La fine dell’età dell’oro

In quel momento l’economia italiana era ancora in positivo, il cui equilibrio era però compromesso da due problemi:

  • progressivo peggioramento delle condizioni dei lavoratori
  • le tensioni valutarie
  • crescita prezzi delle materie prime e combustibili.

Con il settembre del 69 comincia “l’autunno caldo” (intensi scontri sociali).

Conquiste di tipo:

  • economico
  • normativo

Tali istante vennero formalmente recepite nello Statuto dei Lavoratori (1970)

  • diritti fondamentali
  • libertà di organizzazione della rappresentanza sindacale

Contemporaneamente allo shock salariale vi fu il crollo di BW e la fine del basso costo delle MP: nei primi anni 60 il dollaro perse valore storico di moneta di riferimento, dopo l’abbandono del G dollar S, inoltre gli Usa non possono più garantire la sua convertibilità in oro.

Gli Usa dovettero fronteggiare

  • vistosa crescita dei prezzi
  • minore competitività industriale

entrambi i fattori determinarono un profondo deficit nella bilancia commerciale (con conseguente ondata speculativa nei confronti del dollaro).

  • dilagare dell’inflazione
  • presenza di una sensibile domanda di liquidità a livello internazionale.

Indussero Nixon a violare gli accordi di BW del 1944: abbandonando unilateralmente la parità aurea e svalutando il dollaro rispetto al metallo giallo.

Il che determinò la fine del sistema di cambi fissi.

Nel 1973 il petrolio aveva ruolo fondamentale nelle economie dei Paesi industrializzati, evidenziando la vulnerabilità di chi non lo possedesse: in seguito alla Guerra dello Yom Kippur i produttori di greggio aderenti all’Opec decisero per la sua graduale riduzione.

Questo avvenimento insieme alla caduta di BW determinarono la formazione di tre grandi macro aree economiche e valutarie:

  • Stati Uniti
  • Germania Occidentale
  • Giappone

Insieme a queste vi fu l’avvento dei cosiddetti Nic (New Industrializing countries) che misero a dura prova l’economica italiana (soprattutto l’industria leggera).

Di fronte ad un sempre maggiore crisi industriale, venne a formarsi una nuova impostazione volta a :

  • ridurre le rigidità create dalla forza contrattuale dei lavoratori
  • rispondere adeguatamente alla concorrenza basata soprattutto su elementi di innovazione e variazione del prodotto (abbandono del modello fordista basata sui vantaggi dell’impiego di grandi misure di operai)

La nuova parola d’ordine diventa la flessibilità da attuarsi attraverso una destrutturazione.

Nel caso dell’Italia si andò anche verso una deflagrazione delle attività produttive in imprese di piccole dimensioni (iniziano quindi a proliferare in diverse regioni numerose imprese nate come iniziative autonome).

Problema dell’industria pesante era invece l’acquisto di mezzi finanziari a basso costo dal momento che aumenti di produzione venivano registrati con investimenti poderosi (qui l’occupazione cresceva lentamente).

Tra Espansione e Recessione

Imprese avviano processi di ristrutturazione produttiva a seguito di:

  • crisi monetaria internazionale
  • concorrenza dei Paesi emergenti
  • Primo shock petrolifero
  • Nuovo incremento del costo del lavoro

Fase espansiva si era esaurita nel 71, quando venne raggiunto il più basso tasso di crescita reale del PIL dagli anni 50 (1,6%).

Problemi anche riguardanti la disoccupazione per via della crisi del settore edilizio.

Si ebbe una crescita della spesa pubblica che tuttavia non fu sufficiente a stimolare la ripresa economicamente. Tuttavia ciò non impedì la crisi fiscale dal momento che il gettito non riusciva a coprire l’incremento della spesa pubblica.

Nel febbraio 1973: autorità monetarie furono costrette ad abbandonare la difesa della parità ufficiale e dopo un piccolo periodo in cui provarono a praticare una politica di cambi multipli, dichiararono la lira “valuta fluttuante”, tale fluttuazione venne accompagna da una disastrosa inflazione.

