Strategie di sviluppo quantitativo
SVILUPPO = crescita dimensionale, del fatturato, crescita accompagnata dall’aumento del rendimento del capitale investito.
Fenomeni di coordinamento e sovrapposizione tra strategie competitive e di sviluppo, esempio integrazione verticale, tipica strategia di sviluppo che è anche strategia competitiva perché consente di fronteggiare la minaccia di analoghe strategie di clienti e fornitori e di attuare meglio strategie di leadership di costo.
Il successo della strategia competitiva può portare alla crescita di dimensione ma agisce nella data area d’affari.
Le strategie di sviluppo comportano invece addizione di prodotti e/o mercati determinanti della crescita di dimensione: IL VANTAGGIO COMPETITIVO e IL VETTORE SVILUPPO. Tuttavia:
- Anche le strategie competitive agiscono su aspetti qualitativi
- Le addizioni possono non avere effetti sulla dimensione
Le strategie di espansione (corporate) (Brandt, 1981)
Anni 60-70 si verificò un’ondata di fusioni e acquisizioni fra imprese non correlate.
Anni 80: rallentò la diversificazione, si puntò sul CORE BUSINESS cercando nicchie di mercato.
1) integrazione orizzontale: azienda A espande l’attività a prodotti affini alla filiera tecnologico-produttiva esistente per aumentare le quote di mercato dell’impresa e il potere. VANTAGGI DI COSTO: economie di scala (costi medi unitari si riducono perché alcuni costi fissi sono ripartiti su volumi produttivi maggiori), economie di espansione (costi minori per aumentare capacità produttiva perché acquista in blocco un’altra azienda). Vantaggi in generale rispetto ad altre strategie:
- la conoscenza del mercato/settore riduce i tempi di attuazione dell’operazione ed i rischi di gestione
- le risorse disponibili sono tutte utilizzabili nell’integrazione (non serve altro)
Quando serve? Se l’impresa vuol difendere posizione competitiva acquisita, o per difendersi da andamenti sfavorevoli di mercato, x sfruttare potenziali di domanda non utilizzata (esempio azienda che vuol rilevare un ramo di un azienda Tedesca).
LIMITI: concentrandosi sullo stesso mercato l’azienda diventa più vulnerabile, in caso di crisi del settore; con integrazione aumenta dimensione aziendale = difficoltà di gestione, controllo, aumento burocrazia.
Esempio MAYTAG negli anni 74-83: nel settore elettrodomestici di alta qualità. I concorrenti con integrazione orizzontale acquisiscono imprese e offrono più prodotti con prezzi diversi, Maytag perde terreno perché si adagiata, convinta della propria forza.
2) Integrazione verticale: l’azienda assimila imprese che svolgono attività(1 o più fasi del ciclo produttivo) della stessa filiera, legate da rapporti di fornitura (integrazione verticale a monte) o di vendita (integrazione verticale a valle).
Nasce in epoca fordista (con aumento dimensionale). Anni 80: prevale il decentramento delle attività ai fornitori per via dell’aumento della concorrenza e per necessità di concentrarsi su innovazione di prodotto più che su produzione standardizzata. Anni 90: si diffonde la deverticalizzazione (sistematica ricerca di affidare a terzi fasi della produzione). Le aziende si focalizzano su quel che san fare meglio esternalizzando il resto delle attività.
OBIETTIVI: accrescere valore aggiunto generato dalle attività della filiera che è più alto del valore aggiunto di una o poche attività, più potere di mercato verso aziende concorrenti, più controllo su filiera produttiva, creare barriere all’ingresso nel mercato di imprese concorrenti.
VANTAGGI: conviene quando:
- i costi di coordinamento (a livello gestionale/organizzativo per internalizzare l’attività) sono inferiori a costi di transazione (acquisto semilavorati o quel che serve da beni materiali a info a servizi) ;
- pochi fornitori dell’impresa (che potrebbero alzare i prezzi) o quando ci sono pochi clienti (che potrebbero imporre prezzi più bassi);
- la domanda ha tassi certi costruiti nel tempo, così l’azienda aumenta gli investimenti fissi, anche se si irrigidisce poco importa, se l’ambiente è stabile; in tal modo l’integrazione verticale è una scelta efficace.
LIMITI: aumento costi fissi, blocco apprendimento, irrigidimento struttura e procedure.
Esempio PROFILGLASS nel 1982 profili distanziatori per vetrocamera, lavorava l’alluminio, anni 90 con integrazione verticale è cresciuta: ha 1 fonderia, 2 impianti di colata continua, 2 laminatoi per il nastro. Con tecnologie avanzate stocca grandi quantità e organizza produzione e consegna. Controlla anche la distribuzione.
