provare il nesso causale diretto tra illecito degli amministratori e danno

subito; secondo la dottrina prevalente (che fa ricadere la responsabilità verso soci o terzi nella

fattispecie dell’illecito extracontrattuale) inoltre spetterebbe all’attore anche l’onere di provare il dolo o la colpa degli amministratori.

 

 

IL DIRETTORE GENERALE

I direttori generali sono dirigenti che svolgono attività di alta gestione, in cima alla gerarchia dei

lavoratori subordinati, ed operano in rapporto diretto con gli amministratori, dei quali attuano le direttive generali loro impartite (salvo che queste siano illegali o pregiudizievoli per la società).

 

Quelli nominati dall’assemblea, o dal consiglio d’amministrazione (per disposizione statutaria) sono

soggetti (ai sensi dell’art. 2396) alle stesse regole di responsabilità civile che si applicano agli amministratori, ai quali sono inoltre assimilati in numerose norme penali e fallimentari.

 

Se esplicano funzioni che li pongono in contatto con i terzi, inoltre, possono essere assimilati agli

institori, per quanto riguarda la disciplina in tema di rappresentanza di società: la loro procura si

reputa generale (salvo che le eventuali limitazioni non siano iscritte nel registro delle imprese, o che si provi che erano a conoscenza del terzo), ma questi sono personalmente obbligati se omettono di

far conoscere al terzo che stanno trattando per la società; il compimento di atti pertinenti all’esercizio

dell’impresa sociale il terzo può agire anche direttamente contro la società per gli atti compiuti pertinenti all’esercizio dell’impresa sociale.

 

L’AMMINISTRATORE DI FATTO

L’amministratore di fatto è un soggetto privo della veste formale di amministratore (per la

mancanza quindi di nomina assembleare), che di fatto si ingerisce sistematicamente nella direzione

della società: a tale soggetto vengono applicate norme di responsabilità penale previste per gli

amministratori legalmente nominati; anche riguardo la responsabilità civile, almeno secondo parte della dottrina (impostazione condivisa anche dalla più recente giurisprudenza), gli amministratori di fatto sono da assimilarsi agli altri amministratori.

 

IL COLLEGIO SINDACALE

Il collegio sindacale è l’organo di controllo interno della S.p.A. , con funzioni di vigilanza

sull’amministrazione della società, previsto dal sistema tradizionale (nel sistema monistico è sostituito dal comitato di controllo sulla gestione, in quello dualistico dal consiglio di sorveglianza).

 

Nelle società non quotate, il collegio sindacale, è formato da 3 o 5 membri (soci o non soci), secondo

quanto stabilito dallo statuto, più 2 membri supplenti; per le società quotate, fermo restando il limite minimo di 3 sindaci e 2 supplenti, è possibile determinare liberamente il numero di membri.

 

La nomina dei primi sindaci è contenuta nell’atto costitutivo, quelli successivi verranno nominati

dall’assemblea ordinaria. Come già previsto riguardo agli amministratori, lo statuto può riservare allo

Stato (o ad altri enti pubblici) la nomina di uno o più sindaci, ed uno ai possessori di strumenti

finanziari partecipativi. Nelle società quotate, un membro deve essere obbligatoriamente nominato dal gruppo di minoranza mediante criteri stabiliti dalla Consob.

 

I sindaci, per essere eletti, devono presentare i seguenti requisiti:

– per le società non quotate, almeno un sindaco ed un supplente devono essere iscritti nel registro

dei revisori contabili (e quindi sono ammesse nel consiglio sindacale anche persone giuridiche), mentre gli altri devono essere professori universitari di ruolo in materie economiche o giuridiche

od iscritti in appositi albi (avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e periti commerciali e

consulenti del lavoro);

– per le società quotate ci sono regole stabilite dal Ministero della Giustizia, per cui uno su tre (o

due se i sindaci sono più di tre – ed in ogni caso un supplente) devono essere iscritti nel registro dei revisori contabili, mentre gli altri devono avere particolari requisiti di professionalità giuridico- aziendale e di onorabilità (stabiliti dall’art. 2 del D.M.Giustizia 162/2000).

Oltre che per le cause di ineleggibilità degli amministratori ed a quelle di incompatibilità, non possono

essere nominati sindaci:

– il coniuge ed i parenti ed affini fino al quarto grado degli amministratori della società o di società

dello stesso gruppo;

 

–     chi è legato alla società (od a società dello stesso gruppo) da rapporti di lavoro continuativi (od

anche non continuativi per le società quotate).

Lo statuto può anche prevedere altre cause di ineleggibilità ed incompatibilità.

 

Per evitare un cumulo eccessivo di incarichi, i sindaci dovranno, al momento della nomina, rendere

note all’assemblea altre eventuali mansioni di amministrazione o controllo presso altre società;

ancora, limiti al cumulo d’incarichi possono essere previsti per disposizione statuaria, ed altri sono imposti dalla Consob per le società quotate.

 

Il compenso, stabilito nell’atto costitutivo o nella delibera di nomina, è predeterminato ed invariabile nel corso della carica, che ha durata di 3 esercizi (al termine dei quali il sindaco può essere rieletto): alla cessazione della carica per scadenza del termine, si ha prorogatio anche per i sindaci, fino alla nomina dei nuovi.

 

La revoca dei sindaci è possibile solo se autorizzata dal tribunale e per giusta causa (e quelli nominati da un ente statale sono revocabili solo dall’ente che li ha nominati).

Si ha decadenza dall’ufficio in caso di sopravvenienza di cause di ineleggibilità o per prolungato e

ripetuto assenteismo (del sindaco che nello stesso esercizio non assiste, senza giustificato motivo, a due riunioni del consiglio di amministrazione, del comitato esecutivo o del collegio sindacale).

 

In caso di morte, rinuncia, decadenza, subentrano provvisoriamente i supplenti, fino alla successiva

assemblea (immediatamente convocata nel caso che il subingresso dei supplenti non completi il collegio) nella quale vengono nominati i nuovi sindaci.

 

Nomina e revoca devono essere iscritte presso il registro delle imprese entro 30gg a cura degli amministratori.

 

ATTIVITA’ DI CONTROLLO SULL’AMMINISTRAZIONE

Il collegio sindacale controlla l’amministrazione della società globalmente intesa (estesa quindi a tutta

l’attività sociale) al fine di assicurare che la stessa venga svolta nel rispetto della legge, dell’atto

costitutivo, e secondo i principi di corretta amministrazione: tale controllo dev’essere globale e sintetico, sia formale (riguardo alla legittimità estrinseca dell’operato degli amministratori) che

sostanziale (riguardo agli obblighi di condotta degli amministratori ed al loro attenersi ai principi di corretta amministrazione), pur restando solo un controllo (con conseguente possibilità di informare

amministrazione ed assemblea di giudizi di merito sulla gestione) e mai un potere di influire direttamente sulla gestione.

 

Oltre al controllo sull’amministrazione, il controllo riguarda anche l’attività dell’assemblea: i sindaci

hanno infatti il potere ed il dovere di intervenire oltre che alle riunioni del consiglio di amministrazione, e del comitato esecutivo, a quelle dell’assemblea, e di tutte possono impugnare le delibere.

 

A carico dei sindaci, sono previsti doveri di iniziativa in sostituzione degli amministratori, in caso di

loro inerzia: se non vi provvedono gli amministratori, convocano l’assemblea ed eseguono le pubblicazioni previste per legge; inoltre possono chiedere al tribunale che venga disposta la riduzione obbligatoria del capitale sociale.

 

Per consentire un efficace svolgimento dell’attività di controllo, la legge impone agli amministratori

numerosi obblighi di informazione (sull’attività svolta, sulle operazioni di maggior rilievo economico, su quelle a rischio di conflitto di interessi) ai sindaci, che hanno inoltre il potere-dovere di procedere,

in qualsiasi momento, ad atti di ispezione e controllo, nonché di chiedere informazioni sull’andamento delle operazioni sociali o di particolari affari.

 

Il collegio può, previa comunicazione del presidente del consiglio di amministrazione, convocare

l’assemblea qualora nell’espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi

 

sia urgente necessità di provvedere.

Ancora, può promuovere l’azione sociale di responsabilità contro gli amministratori – e sollecitare il

controllo giudiziario sulla gestione, se vi è il fondato sospetto che siano state compiute gravi irregolarità durante il suo esercizio.

 

ALTRE FUNZIONI SPETTANTI AL COLLEGIO SINDACALE

Il controllo contabile non è attribuito alle competenze del collegio sindacale, che deve però vigilare sull’adeguatezza del sistema amministrativo-contabile; può fare proposte all’assemblea riguardo al bilancio ed alla sua approvazione e, nelle società non quotate, dà il proprio (necessario) consenso per mettere in bilancio determinate voci (come costi di ricerca e sviluppo).

 

Nelle società che non fanno appello al mercato del capitale di rischio, e che non sono tenute alla redazione del bilancio consolidato, è possibile attribuire la revisione contabile allo stesso collegio sindacale, che in tal caso dovrà essere composto integralmente da sindaci iscritti nel registro dei revisori contabili.

 

Al collegio sindacale sono attribuite inoltre altre funzioni di consulenza, propositiva ed,

eccezionalmente, di amministrazione attiva (in caso di mancanza di tutti gli amministratori).

 

IL FUNZIONAMENTO DEL COLLEGIO SINDACALE

Nel collegio sindacale (che di regola funziona collegialmente) le funzioni di controllo ed ispezione

possono essere esercitate anche individualmente; le conseguenti decisioni devono, invece, essere necessariamente prese collegialmente.

L’organo collegiale (che deve riunirsi almeno una volta ogni 90gg, anche con mezzi di comunicazione telematica) è presieduto dal presidente del collegio, nominato dall’assemblea (e nelle società quotate

è scelto fra i sindaci eletti dalla minoranza) e si considera costituito con la presenza della

maggioranza dei componenti; le delibere sono approvate a maggioranza dei presenti ed il verbale è trascritto nel “Libro delle adunanze e deliberazioni del collegio sindacale”.

 

L’attività di controllo da parte del collegio sindacale può anche essere sollecitata dai soci (ed ogni socio può denunciare fatti che ritiene censurabili) e questo è obbligato a procedere, senza ritardo,

alle relatieve indagini se richiesto tanti soci che rappresentino almeno il 5% del capitale sociale.

 

LE RESPONSABILITA’ DEI SINDACI

I sindaci sono tenuti ad adempire alle loro funzioni con la professionalità e la diligenza richiesta dalla

loro carica. In particolare, sono responsabili (anche penalmente) riguardo alla veridicità delle loro

attestazioni, e devono conservare il segreto sui fatti ed i documenti di cui hanno conoscenza in ragione del loro ufficio.

 

L’obbligo di risarcimento dei danni grava sui sindaci (solidamente obbligati tra loro) solo quando l’eventuale danno sia imputabile esclusivamente al mancato o negligente adempimento dei loro

doveri; avranno invece responsabilità solidale e concorrente con gli amministratori qualora il danno

compiuto da questi ultimi si sarebbe potuto evitare se i sindaci avessero vigilato in conformità con gli obblighi derivanti dalla loro carica (per culpa in vigilando, ed avranno dunque diritto di regresso).

 

IL CONTROLLO CONTABILE

Il controllo contabile, secondo l’attuale disciplina, è esercitato:

– nelle società chiuse, da un revisore dei conti (persona fisica o società di revisione iscritta nel

registro dei revisori) – o facoltativamente dallo stesso collegio sindacale qualora la società non sia

tenuta a redigere il bilancio consolidato;

– nelle società non quotate che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, da una società di

revisione iscritta nel registro dei revisori contabili.

Il soggetto al quale è demandato il controllo contabile è inizialmente nominato nell’atto costitutivo;

successivamente l’incarico (della durata di 3 anni, rinnovabile senza limiti) è conferito – sentito il

 

collegio sindacale – dall’assemblea, la quale determina, altresì, il compenso spettante al revisore per

l’intera durata dell’incarico.

 

Sono ineleggibili (oltre che per le cause di ineleggibilità dei membri del collegio sindacale) i sindaci

della società o di società dello stesso gruppo. La revoca per giusta causa, deliberata dall’assemblea, sentito il parere dei sindaci, dev’essere approvata con decreto del tribunale.

 

LA REVISIONE CONTABILE OBBLIGATORIA

Secondo l’attuale disciplina, le società quotate (e quelle società che appartengono ad un gruppo in cui vi sia una società quotata) sono soggette alla disciplina della revisione contabile obbligatoria:

l’attività di revisione è gestita da società di revisione iscritta nell’albo speciale delle società di revisione (tenuto dalla Consob).

 

La deliberazione di scelta della società di revisione va comunicata alla Consob, che può vietarla

entro 20gg (termine scaduto il quale la nomina acquista efficacia), sia per le cause di incompatibilità

previste dalla legge che per un’eventuale inidoneità tecnica al controllo contabile della società riscontrata.

 

Onde garantire l’indipendenza tra società obbligata alla revisione e società di revisione:

– i criteri tramite i quali l’assemblea decide i compensi sono stabiliti dalla stessa Consob;

– sono previste particolari cause di ineleggibilità ed incompatibilità;

– è vietata vietata alla società di revisione (ed a tutti i soggetti che fanno parte della sua rete),

l’erogazione di servizi aggiuntivi diversi dal controllo contabile (i servizi non-audit) alle società

soggette al proprio controllo contabile;

– la revisione contabile non può essere esercitata da coloro che sono stati componenti degli organi

di controllo della società revisionata (se non dopo 3 anni dalla cessazione dell’incarico);

– chi ha ricoperto cariche sociali nelle società di revisione (od altre società del gruppo) non può

prestare lavoro autonomo o subordinato né ricoprire cariche sociali presso la società che ha

conferito l’incarico (se non dopo 3 anni dalla cessazione del rapporto con la società di revisione).

 

L’incarico di revisione ha durata di 6 esercizi, rinnovabile una prima volta (se la società di revisione

viene riconfermata, deve cambiare la persona fisica addetta alla versione) dopo la quale, per affidare ancora il controllo contabile alla stessa società sarà necessario far passare 3 anni.

 

La revoca per giusta causa dev’essere comunicata alla Consob che può, entro 20gg (termine

scaduto il quale la revoca acquista efficacia), respingerla (qualora rilevi mancanza di giusta causa); la

stessa Consob, all’insorgere di cause di incompatibilità od all’accertamento di gravi irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione, può disporre la revoca d’ufficio.

 

REVISORI DEI CONTI E SOCIETA’ DI REVISIONE

Il “registro dei revisori contabili” (tenuto dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commerciali) contiene:

– persone fisiche con requisiti di professionalità (indicati nell’art. 3 del d.lgs 88/1992) ed onorabilità

(art. 8 del d.lgs 88/1992) che abbiano superato un apposito esame d’ammissione;

– società di persone o di capitali che abbiano per oggetto esclusivo la revisione o l’organizzazione

contabile di imprese, e la cui maggioranza di soci ed amministratori sia iscritta nel registro dei

revisori contabili, e tutti gli amministratori rispondano agli specifici requisiti di onorabilità previsti per i revisori contabili.

 

Nell'”Albo Speciale delle Società di Revisione” (tenuto della Consob) sono ammesse quelle società

che presentano gli stessi requisiti necessari per essere ammessi nel registro dei revisori contabili,

previo accertamento da parte della Consob del “requisito d’idoneità tecnica” (un vero e proprio

controllo di merito): dalla loro ammissione nell’albo speciale entrano sotto il controllo della Consob, che vigila sulla loro attività e ne verifica periodicamente l’indipendenza (dalle società revisionate) e l’idoneità tecnica (ad esercitare effettivamente la revisione della singola società): l’accertamento di

 

gravi irregolarità determina sanzioni amministrative pecuniarie, il divieto temporaneo all’assunzione di

nuovi incarichi e – nel caso di irregolarità particolarmente gravi – la cancellazione dall’albo.

 

L’ATTIVITA’ DI CONTROLLO CONTABILE

L’attività di controllo contabile (ed uniformemente disciplinata è anche la revisione contabile) consiste

in un controllo periodico (almeno trimestrale) della regolare tenuta delle scritture contabili e della

corrispondenza dei risultati del bilancio (sia quello di esercizio che quello consolidato) a quelli rilevati nelle scritture contabili.

L’attività del revisore è volta ad esprimere, attraverso un’apposita relazione, un giudizio sul bilancio (che, in ogni caso, non pregiudica il potere dell’assemblea di approvarlo): se negativo, nelle società che fanno appello al mercato del capitale di rischio, va tempestivamente comunicato alla Consob.

 

Il soggetto incaricato del controllo contabile ha diritto di informazione da parte dell’amministrazione,

riguardo a documenti e notizie utili per la revisione, e può procedere ad accertamenti, ispezioni e

controlli (e in caso di accertamento di fatti censurabili è tenuto alla comunicazione al collegio

sindacale – ed alla Consob, nel caso di società facenti appello al mercato del capitale di rischio).

 

Per quanto riguarda l’azione di responsabilità nei confronti dei revisori (che devono adempiere i

propri doveri con diligenza professionale, responsabili della verità delle proprie attestazioni, e tenuti

al segreto d’ufficio riguardo a fatti e documenti della società), si applicano le stesse regole valide per i sindaci (e l’azione si prescrive entro 5 anni dalla cessazione dell’incarico).

 

SISTEMA DUALISTICO E SISTEMA MONISTICO

E’ stato prevista (con la riforma del 2003) la possibilità di applicare (solo se espressamente adottati

nello statuto, anche con modifica successiva alla costituzione) due sistemi di amministrazione e controllo alternativi a quello tradizionale: sistema dualistico e sistema monistico.

 

Nel sistema dualistico (o tedesco), l’assemblea nomina un consiglio di sorveglianza (costituito sia da soci che non soci, in numero – indicato dallo statuto – non inferiore a 3) che a sua volta nomina esternamente il consiglio di gestione, che svolge le funzioni proprie del consiglio di amministrazione del sistema tradizionale.

 

Nelle società che non fanno appello al mercato del capitale di rischio:

– almeno un membro del consiglio è scelto tra gli iscritti al registro dei revisori contabili; – sono ineleggibili l’interdetto, l’inabilitato, il fallito, o l’interdetto legale.