Il secondo governo Andreotti per farvi fronte tenne sotto controllo i conti dello Stato e bloccò i prezzi dei beni a largo consumo.

A questo punto la Banca d’Italia varò una politica moderatamente restrittiva che prevedeva:

  • innalzamento del tasso di sconto
  • introduzione del “vincolo di portafoglio”: imposizione alle banche di destinare parte degli impieghi in titoli di Stato o garantiti dallo Stato

Il che si tradusse in :

  • crescita dei titoli del tesoro
  • diminuzione degli impieghi a favore delle imprese

La crisi petrolifera si fece sentire parecchio in Italia dal momento che:

  • altissima concentrazione degli impieghi industriali de greggio
  • la produzione energetica poggiava prevalentemente sul petrolio

Il Governo comprese l’urgenza a ridurne gli approvvigionamenti esteri, così fu fatto, accettando le ricadute sul piano della produzione e dell’occupazione.

Nel 1973 una politica di aggiustamento proposta dal governo Rumor “piano di austerity” prevedeva misure destinate a fronteggiare l’emergenza petrolifera, ad esempio:

  • chiusura anticipata di negozi e uffici pubblici
  • meno illuminazione pubblica
  • blocco della circolazione automobilistica nei giorni festivi

La crisi determinò problemi:

  • sul versante economico
  • nell’immaginario collettivo

Portarono al manifestarsi dei primi segnali di crisi politica

Bisognava far fronte a crisi e contestazione operaia (oltre che alle varie manifestazioni). Era in gioco anche la sopravvivenza delle istituzioni democratiche dato che si verificò una frequenza impressionante di atti terroristici (piazza Fontana,Milano 1969).

Psi e Dc si dimostrarono favorevoli a un nuovo centro-sinistra organico guidato dal democristiano Mariano Rumor (godeva dell’appoggio di socialisti, socialdemocratici e repubblicani).

Nel 74 ebbe inizio una delle più gravi recessioni del dopoguerra: caratterizzata dalla stagflazione (un mix di inflazione e stagnazione). Era una cosa precedentemente ritenuta impossibile dato che la stagnazione era dovuta all’eccessiva produttività accompagnata dalla caduta dei prezzi.

Si verificarono quindi:

  • aggravamento della crisi occupazionale
  • impennata dei prezzi delle materie prime.

Il tutto accompagnato da una svalutazione della lira (si creò un forte differenziale rispetto agli altri Paesi industrializzati) e da un aumento delle esportazioni (dovuta ad un’eccesiva concentrazione sulla domanda interna).

Per evitare la bancarotta la Banca d’Italia attuò una stretta creditizia (protratta fino al 75) quando venne iniettata nuova liquidità nel sistema.

Nel 1974 fu istituita la Consob (commissione nazionale per le società e la borsa) con lo scopo di:

  • fornire ossigeno alle imprese (nella raccolta di capitale di rischio)
  • regolamentare il mercato borsistico

Si manifestò la crisi in tutta la sua gravità nel 1975 quando il Pil evidenzio una crescita reale negativa per la prima volta dopo il dopoguerra.

  • Debito estero pesante
  • Debito interno crescente (alimentato da una spesa pubblica in continua espansione e da un rallentamento nella progressione delle entrate)

I sindacati impedirono però che il peso si scaricasse sui salari.

Un accordo (guidato da Agnelli) tra Confindustria e le organizzazioni sindacali determinò una rivalutazione del meccanismo di indicizzazione, ciò determinò però una spropositata crescita dei salari nominali che portò necessariamente all’inflazione penalizzando le imprese. E ciò avveniva nel momento in cui bisognava :

  • risanare molte imprese (crisi della siderurgica e chimica)
  • liberare le banche dall’obbligo di emissione di crediti di dubbia esigibilità
  • sviluppare un mercato dei capitali e un circuito finanziario adeguati alla dimensione industriale del Paese

In questo momento il sistema delle partecipazioni statali raggiunse il suo punto di massima espansione nel momento in cui la formula di Stato imprenditore venne messa in discussione.