Le strategie di diversificazione produttiva
L’azienda amplia l’offerta producendo nuovi tipi di prodotti non presenti nella filiera in cui opera, ma affini.
Diversificazione orizzontale: nuove produzioni per i clienti già serviti con tecnologie note o diverse ed utilizzando gli stessi canali distributivi. (Esempio azienda che fa lavatrici diversifica producendo anche lavastoviglie per i suoi clienti)
Diversificazione laterale/correlata: amplia la produzione con attività affini, può essere:
- Tecnologica (più prodotti con la stessa tecnologia) esempio carta da parati e carta da imballi
- Per marketing (più prodotti da distribuire con gli stessi canali distributivi) esempio detersivi e alimentari. (E’ più rischiosa perché sebbene il canale distributivo sia lo stesso i processi produttivi sono diversi e spesso non ho le conoscenze per affrontare problematiche così diverse)
Diversificazione conglomerale: amplia l’attività verso nuove produzioni e clienti diversi, senza legami con le preesistenti attività (esempio PC e dolci) E’ un salto nel buio.
Perché diversificare? Per crescere, per aumentare la redditività, per ridurre i rischi di mercato, per sfruttare incentivi esterni (offensivi: esempio per sfruttare un canale distributivo esistente; difensivi: esempio diversifico produzione perché c’è un calo domanda dei prodotti storici) e interni (offensivi: frutto di potenzialità impianti per produrre altri prodotti; difensivi: le risorse non sono più adatte al mercato di riferimento, quindi ci si rivolge in un altro settore).
Vantaggiosa quando:
- L’impresa non può più espandersi nel suo settore perché obsoleto in crisi. Esempio: la Motorola produceva apparecchi radio a fine 2° guerra mondiale il mercato era in calo si indirizzò quindi verso telefonini.
- Ha risorse in eccesso e vede opportunità in altre attività in sviluppo Esempio: Google che fa smartphone e che ha sviluppato Android una piattaforma informatica per smartphone.
- Vuole aumentare i volumi di affari, i margini, la reputazione (esempio Fiat per la linea di abbigliamento)
LIMITI:
- Richiede tempi lunghi perché non si conosce bene il settore in cui si vuole operare;
- La scarsa conoscenza porta un aumento di rischio gestionali. (esempio BIC da penne a sfera ai rasoi e accendini, quando ha voluto fare anche i collant un disastro (canali distributivi diversi, concorrenti forti, tecnologie diverse, marchio BIC non adatto). Risultato: costi eccessivi, clienti insoddisfatti, merci ritirate dal mercato.
Le strategie di sviluppo e la piccola impresa – I piccoli imprenditori di piccole imprese stabili hanno come priorità non lo sviluppo quantitativo, ma la qualità del prodotto per la sopravvivenza. Le Piccole Imprese emergenti sono più propense a sviluppo sfruttando l’aumento della domanda. La Piccola Impresa non privilegia l’obiettivo dello sviluppo quantitativo per vari motivi, fra cui quelli psicologici. Le strategie di sviluppo sono circoscritte ad operare sull’esistente e consentono l’impiego delle competenze distintive = esercitano soprattutto strategie competitive.
Nella strategia di nicchia sono privilegiate le strategie di: Sviluppo del mercato e di sviluppo del prodotto.
NO integrazione verticale, diversificazione conglomerale.
SI SPECIALIZZAZIONE: (Focalizzazione su gruppo di prodotti correlati o su una/poche fasi di un processo produttivo).
Dalla specializzazione alla diversificazione
Due poli di un continuum in cui i comportamenti si distinguono per gradi di diversità delle attività prodotto/mercato. Le Piccole Imprese possono dover modificare la base competitiva, dotarsi di nuove capacità di marketing per sfruttare tecnologie/prodotti esistenti in nuovi mercati o investire in tecnologia ma più per “ringiovanire” la preesistente base competitiva, che per crearne una nuova
Cosa intendono per diversificazione? Il concetto di diversità è misurato in base al numero dei gruppi di clienti e al numero dei gruppi di prodotti; cambiamenti alla politica del prodotto: SI, attuando nuovi prodotti nella stessa industria: NO (poco attuato). Nuovi prodotti di altri tipi di industria NO (poco)
Si privilegiano strategie che fanno leva sulle esistenti competenze distintive.
I piccoli imprenditori sono poco propensi a strategie di diversificazione.