Nelle società che fanno appello al mercato del capitale di rischio, i consiglieri di sorveglianza devono

rispettare i limiti al cumulo di incarichi dettati dalla Consob; nelle sole società quotate, infine, questi devono essere in possesso di particolari requisiti di professionalità ed onorabilità (gli stessi stabiliti

per i sindaci nel sistema tradizionale) ed, in generale, non sono eleggibili coloro che abbiano un qualsiasi rapporto patrimoniale con la società che ne comprometta l’indipendenza.

A differenza dei sindaci del sistema tradizionale, i consiglieri sono revocabili anche senza giusta causa (salvo il diritto al risarcimento) a patto che la delibera sia approvata con voto favorevole di

almeno 1/5 del capitale sociale; l’assemblea, inoltre, dovrà provvedere senza indugio a sostituire quei componenti del consiglio di sorveglianza che venissero, per qualsiasi ragione, a mancare.

Lo statuto può, inoltre, prevedere che parte dei consiglieri siano nominati dallo Stato (o da enti statali)

e che uno di essi sia espressione dei possessori di strumenti finanziari partecipativi

 

Al consiglio di sorveglianza (che deve riunirsi ogni 90gg, anche per mezzo di strumenti di comunicazione telematica – e si considera costituito con la presenza della maggioranza dei

componenti, e delibera a maggioranza dei presenti), oltre che le funzioni di controllo (esercitate

dall’intero consiglio, anche tramite un componente appositamente delegato), e ad alcune mansioni

che nel sistema tradizionale spettano all’assemblea (ha infatti competenza su nomina e revoca degli

amministratori ed approvazione del bilancio, salvo diversa disposizione statutaria), è data la possibilità di convocare l’organo amministrativo (potere individuale dei singoli consiglieri), di

 

convocare l’assemblea (potere esercitabile congiuntamente da due consiglieri) e di promuovere

l’azione di responsabilità nei confronti del consiglio di gestione (competenza conservata anche dall’assemblea). Ancora, il consiglio di sorveglianza esamina le principali linee strategiche della

società e ne delibera l’approvazione, ferma restando la responsabilità degli amministratori per gli atti compiuti. I consiglieri sono solidamente responsabili con gli amministratori per culpa in vigilando.

 

I membri del consiglio di gestione (di numero – non inferiore a 2 e non superiore a quello indicato

nello statuto – determinato dal consiglio di sorveglianza) non possono essere nominati tra i

componenti del consiglio di sorveglianza e, nel caso venissero a mancare, sono immediatamente rimpiazzati con delibera del consiglio di sorveglianza.

 

Nel sistema monistico (o anglosassone) i componenti del consiglio di amministrazione (votati

dall’assemblea, tenendo presente che almeno 1/3 di loro deve avere i requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci – e che nelle società quotate un amministratore dev’essere nominato dalla

minoranza tramite il sistema del voto di lista) nominano al loro interno un comitato di controllo sulla gestione, composto da amministratori in possesso dei requisiti di indipendenza stabiliti per i sindaci

(e degli eventuali requisiti di onorabilità e professionalità stabiliti dallo statuto) che non siano membri del comitato esecutivo ed ai quali non siano attribuite deleghe o particolari cariche, e che comunque

non svolgano funzioni attinenti alla gestione dell’impresa sociale (o di altra società del gruppo) – ed in ogni caso uno di questi dev’essere scelto fra gli iscritti nel registro dei revisori contabili.

 

E’ possibile la revoca da parte degli amministratori di un componente del comitato di controllo sulla gestione (anche senza giusta causa), così come è prevista la facoltà dell’assemblea di revocare gli amministratori (anche investiti da cariche nel comitato di controllo sulla gestione).

Nel caso venga a mancare un membro del comitato di controllo, il consiglio di amministrazione

provvede senza indugio a sostituirlo scegliendolo tra gli altri amministratori in possesso dei requisiti previsti; se ciò non è possibile si applica la cooptazione.

 

Il comitato di controllo sulla gestione (che deve riunirsi ogni 90gg, anche per mezzo di strumenti

di comunicazione telematica – e si considera costituito con la presenza della maggioranza dei

componenti, e delibera a maggioranza dei presenti) vigila sull’adeguatezza della struttura

organizzativa della società, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo e contabile, nonché sulla sua idoneità a rappresentare correttamente i fatti di gestione; svolge, inoltre, gli ulteriori

compiti affidatigli dal consiglio di amministrazione con particolare riguardo ai rapporti con i soggetti

incaricati del controllo contabile. Nelle società quotate, al comitato per il controllo sulla gestione sono attribuiti i poteri ed i diritti informativi riconosciuti al collegio sindacale (e al consiglio di sorveglianza).

 

Sia al sistema monistiche che al dualistico si applicano le disposizioni contenute nell’art. 223-septies delle disposizioni di attuazione del codice civile: “Se non diversamente disposto, le norme del codice

civile che fanno riferimento agli amministratori e ai sindaci trovano applicazione, in quanto

compatibili, anche ai componenti del consiglio di gestione e del consiglio di sorveglianza, per le

società che abbiano adottato il sistema dualistico, e ai componenti del consiglio di amministrazione e

ai componenti del comitato per il controllo sulla gestione, per le società che abbiano adottato il

sistema monistico. Ogni riferimento al collegio sindacale o ai sindaci presente nelle leggi speciali è

da intendersi effettuato anche al consiglio di sorveglianza e al comitato per il controllo sulla gestione

o ai loro componenti, ove compatibile con le specificità di tali organi.

 

CONTROLLI ESTERNI

Una forma di intervento dell’autorità giudiziaria nella vita della società, volta a ripristinare la legalità

dell’amministrazione stessa è attuata nel controllo giudiziario sulla gestione; perché venga attuato

tale procedimento, è necessario:

– il fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi

irregolarità nella gestione;

– che le irregolarità degli amministratori nella gestione possano arrecare (od aver arrecato) danno

 

alla società od alle controllate.

 

La denuncia per gravi irregolarità (nella quale dev’essere documentata solo l’esistenza di un fondato

sospetto) spetta:

– ai soci che rappresentino almeno 1/10 del capitale sociale;

– al collegio sindacale (consiglio di sorveglianza, comitato di controllo);

– al pubblico ministero (per società che fanno appello al mercato del capitale di rischio);

– alla Consob (per le società quotate);

– al commissario giudiziale o straordinario di società in amministrazione straordinaria.

 

Il procedimento, dopo la denuncia, consiste di:

– una fase istruttoria diretta ad accertare l’esistenza delle irregolarità ed individuare i necessari

provvedimenti da attuare (durante la quale, l’assemblea può evitare l’ispezione ed ottenere dal

tribunale la sospensione del procedimento se sostituisce amministratori e sindaci con soggetti di

adeguata professionalità che si attivino per accertare e quindi eliminare le violazioni);

– l’attuazione dei provvedimenti necessari, come eventuali provvedimenti cautelari (soggetti però

alla preventiva deliberazione dell’assemblea dei soci), od addirittura la nomina di un

amministratore giudiziario investito del potere di proporre l’azione di responsabilità verso

amministratori e sindaci; alla scadenza del suo incarico l’amministratore giudiziario convocherà

l’assemblea per la nomina dei nuovi amministratori e sindaci, oppure proporrà la messa in liquidazione della società (soggetta anch’essa alla deliberazione dell’assemblea).

 

LA COMMISSIONE NAZIONALE PER LE SOCIETA’ E LA BORSA

La Consob (Commissione nazionale per le società e la borsa) è una persona giuridica di diritto

pubblico (con autonomi poteri normativi e regolamentari nelle materie ad essa riservate per legge)

che vigila sull’intero mercato mobiliare, dei soggetti che sullo stesso operano, e di ogni operazione di sollecitazione del pubblico risparmio attraverso l’emissione ed il collocamento di strumenti finanziari, al fine di garantirne la trasparenza e la correttezza necessarie per l’ordinato svolgimento.

 

Il regolamento della società di gestione del mercato (la Borsa Italiana S.p.A. ), approvato dalla

Consob, contiene le condizioni e le modalità per ammissione, esclusione e sospensione delle azioni

(ed altri strumenti finanziari). L’ammissione avviene esclusivamente su domanda della società

interessata ed, una volta approvata dalla società di gestione del mercato entro due mesi, trascorsi 5gg dalla comunicazione alla Consob (che può entro tale termine vietarla), viene ad esecuzione.

 

Dopo l’ammissione, l’inizio delle negoziazioni dev’essere preceduto dalla pubblicazione di un

apposito prospetto di quotazione, contenente le informazioni necessarie agli investitori, redatto secondo le direttive della Consob.

 

Dal momento della quotazione, la società passa sotto il controllo della Consob e diventa soggetta alla

disciplina sulle società quotate. La società di gestione può decidere, qualora non sia garantita la

regolarità del mercato, la sospensione e la revoca delle azioni dalla quotazione (che hanno effetto passati 5gg dalla comunicazione alla Consob); la stessa società quotata può chiedere l’esclusione dalle negoziazioni con deliberazione dell’assemblea straordinaria (salvo diritto di recesso per i soci che non hanno concorso a tale deliberazione).

 

In base all’attuale disciplina sono assoggettati ad obblighi informativi:

– gli emittenti di strumenti finanziari quotati (anche diversi dalle azioni);

– gli emittenti di strumenti finanziari non quotati in mercati italiani, ma diffusi tra il pubblico in

maniera rilevante.

La disciplina della trasparenza ed il relativo controllo della Consob è, quindi, esteso a tutte le società

con azioni od obbligazioni diffuse tra il pubblico: tali soggetti sono tenuti a comunicare alla Consob

qualsiasi informazione la cui conoscenza possa influenzare sensibilmente l’andamento degli

strumenti finanziari diffusi tra il pubblico (salvo che queste non possano indurre in errore il pubblico

 

su fatti e circostanze essenziali, nel cui caso i soggetti obbligati possono ritardare, sotto la propria

responsabilità tale comunicazione); questi devono attenersi, inoltre, alla disciplina Consob riguardo alle modalità di proposta al pubblico di investimenti su strumenti finanziari quotati.

 

Ancora, la Consob ha prescritto specifici obblighi informativi periodici alle società (riguardo situazione

economica, patrimoniale e finanziaria) e per particolari operazioni straordinarie, tra le quali:

– acquisizione e cessione di pacchetti azionari;

– acquisto e vendita di azioni proprie;

– fusioni e scissioni;

– riduzione del capitale sociale per perdite; – emissione di obbligazioni.

 

La Consob è inoltre investita di ampi poteri di indagine e di intervento al fine di vigilare sulla

correttezza dell’informazione fornita al pubblico e di garantire la trasparenza delle operazioni nel mercato mobiliare.

 

I LIBRI SOCIALI

La S.p.A deve tenere (ai sensi dell’art. 2421) oltre che alle scritture previste per l’imprenditore

commerciale (“Libro giornale” e “Libro degli inventari”):

– “Libro dei soci”, indicante tutte le operazioni relative alle azioni ed al loro trasferimento;

– “Libro delle obbligazioni”, che contiene l’ammontare totale delle obbligazioni, quelle estinte ed

emesse, i titolari, i vincoli ad esse relativi;

– “Libro delle adunanze e delle deliberazioni delle assemblee” (dove si trascrivono anche i verbali

redatti per atto pubblico);

– “Libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione”;

– “Libro delle adunanze e delle deliberazioni del collegio sindacale” (o consiglio di sorveglianza, o

comitato di controllo sulla gestione);

– “Libro delle adunanze e delle deliberazioni del comitato esecutivo” (se istituito); – “Libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti”; – “Libro degli strumenti finanziari di partecipazione ad uno specifico affare”.

 

IL BILANCIO

La S.p.A. deve redigere annualmente il bilancio d’esercizio, documento contabile che rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria della società ed il risultato economico d’esercizio.

 

L’approvazione del bilancio, oltre ad essere strumento d’informazione dei soci sull’andamento degli

affari sociali – e dei creditori sulle garanzie sulle quali questi possono fare affidamento – è metro per

l’imposizione tributaria, ma soprattutto acquista grande rilievo per l’applicazione delle norme

(essendo termine di riferimento legislativo per il complesso di norme atte a salvaguardare l’integrità

del capitale sociale, e presupposto per l’adozione di deliberazioni assembleari come la costituzione di

riserve, distribuzione di utili ai soci, riduzione del capitale sociale per perdite, acquisto di azioni proprie ed emissione di obbligazioni).

 

Le modalità di stesura del bilancio si attengono, obbligatoriamente per le S.p.A. (anche non quotate)

con azionariato diffuso tra il pubblico in maniera rilevante (o per società che esercitano particolari

attività – quali attività bancarie ed assicurative) e facoltativamente per le altre società di grandi

dimensioni, a principi fondamentali contabili internazionali, che non possono invece essere adottati

da quelle società medio-piccole (le stesse che possono chiedere la stesura del bilancio in forma abbreviata) che devono attenersi obbligatoriamente alle disposizioni del codice civile.

 

Principi generali del bilancio (sia quello del codice civile, sia quello internazionale) sono:

– i criteri della chiarezza, verità e correttezza (il bilancio deve infatti dare una rappresentazione

veritiera e corretta della situazione della società);

– il fatto che sia necessario fornire ulteriori informazioni, se quelle obbligatorie non fossero

 

sufficienti per rappresentare chiaramente il bilancio;

–     il fatto che, nel caso in cui le disposizioni obbligatorie causassero incomprensioni o fossero

motivo di non chiarezza, su nota degli amministratori, queste possono essere omesse;

–     il criterio di prudenza da applicare nelle voci soggette a valutazioni;

–     il criterio di competenza dell’esercizio di proventi ed oneri;

–     il criterio di coerenza dei criteri di valutazione tra la redazione del bilancio riguardante un esercizio

ed il successivo.

 

IL BILANCIO SECONDO IL CODICE CIVILE:

Il bilancio, secondo le disposizioni del codice civile, è composto di

stato patrimoniale, composizione, qualitativa e quantitativa del patrimonio della società,

passività ed attività, e situazione finanziaria nel giorno della chiusura dell’esercizio;

conto economico, risultato economico, utile o perdita, dell’esercizio attraverso la

rappresentazione degli oneri sostenuti e proventi conseguiti nell’esercizio;

nota integrativa, illustrante le voci di SP e CE (specificandone la composizione ed i criteri di

valutazione), ed altre informazioni generali sulla società quali numero di dipendenti, compensi di amministratori e sindaci, azioni e strumenti finanziari emessi dalla società.

Il bilancio è a sua volta integrato dalla relazione sulla gestione (contenente indicazioni sulla società

e sulle sue prospettive future) a cura degli amministratori, del collegio sindacale e del revisore contabile.

 

Le singole voci sono disposte secondo un ordine previsto dallo stesso codice, organizzate in

categorie omogenee, sotto-categorie, voci e sotto-voci. Accanto ad ogni voce va indicato l’importo

dell’esercizio precedente onde agevolare il confronto; inoltre è vietato il compenso di partite, cioè la

sola iscrizione della differenza tra attivo e passivo (o tra ricavi e costi), che vanno, invece, indicati distintamente per ogni voce.

 

Ai sensi dell’articolo 2435bis, è consentita la redazione del bilancio in forma abbreviata (semplificato e sprovvisto delle relazioni se le informazioni necessarie risultano già incluse nella nota integrativa) a quelle società che nel primo esercizio (o successivamente per due esercizi consecutivi) non abbiano

superato due su tre dei limiti:

– 3.650.000€ di totale dell’attivo dello stato patrimoniale;

– 7.300.000€ di ricavi delle vendite e delle prestazioni; – 50 dipendenti occupati in media durante l’esercizio.

 

Lo stato patrimoniale va redatto in forma a colonne contrapposte:

– quella dell’attivo patrimoniale, contenente le seguenti categorie di voci:

A) crediti verso i soci;

B) immobilizzazioni; C) attivo circolante;

D) ratei e risconti attivi.

– quella del passivo patrimoniale, contenente le seguenti categorie di voci:

A) patrimonio netto;

B) fondi per rischi ed oneri;

C) fondo per trattamento di fine rapporto;

D) debiti;

E) ratei e risconti attivi.

 

Il conto economico, redatto in forma espositiva, che – attraverso una serie di totali parziali (che permettono valutazioni sulle singole attività della gestione) – portano ad un valore del Risultato

Economico Globale Lordo (al quale andranno poi sottratte le imposte) risultante dalla somma

algebrica delle voci, divise nelle seguenti categorie:

A) valore della produzione;

F) costi della produzione;

 

G) proventi ed oneri finanziari;

H) rettifiche di valore di attività finanziarie; I) proventi ed oneri straordinari.

 

IL BILANCIO SECONDO I PRINCIPI CONTABILI INTERNAZIONALI

Rispetto a quello descritto nel codice civile, al bilancio secondo i principi contabili internazionali è attribuita una maggiore funzione informativa, riguardo non solo alla situazione del patrimonio, ma

anche ai flussi di cassa, vi sono infatti inclusi due ulteriori documenti:

– il prospetto delle variazioni del patrimonio netto, che indica utili e perdite risultanti dal conto

economico, utili e perdite relative alle sole voci del patrimonio netto (quelli che i principi

internazionali – al pari della disciplina nazionale – non fanno rientrare nel conto economico), ed

utili e perdite totali ricavati dalla somma algebrica delle voci dei precedenti due prospetti;

– il rendiconto finanziario, che espone in modo sintetico i flussi di cassa della società relativi

all’esercizio (raggruppati per attività operativa, d’investimento e finanziaria), e quindi informa sulle variazioni nel tempo delle disponibilità liquide della società.

I principi contabili internazionali (a differenza della disciplina contenuta nel codice civile) non

prescrivono rigidi schemi di bilancio, limitandosi ad elencare le informazioni minime da esporre in

ciascuna parte: è rimesso agli amministratori l’individuazione ed organizzazione delle voci del bilancio nella maniera più idonea a garantire un’informazione chiara ed attendibile.

