La genesi della legislazione bancaria

Evoluzione storica della legislazione bancaria

  1. Unità nazionale – 1926: Fino all’inizio del 1900 si era in un regime di quasi totale libertà d’esercizio dell’attività bancaria; per questo inizialmente, si tentò di arginare i dissesti bancari e di tutelare maggiormente il risparmio. Nel 1926 entra così in vigore il r.d.l. n. 1511 convertito nel ’27 nella legge 1107, il primo testo generale sull’attività bancaria.
  2. 1926 – 1936-38: la legge bancaria costituisce il più importante intervento legislativo: è la prima legge organica.
  3. Il terzo periodo si protrae per oltre 50 anni e si fonda sulla legge bancaria, le cui finalità sono:
    1. La tutela dei risparmiatori
    2. Il governo della funzione creditizia
  4. Anni ’70: inizia il cambiamento. Tre motivazioni principali:
    1. L’innovazione finanziaria: nascono nuove figure di intermediari finanziari; si affianca all’attività bancaria quella “parabancaria o atipica”
    2. L’integrazione europea e la necessità di armonia con gli altri Paesi della CEE, nonché la necessità di liberalizzare il mercato
  5. Anni ’80 ’90:
  1. individuazione nelle SPA della struttura tipica per l’organizzazione della banca.
  • Il processo di privatizzazione: la forma delle SPA è introdotta dalla L. Amato-Carli (l. 218 del ’90).

 

Intervento legislativo del 1926-27

L’assenza di disciplina speciale per la banca la assoggetta al Codice del Commercio del 1882. Con la nascita della banca di tipo misto (“housebank”) aumenta lo spirito imprenditoriale: le banche partecipano nei capitali delle imprese.

Questo però genera inaffidabilità e frequenti crack. Un esempio è quello della Banca Italiana di Sconto che si era legata al gruppo Ansaldo, il cui dissesto la condusse al fallimento.

Con l’intervento del 1927 (“norme regolamentari per la tutela del risparmio”) si tenta allora di ridurre questi rischi.

La disciplina è tuttavia molto settoriale: riguarda solo le aziende di credito a breve termine. Si stabiliscono:

  • L’obbligo di iscrizione all’albo per le aziende di credito
  • La necessità dell’autorizzazione del Ministro delle Finanze
  • Una riserva obbligatoria a difesa del capitale.

Questo, in una prospettiva privatistica, non bastò a fronteggiare la crisi del ’29 e le 3 grandi Banche (di Roma, Commerciale e il Credito Italiano), impegnate a sostenere il decollo industriale, furono indotte ad acquistare le proprie azioni fino al 90% per evitare scalate. Due sono gli interventi sostanziali: la creazione dell’

  • IMI: intervento statale nel credito mobiliare
  • IRI: partecipazioni dello Stato nelle banche private

 

La riforma bancaria del 1936-38

Essa mira ad attribuire allo Stato una posizione di Governo dell’attività bancaria.

Citiamo ancora l’art. 1 della L. bancaria: “La raccolta di risparmio fra il pubblico e l’esercizio del credito sono funzioni di interesse pubblico regolate dalle norme della presente legge”. Come già accennato, è la prima disciplina completa ed organica: riguarda sia il breve sia il m/l periodo.

Viene introdotto il principio dell’autorizzazione all’esercizio bancario e si vieta l’attività bancaria di fatto.

Con la caduta del regime fascista si ha una nuova spinta democratica: il d.l. n. 226 del 1944 ed il d.l. C.p.S. (Capo provvisorio dello stato) n. 691 del 1947 operarono profondi mutamenti negli Organi di Controllo e nelle competenze.

Le modifiche del dopoguerra superano “l’ordinamento sezionale chiuso”, ma non mutano lo statuto pubblicistico del sistema.

 

L’innovazione finanziaria degli anni ’70 e gli interventi legislativi dal 1985 al T.U. del 1993

Dal ’70 inizia il fenomeno denominato “innovazione finanziaria”.

Oltre ai motivi già citati (nascita dell’attività parabancaria ed integrazione europea), aggiungiamo la variabilità dei tassi di interesse e di cambio, i tentativi elusori dei controlli pubblici, la richiesta di servizi più sofisticati etc.

Al fenomeno contribuiscono le banche private offrendo, appunto, nuovi servizi atipici. Nel settore pubblico, invece, l’intervento comunitario riguarda la ristrutturazione e l’integrazione patrimoniale, viste le necessità di:

  • Ricapitalizzare la Banca Pubblica,
  • Adottare un modello universale per la gestione dell’impresa bancaria.

Il “Libro Bianco” (“Memoria”) della Banca d’Italia fa propria l’esigenza di accrescere la concorrenza: la riforma (definita “storica”) punta infatti alla costruzione di modelli sullo stile delle SPA (L. Amato-Carli: L. 218 del ’90).

Due tentativi che diedero pessimi risultati furono:

  1. l’emissione di titoli atipici
  2. i prestiti postergati (secondo alcuni persino contrari alla legge in quanto elusivi del principio di tipicità delle clausole di prelazione).

Fondamentali furono la L. n. 281 del 1985 sull’ordinamento della Consob e la L. n. 114 sul controllo delle partecipazioni bancarie (entrambe attuative di Direttive CEE).

Con l’introduzione della banca universale e del modello delle SPA si nota il mutamento radicale del sistema bancario.

Con il Testo Unico (D.Lgs. 1 Settembre ‘93 n. 385) in materia bancaria e creditizia si giunge ad una prospettiva europea.