La ricostruzione postbellica

Gli Stati Uniti uscirono vincitori politicamente ed economicamente dalla seconda guerra mondiale. Le commesse militari avevano eliminato la disoccupazione e le strutture e materiali dell’economia non avevano subito danni il che permise agli usa di diventare la prima potenza economica del mondo. La maggior parte della capacità manifatturiera si concentrava negli Stati Uniti e così anche il grosso delle attività di ricerca e sviluppo incoraggiate dalle commesse militari indotte dalla guerra fredda ma spesso anche da una ricerca disinteressata della conoscenza. Stati Uniti e Regno Unito avevano il primato tecnologico ma il loro tasso di crescita era inferiore in quanto non potevano avanzare copiando. L

‘affermazione che le bombe sono la forma migliore di aiuto straniero è un’assurdità che tuttavia contiene un briciolo di verità se la si interpreta nel senso che la guerra distrusse anche atteggiamenti e istituzioni che frenavano il progresso. Una seconda possibile ragione del dinamismo della crescita in questo periodo può essere la pressione della domanda. I governi erano interessati a difendere la piena occupazione e la teoria keynesiana forniva le basi per raggiungerla. Fintanto che l’economia disponeva di risorse non utilizzate si riteneva che una spesa statale superiore alle entrate fiscali non avrebbe portato ad una crescita dei prezzi bensì avrebbe spinto ad accrescere il prodotto. Per certi versi tali previsioni finivano per auto realizzarsi dato che in quegli anni i salariati non prevedevano aumenti quindi nelle loro rivendicazioni sindacali non alimentavano l’inflazione perché non chiedevano aumenti di stipendio. Quanto a lungo si potesse ignorare l’esistenza dell’inflazione dipendeva dalla situazione della bilancia dei pagamenti.

Rispetto agli anni tra le due guerre i sindacati esercitavano un potere notevole nel mondo. Le principali determinanti della crescita furono il ritardo tecnologico e il rapporto tra investimento e prodotto nazionale lordo. Il ritorno alla piena occupazione reincanalò l’emigrazione nei solchi già tracciati nell’ottocento cioè dalle aree agricole alle regioni industriali. Gli emigranti asiatici e africani scelsero come meta l’Europa. Controllare l’immigrazione messicana era più difficile a causa dell’estensione del confine da pattugliare. In Australia Canada e Nuova Zelanda immigrazione continuò a influenzare la crescita demografica. Negli anni 50 in Europa l’emigrazione continuò a prevalere sull’immigrazione.

Tra il 50 e il 73 la crescita del prodotto dei paesi OCSE fu molto più alta di quella tra il 1870 e il 1913. La ragione può essere vista nelle politiche espansionistiche. Anche là dove ciò non era vero le strette interconnessioni del commercio mondiale facevano sì che i benefici si fondessero verso altri paesi. Gli Stati Uniti si prefissero un obiettivo keynesiano con la legge sulla piena occupazione del 46. Anche la Scandinavia ebbe risultati analoghi così come successe grazie alle politiche corporativistiche di Francia Italia e Giappone. Da ciò sarebbe nato il boom prolungato degli anni 60.

I servizi sociali divennero più abbondanti tuttavia permasero forti differenze tra i paesi, la cui migliore espressione è nel contrasto tra le idee del britannico Beveridge e del tedesco Erhard. William Henry, primo barone Beveridge, fu una delle figure più importanti nell’affermazione della politica di sostegno all’occupazione e di welfare in Gran Bretagna dopo il 45. Beveridge sosteneva che un sistema sociale avrebbe rimosso i 5 mali della povertà: bisogno malattia sporcizia ignoranza indolenza. La Svezia era il paese dove le idee del britannico trovavano più realizzazione: l’alta pressione fiscale finanziava i gruppi a basso reddito. Dietro queste filosofie si nascondeva la preoccupazione per le differenze di ricchezza tra gli individui. Tale politica si reggeva su due pilastri: una tassazione progressiva e il versamento di sussidi per categorie di spese a favore delle famiglie più povere cioè per finanziare case cure mediche alimentazione e infanzia. Il reddito poteva essere ridistribuito anche imponendo alle industrie prezzi legati a obiettivi sociali. In cambio le industrie ricevevano solitamente privilegi monopolistici. Uno dei primi esempi furono le telecomunicazioni.

L’obbligo universale di servizio comportava l’offerta dell’identico servizio a tutti i clienti allo stesso prezzo a prescindere dal luogo in cui il cliente viveva e dal costo della fornitura del servizio stesso. La maggiore ondata di nazionalizzazioni del secondo dopoguerra si verificò in Gran Bretagna dove tra il 45 e il 51 2 milioni di lavoratori passarono alle dipendenze di grandi industrie nazionalizzate nei settori dell’elettricità gas ferrovie trasporto su gomma acciaio carbone e aerei. In altri paesi le nazionalizzazioni ebbero motivazioni meno ideologiche. La Renault fu nazionalizzata perché durante la guerra aveva collaborato con i tedeschi.

In Germania le industrie spesso finivano sotto il controllo dello stato per obiettivi legati alla difesa dell’occupazione. Gran parte dell’Europa orientale era uscita devastata dalla guerra e si era orientata verso relazioni economiche con l’unione sovietica. Morti più emigrati colpirono duramente la produzione e l’industria fu svantaggiata dall’asportazione degli impianti perpetrata dai russi vittoriosi. La Romania e l’Ungheria dovettero far fronte anche alle richieste di riparazioni. In questi paesi quindi era la prostrazione ad incoraggiare la centralizzazione: la carenza di cibo imponeva il razionamento l’inflazione postbellica incoraggiò lo stato ad acquisire le banche e la mancanza di capitale privato fu colmato dallo stato. Un fattore di centralizzazione più importante fu il prestigio del partito comunista. Nel 48 a febbraio ci fu un colpo di stato comunista a Praga e qualche mese dopo i russi posero il blocco a Berlino: era l’inizio della guerra fredda.

Nel 49 fu istituita la nato e nel 50 il COMECON. L’industrializzazione sovietica aveva concentrato le risorse e i risultati spettacolari di questa politica divennero evidenti nel 57 allorché venne lanciato in orbita il primo satellite lo sputnik. La crescita industriale fu estremamente rapida. Il costo della pianificazione sarebbe divenuto chiaro nel 64 e nel 72 quando la Russia fu costretta a ingenti acquisti alimentari sul mercato mondiale nonostante una politica dichiaratamente mirante all’autosufficienza. Nel 50 in America 5 milioni e mezzo di aziende agricole davano lavoro a 10 milioni di persone mentre in unione sovietica solo 110.000 fattorie collettive davano lavoro a 31 milioni di addetti.