 

I CRITERI DI VALUTAZIONE

Il problema della valutazione è di fondamentale importanza (anche in quanto coinvolge i margini

discrezionalità degli amministratori) per le conseguenze legate alla distribuzione di utili inesistenti ed alla creazione delle cosiddette riserve occulte.

 

I criteri generali per il bilancio secondo il codice civile, sono quelli di prudenza e continuità, ed in

particolare:

– nelle immobilizzazioni, al costo storico vanno computati i costi accessori; inoltre:

– le partecipazioni in imprese controllate e collegate, possono essere valutate rispetto al

patrimonio netto dell’impresa in questione secondo la quota detenuta;

– i costi di impianto, ampliamento, ricerca & sviluppo sono iscritti nell’attivo solo se hanno

un’utilità pluriennale;

– l’avviamento può essere iscritto nell’attivo solo se acquistato a titolo oneroso;

– gli ammortamenti sono calcolati in relazione alla residua utilizzazione del bene;

– le svalutazioni, se vi sono effettivamente, devono essere iscritte in bilancio;

– i crediti devono tenere conto del presumibile realizzo (ed eventualmente si può costituire un fondo

svalutazione crediti);

– per l’attivo circolante si sceglie il minore tra il costo d’acquisto e quello di presumibile realizzo; – è prevista la costituzione di un accantonamento per le operazioni in valuta.

La rivalutazione monetaria che degli elementi dell’attivo patrimoniale è possibile solo in presenza di leggi speciali, periodicamente emanate, che ne fissano criteri e modalità.

 

La valutazione nel caso dei principi contabili internazionali si basa essenzialmente sul criterio del fair-value (valore equo), che rappresenta il valore di mercato della voce da valutare (così come si

valuterebbe in una transazione fra parti consapevoli ed indipendenti): gli eventuali utili derivanti

dall’applicazione del fair-value devono essere iscritti in un’apposita riserva non distribuibile, sino a quando il maggior valore inscritto non sia stato realizzato.

 

PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE DEL BILANCIO

Alla redazione partecipano tutti e tre gli organi sociali, oltre che il soggetto incaricato del controllo

contabile (nel sistema dualistico è invece redatto dal consiglio di gestione ed approvato dal consiglio di sorveglianza).

 

L’assemblea dev’essere convocata entro 120gg (180gg in caso di società tenute alla redazione di

 

bilancio consolidato, o nel caso lo richiedano particolari esigenze relative alla struttura od all’oggetto

sociale) della chiusura dell’esercizio.

 

Il progetto di bilancio è redatto dagli amministratori (e non è delegabile al comitato esecutivo, od agli amministratori delegati); nelle società quotate gli amministratori si avvalgono di un dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari, al quale lo statuto conferisce poteri e mezzi adeguati

allo svolgimento del suo compito, ai quali la legge fa corrispondere la soggezione alle disposizione che regolano responsabilità civile e penale degli amministratori.

 

Nel caso di società capogruppo, al bilancio devono essere allegate le copie integrali dell’ultimo

bilancio approvato dalle società controllate ed un prospetto riepilogativo dei dati essenziali dell’ultimo

bilancio delle società collegate; nelle società quotate è allegata anche una relazione in cui si attesta

l’adeguatezza e l’applicazione delle procedure di redazione del bilancio previste dal dirigente

preposto alla redazione dei documenti contabili societari

 

Almeno 30gg prima della riunione dell’assemblea il progetto di bilancio deve essere comunicato al

collegio sindacale, il quale riferirà all’assemblea sui risultati dell’attività sociale (ed i risultati della

propria attività di controllo), esplicitando le proprie osservazioni e le proposte in ordine al bilancio e la

sua approvazione. Analoga relazione è predisposta dal soggetto predisposto al controllo contabile che esprimerà il proprio “giudizio sul bilancio”.

 

Il progetto è depositato entro 15gg dall’assemblea e, fino alla sua approvazione, i soci possono

prenderne visione. L’assemblea può dunque decidere se approvare, respingere il progetto (e se lo ritiene, può anche modificarlo). In ogni caso, l’approvazione non libera gli amministratori, i direttori generali, i sindaci, per le responsabilità incorse nella gestione sociale.

 

Il bilancio deve essere iscritto (a cura degli amministratori) presso il registro delle imprese entro 30gg dall’approvazione, corredato di relazioni e del verbale di approvazione dell’assemblea.

 

INVALIDITA’ DELLA DELIBERA DI APPROVAZIONE

Per l’invalidità della delibera di approvazione del bilancio, valgono in generale le cause di nullità ed annullabilità delle delibere assembleari.

 

In particolare, oltre che presentare vizi di procedimento, il bilancio può essere viziato da irregolarità di

contenuto, nel caso in cui nella sua redazione si siano violati i principi di chiarezza, verità e correttezza. La violazione di tali principi, se tali da compromettere effettivamente la funzione

informativa di bilancio, ponendo un pregiudizio per i soci e per i terzi, può configurarsi come illiceità del contenuto con la conseguente nullità della delibera.

 

Il codice stabilisce alcuni limiti legali alla possibilità di impugnare la delibera:

– innanzitutto, non si può impugnare la delibera se è già stato approvata quella dell’esercizio

successivo (o la delibera di trasformazione);

– se il soggetto incaricato della revisione ha formulato giudizio positivo, l’impugnativa potrà essere

promossa dai soci, solo se rappresentanti almeno il 5% del capitale sociale (ridotto all’1% per le società che fanno appello al mercato del capitale di rischio).

La delibere, inoltre, può essere impugnata:

– dagli amministratori, dai sindaci, e rappresentanti comuni degli azionisti di risparmio;

– dalla Consob per società quotate, in caso di mancanza di conformità del bilancio alle norme che

ne disciplinano la redazione.

La nullità per vizi del contenuto può essere, inoltre, mossa da ogni terzo interessato.

 

LA DISTRIBUZIONE DEGLI UTILI

L’assemblea di approvazione del bilancio, delibera anche sulla distribuzione degli utili (nel sistema dualistico vi provvede l’assembla convocata dal consiglio di sorveglianza).

 

Non tutti gli utili sono però distribuiti come dividendi, a causa della presenza di vincoli di destinazione

legali o statuari:

– se negli esercizi precedenti si è verificata una perdita del capitale sociale non si possono

distribuire utili finché non venga reintegrata la perdita o diminuito il capitale sociale in misura

corrispondente;

– è previsto dalle norme un accantonamento del 5% dell’utile dell’esercizio (30% nelle società

cooperative) fino a formare una riserva legale (non distribuibile) pari al 20% del capitale sociale;

– si può disporre delle riserve statutarie solo mediante una modifica dello statuto (o se

esplicitamente previsto dallo stesso);

– si può disporre di riserve facoltative, eventualmente stabilite dall’assemblea nel momento di

approvazione del bilancio.

 

L’utile che l’assemblea può disporre a favore dei soci (distribuito solo attraverso un’ulteriore e distinta deliberazione rispetto a quella di approvazione del bilancio) è quello distribuibile nell’esercizio (salvo vincoli statuari a favore dei promotori, dei soci fondatori e degli amministratori) al quale si sommano le riserve disponibili.

 

Nelle decisioni sulla distribuzione degli utili e costituzione di riserve, il gruppo di controllo deve

attenersi ai principi di buona fede, per cui la maggioranza non può decidere di non ridistribuire gli utili

al solo scopo di indurre la minoranza a disfarsi delle azioni: la giurisprudenza ammette che le

delibere di accantonamento possano essere annullate per abuso di potere quando sia dimostrato uno scopo extra-sociale della maggioranza ed un intento vessatorio nei confronti della minoranza;

per prevenire tali abusi è prevista la possibilità di clausole statutarie che riconoscono ad una determinata minoranza il diritto alla percezione di un dividendo minimo annuale, sempre se disponibile.

 

Non è possibile, inoltre, distribuire utili fittizi, nel cui caso la delibera è nulla per illiceità dell’oggetto e

gli amministratori sono esposti a responsabilità penale; non sono tenuti a ripetizione degli utili fittizi

loro corrisposti gli azionisti che, senza colpa, ignoravano il carattere fittizio degli utili loro assegnati e riscossi.

 

La distribuzione di acconti sui dividendi, anticipati prima dell’approvazione del bilancio, è consentita

(se prevista dallo statuto) solo a quelle società il cui bilancio è assoggettato per legge al controllo da parte di società di revisione: può essere deliberata dagli amministratori solo dopo l’approvazione ed il rilascio da parte della società di revisione di un giudizio positivo sul bilancio dell’esercizio precedente, a patto che in quest’ultimo non si fossero registrate perdite e che l’importo di tali acconti non superi la minor somma tra l’importo degli utili conseguiti dalla chiusura dell’esercizio precedente e quello delle riserve disponibili, risultanti dall’ultimo bilancio approvato.

 

IL BILANCIO CONSOLIDATO

Il bilancio consolidato è un bilancio redatto dalla società capogruppo, in aggiunta al proprio bilancio di esercizio, in cui è rappresentata (sulla base dei bilanci di esercizio delle singole società del gruppo,

opportunamente rettificati) la situazione patrimoniale, finanziaria ed economica del gruppo considerato nella sua unità.

 

Devono redigerlo le società di capitali che controllano altre imprese (anche non-società) e società

cooperative che controllano società di capitali; sono invece esonerati quei gruppi di minori dimensioni

(a patto che siano – o non controllino – una società quotata) che non abbiano superato per due

esercizi due su tre dei seguenti limiti:

– 12.500.000€ nel totale degli attivi degli stati patrimoniali;

– 25.000.000€ nel totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni; – 250 dipendenti occupati in media durante l’anno.

Dal bilancio consolidato (redatto dagli amministratori della capogruppo) sono escluse quelle società il

cui controllo è temporaneo (cioè della quale la controllante ha intenzione di alienare il controllo entro

12 mesi) e quelle il cui controllo è solo contrattuale (si considerano, infatti, solo quelle società

controllate attraverso partecipazioni): le controllate sono obbligate a trasmettere alla controllante le

informazioni richiesta ai fini della redazione del bilancio (e non possono quindi opporre il segreto aziendale).

 

Essendo un bilancio consolidato, naturalmente, non vanno inserite:

– partecipazioni della controllante in imprese incluse nel consolidamento;

– crediti e debiti fra imprese incluse nel consolidamento;

– proventi ed oneri relativi ad operazioni tra società dello stesso gruppo ed i conseguenti utili e

perdite;

 

A differenza del bilancio normale, quello consolidato non necessita dell’approvazione dell’assemblea, ma solo del consiglio di amministrazione (o del consiglio di sorveglianza nel sistema dualistico): sarà

dunque applicabile la disciplina per l’invalidità delle delibere del consiglio di amministrazione (o

consiglio di sorveglianza). L’accertamento della conformità del bilancio alle norme che ne

disciplinano i criteri di redazione può essere richiesto dal tanti soci che rappresentino il 5% del capitale sociale o dalla Consob.

 

INFORMAZIONE CONTABILE SULLE SOCIETA’ OFF-SHORE

Le società off-shore sono quelle aventi sede in uno degli stati (indicati con decreto del Ministero della Giustizia) che non garantiscono la trasparenza societaria.

 

Secondo la nuova disciplina, la società italiana controllante deve allegare al proprio bilancio di esercizio (o consolidato) quello della società controllata estera off-shore (secondo la disciplina

italiana o secondo i principi contabili internazionali) che andrà sottoposto al controllo della società di

revisione contabile della controllante italiana. Va inoltre allegata una relazione (redatta dagli amministratori) che indichi i rapporti che intercorrono con essa.

 

Se invece la off-shore è la controllante, sarà richiesto alla controllata di allegare al proprio bilancio una relazione (sempre redatta dagli amministratori) che illustri sia i rapporti tra controllata italiana e controllanti estere che quelli instaurati con tutte le altre società del gruppo.

 

MODIFICAZIONI DELLO STATUTO

Costituisce modificazione dello statuto di una S.p.A. ogni mutamento del contenuto oggettivo del contratto sociale (sia per inserimento di nuove clausole che per soppressione o modificazione di

clausole preesistenti); non sono considerate modificazioni dello statuto le variazioni delle persone

degli azionisti (ed infatti il trasferimento della partecipazione azionaria si effettua sulla base del semplice accordo fra alienante ed acquirente).

 

Le modificazioni statutarie rientrano, di regola, nella competenza dell’assemblea straordinaria dei soci (salvo la possibilità per lo statuto di attribuire alcune determinate competenze al consiglio di

amministrazione od a quello di sorveglianza, ferma restando l’applicazione delle regole sul controllo

notarile) che delibera con le maggioranze previste in via generale (salvo quorum più elevati nelle

società non quotate per modifiche di particolare rilievo, quali cambiamento dell’oggetto sociale,

scioglimento anticipato, proroga della società, revoca dello stato di liquidazione, emissione di azioni

privilegiate; inoltre riguardo a trasformazione eterogenea e limitazione od esclusione del diritto di

opzione, quorum legali più elevati sono previsti sia per le società quotate che per quelle non quotate).

Particolari obblighi informativi nei confronti della Consob e del pubblico sono previsti, inoltre, per le società quotate.

 

Il controllo formale e di merito sulla delibera spetta al notaio che, verificato il contenuto alle condizioni

stabilite dalla legge, ne richiede l’iscrizione all’ufficio del registro delle imprese che, verificata la

 

regolarità formale della documentazione, iscrive la delibera (assieme al testo aggiornato dello

statuto) nel registro delle imprese, e con tale iscrizione le modifiche acquistano efficacia.

 

IL DIRITTO DI RECESSO

Il diritto di recesso è il diritto di recedere dalla società, che viene concesso dal legislatore al singolo socio quale strumento di tutela delle minoranze in presenza di delibere di particolare gravità.

 

Le cause inderogabili, indicate nell’art. 2437, legittimano a recedere (anche solo da parte delle azioni) il socio che non ha concorso (in quanto dissenziente, assente od astenuto) alle delibere

riguardanti:

– modifiche rilevanti dell’oggetto sociale;

– trasformazioni della società;

– trasferimento della sede sociale all’estero;

– revoca dello stato di liquidazione;

– eliminazione di una o più cause di recesso derogabili o statutarie;

– modificazione dei criteri di valutazione delle azioni di recesso;

– modificazioni sul diritto di voto e di partecipazione agli utili;

 

Sono cause derogabili (valide se non disposto diversamente dallo statuto):

– la proroga del termine di durata della società;

– l’introduzione o la rimozione di vincoli sulla circolazione delle azioni.

Per le società che non fanno appello al mercato del capitale di rischio, è inoltre prevista la possibilità

di aggiungere cause statutarie. Infine, ulteriore facoltà di recedere è data nelle società a tempo

indeterminato è facoltà al socio che, scaduto il termine stabilito nello statuto (non superiore all’anno), dia un preavviso di 180gg.

 

Il diritto di recesso va esercitato dal socio comunicandone la richiesta alla società entro entro 15gg

dalla delibera (o 30gg dalla venuta a conoscenza del fatto che è causa di recesso): il recesso

comporta perdita della qualità di socio solo dopo il rimborso delle azioni (che non è obbligatorio se

entro 90gg dal recesso la società revoca la delibera che lo legittima, o per scioglimento della società).

 

La determinazione del valore di rimborso è, nelle società non quotate, determinato dagli

amministratori, sentito il parere del consiglio sindacale e del soggetto di revisione contabile, tenuto conto della consistenza del patrimonio, delle prospettive future di reddito, e del valore di mercato (a meno che non sia previsto diversamente dallo statuto); nelle società quotate corrisponde alla media aritmetica dei prezzi di chiusura nei sei mesi che precedono la convocazione dell’assemblea.

In caso di contestazione, il socio può richiedere l’intervento di un esperto designato dal tribunale.

 

Il rimborso prevede che:

– le azioni vengano proposte con diritto di opzione agli altri soci (ed ai possessori di obbligazioni

convertibili) in proporzioni al numero di azioni detenute;

– le azioni eventualmente rimaste invendute vengano collocate sul mercato;

– quelle ancora avanzanti vengano rimborsate ed acquistate dalla società nei limiti degli utili

distribuibili e delle riserve disponibili;

– nel caso rimangano ancora azioni invendute, venga convocata l’assemblea straordinaria per la

riduzione del capitale sociale o per lo scioglimento della società; alla riduzione potranno opporsi i creditori secondo le modalità indicate per la riduzione reale del capitale sociale.

 

AUMENTO REALE (A PAGAMENTO) DEL CAPITALE SOCIALE

L’aumento reale del capitale sociale è l’incremento dei mezzi finanziari della società, conferiti a titolo di capitale di rischio, corrispondente a nuove azioni sottoscritte dai soci attuali o da terzi; non

può essere eseguito fintanto che vi siano azioni ancora non liberate integralmente – od in presenza

di perdite che rendano obbligatoria la riduzione del capitale sociale, finché questa non venga attuata.

 

La delibera di aumento spetta all’assemblea straordinaria anche se può essere delegata agli

amministratori, a patto che venga stabilita una misura massima di aumenti e che tale delega non abbia durata superiore ai 5 anni (anche rinnovabile).

 

La deliberazione di aumento deve fissare il termine (non inferiore a 30gg dalla pubblicazione dell’offerta) entro il quale le sottoscrizioni devono essere raccolte: nel caso in cui l’aumento di

capitale sia solo parzialmente sottoscritto, è previsto che anche la nuova parziale sottoscrizione non abbia effetto (a meno che la delibera dell’aumento non preveda espressamente il contrario).

 

Avvenuta la sottoscrizione delle azioni di nuova emissione, gli amministratori depositano (entro 30gg)

l’attestazione che l’aumento del capitale è stato eseguito, e da questo momento la sottoscrizione

produce effetti; nelle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, a seguito di tale pubblicazione non è più possibile pronunciare l’invalidità della delibera di aumento del capitale.

 

La disciplina dei nuovi conferimenti segue le stesse regole dei conferimenti in costituzione (nonché,

ai sensi dell’art. 2439, il 25% iniziale va versato direttamente nelle casse della società – e se previsto un sovrapprezzo, questo dev’essere versato per intero all’atto della sottoscrizione).

 

Sono ammessi, ma non sono considerati aumenti reali del capitale sociale i versamenti in conto

capitale, fatti dai soci, aumentanti il patrimonio ma non il capitale sociale, che vanno iscritti in bilancio in apposite riserve.

 

E’ diritto dei soci attuali l’essere preferiti ai terzi nella sottoscrizione dell’aumento del capitale sociale

a pagamento (e come tutti i diritti è trasferibile a terzi): tale diritto (il diritto di opzione) ha per

oggetto le azioni di nuova emissione di qualsiasi categoria o le obbligazioni convertibili in azioni, ognuno in proporzione alle azioni già possedute – ed è esercitabile nel termine (non superiore ai 30gg successivi all’iscrizione dell’offerta nel registro delle imprese – 15gg per le imprese quotate)

previsto nella deliberazione di aumento del capitale. Inoltre, se sono rimaste azioni inoptate:

– nelle società non quotate chi ha esercitato il diritto di opzione ha su queste il diritto di prelazione;

– nelle società quotate, vengono venduti nel mercato regolamentato (a beneficio del patrimonio

sociale) i diritti d’opzione non esercitati;

– se invece gli azionisti non si avvalgono per intero del diritto di opzione, od i diritti d’opzione

inesercitati non vengono venduti, le azioni possono essere liberamente collocate.

 

Inoltre, il diritto di opzione:

– è escluso per legge, quando le azioni devono essere liberate mediante conferimenti in natura;

– può essere escluso o limitato, con delibera assembleare di aumento del capitale sociale quando

l’interesse della società lo esige (con approvazione – anche nelle convocazioni successive – a

maggioranza rafforzata di oltre il 50% del capitale sociale), previa relazione degli amministratori

riguardo agli interessi della società;

– può essere escluso con delibera dell’assemblea straordinaria, quando le azioni devono essere

offerte in sottoscrizione ai dipendenti della società (o di controllate o controllanti).

Nei primi due casi è necessario che le azioni emesse siano in sovrapprezzo, onde non andare a ledere eccessivamente i diritti degli azionisti.

 

La delibera di aumento del capitale può prevedere che il diritto di opzione sia esercitato in maniera indiretta: in tal caso le azioni di nuova emissione sono sottoscritte da banche (o da altri enti soggetti al controllo della Consob, od autorizzati al collocamento di strumenti finanziari) ed il diritto di opzione degli azionisti verrà esercitato dilazionato nel tempo.

Altra tecnica per differire un aumento del capitale sociale, è l’emissione di appositi buoni d’opzione (i

warrant) che permettono al possessore il diritto di sottoscrivere nuove azioni a condizioni

predeterminate: tali buoni sono inizialmente offerti agli azionisti, e quelli che restano inoptati possono essere immediatamente collocati sul mercato.

 

AUMENTO GRATUITO DEL CAPITALE SOCIALE

L’aumento gratuito del capitale sociale non dà luogo ad un incremento del capitale sociale dovuto

a nuovi conferimenti (per cui il patrimonio sociale resta invariato), ma formato con parte dei fondi disponibili iscritti in bilancio.

L’aumento del capitale sociale può essere effettuato sia tramite aumento del valore nominale delle

azioni in circolazione che tramite l’emissione di nuove azioni, da distribuire gratuitamente ed in

proporzione ai soci (comunque in modo da non alterare le preesistenti posizioni reciproche degli azionisti).

 

RIDUZIONE REALE DEL CAPITALE SOCIALE

La riduzione reale del capitale sociale, avviene quando, a fronte di una riduzione del capitale sociale, corrisponde un rimborso dei conferimenti ai soci.

Essendo un’operazione potenzialmente pericolosa per l’interesse dei creditori, le norme (ed in

particolare l’art. 2445) predispongono determinate cautele sostanziali e procedimentali:

– il capitale non può essere ridotto oltre il limite dei 120.000€;

– la riduzione non è possibile se non è rispettato il limite legale all’emissione di obbligazioni; – l’avviso di convocazione dell’assemblea di riduzione deve indicare ragioni e modalità, onde

informare preventivamente i soci;

– la delibera ha effetto dopo 90gg dall’iscrizione nel registro delle imprese, entro il quale termine i

creditori sociali anteriori all’iscrizione possono fare opposizione nel caso questa pregiudichi le garanzie patrimoniali del proprio credito.

 

La riduzione può avvenire secondo diverse modalità (che in ogni caso devono garantire parità di

trattamento agli azionisti:

– con la liberazione dei dell’obbligo dei versamenti ancora dovuti;

– per estrazione a sorte ed annullamento di alcune azioni, con conseguente rimborso ai soci;

– per riduzione proporzionale del valore nominale di tutte le azioni, e conseguente rimborso ai soci;

– tramite acquisto delle azioni (nel limite del 10% del capitale sociale) da parte della società, che

provvederà successivamente ad annullarle.

Nel caso il valore reale sia maggiore del valore nominale rimborsato, anche onde evitare che taluni

azionisti perdano (come può avvenire nel sorteggio) la qualità di soci, vengono rilasciate loro le cosiddette azioni di godimento.

 

LA RIDUZIONE NOMINALE DEL CAPITALE SOCIALE

La riduzione nominale del capitale sociale consiste nell’adeguamento della cifra indicante il

capitale sociale all’attuale minor valore del capitale reale, dovuto alle perdite: è una riduzione solo nominale in quanto l’effettiva riduzione del patrimonio sociale è già avvenuta con la perdita stessa.

 

Prima di procedere alla riduzione nominale del capitale sociale, si cerca di compensare la perdita con

le riserve accumulate:

– se, esaurite le riserve, la perdita è minore di un terzo del capitale sociale la riduzione è facoltativa

(ma può essere comunque attuata onde poter distribuire gli utili successivamente conseguiti – inoltre, la riduzione del valore nominale delle azioni agevola la sottoscrizione di un successivo

aumento di capitale da parte di terzi, dato il divieto di emettere azioni per somma inferiore al loro

valore nominale);

– se la perdita è ancora maggiore di un terzo del capitale sociale la riduzione diventa obbligatoria,

ed in tal caso si distinguono ancora due casi:

– se il minimo legale (120.000€) non viene intaccato, è necessaria la redazione di un bilancio

infra-annuale da sottoporre all’attenzione dell’assemblea, che decide se ridurre

immediatamente il capitale sociale o limitarsi ad un “rinvio a nuovo” delle perdite (ma, se

entro l’esercizio successivo, la perdita non è ridotta a meno di un terzo, la società deve

ridurre il capitale in proporzione delle perdite accertate);

– se invece viene intaccato il limite legale, l’assemblea dovrà scegliere tra la riduzione del

 

capitale sociale ed il contemporaneo aumento ad una cifra non inferiore al minimo legale,

la trasformazione della società, od il suo scioglimento (e la società entra in liquidazione).

 

LE OBBLIGAZIONI

Le obbligazioni sono titoli di credito (nominativi od al portatore) che rappresentano frazioni di uguale

valore nominale e con uguali diritti di un’unitaria operazione di finanziamento a titolo di mutuo (che

non entra quindi a far parte del capitale sociale); tali titoli si differenziano dalle azioni innanzitutto per il fatto che non qualificano il proprio titolare come socio (partecipante ai risultati dell’attività d’impresa)

ma come creditore sociale (con diritto al rimborso del valore nominale del capitale prestato e ad una remunerazione fissa, svincolata dai risultati economici della società finanziata).

 

La disciplina dettata per le obbligazioni è applicabile (ai sensi dell’art. 2411), in quanto compatibile,

anche agli strumenti finanziari “che condizionano i tempi e l’entità del rimborso del capitale

all’andamento economico della società”, ed, a maggior ragione, a quegli strumenti finanziari che attribuiscono il diritto incondizionato al rimborso del capitale.

 

Onde ridimensionare il rischio della svalutazione monetaria ed incentivare i risparmiatori verso tale

forma d’investimento, la pratica societaria ha creato particolari tipi di obbligazioni:

– obbligazioni a premio, che prevedono l’assegnazione di utilità aleatorie (in denaro o natura) da

assegnare mediante sorteggio;

– obbligazioni partecipanti, nelle quali gli interessi dipendono dall’andamento economico sociale; – obbligazioni indicizzate, che adeguano il rendimento dei titoli ad indici finanziaria di varia natura

(indici azionari, tassi d’interesse, inflazione);

– obbligazioni in valuta estera, che ancorano il rendimento dei titoli all’andamento del tasso di

cambio con una valuta estera predeterminata;

– obbligazioni convertibili in azioni (specificatamente disciplinate nel nostro ordinamento), che

danno la facoltà di trasformare il proprio credito in una partecipazione azionaria;

– obbligazioni con warrant, che attribuiscono all’obbligazionista, ferma restando la qualità di

creditore sociale, il diritto di sottoscrivere azioni di nuova emissione a condizioni predeterminate;

La riforma del 2003 ha esteso la possibilità, prima consentita solo alle società bancarie, a tutte le

S.p.A. di emettere obbligazioni subordinate, rimborsabili solo dopo l’integrale soddisfacimento degli altri terzi creditori della società.

 

LIMITI ALL’EMISSIONE DI OBBLIGAZIONI

La S.p.A. può emettere obbligazioni per somma complessivamente non eccedente il doppio del

capitale sociale sottoscritto, al quale si sommano riserve legali e riserve disponibili, risultanti dall’ultimo bilancio.

 

La società può emettere obbligazioni per ammontare superiore al limite fissato nei casi in cui:

– le obbligazioni in eccedenza siano destinate ad investitori istituzionali (quali banche, società

finanziarie ed imprese di assicurazione), soggetti a vigilanza prudenziale, i quali a loro volta – nel

caso trasferiscano le obbligazioni sottoscritte – risponderanno della solvenza della società nei

confronti di acquirenti che non siano investitori professionali;

– le obbligazioni in eccedenza siano garantite da ipoteca di primo grado su immobili di proprietà

della società sino a 2/3 del valore di bilancio di questi;

– deroga ai limiti legali all’emissione di obbligazioni derivi da concessione dell’autorità governativa,

per particolari ragioni di interesse economico nazionale.

 

Onde garantire la permanenza del rapporto tra obbligazioni e capitale sociale, è previsto che:

– la società non possa ridurre volontariamente il proprio capitale sociale, se così facendo il limite di

emissione andasse al di sotto della quantità di obbligazioni già emesse;

– se la società fosse costretta a ridurre per perdite il proprio capitale sociale, e così facendo sia

costretta a non rispettare il limite all’emissione di obbligazioni, non potrà distribuire utili finché non venga ripristinato il rapporto legale tra obbligazioni e capitale sociale.

 

Onde prevenire elusioni dei limiti previsti tramite emissione di obbligazioni da parte di controllate

aventi sede all’estero, in stati il cui ordinamento non pone limiti all’emissione, è stato previsto che nel

calcolo del rapporto tra obbligazioni emesse e capitale sociale (più riserve) vadano computati gli

importi relativi alle garanzie prestate per obbligazioni emesse da altre società, anche estere; inoltre, in caso di sollecitazioni all’investimento ai soli investitori professionali, questi ultimi rispondono della solvenza dell’emittente per un anno dall’emissione nel caso che trasferiscano tali prodotti finanziari

ad un’investitore non professionale (salvo che all’acquirente sia consegnato un prospetto informativo contente le indicazioni stabilite dalla Consob).

 

PROCEDIMENTO DI EMISSIONE

Se la legge o lo statuto non dispongono diversamente (salvo che per le obbligazioni convertibili, la

cui emissione è di competenza dell’assemblea straordinaria) l’emissione è deliberata dagli

amministratori, con delibera redatta da notaio (che esegue un controllo di legalità) ed iscritta nel

registro delle imprese: l’ammontare delle obbligazioni emesse ed estinte, i relativi titolari, i

trasferimenti ed i vincoli su queste devono esser annotati nell’apposito “Libro delle obbligazioni”.

Le modalità di vendita e collocamento delle obbligazioni sono soggette alla disciplina della

sollecitazione all’investimento in strumenti finanziari, qualora ne ricorrano i presupposti; anche per le obbligazioni si applica la disciplina della dematerializzazione.

 

OBBLIGAZIONI CONVERTIBILI IN AZIONI

Le obbligazioni convertibili in azioni consentono di trasformare il proprio credito nei confronti della

società in partecipazioni sociali per cui, nel momento in cui vengono emesse, vanno offerte con diritto di opzione agli azionisti e ad eventuali altri possessori di obbligazioni convertibili.

 

Onde prevenire che la futura emissione di azioni violi le norme poste a salvaguardia dell’effettività del

capitale sociale, le obbligazioni:

– non possono essere emesse finché il capitale precedentemente sottoscritto non sia stato

integralmente versato;

– non possono essere emesse per somma complessiva inferiore al loro valore nominale.

Si richiede, infatti, che vengano rispettate, già in sede di emissione delle obbligazioni, le condizioni per l’emissione di nuove azioni.

 

La delibera (che determina il rapporto di cambio, il periodo e le modalità di conversione) è di

competenza dell’assemblea straordinaria, salvo delega agli amministratori (con limite massimo di

emissioni e durata non superiore ai 5 anni – che comprende anche quella relativa al corrispondente aumento del capitale sociale).

 

Il diritto di conversione è esercitato dall’obbligazionista nel periodo di pendenza, durante il quale:

– se la società emette nuove azioni od obbligazioni convertibili, il diritto di opzione spetta anche agli

obbligazionisti convertibili, in proporzione al loro credito nei confronti della società;

– in caso di aumento gratuito o riduzione per perdite, il rapporto di cambio è automaticamente e

proporzionalmente modificato;

– salvo conceda la facoltà di conversione anticipata agli obbligazionisti, la società non può

deliberare la riduzione volontaria del capitale sociale, la fusione, la scissione, e la modificazione dell’atto costitutivo riguardo alla ripartizione degli utili.

 

ORGANIZZAZIONE DEGLI OBBLIGAZIONISTI

E’ prevista un organizzazione di gruppo degli obbligazionisti (finalizzata da una parte ad assicurare una più efficace tutela degli interessi comuni degli obbligazionisti e dall’altra a consentire più agevoli

modifiche delle originarie condizioni del prestito, quando reso necessario dall’evolversi delle

condizioni dell’emittente) articolata in due principali organi:

– l’assemblea degli obbligazionisti (con funzionamento simile all’assemblea straordinaria degli

azionisti – convocabile dagli amministratori, dal rappresentate comune e da tanti obbligazionisti

 

che rappresentino il ventesimo dei titoli emessi non estinti.) che può acconsentire alle modifiche

delle condizioni del prestito (purché giustificate da una situazione oggettiva dell’emittente che renda tali modifiche necessarie nell’interesse degli stessi obbligazionisti) ma non dei caratteri

strutturali dello stesso;

–     il rappresentante comune, nominato dall’assemblea degli obbligazionisti (o se questi non vi

provvedono, dagli amministratori o dal tribunale) – i quali provvedono alla sua retribuzione –

anche tra i non-obbligazionisti, di carica triennale (con la possibilità di essere rieletto), con funzione di tutela degli interessi comuni degli obbligazionisti nei confronti di società e terzi.

 

E’ tenuto un apposito “Libro delle adunanze e delle deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti”,

i cui verbali vanno iscritti nel registro delle imprese; riguardo l’invalidità delle delibere si applica la stessa disciplina dettata per le delibere dell’assemblea dei soci (artt. 2377 e 2379).

All’azione di gruppo si affianca, a tutela del singolo obbligazionista, la possibilità di azioni individuali, se compatibili con le deliberazioni dell’assemblea degli obbligazionisti.

 

LO SCIOGLIMENTO DELLA S.P.A.

Le cause di scioglimento della S.p.A. (e delle altre società di capitali, indicate dall’art. 2484) sono:

– decorso del termine di durata;

– conseguimento dell’oggetto sociale o sopravvenuta impossibilità di conseguirlo (sempre che con

carattere assoluto e definitivo), salvo che l’assemblea deliberi le opportune modifiche.

– impossibilità di funzionamento o continua inattività dell’assemblea che precludano le delibere

necessarie;

– riduzione del capitale per perdite sotto il minimo legale;

– recesso di uno o più soci ed impossibilità di provvedere al rimborso delle relative azioni senza

ridurre il capitale sociale (od all’opposizione dei creditori alla riduzione);

– scioglimento anticipato, deciso dall’assemblea straordinaria;

– altre cause previste dallo statuto; – altre cause previste dalla legge.

Inoltre, anche se non compaiono tra le cause, lo sono di fatto anche la dichiarazioni di fallimento e la nullità della società.

 

Verificatasi una di queste cause, gli amministratori devono, senza indugio (altrimenti se ne occuperà

il tribunale, su istanza dei singoli soci, amministratori o sindaci), procedere all’accertamento ed

all’eventuale iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione di scioglimento o della delibera assembleare che lo dispone (ed alla denominazione sociale sarà aggiunta l’indicazione che si tratta di società in liquidazione).

 

Dal momento dell’iscrizione della causa di scioglimento, hanno luogo tutti gli effetti che ne

conseguono; in caso di ritardo od omissione nell’accertamento o nell’iscrizione, gli amministratori

saranno solidamente responsabili per i danni recati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi.

 

LA SOCIETA’ IN LIQUIDAZIONE

Il procedimento di liquidazione consiste nel pagamento dei crediti sociali e nella ripartizione fra i soci dell’eventuale residuo attivo.

 

Gli amministratori, contestualmente all’accertamento della causa di scioglimento, convocano

l’assemblea per le necessarie deliberazioni sulla liquidazione, e restano in carica fino alla nomina dei liquidatori: nel frattempo essi conservano il potere di gestire la società ai soli fini della conservazione dell’integrità e del valore del patrimonio sociale; nel caso di atti od omissioni compiuti in violazione di

tale vincolo, essi sono personalmente e solidalmente responsabili dei danni arrecati alla società, ai soci, ai creditori sociali ed ai terzi.

 

Il collegio sindacale continuerà a svolgere l’attività di controllo sull’attività dei liquidatori; mentre

l’assemblea potrà deliberare solo su alcuni argomenti – come la fusione, o la revoca dello stato di

 

liquidazione, espressamente disciplinata: durante la liquidazione, infatti, la società può in ogni

momento revocare tale stato, previa eliminazione della causa di scioglimento, con deliberazione

dell’assemblea straordinaria. Tale revoca ha effetto solo dopo 60gg dall’iscrizione nel registro delle imprese della relativa deliberazione, termine entro il quale i creditori possono opporsi (la revoca ha,

invece, effetto immediato nel caso che questi abbiano dato il proprio consenso, o che la società

abbia estinto i debiti verso quelli che non hanno dato il proprio consenso). Ai soci che non hanno concorso alla deliberazione è riconosciuto diritto di recesso.

 

IL PROCEDIMENTO DI LIQUIDAZIONE

I liquidatori sono nominati dall’assemblea straordinaria (tra soggetti provvisti degli stessi requisiti di

eleggibilità degli amministratori) – o dal tribunale nel caso in cui la causa di scioglimento è la nullità (o

su richiesta del singolo socio, degli amministratori o del consiglio sindacale se non vi provvede

l’assemblea). Restano in carica per tutta la durata liquidazione, salvo esplicitazione di un termine e possono essere revocati – per giusta causa – dal tribunale su istanza dall’assemblea straordinaria

dei soci, dei sindaci o del pubblico ministero. La delibera di nomina contiene, inoltre, la

determinazione dei loro poteri con particolare riguardo “alla cessione dell’azienda sociale, di rami di

essa, ovvero di singoli beni o diritti“, nonché agli “atti necessari per la conservazione del valore

dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, anche di singoli rami, in funzione del migliore

realizzo“. I provvedimenti di nomina e revoca dei liquidatori – e la determinazione dei loro poteri – devono essere iscritti, a loro cura, nel registro delle imprese.

 

I liquidatori, una volta nominati, prendono in consegna i beni sociali dagli amministratori: da questo

momento hanno potere di compiere tutti gli atti utili per la liquidazione (salvo diversa disposizione

statutaria, od adottata nell’atto di nomina), e dovranno compiere i loro doveri con la professionalità e

diligenza richieste dalla natura dell’incarico; la loro responsabilità per i danni derivanti

dall’inosservanza dei propri doveri segue la stessa disciplina cui sono soggetti gli amministratori.

 

Gli amministratori cessanti dalla carica consegnano ai liquidatori i libri sociali, una situazione dei conti

alla data di effetto dello scioglimento ed un rendiconto sulla loro gestione relativo al periodo

successivo all’ultimo bilancio approvato; assieme ai liquidatori, inoltre, redigono l’inventario del patrimonio sociale.

 

L’attività dei liquidatori è innanzitutto diretta al pagamento dei creditori sociali, per cui secondo

l’attuale disciplina, durante la liquidazione:

– è consentita la distribuzione ai soci di acconti sul risultato della liquidazione, solo se dal bilancio

ciò risulta possibile senza incidere sulla disponibilità di somme idonee alla integrale e tempestiva

soddisfazione dei creditori sociali (ed in caso di violazione di tale divieto, i liquidatori saranno

responsabili per i danni cagionati ai creditori sociali);

– i liquidatori hanno il potere di chiedere proporzionalmente ai soci i versamenti ancora dovuti,

qualora i fondi disponibili risultassero insufficienti per il pagamento dei debiti sociali.

 

Se la liquidazione dura oltre l’anno, i liquidatori devono redigere il bilancio intermedio di liquidazioni con le stesse modalità previste per il bilancio di fine esercizio: qualora per oltre tre anni consecutivi non venga depositato tale bilancio, la società è cancellata d’ufficio dal registro delle imprese.

 

Terminata la fase di liquidazione, i liquidatori redigono il bilancio finale di liquidazione ed indicano

la parte del residuo attivo (liquido) da distribuire ad ogni socio: questo bilancio è approvato dai singoli

soci mediante il meccanismo dell’approvazione tacita (si considera approvato dal singolo socio se

entro 90gg dal suo deposito nel registro delle imprese questi non fa reclamo; si ritiene approvato

anche prima di tale termine se tutti i soci hanno ritirato i loro versamenti, rilasciando quietanza senza riserva).

 

L’approvazione del bilancio libera i liquidatori di fronte ai soci per l’attività svolta: prima, però,

dovranno provvedere alla cancellazione della società dal registro ed alla consegna dei libri sociali

 

presso l’ufficio del registro delle imprese (che li conserverà per i successivi 10 anni).

 

Se vi sono ancora creditori insoddisfatti:

– prima della cancellazione, si rivolgono alla società (nella persona dei liquidatori);

– dopo la cancellazione, hanno diritto nei conferimenti dei soci nei limiti delle cifre riscosse risultanti

dal bilancio (o si rivolgeranno ai liquidatori quando il mancato pagamento è a loro imputabile).

I creditori potranno, inoltre, chiedere il fallimento della società entro l’anno dalla cancellazione.

 

LA SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI

La società in accomandita per azioni è una società di capitali (le cui partecipazioni sociali sono rappresentate da azioni, per cui si applica la disciplina della S.p.A. per quanto compatibile) nella

quale sono previste due categorie di soci:

– i soci accomandatari, che rispondono solidamente ed illimitatamente per le obbligazioni sociale,

e sono di diritto amministratori della società;

– i soci accomandanti, che sono obbligati verso la società nei limiti della quota di capitale

sottoscritta.

 

Nella S.a.p.A. vi è perfetta coincidenza tra la qualità di amministratore e quella di socio

accomandatario, per cui:

– l’accomandatario che cessa dall’ufficio di amministrazione, con l’iscrizione della cessazione

presso il registro delle imprese, diventa accomandante, e dunque non sarà illimitatamente

responsabile per quelle obbligazioni sorte posteriormente all’iscrizione (di cui risponderanno gli

attuali amministratori);

– il nuovo socio amministratore è illimitatamente responsabile solo per le obbligazioni sorte

successivamente alla sua accettazione della nomina.

La responsabilità illimitata del socio accomandatario è sussidiaria (egli ha infatti il beneficio di escussione rispetto al patrimonio della società).

 

Riguardo alla costituzione della società, ai conferimenti ed alle partecipazioni, ha integrale

applicazione la disciplina della S.p.A. , salvo alcune eccezioni: per quanto riguarda la costituzione,

l’atto costitutivo deve necessario indicare i soci accomandatari (ed è quindi superflua la nomina degli amministratori) – ed almeno uno di loro deve comparire nella denominazione sociale.

 

La natura di socio accomandatario non è conferita dalle azioni, ma dalla sua nomina di

amministratore da parte dell’assemblea: pertanto il trasferimento delle azioni da un accomandatario ad un terzo non conferisce a questi, di regola, la qualifica di socio accomandatario.

 

GLI ORGANI SOCIALI DELLA S.A.P.A.

Riguardo agli organi della S.a.p.A. valgono, in generale, le stesse disposizioni previste per la S.p.A. ,

con alcune eccezioni:

– gli accomandatari non partecipano alle deliberazioni di nomina e revoca dei sindaci, ed a quelle

riguardanti la loro responsabilità;

– le modificazioni dell’atto costitutivo oltre ad essere deliberate dall’assemblea straordinaria, vanno

approvate da tutti i soci accomandatari;

– la nomina e la revoca degli amministratori spetta all’assemblea straordinaria, e la sostituzione di

quelli cessati dalla carica dev’essere approvata anche da quelli eventualmente rimasti in carica.

Gli amministratori-accomandatari possono essere revocati, anche senza giusta causa (salvo risarcimento dei danni), dall’assemblea straordinaria.

 

LE CAUSE DI SCIOGLIMENTO DELLA S.A.P.A.

Oltre a quelle previste per la S.p.a. , è causa di scioglimento della S.a.p.A. la cessazione della carica di tutti gli amministratori se nel termine di 6 mesi non si è provveduto alla loro sostituzione.

Nell’assenza di soci accomandatari, il collegio sindacale nomina un amministratore provvisorio per gli atti di ordinaria amministrazione, che ovviamente non acquisisce la qualità di socio accomandatario.

 

LA SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA

La società a responsabilità limitata, è una società di capitali nella quale:

– per le obbligazioni sociali risponde solo la società col suo patrimonio;

– le quote non sono rappresentate di azioni, ed il capitale sociale è diviso secondo un criterio

personalistico.

 

Per quanto riguarda l’aspetto organizzativo, la S.r.l. ricalca il modello base della S.p.A. ,

caratterizzandosi però per una snella articolazione e per una diretta partecipazione dei soci (caratteri ancor più accentuati dalla forte autonomia statutaria concessa): il modello risultante, particolarmente elastico, consente di valorizzare i profili di carattere personale presenti nelle piccole e medie imprese, pur conservando la struttura delle società di capitali.

 

Riguardo la costituzione della S.r.l. è stabilito che:

– il capitale sociale minimo sia di 10.000€;

– non sia possibile la costituzione per pubblica sottoscrizione; – la denominazione debba contenere la dicitura S.r.l.

Stessa disciplina della S.p.A. è adottata per regolare la S.r.l. uni-personale.

 

La disciplina dei conferimenti è per la S.r.l. molto più permissivo che per la S.p.A. :

– si possono conferire tutti gli elementi suscettibili di valutazione economica (sono consentiti anche

conferimenti di opera o di servizi);

– il versamento del 25% può essere sostituito da polizza assicurativa o fideiussione bancaria;

– la stima dei beni conferiti in natura è effettuata da un esperto (anche non designato dal tribunale)

iscritto nel registro dei revisori contabili, e non è prevista la revisione di stima (e medesima disciplina vale per gli acquisti pericolosi, per i quali l’atto costitutivo può escludere la previa

autorizzazione da parte dei soci);

– è prevista una disciplina per i finanziamenti dei soci alla società (anche sotto forma di garanzie)

che prevede un rimborso postergato al soddisfacimento degli altri creditori.

Il socio moroso – come nella S.p.A. – non può partecipare alle decisioni dei soci e la società ha la

possibilità (in alternativa alla normale azione giudiziaria) di attuare la vendita coattiva della quota non

liberata, postergata all’esercizio del diritto di opzione (in proporzione alle loro partecipazioni) degli

altri soci;

 

A partire dal 2003 è possibile l’emissione di titoli di debito (solo se espressamente previsto nell’atto

costitutivo, che stabilisce inoltre se la competenza di tale emissione spetta agli amministratori od

all’assemblea). Tali titoli, emessi a titolo di prestito, hanno taglio minimo di 50.000€ ed il loro rimborso

deve essere incondizionato (al più, la retribuzione degli interessi potrà essere legata all’andamento della società).

 

LE QUOTE SOCIALI NELLA S.R.L.

Le quote sociali sono attribuite secondo un principio personalistico, ed hanno un diverso valore a

seconda del capitale sottoscritto dai vari soci (di regola proporzionale al conferimento, ma in generale è sufficiente che il valore nominale delle quote nel complesso non superi i conferimenti totali); se non

differentemente previsto dall’atto costitutivo attribuiscono stessi diritti sociali proporzionalmente alla

partecipazione posseduta (i particolari diritti attribuiti ai singoli soci non si trasferiscono con

l’alienazione della quota – ed eventuali future modificazioni dei tali diritti possono essere decise solo all’unanimità).

 

Ogni quota resta unica ed esprime in modo unitario la posizione di un determinato socio nella

società, e l’acquisizione di altre partecipazioni ne determina solo un incremento quantitativo. Inoltre,

se lo statuto non prevede diversamente le quote sono divisibili; qualora sia predisposto

diversamente, in caso di proprietà congiunta di una quota, si applicano le regole riguardo all’amministrazione dei beni in comproprietà.

 

Le quote non possono costituire oggetto di sollecitazione all’investimento, né possono essere

rappresentate da titoli di credito, ed eventuali documenti attestanti il possesso della quota saranno efficaci solo a fini probatori.

 

Le quote della S.r.l. sono liberamente trasferibili (sia mediante atto tra vivi che mortis causa), salvo

che l’atto costitutivo non limiti od escluda tale trasferibilità (anche subordinandola a condizioni di

mero gradimento, che legittimano il socio al recesso, scaduto un termine fissato dallo statuto – comunque non superiore ai 2 anni dalla costituzione della società – o dalla sottoscrizione della quota).

 

Il trasferimento della quota è valido ed efficace tra le parti per effetto del semplice consenso; onde

assicurare la trasparenza riguardo alla composizione della compagine sociale, è stabilito che i

trasferimenti degli atti tra vivi (così come per i trasferimenti mortis causa e la costituzione di vincoli

sulle quote) risultino da scrittura privata autenticata depositata nel registro delle imprese, e che questi siano produttivi di effetti verso la società solo dopo l’annotazione nel libro dei soci.

La società sarà, inoltre, tenuta a comunicare annualmente all’Agenzia delle Entrate i nominativi dei soci che hanno riscosso dividendi o partecipato alle assemblee.

 

Altre regole sono poi ricalcate dalla disciplina dei trasferimenti delle azioni di S.p.A. :

– se la quota trasferita non è interamente liberata, l’alienante rimane (per il periodo di tre anni

successivo al trasferimento) solidamente responsabile (salvo diritto di escussione) con

l’acquirente per i versamenti ancora dovuti;

– nel caso della costituzione di vincoli sulle quote, si applicano le stesse norme dettate nella S.p.A.

per l’attribuzione dei conseguenti diritti sociali.

Inoltre, la quota può essere oggetto di espropriazione e conseguente vendita forzata (od

assegnazione della stessa al creditore procedente); onde consentire ai soci di impedire l’ingresso di soggetti non graditi nella compagine sociale, qualora la partecipazione fosse liberamente trasferibile, la vendita è priva di effetto se la società presenta altro acquirente offerente lo stesso prezzo.

 

IL RECESSO E L’ESCLUSIONE NELLA S.R.L.

Il recesso ha margini più ampli rispetto a alla disciplina della S.p.A. (nella quale le quote sono più

facilmente trasferibili sul mercato), per cui nella S.r.l. è prevista la possibilità di aggiungere altre

cause di recesso statutarie, oltre a quelle previste per legge inderogabilmente:

– se la società è a tempo indeterminato, è possibile recedere con un preavviso di almeno 180gg

(che l’atto costitutivo può portare ad 1 anno);

– se la società è a tempo determinato, sarà possibile recedere:

– per modifica sostanziale dell’oggetto sociale o tipo di società;

– in caso di fusione o scissione;

– per revoca dello stato di liquidazione;

– per eliminazione di clausole di recesso statutarie;

– per operazioni che prevedono modifiche sostanziali all’oggetto sociale o rilevanti modifiche

dei diritti particolari attribuiti al singolo socio;

– per il socio che non ha concorso alla deliberazione di aumento di capitale sociale mediante

offerta di quote di nuova emissione a terzi (con conseguente esclusione del diritto di opzione).

 

Per la S.r.l. è prevista, inoltre, la possibilità di inserire nell’atto costitutivo cause di esclusione per giusta causa, come avviene nella società di persone.

 

LE DECISIONI DEI SOCI DI S.R.L.

Oltre alle materie che l’atto costitutivo può attribuire alla competenza dei soci, quelle rimesse

inderogabilmente alla decisione dei soci di S.r.l. (indicate dell’art. 2479) sono :

– approvazione del bilancio e distribuzione degli utili;

 

–     nomina degli amministratori (se prevista dall’atto costitutivo);

–     nomina di sindaci, presidente del consiglio di sorveglianza e revisori;

–     modificazioni dell’atto costitutivo;

–     decisioni che portano a sostanziale modificazione dell’oggetto sociale, o modificazioni rilevanti sui

diritti dei soci.

 

L’atto costitutivo può prevedere che le decisioni dei soci siano adottate mediante consultazione

scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto; in mancanza di tale previsione, o con

riferimento a materie particolarmente delicate (quali modificazioni dello statuto o decisioni che

portano a sostanziale modificazione dell’oggetto sociale, modificazioni rilevanti sui diritti dei soci o

riduzione obbligatoria del capitale per perdite), o su richiesta di un amministratore, o di tanti soci che rappresentino almeno 1/3 del capitale sociale, le decisioni dei soci devono essere adottate mediante deliberazione assembleare.

 

Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, le decisioni dei soci sono prese con il voto favorevole

(esercitato proporzionalmente alla propria partecipazione) di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale.

 

Ai sensi dell’art. 2479ter, “le decisioni dei soci che non sono prese in conformità della legge o

dell’atto costitutivo possono essere impugnate dai soci che non vi hanno consentito, da ciascun amministratore e dal collegio sindacale entro novanta giorni dalla loro trascrizione nel libro delle decisioni dei soci“.

Inoltre è stabilito dallo stesso articolo che:

– qualora possano recare danno alla società, sono impugnabili le decisioni assunte con la

partecipazione determinante di soci in conflitto d’interesse;

– le decisioni aventi oggetto illecito o impossibile – o per “assenza assoluta di informazione” a –

possono essere impugnate entro 3 anni da chiunque vi abbia interesse; e senza limiti di tempo le modificazioni dell’oggetto sociale che prevedono attività impossibili o illecite.

E’ ricalcata, inoltre, per molti aspetti la disciplina d’invalidità delle delibere dell’assemblea della S.p.A.

 

L’AMMINISTRAZIONE E CONTROLLO NELLA S.R.L.

Nella S.r.l. , la ripartizione di competenze fra assemblea ed amministratori in merito alle gestione

dell’impresa sociale è in larga parte rimessa all’autonomia statutaria. In mancanza di diversa

previsione, l’amministrazione spetta ad uno o più soci nominati nell’assemblea, di carica a durata

indeterminata. L’attuazione del metodo collegiale è derogabile, ed è anzi previsto che l’atto costituivo possa stabilire che gli amministratori possano operare in modo congiunto o disgiunto (come avviene nelle società di persone), salvo che per decisioni riguardanti la redazione del progetto di bilancio, di fusione e scissione, e l’aumento di capitale per delega.

 

La disciplina in tema di rappresentanza e conflitto di interesse ricalca quella della S.p.A. .

Per quanto riguarda la responsabilità degli amministratori (affermata nei confronti della società, dei singoli soci e dei terzi direttamente danneggiati), con essi sono solidamente responsabili i soci che hanno intenzionalmente autorizzato (o permesso) il compimento di atti dannosi.

L’azione di responsabilità può essere avviata su istanza anche del singolo socio; sono, inoltre, più

elevati i quorum per approvare od impedire rinunce o transazioni da parte della società rispetto che nella S.p.A. (è richiesta la maggioranza dei 2/3 del capitale sociale, e che non vi si opponga il 10% del capitale sociale).

 

Nelle S.r.l. , l’istituzione di un collegio sindacale diventa obbligatoria solo nel caso il capitale sociale

superi i 120.000€: saranno valide le stesse disposizioni vigenti per la S.p.A. per tale collegio

sindacale, che – salvo diversa disposizione statutaria – è anche incaricato del controllo contabile.

 

REDAZIONE DEL BILANCIO E MODIFICAZIONI DELL’ATTO COSTITUTIVO

Bilancio, scioglimento e modificazioni dello statuto sono soggette alla disciplina della S.p.A. .

 

Identiche regole che nella S.p.A. valgono per la redazione del bilancio di S.r.l. , salvo che la

decisione dei soci che approva il bilancio decide anche sulla distribuzione degli utili ai soci (e non vi è quindi bisogno di distinta delibera).

 

Le modificazioni dell’atto costitutivo sono di competenza inderogabile dell’assemblea, e diventano efficaci in seguito all’iscrizione nel registro delle imprese.

Riguardo l’aumento reale del capitale sociale, è ammessa la delega agli amministratori, della quale lo

statuto determina limiti e modalità di esercizio – e se prevista dall’atto costitutivo è consentita

l’esclusione del diritto d’opzione, nelle modalità determinate dalla delibera di aumento del capitale.

Aumento gratuito e riduzione reale e nominale del capitale sociale sono disciplinati in modo coincidente alle regole valenti nella S.p.A.

 

LE SOCIETA’ COOPERATIVE

Le cooperative sono società a capitale variabile (per cui l’atto costitutivo non necessita di modifiche

in caso di variazione del numero dei soci o del capitale sociale) che si caratterizzano per il

perseguimento di uno scopo mutualistico (ed il termine “cooperativa”, presente nella denominazione

sociale di tali società, non può rientrare nella denominazione di altre prive di scopo mutualistico). Non è ammessa, inoltre, l’esistenza di società cooperative a responsabilità illimitata, per cui alle obbligazioni sociali risponde solo la società col suo patrimonio.

 

Come le altre società, le cooperative perseguono lo “scopo-mezzo” di esercitare in comune un’attività

economica; a differenza delle altre società il loro “scopo-fine” non è lucrativo, ma scopo mutualistico, che si può intendere come “fornitura di beni, servizi od occasioni di lavoro

direttamente ai membri dell’organizzazione a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero

sul mercato“. I soci sono i destinatari effettivi (ma non esclusivi) dei beni e servizi prodotti dalla cooperativa, o delle possibilità di lavoro e della domanda di materie prime dalla stessa create. Anche i soci di cooperativa mirano a realizzare un risultato economico ed un proprio vantaggio

patrimoniale, finalizzato però al soddisfacimento di un preesistente bisogno economico: tale

vantaggio non deriva direttamente dal rapporto con la società, ma è conseguito attraverso distinti e

diversi rapporti instaurati con la stessa (i cosiddetti rapporti mutualistici), e – a differenza del diritto agli utili – è svincolato dall’ammontare del conferimento.

 

La legge prevede, inoltre, la figura dei sovventori, che sono soci apportatori del capitale di rischio,

non interessati al vantaggio mutualistico ma alla distribuzione degli utili: onde prevenire abusi

dell’utilizzo della società cooperativa, è preclusa a tali soci la possibilità di prendere il sopravvento nella gestione.

 

Se lo scopo mutualistico può anche coesistere con un’attività lucrativa con terzi (quasi sempre

indispensabile per raggiungere livelli di efficienza e competitività idonei a garantire la sopravvivenza

e lo sviluppo dell’impresa), la deviazione dallo scopo mutualistico è frenata da limitazioni alla

distribuzione ai soci degli utili eventualmente prodotti (che in ogni caso non può essere integrale).

 

LE SOCIETA’ COOPERATIVE A MUTUALITA’ PREVALENTE E NON PREVALENTE

Nell’attuale disciplina è stata introdotta, con la riforma del 2003, una distinzione tra società

cooperative a mutualità prevalente ed altre società cooperative; le prime, che godono di particolari

agevolazioni di carattere tributario, sono caratterizzate da:

– presenza nello statuto di clausole che limitano la distribuzione di utili e riserve ai soci cooperatori;

– l’attestazione degli amministratori e dei sindaci nelle note integrative al bilancio che:

– nelle cooperative di consumo (quelle che offrono vantaggi di prezzo ai consumatori) i

ricavi delle vendite e delle prestazioni verso i propri soci siano superiori al 50% del totale;

– nelle cooperative di lavoro (quelle che offrono vantaggi salariali) il costo del lavoro dei

soci sia superiore al 50% del totale;

– nelle cooperative di produzione e lavoro (quelle che offrono vantaggi salariali e nella

remunerazione dei beni e servizi conferiti) il costo della produzione per servizi ricevuti dai

 

soci sia superiore al 50% del totale – od il valore valore dei beni conferiti dai soci superiore

al 50% di tutti i conferimenti di beni.

Perdono la qualifica di società cooperativa a mutualità prevalente quelle società che sopprimano

dallo statuto le clausole anti-lucrative previste o che non rispettino le altre condizioni per due esercizi.

 

Le cooperative a mutualità prevalente devono iscriversi in un apposito “Albo delle Società

Cooperative” (tenuto a cura del Ministero delle Attività Produttive), nel quale è poi prevista una sezione speciale per le altre società cooperative.

 

LA DISCIPLINA DELLE SOCIETA’ COOPERATIVE

La disciplina delle società cooperative di dimensioni medio-grandi segue quella dettata per le

S.p.A. , mentre le piccole cooperative (quelle nelle quali sono presenti meno di 20 soci cooperatori,

o che presentano un attivo patrimoniale inferiore a 1.000.000€) hanno facoltà di scegliere la

disciplina delle S.r.l. , che è invece obbligatoria per quelle società cooperative che presentino meno di 9 soci.

 

Per procedere alla costituzione di una società cooperativa è necessaria la presenza di almeno 9 soci

se si decide di adottare la disciplina della S.p.A. , o 3 qualora si opti per la disciplina delle S.r.l. : la possibilità di essere socio della cooperativa (esclusa, in ogni caso, a chi esercita in proprio imprese concorrenti) è subordinata al possesso di requisiti soggettivi volti ad assicurare che i soci svolgano attività coerente e non incompatibile con l’oggetto sociale della cooperativa.

 

Il procedimento di costituzione ricalca quello della disciplina prescelta, e vanno indicati inoltre:

– oggetto sociale con riferimento ai requisiti ed agli interessi dei soci;

– requisiti e condizioni per l’ammissione dei nuovi soci;

– condizioni per l’eventuale recesso e per l’esclusione dei soci;

– regole per la ripartizione degli utili e criteri per la ripartizione dei ristorni.

Per accentuare il profilo mutualistico ed assicurare parità di trattamento, lo svolgimento dell’attività fra

società e soci può essere disciplinata da appositi regolamenti contenuti dallo statuto o predisposti dagli amministratori ed approvati dall’assemblea straordinaria.

 

Come nelle società di persone, le cause di nullità della società cooperativa sono quelle previste in

generale per i contratti; riguardo invece agli effetti della nullità (e dell’iscrizione) il codice rimanda esplicitamente alle norme applicabili per la S.p.A.

 

Per quanto riguarda i conferimenti, si applicano le norme relative alla S.p.A. od alla S.r.l. , a seconda

della disciplina prescelta; non è però, in ogni caso, né richiesto né necessario il versamento iniziale del 25%.

 

LE QUOTE DI PARTECIPAZIONE NELLA SOCIETA’ COOPERATIVA

Le quote di partecipazione sono rappresentate da azioni o quote (a seconda che si segua la disciplina della S.p.A. o della S.r.l.) sulle quali non si possono costituire vincoli.

E’ stabilito, inoltre, che nessun socio possa detenere una quota del capitale sociale (o più azioni di

valore complessivo) superiore a 100.000€ (salvo eccezioni – si prevede infatti che, nelle cooperative con oltre 500 soci, l’atto costitutivo possa elevare tale limite fino all’1% del capitale sociale): tale limite

non si applica per i soci che conferiscono beni in natura o quando viene attuato un aumento gratuito del capitale realizzato con riserve disponibili o ristorni.

 

E’ disciplinata diversamente dalla S.p.A. la possibilità da parte della società dell’acquisto o del

rimborso di proprie azioni (o quote), reso possibile solo se:

– espressamente previsto dall’atto costitutivo (dagli amministratori, anche senza la preventiva

autorizzazione o delega dell’assemblea ordinaria);

– il rapporto tra patrimonio netto e complessivo indebitamento della società non supera il quarto.

 

Per quanto riguarda invece il trasferimento, le azioni (o quote) non possono essere cedute senza la

preventiva autorizzazione degli amministratori (anche per approvazione tacita, dopo 60gg dal ricevimento della richiesta).

 

FORME DI FINANZIAMENTO DELLA SOCIETA’ COOPERATIVA

Per compensare i limiti alla partecipazione massima dei soci, alla trasferibilità delle quote ed alla

distribuzione di utili, e per incentivare l’apporto di capitale di rischio alla società cooperativa si sono

istituite le figure:

– del socio sovventore – anche privo dei requisiti richiesti per i soci cooperatori – per il quale sono

previsti vantaggi patrimoniali (ma è stabilito che il tasso di remunerazione di tali soci non superiori

il 2% rispetto quello previsto per i soci cooperatori) ed eventuali vantaggi di voto (ma con i limiti dei 5 voti per testa e che la totalità dei voti dei soci sovventori non superi il terzo dei voti totali); inoltre i soci sovventori possono essere anche nominati amministratori, a patto che siano meno

della maggioranza di tutti gli amministratori;

– delle azioni di partecipazione cooperative, particolare categoria di azioni che presenta affinità

con le azioni di risparmio, prive del diritto di voto, ma privilegiate nella ripartizione degli utili (nella

misura legale e del rimborso del capitale (con prelazione rispetto agli altri creditori, in sede di scioglimento, ed il cui valore non viene eroso dalle perdite); l’emissione (anche al portatore se

interamente liberate) di tali azioni partecipative è prevista in misura non superiore al valore delle

riserve indivisibili od al patrimonio netto; alla loro emissione, tali azioni andranno offerte in opzione ad almeno ad almeno la metà dei soci ed ai lavoratori dipendenti.

 

E’ prevista inoltre la possibilità di emissione di obbligazioni ed altri strumenti finanziari partecipativi (ai

quali non può essere attribuito più di un terzo dei voti) nel caso di cooperative che seguono la

disciplina della S.p.A. ; nel caso, invece, di cooperative soggette alla disciplina delle S.r.l , è ammessa la sola emissione di strumenti finanziari partecipativi prive di diritti amministrativi.

 

L’ASSEMBLEA DELLA SOCIETA’ COOPERATIVA

L’assemblea è organizzata, di regola, come quella delle S.p.A. , salvo alcune differenze:

– il voto è per teste, salvo attribuzione di voti ulteriori (fino ad un massimo di 5) a soci sovventori e

persone giuridiche;

– hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti nel libro soci da almeno 90gg;

– il socio può farsi rappresentare in assemblea da altro socio (ma non si possono rappresentare più

di dieci soci a persona);

 

I quorum (calcolati in base al numero di voti spettanti per testa) sono liberamente modificabili dall’atto costitutivo; ed è prevista per alcune deliberazioni la possibilità (e l’obbligo, nel caso in cui abbia più di

3000 soci e svolga la propria attività in più province – o se ha più di 500 soci e si realizzano più

gestioni mutualistiche) di assemblee separate, che nominino dei soci delegati che esprimano il voto

nell’assemblea generale (la cui delibera è impugnabile anche per vizi di quelle delle assemblee separate).

 

L’AMMINISTRAZIONE ED IL CONTROLLO NELLA SOCIETA’ COOPERATIVA

Per l’amministrazione, si applica in generale la disciplina della S.p.A. (salvo una maggior autonomia statutaria) con l’unico obbligo di far si che la maggioranza degli amministratori sia composta da soci cooperatori – o da persone fisiche designate dai soci cooperatori persone giuridiche.

 

Il collegio sindacale nelle società cooperative è obbligatorio negli stessi casi in cui è obbligatorio per

le S.r.l (capitale sociale oltre i 120.000) o quando la società cooperativa ha emesso strumenti

finanziari non partecipativi. Se lo statuto non prevede diversamente è consentita la nomina con votazione per partecipazioni sociali e non per teste.

 

E’ prassi consolidata la previsione di un ulteriore organo sociale: il collegio dei probiviri, a cui è

affidata la risoluzione di eventuali controversie fra soci o fra soci e società riguardo al rapporto

 

sociale od alla gestione mutualistica. La funzione di tale organo è riesaminare le decisioni degli altri

organi sociali (assemblea ed amministratori) cercando di prevenire liti, sulle quali l’ultima decisione spetta in ogni caso all’autorità giudiziaria.

 

IL CONTROLLO ESTERNO DELLA SOCIETA’ COOPERATIVA

Le società cooperative sono sottoposte al controllo dell’autorità governativa, finalizzata

all’accertamento dei requisiti mutualistici ed alla garanzia del regolare funzionamento amministrativo

e contabile delle stesse: la vigilanza spetta al Ministero delle Attività Produttive, effettuata tramite revisioni (con cadenza almeno biennale) ed ispezioni straordinarie.

La vigilanza governativa può, in caso di irregolare funzionamento della società, revocare

amministratori e sindaci, affidando gestione e controllo della cooperativa ad un commissario

governativo; inoltre, può decretarne lo scioglimento qualora emerga che la cooperativa non persegue

lo scopo mutualistico, non ha depositato il bilancio di esercizio per due anni consecutivi o non ha compiuto atti di gestione.

 

Oltre alla vigilaza governativa, è previsto la possibilità del controllo giudiziario – come nelle S.p.A. – su istanza di tanti soci che rappresentino un decimo del capitale sociale (o del numero complessivo dei soci), ridotto ad un ventesimo per le cooperative che hanno più di 3000 soci.

 

IL BILANCIO DELLA SOCIETA’ COOPERATIVA

Le modalità di redazione del bilancio sono le stesse della S.p.A. ; è però necessario che nella

relazione integrativa gli amministratori specifichino i criteri seguiti per il conseguimento dello scopo mutualistico, e motivino le decisioni assunte sull’amministrazione di nuovi soci.

Inoltre, sono soggette a revisione obbligatoria da parte di società di revisione quelle società con

valore della produzione superiore a 60.000.000€, con riserve superiori a 4.000.000€ o con conferimenti di soci superiori a 2.000.000€.

 

UTILI E RISTORNI NELLA SOCIETA’ COOPERATIVA

Specifica disciplina è dettata riguardo alla destinazione degli eventuali utili prodotti:

– la percentuale da destinare a riserva è pari al 30%, indipendentemente dal raggiungimento della

riserva legale;

– il 3% degli utili netti deve essere obbligatoriamente destinato ad appositi fondi per la promozione

e lo sviluppo della cooperazione;

– possono essere distribuiti dividendi solo se il rapporto tra patrimonio netto e complessivo

indebitamento non è inferiore ad 1/4.

 

Nelle società cooperative a mutualità non prevalente, l’atto costitutivo fissa la percentuale massima dei dividendi ripartibili tra i soci cooperatori; inoltre può autorizzare l’assemblea ad assegnare ai soci

– mediante emissione di strumenti finanziari od aumento gratuito del capitale sociale – le riserve

disponibili (ma non le riserve indivisibili, cioè quelle che per disposizione di legge o dello statuto non possono essere ripartite tra i soci, neppure in caso di scioglimento della società).

Nelle società cooperative a mutualità prevalente, è invece stabilito che:

– non siano distribuiti dividendi ai soci cooperatori in misura superiore all’interesse massimo dei

buoni fruttiferi postali aumentato del 2,5%, rispetto al capitale effettivamente versato;

– gli strumenti finanziari offerti ai soci cooperatori siano rimborsati in misura superiore al 2% rispetto

a tale limite massimo;

– le riserve non siano distribuibili tra i soci cooperatori;

– in caso di scioglimento della società, l’intero patrimonio sociale, dedotto il capitale sociale ed i

dividendi eventualmente maturati, sia destinato interamente ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della limitazione.

 

I ristorni sono uno degli strumenti tecnici per attribuire ai soci il vantaggio mutualistico derivante dai

rapporti di scambio intrattenuti con la cooperativa: per ragioni di praticità ed efficienza, si può stabilire

che il vantaggio mutualistico venga attribuito – in modo indiretto e differito – tramite rimborso in

 

somme di denaro, in proporzione alla mole dei rapporti di scambio del singolo socio con la

cooperativa. A tali somme non sono applicabili le limitazioni alla distribuzione degli utili; d’altra parte, non possono essere attribuite ai soci a titolo di ristorno le eccedenze derivanti dall’attività di scambio con i terzi.

 

VARIAZIONE DEI SOCI E DEL CAPITALE SOCIALE

Essendo la società cooperativa una società a capitale variabile in base al numero dei soci,

l’ammontare del capitale non è predeterminato nell’atto costitutivo, per cui in caso di aumenti e

riduzioni del capitale sociale per variazione del numero di soci non sarà necessario procedere alla

sua modificazione (che prevederebbe delibera dell’assemblea straordinaria, controllo notarile ed

iscrizione nel registro delle imprese – invece previsti per aumento a pagamento del capitale sociale).

 

L’ammissione di un nuovo socio viene deliberata degli amministratori su domanda dell’interessato, alla quale va comunicata e quindi annotata (a cura degli amministratori) nel libro dei soci.

Nel caso la domanda venga rigettata, tale deliberazione è comunicata entro 60gg all’interessato, che entro i successivi 60gg potrà chiedere che sull’istanza si pronunci l’assemblea.

 

Il socio ammesso, oltre all’importo corrispondente al valore nominale delle azioni (o quote)

sottoscritte, dovrà versare il sovrapprezzo determinato dall’assemblea in sede di approvazione del bilancio, su proposta degli amministratori.

 

Nelle società cooperative, la riduzione del numero di soci può avvenire per:

– recesso (mai parziale), legittimato:

– dalle cause di recesso previste per le S.p.A. ;

– se l’atto costitutivo vieta la cessazione delle quote (od azioni);

– da altre cause previste dall’atto costitutivo;

– esclusione, prevista per:

– il fallito ed il socio il cui creditore abbia ottenuto la liquidazione della quota;

– mancato pagamento delle azioni (quote);

– gravi inadempienze derivanti dal rapporto sociale o da quello mutualistico;

– morte (nel cui caso si scioglie il rapporto sociale, salvo che l’atto stabilisca la continuazione della

società con gli eredi).

 

Alla cessazione del rapporto sociale, è assicurato al socio uscente il rimborso attraverso la

liquidazione della quota (che avviene entro 180gg, secondo i criteri stabiliti dall’atto costitutivo), comprensiva del sovrapprezzo eventualmente versato.

 

LO SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETA’ COOPERATIVA

Sono cause di scioglimento della società cooperative:

– la riduzione del numero di soci sotto il limite minimo (se non ripristinato entro un anno);

– le cause previste per le società di capitali (salvo che porta a scioglimento solo la perdita totale del

capitale sociale);

– il provvedimento dell’autorità di vigilanza nei casi previsti.

 

Il residuo attivo eventualmente rimasto viene devoluto a fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

 

CONSORZI, GRUPPI COOPERATIVI PARITETICI, MUTUE ASSICURATRICI

I consorzi di cooperative sono forme di organizzazione collettiva, cui le società cooperative

ricorrono per raggiungere un maggior grado di efficienza e competitività sul mercato: sono costituite tramite contratto tra più imprenditori, regolate dagli artt. 2602 e seguenti. Se il contratto non dispone

diversamente, le deliberazioni relative all’attuazione dell’oggetto del consorzio sono prese col voto favorevole della maggioranza dei consorziati.

 

Nella pratica onde agevolare il coordinamento, è diffuso il contratto per cui più cooperative si

impegnano a conformarsi (in un cosiddetto gruppo cooperativo paritetico) ad una direzione

unitaria, affidata nell’atto costitutivo a determinate cooperative del gruppo. Si espongono a

responsabilità personale gli amministratori di cooperative che attuino direttive di gruppo

pregiudizievoli per la società da loro gestita se il danno non è compensato da altri vantaggi derivanti

dalla partecipazione al gruppo. E’ data facoltà di recedere ad ogni cooperativa qualora, per effetto dell’adesione al gruppo, le condizioni dello scambio risultino pregiudizievoli per i propri soci.

 

Le mutue assicuratrici sono società cooperative caratterizzate da stretta interdipendenza che per

legge esiste tra qualità di socio (obbligato ai contributi, che costituiscono al tempo stesso

conferimento e premio assicurativo) e quella di assicurato per cui (ai sensi dell’art. 2546) “non si può

acquistare la qualità di socio, se non assicurandosi presso la società” e, viceversa, “si perde la

qualità di socio con l’estinguersi dell’assicurazione“. E’ tuttavia prevista una categoria di soci non assicurati (i soci sovventori) apportatori del capitale di rischio.

La differenza sostanziale tra le mutue assicuratrici e le altre cooperative di assicurazione risiede nel fatto che nelle prime i due rapporti (di socio ed assicurato) sono strettamente collegati, mentre nelle

seconde il rapporto di assicurazione necessita della stipulazione di un nuovo distinto ed autonomo contratto (diverso da quello sociale, che anzi non è necessario per ricevere la prestazione).

Il legislatore rinvia (per quanto compatibili):

– per la disciplina delle mutue assicuratrici, a quella pubblicistica delle imprese di assicurazione ed

alle norme stabilite per le società cooperative;

– per il rapporto tra soci assicurati e società, alle norme sul contratto di assicurazione.

 

LA TRASFORMAZIONE

La trasformazione è il cambiamento del tipo di società od il passaggio da società di capitali ad altro

tipo di ente giuridico o comunione d’azienda e viceversa, secondo la regola della continuità dei

rapporti, per cui l’ente trasformato conserva i diritti e gli obblighi, e prosegue in tutti i rapporti l’ente che ha effettuato la trasformazione.

 

La trasformazione omogenea (duttile strumento utilizzato nella prassi poter adattare l’assetto organizzativo alle nuove esigenze, senza dover liquidare l’esistente società, per costruirne una nuova) è il passaggio dall’uno all’altro tipo di società lucrativa (sia tra società di capitali, che tra

società di persone, che dall’una all’altra tipologia). E’ trattata come una modifica dell’atto costitutivo, assoggettata però ad una più specifica disciplina, siccome tale mutamento coinvolge tutto l’assetto governativo della società.

 

E’ vietata la trasformazione di società cooperativa a mutualità prevalente in società lucrativa mentre

(dopo la riforma del 2003) è possibile trasformare – con speciale procedura – una società

cooperativa non a mutualità prevalente in società lucrativa o consorzio; è possibile, inoltre, la

trasformazione di società di capitali in società cooperativa, che è uno dei casi di trasformazione

eterogenea, ovvero il passaggio da società di capitale in un ente non societario (consorzio, società

consortile, società cooperativa, comunione d’azienda, associazione non riconosciuta e fondazione), e viceversa.

 

LA TRASFORMAZIONE OMOGENEA

La delibera di trasformazione omogenea (che segue in linea di principio le modalità previste per le modifiche dell’atto costitutivo – e deve presentare forma e contenuto dell’atto costitutivo prescelto)

richiede:

– la semplice maggioranza dei soci nelle società di persone;

– le stessa maggioranze previste per le modifiche dello statuto nelle società di capitali.

– almeno la maggioranza delle società cooperative a mutualità non prevalente (o dei due terzi dei

soci nel caso questi siano meno di 50 – od i due terzi dell’assemblea costituita da almeno il 20%

dei soci nel caso i soci siano oltre 10.000)

In ogni caso i soci che non hanno concorso alla deliberazione hanno diritto di recesso.

 

E’ richiesto, inoltre, il consenso dei soci che assumono la responsabilità illimitata, e tale

responsabilità si estende anche alle obbligazioni anteriori; diversamente i soci che assumono la

responsabilità limitata non sono liberati da responsabilità per le obbligazioni sorte prima della

trasformazione – che non può pregiudicare la posizione dei creditori sociali contro la loro volontà.

 

In ogni caso, nella trasformazione, sarà necessario rispettare condizioni e procedure previste per la costituzione della società prevista. Per la trasformazione in società di capitali, saranno necessarie:

– una relazione giurata di stima del patrimonio sociale, che andrà a formare il conferimento;

– la soggezione dell’atto a controllo notarile;

– l’iscrizione dell’atto nel registro delle imprese.

 

Compiuti gli adempimenti pubblicitari previsti, l’invalidità della trasformazione non potrà più essere pronunciata, salvo diritto al risarcimento dei soci o terzi danneggiati dalla trasformazione.

 

LA TRASFORMAZIONE ETEROGENEA

La trasformazione eterogenea è prevista esclusivamente “da società di capitali” o “verso società di capitali”, ma non è applicabile per società di persone.

 

Per trasformazioni da società di capitali, si applicano, per quanto compatibili, le stesse regole

disciplinanti la trasformazione omogenea, ma sono richieste maggioranze più elevate (i 2/3 degli aventi diritto al voto).

 

Per quanto riguarda la trasformazione della società in comunione d’azienda, essa porta alla semplice

imputazione diretta in capo ai soci del patrimonio appartenuto alla società: ogni socio diventa quindi

comproprietario dei beni aziendali ed assume responsabilità personale ed illimitata per le obbligazioni sociali, anche anteriori alla trasformazione.

 

Per quanto riguarda invece la trasformazione in società di capitali, sono richieste:

– le maggioranze per lo scioglimento, nelle società consortili e nelle associazioni;

– il consenso di tutti i partecipanti, per la comunione;

– la maggioranza assoluta dei consorziati, per i consorzi; – la proposta dell’autorità governativa, per le fondazioni.

Tale trasformazione deve risultare per atto pubblico (che deve contenere contenuto e forma dell’atto

costitutivo della società prevista), e deve enunciare il proprio scopo lucrativo, salvo abbia i requisiti per essere qualificata come “impresa sociale” (organizzazione privata che esercita, senza scopo di

lucro ed in via stabile e principale l’attività d’impresa al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilità sociale).

 

Diversamente da quanto previsto per la trasformazione omogenea, le trasformazione eterogenee

hanno effetto solo dopo che siano decorsi 60gg dall’ultimo adempimento pubblicitario richiesto; entro tale termine i creditori dell’ente che si trasforma possono opporsi.

 

LA FUSIONE

La fusione (sia omogenea che eterogenea) è l’unificazione di due o più società in una sola:

– può essere fusione in senso stretto, dalla quale nasce una nuova società che prende il posto di

quelle che in essa si fondono;

– può essere fusione per incorporazione, effettuata mediante assorbimento di una o più società

da parte di un’altra preesistente.

La società incorporante (o che risulta dalla fusione) assume (ai sensi dell’art. 2504-bis) “i diritti e gli obblighi delle società partecipanti alla fusione, proseguendo in tutti i loro rapporti“; a loro volta per i

soci vi è continuazione del contratto sociale, tramite l’acquisto di una nuova partecipazione sociale in cambio di quella originaria (in base ad un predeterminato rapporto di cambio).

 

Il procedimento di fusione si articola essenzialmente in tre fasi:

– il progetto di fusione, che è un documento redatto dagli amministratori delle società interessate

nel quale sono fissate (sulla base delle trattative intercorse) le condizioni e le modalità

dell’operazione, il contenuto minimo del progetto (tra cui l’atto conclusivo della società risultante dalla fusione ed il rapporto di cambio che verrà applicato), soggetto a pubblicità nel registro delle imprese – da compiersi con 30gg di anticipo rispetto alla data fissata per la delibera di fusione; al

progetto vanno allegati il bilancio infra-annuale della società, la relazione degli amministratori

illustrante e giustificante il progetto di fusione, ed una relazione di esperti scelti tra i revisori

contabili sulla congruità del rapporto di cambio e sull’adeguatezza del metodo usato dagli

amministratori per la sua determinazione;

– la delibera di fusione, approvata dall’assemblea dei soci mediante approvazione del relativo

progetto (del quale sono possibili anche eventuali modifiche, a patto che non incidano sui diritti

dei soci o dei terzi, e siano approvate da tutte le società) con le maggioranze richieste per

modifiche dell’atto costitutivo (ma solo della maggioranza dei soci, calcolata in base al diritto agli utili, nelle società di persone con diritto di recesso per chi non concorre alla delibera).

– l’atto di fusione, stipulato tra i rappresentanti legali per dare attuazione alle delibere assembleari,

ha la forma dell’atto pubblico ed è sottoposto all’iscrizione presso il registro delle imprese, alla

quale è attribuita efficacia costitutiva; nella fusione per incorporazione è consentito stabilire per

tutti gli effetti una decorrenza successiva (postdatazione);

 

In caso di fusione eterogenea c’è diritto di recesso per i soci che non hanno concorso alla

deliberazione, mentre per la fusione omogenea questo diritto è riconosciuto solo ai soci della S.r.l. . Le delibere di fusione devono essere iscritte presso il registro delle imprese (previo controllo notarile nel caso che la società risultante sia una società di capitali) e la fusione può essere attuata solo entro

60gg dall’iscrizione della delibera; termine entro il quale i creditori sociali possono opporsi – così

come gli obbligazionisti (naturalmente gli effetti del deposito sono immediati con il consenso di tutti i

creditori e se la fusione è stata approvata dall’assemblea degli obbligazionisti); agli obbligazionisti

convertibili è concessa la possibilità di conversione anticipata e, per chi non se ne avvalesse, il riconoscimento di diritti equivalenti nella società risultante.

 

L’invalidità della fusione non si può più richiedere dopo l’iscrizione dell’atto di fusione nel registro

delle imprese (al più sarà possibile un risarcimento di eventuali danni), per cui a soci e terzi

danneggiati è data possibilità di chiedere l’invalidità solo nell’intervallo di tempo tra la delibera di

fusione e l’ultima iscrizione dell’atto di fusione: tuttavia può ancora essere richiesta l’azione di nullità della società, che se approvata porta allo scioglimento della nuova società (ma non ad un ritorno alle società distinte).

 

Particolari procedure semplificate sono ammesse nel caso di incorporazione di società della quale l’incorporante possiede il 100% o comunque più del 90% del capitale; l’attuale disciplina ammette inoltre (nell’art. 2501bis), subordinatamente a forti obblighi di trasparenza, fusioni “tra società, una

delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell’altra, quando per effetto della fusione il

patrimonio di quest’ultima viene a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di detti debiti” (i cosiddetti leveraged buy-out).

 

LA SCISSIONE

Con la scissione (anche eterogenea, nel cui caso troveranno applicazione anche le norme sulla

trasformazione), il patrimonio di una società è scomposto e trasferito (del tutto od in parte) ad altre società (preesistenti o di nuova costituzione), con la conseguente acquisizione diretta da parte dei soci della prima di quote della beneficiaria del trasferimento patrimoniale.

 

La scissione può essere scissione totale, quando l’intero patrimonio della società che si scinde viene trasferito a più società (per cui questa viene ad estinzione, senza che si abbia liquidazione della stessa); è scissione parziale quando solo parte del patrimonio della società che si scinde

viene trasferito ad una o più altre società (non si ha né liquidazione né estinzione in quanto la società

 

continua l’attività parallelamente a quella beneficiaria, nonostante abbia un patrimonio ridotto).

 

Le beneficiarie possono essere:

– società pre-esistenti (scissione per incorporazione);

– società di nuova costituzione (scissione in senso stretto).

 

Il procedimento di scissione ricalca quello dettato per la fusione; gli amministratori delle società

partecipanti alla scissione devono redigere un progetto di scissione (sottoposto alle medesime

pubblicità del progetto di fusione), che deve contenere:

– esatta descrizione degli elementi patrimoniali da trasferire;

– i criteri di distribuzione ai soci delle quote (od azioni);

ai quali vanno allegati

– situazione patrimoniale;

– relazione degli amministratori;

– relazione degli esperti (non necessaria quando la scissione avviene mediante costituzione di una

o più nuove società e le quote sono assegnate con criterio proporzionale).

Anche le modalità riguardanti delibera di scissione (e sua invalidità) ed atto di scissione (e nullità della nuova società) ricalcano sostanzialmente quelle previste per la fusione.

 

LA SOCIETA’ EUROPEA

La società europea è un nuovo tipo di società predisposto dall’Unione Europea per offrire ad

imprese e gruppi operanti in più stati membri la possibilità di organizzarsi in una forma giuridica uniformemente regolata in tutti gli ordinamenti nazionali comunitari.

Le regole generali sono contenute in un regolamento comune, che lascia autonomia alla disciplina

nazionale di ogni paese per alcuni aspetti non regolati, ed eventualmente alle regole statutarie.

Altro aspetto saliente della S.E. è l’agevole procedura di mobilità trans-frontaliera, che permette il trasferimento della sede sociale in stato estero comunitario.

 

La Società Europea si presenta come una società per azioni dotata di responsabilità giuridica in cui ciascun socio risponde esclusivamente del capitale conferito e può essere costituita con un capitale sociale minimo di 120.000€.

 

Può essere costituita in soli cinque casi previsti dal regolamento:

– costituzione per fusione, quando si fondono S.p.A. soggette alle leggi di stati membri differenti;

– quando 2 o più società di capitali promuovono la costituzione di una società europea holding (nel

caso di collegamenti stabili con ordinamenti di altro paese della comunità europea);

– quando 2 o più holding (sempre nel caso di collegamenti stabili con ordinamenti di altro paese

della comunità europea) costituiscono una società europea controllata in comune (cosiddetta

società europea affiliata);

– quando una società europea costituisce un’altra società europea affiliata;

– mediante trasformazione di una S.p.A. che controlla da almeno 2 anni una società sottoposta ad

altro ordinamento comunitario.

Il procedimento di costituzione è regolato secondo la legislazione nazionale, e si conclude con

l’iscrizione in apposito registro (che per le società aventi sede in Italia è il registro delle imprese).

 

La struttura interna della società europea si caratterizza per la necessaria presenza dell’assemblea

dei soci; per l’amministrazione è prevista la scelta tra il sistema dualistico e quello monistico: per

quanto riguarda il sistema monistico, la disciplina comunitaria prevede la sola costituzione

dell’organo amministrativo, ma la disciplina nazionale italiana (più restrittiva) impone alle S.E. aventi sede in Italia la costituzione di un comitato per il controllo sulla gestione.

In tema di responsabilità dei componenti degli organi, di redazione del bilancio e dello scioglimento, si applica la disciplina delle S.p.A. vigente nello stato nel quale la S.E. ha sede.

 

Sono, inoltre, previste forme di coinvolgimento dei lavoratori nella gestione (come organi di

 

rappresentanza collettiva o forme più incisive di partecipazione del lavoratori nella gestione, come il

potere di nomina da parte dei lavoratori di alcuni componenti degli organi di gestione o di controllo).

 

Dopo 2 anni dall’iscrizione, subordinatamente all’approvazione del secondo bilancio di esercizio, è

prevista la possibilità da parte della S.E. di trasformarsi in una S.p.A. soggetta interamente alla disciplina dello stato in cui ha sede.

 

LE PARTECIPAZIONI RILEVANTI

Onde permettere una maggiore trasparenza della composizione della compagine azionaria, secondo

l’attuale disciplina, vi è l’obbligo di comunicazione alla società partecipata ed alla Consob:

– per tutti coloro che partecipano (direttamente od indirettamente) in società con azioni quotate in

misura al superiore al 2%;

– per tutte le società quotate che partecipano in società con azioni non quotate (od S.r.l. ) in misura

superiore al 10% ;

 

La Consob, inoltre, determina con proprio regolamento quali siano le variazioni delle partecipazioni

rilevanti che comportano obbligo di successive comunicazioni:

– per la partecipazione in società quotate, al superamento delle soglie del 5%, 7.5%, 10% e

successivi multipli di 5, o quando la partecipazione scende sotto il 2%;

– per le società quotate che hanno quote di partecipazione in società non quotate, vi è obbligo

periodico (ogni semestre) di comunicare le partecipazioni superiori al 10% alla Consob, e nei confronti della società partecipata quando la quota scende sotto al di sotto del 10%.

Per i conteggi delle percentuali, si tiene conto solo delle azioni (o quote) con diritto di voto, e delle

eventuali partecipazioni potenziali (come per azioni già emesse sulle quali grava un diritto di opzione).

 

Oltre alle sanzioni pecuniarie, il regolamento la Consob prevede, nel caso di violazioni degli obblighi

di comunicazione riguardanti partecipazioni alle società quotate, la sospensione del diritto di voto

inerente le azioni (o gli strumenti finanziari) per i quali sia stata omessa la comunicazione: nel caso che la società ammetta ugualmente il socio a votare, la relativa deliberazione è impugnabile (anche dalla Consob).

 

Disciplina che ricalca quella dettata per le partecipazioni in società quotate è attualmente prevista per

le partecipazioni rilevanti in società non quotate, ma che operano in settori di particolare interesse

generale (come società bancarie, di intermediazione mobiliare, di gestione del risparmio, di investimento a capitale variabile, e società di assicurazione).

 

Le altre società non quotate sono tenute, invece, solo a rende pubblico annualmente l’elenco di tutti i soci alla data di approvazione del bilancio, con indicazione del numero di azioni possedute.

 

L’ACQUISTO DI PARTECIPAZIONI RILEVANTI IN SOCIETA’ QUOTATE

Secondo la disciplina attuale, chiunque venga a detenere (anche indirettamente tramite un’azione concertata) l’acquisto a titolo oneroso di una partecipazione superiore al 30% del capitale sociale

(con diritto di voto riguardo nomina, revoca e responsabilità degli amministratori e consiglio di

sorveglianza) di una società quotata è obbligato a promuovere un’o.p.a. successiva totalitaria, un’offerta pubblica d’acquisto avente oggetto la totalità delle azioni quotate ancora in circolazione (che attribuiscono diritto di voto nelle stesse materie), il cui prezzo è fissato per legge alla media

aritmetica fra il prezzo ponderato di mercato degli ultimi dodici mesi e quello più elevato pattuito nello stesso periodo dall’offerente per acquisti fuori borsa di azioni della medesima categoria.

 

L’o.p.a. successiva totalitaria è obbligatoria anche nei casi di: – acquisto indiretto di una partecipazione superiore al 30%;

– acquisti, superiori al 3% l’anno, effettuati da chi, pur non disponendo della maggioranza dei voti in

assemblea, già deteneva più del 30%.

 

L’obbligo di lanciare un’o.p.a. successiva totalitaria è dispensato nel caso venga preventivamente

lanciata un’o.p.a. preventiva che porti alla detenzione del 30%: tale offerta preventiva può essere sia totale (nel qual caso caso è diretta a tutte le azioni, ed il prezzo è fissato liberamente dall’acquirente) o parziale (che deve avere come oggetto almeno il 60% delle azioni).

 

Onde consentire agli azionisti di minoranza l’uscita dalla società ad un prezzo equo quando la stessa è ormai saldamente in man ad un gruppo di controllo, si dispone che chiunque venga a detenere più del 90% delle azioni (con diritto di voto riguardo nomina, revoca e responsabilità degli amministratori

e consiglio di sorveglianza) è tenuto a lanciare un’o.p.a. residuale, offerta pubblica che ha come

oggetto la totalità delle azioni (che attribuiscono diritto di voto nelle stesse materie) ancora in

circolazioni ad un prezzo fissato dalla Consob, salvo che non ripristini entro 120gg un adeguato

flottante (azioni diffuse fra li pubblico) sufficiente ad assicurare il regolare andamento delle negoziazioni.

 

Inoltre, chi ha conseguito tramite un’o.p.a. la detenzione di almeno il 98% delle azioni con diritto di

voto è tutelato da comportamenti ostruzionistici della minoranza tramite la possibilità di avvalersi

(purché si sia riservato tale diritto nel documento di offerta) del cosiddetto squeeze-out, cioè la

possibilità di acquistare coattivamente le azioni residue (entro quattro mesi dalla chiusura dell’offerta) ad un prezzo fissato da un esperto designato dal tribunale.

 

La violazione dell’obbligo di promuovere un’o.p.a. è colpita con sanzioni pecuniarie, alla sospensione

del diritto di voto dell’intera partecipazione detenuta, ed all’obbligo di alienare le azioni eccedenti i

limiti del 30% (nel caso di non promozione dell’o.p.a. totalitaria) o del 90% (nel caso di non promozione dell’o.p.a. residuale) entro 12 mesi.

 

I CARATTERI ESSENZIALI DELL’OFFERTA PUBBLICA D’ACQUISTO

L’offerta pubblica d’acquisto (svolta sotto il costante controllo della Consob) è una proposta

irrevocabile rivolta a parità di condizioni a tutti i titolari di prodotti finanziari che ne formano oggetto.

 

Durante il periodo di pendenza (di durata compresa tra i 15 ed i 25gg in caso di strumenti finanziari quotati) l’offerta può essere aumentata ed in tal caso l’aumento si estende anche coloro che hanno già aderito all’offerta; non è invece ammessa la riduzione del quantitativo richiesto.

 

I soggetti che intendono lanciare un’offerta devono darne preventiva comunicazione alla Consob,

allegando la scheda di adesione ed il documento di offerta destinato alla pubblicazione (che va eventualmente integrato dall’offerente nelle informazioni necessarie a consentire ad un fondato

giudizio sull’offerta e riguardo alle garanzie da prestare, su richiesta della Consob entro 15gg dalla

comunicazione) ed immediatamente trasmesso alla società bersaglio, che a sua volta deve diffondere un comunicato contenente ogni dato utile per l’apprezzamento dell’offerta ed una valutazione motivata degli amministratori sull’offerta stessa.

 

Nella successiva fase di offerta, le adesioni – raccolte dall’offerente o da intermediari indicati nel documento d’offerta – sono irrevocabili.

Questa fase è regolata dal legislatore tramite l’affermazione di un generico principio di “correttezza e trasparenza delle operazioni sui prodotti finanziari oggetto dell’offerta”, che viene poi concretizzato da specifiche normative d’attuazione emanate dalla Consob.

 

Durante la fase d’offerta sono previste alcune “misure difensive” da parte della società bersaglio che può eludere il divieto di “compiere atti od operazioni che possono contrastare il conseguimento degli

obiettivi dell’offerta” con delibera dell’assemblea a maggioranza del 30% del capitale in ogni

convocazione; inoltre è prevista la possibilità di un’o.p.a. concorrente, effettuata da eventuali alleati

della società bersaglio, che libera i soci che hanno aderito alla precedente offerta: il numero dei “rialzi”, da una parte e dall’altra, non può essere limitato.

 

D’altra parte è neutralizzata la possibilità di tecniche di difesa preventiva come sindacati di blocco

(dai quali possono liberamente recedere i soci che vogliono aderire ad un o.p.a. diretta ad almeno il

60% delle azioni) ed acquisti di partecipazioni rilevanti nella società che si appresta a lanciare un’o.p.a. ostile (in quanto cadono i limiti agli incroci azionari fra società quotate).

 

Infine, è rimandato alle clausole contenute nel documento d’offerta:

– come determinare cosa accada quando, scaduto il termine di pendenza, le adesioni superino il

quantitativo di titoli richiesto;

– quale sia il quantitativo minimo che dev’essere raggiunto affinché l’offerta diventi irrevocabile.

 

LIMITI ALL’ASSUNZIONE DI PARTECIPAZION RILEVANTI

L’assunzione di partecipazioni rilevanti in una S.p.A. o da parte di una S.p.A. è in via di principio

libera, salvo alcune limitazioni:

– relative al tipo di attività svolta (come per le società bancarie, nelle quali l’acquisizione del 5%

delle azioni di voto – o comunque il controllo della società – dev’essere preventivamente

autorizzata dalla Banca d’Italia e dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato; inoltre, ai

soggetti che esercitano attività diverse da quelle bancarie o di intermediazione finanziaria è

preclusa la possibilità di detenere più del 15% del capitale di una banca – o comunque il controllo

di essa);

– determinate dallo statuto, che può fissare i limiti massimi ai possessi azionari dei singoli soci (e

l’introduzione di simili clausole è espressamente prevista dalla legge per alcune società controllate dallo stato.

 

Sono previsti (ai sensi dell’art. 2361) altri limiti, quali il divieto di assunzione da parte di S.p.A. : – di partecipazioni che, per misura od oggetto, vadano a modificare sostanzialmente l’oggetto

sociale contenuto nell’atto costitutivo della partecipata;

– di partecipazioni in altre imprese che comportano una responsabilità illimitata.

 

LE PARTECIPAZIONI RECIPROCHE

Le partecipazioni reciproche sono partecipazioni incrociate per cui una società viene a detenere

una partecipazione in un’altra, la quale a sua volta detiene una partecipazione nella prima: tali

partecipazioni danno luogo a pericoli di carattere patrimoniale simili a quelli che vengono a verificarsi per l’acquisto di azioni proprie.

 

Sono vietate quindi (dall’art. 2360) gli aumenti (fittizi) di capitale sociale tramite sottoscrizioni reciproche, anche per tramite di società fiduciaria o per interposta persona.

 

L’art. 2359quinquies vieta la sottoscrizione di azioni (o quote) della società controllante da parte della

controllata, che nel caso in cui si vieti tale disposizione si considerano sottoscritte (e quindi devono

essere liberate) da parte degli amministratori (salvo che dimostrino di essere esenti da colpa);

ancora, “chiunque abbia sottoscritto in nome proprio, ma per conto della società controllata, azioni o quote della società controllante è considerato a tutti gli effetti sottoscrittore per conto proprio“.

 

Sono previsti inoltre limiti all’acquisto reciproco di azioni, che dà luogo a diminuzioni surrettizie del

capitale reale:

– se tra le due società non quotate in borsa non intercorre un rapporto di controllo, l’acquisto

reciproco è possibile senza limitazioni;

– se l’incrocio non intercorre tra una controllante ed una controllata, ma entrambe sono quotate, se

una detiene più del 2% dell’altra, quest’ultima non potrà detenere più del 2% della prima;

– se l’incrocio non intercorre tra una controllante ed una controllata, ma almeno una delle due è

quotata, quest’ultima non potrà superare il tetto del 10% dell’altra se questa arriva a possedere il

limite massimo del 2% della quotata;

– se l’incrocio è realizzato tra controllante e controllata si applicano gli artt. 2359bis e seguenti che,

ricalcando i limiti stabiliti per l’acquisto di azioni proprie, impongono che

 

–    le somme impiegate nell’acquisto non possano eccedere l’ammontare degli utili disponibili

e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato dalla controllata;

– possano essere acquistate solo azioni interamente liberate;

– l’acquisto sia autorizzato dall’assemblea ordinaria della controllata;

– le azioni acquistate non eccedano il 10% del capitale della controllante (tenuto conto anche

di azioni o quote già possedute dalla stessa controllante o da altre società da essa

controllate);

– nel caso di violazioni dei limiti previsti all’acquisto, vanno alienate entro un anno (oppure la

società controllante sarà tenuta ad annullare le azioni eccedenti i limiti, con conseguente

riduzione del capitale e rimborso alla controllata del valore delle azioni annullate)

– la società controllata non possa esercitare il diritto di voto nelle assemblee della

controllante.

Tali divieti sono validi anche contro tentativi di elusione (come ad esempio tramite incroci triangolari).

 

GRUPPI DI SOCIETA’

Il gruppo di società è un’aggregazione di imprese societarie formalmente autonome ed indipendenti l’una dall’altra ma assoggettate ad una direzione unitaria, in quanto soggette all’influenza dominante

di una capogruppo (la cosiddetta “società madre”), che dirige (direttamente od indirettamente) le controllate secondo un disegno unitario per il perseguimento di uno scopo comune.

 

Si dice controllata la società che si trova (direttamente od indirettamente) sotto l’influenza

dominante di un’altra società (la controllante) che è in grado di indirizzarne l’attività:

– vi è controllo azionario di diritto quando la controllante detiene la maggioranza dei voti

esercitabili nell’assemblea ordinaria;

– vi è controllo azionario di fatto quando la controllante (pur detenendo una partecipazione

minoritaria) dispone di sufficienti voti per esercitare un’influenza dominante nell’assemblea

ordinaria;

– vi è controllo contrattuale quando la società controllata è soggetta all’influenza della

controllante in virtù di particolari vincoli contrattuali.

 

E’ detta società collegata una società nella quale l’influenza di un’altra è notevole ma non dominante, che si presume pari al controllo (diretto od indiretto) sul almeno il quinto dei voti nell’assemblea ordinaria per le società non quotate, ed il decimo per le società quotate.

 

L’esistenza di un rapporto di controllo societario non è sufficiente per affermare l’esistenza di un gruppo che tuttavia, in base all’attuale disciplina, fa presume (salvo prova contraria) l’esercizio di

attività di direzione e coordinamento di società (che è presunta anche nel caso di contratti che istituiscano gruppi paritetici).

 

LA DISCIPLINA DEI GRUPPI DI SOCIETA’

La presenza di aggregazioni societarie sollecita una specifica disciplina diretta ad:

– assicurare adeguata informazione sui collegamenti di gruppo, sui rapporti finanziari e commerciali

fra società del gruppo nonché sulla situazione patrimoniale e sui risultati economici del gruppo

unitariamente considerato; per cui:

– è stata istituita un’apposita sezione del registro delle imprese nella quale sono iscritti (con

effetto di pubblicità notizia) i soggetti esercitanti attività di direzione e coordinamento e

quelle alla stessa attività sottoposte;

– le società controllate devono indicare negli atti e nella corrispondenza la loro soggezione

all’altrui attività di direzione e coordinamento;

– scattano specifici obblighi di informazione contabile, in sede di redazione del bilancio, sia

per la controllata che per la controllante, volti ad evidenziare i reciproci rapporti e gli effetti

dell’attività di direzione e coordinamento sulla gestione della singola società;

– le controllate devono depositare presso la controllante il loro bilanci approvati, e

quest’ultima deve redigere il bilancio consolidato di gruppo, che consente di conoscere la

 

situazione patrimoniale del gruppo considerato unitariamente;

–    inoltre, se una società del gruppo è quotata, le regole sulla revisione contabile per le

società quotate si estenderanno anche alle altre del gruppo.

–     evitare che eventuali intrecci di partecipazioni alterino l’integrità patrimoniale delle società

coinvolte, nonché il corretto funzionamento degli organi decisionali della capogruppo; per cui:

– è fatto divieto alle controllate di acquisire oltre il 10% della controllante;

– è vietato agli amministratori della controllata rappresentare i soci della controllante nelle

assemblee di quest’ultima;

– sono ineleggibili a sindaci della controllante soggetti legati da rapporti di natura

patrimoniale (tali da comprometterne l’indipendenza) con la controllata;

–     evitare che le scelte operative delle singole società del gruppo pregiudichino le aspettative di

quanti fanno affidamento esclusivamente sulla consistenza patrimoniale e sui risultati economici

di quella determinata società; per cui, fatto salvo il principio di distinta soggettività delle singole

società del gruppo e della loro formale indipendenza giuridica (non potendosi considerare il

gruppo come un nuovo distinto soggetto di diritto o centro di imputazione dei rapporti giuridici che

si sovrapponga alle singole società che lo compongono):

– nel caso di abusi dell’influenza dominante della capogruppo, restano azionabili i rimedi

previsti in via generale dalla disciplina societaria in tema di conflitto di interessi dei soci e

degli amministratori;

– le decisioni (dell’assemblea o degli amministratori) delle controllate, ispirate ad interessi di

gruppo, devono essere analiticamente motivate, onde poterle adeguatamente valutare;

– i finanziamenti concessi alle società controllate (per i quali si applica la disciplina per i

finanziamenti dei soci nella S.r.l.) – ma non quelli infra-gruppo a favore della controllante –

hanno rimborso postergato al soddisfacimento degli altri creditori sociali;

– inoltre, la capogruppo (in solido i soggetti che abbiano preso parte al fatto lesivo, e chi ne

abbia consapevolmente tratto beneficio) è tenuta ad indennizzare direttamente azionisti e creditori delle controllate, per i danni provocati dal fatto che queste si siano supinamente

attenute a direttive di gruppo lesive per il proprio patrimonio;

– ai soci di società non quotate che entrino a (o cessino di) far parte di un gruppo – se (ai

sensi dell’art. 2497) “ne deriva un’alterazione delle condizioni di rischio dell’investimento e

non venga promossa un’offerta pubblica d’acquisto” – è data facoltà di recedere; così come

nel caso di trasformazione della capogruppo che comporti cambiamenti tali da alterare in modo sensibile e diretto le condizioni economiche e patrimoniali della controllata.

 

Per quanto non esista una vera e propria disciplina del gruppo insolvente, salvo il principio di

autonomia patrimoniale delle varie società facenti parte del gruppo, è talvolta prevista l’applicazione

di un’uniformità di procedure – e dell’applicazione del principio generale valido in caso di direzione

unitaria del gruppo, per cui gli amministratori delle società che hanno abusato di tale direzione

rispondono in solido con gli amministratori della società dichiarata insolvente dei danni da questi cagionati alla società stessa.

 

LA LETTERA DI PATRONAGE

La lettera di patronage è una fonte di garanzia che la capogruppo fa a favore di una controllata: a

seconda che siano lettere forti (che possono valere come promesse del fatto del terzo) o deboli

(generiche dichiarazioni sulla consistenza del patrimonio di una controllata) generano una maggiore o minore conseguente responsabilità.