Il terzo mondo

Il termine terzo mondo divenne di uso comune tra gli anni 60 e 70 per indicare i paesi che non appartenevano alle economie industriali avanzate e nemmeno al blocco sovietico. Le statistiche relative al prodotto nazionale lordo dei paesi poveri costruite sui modelli occidentali hanno scarso significato. I paesi latinoamericani e i caraibi erano nelle condizioni migliori tuttavia mancavano di una base solida. Una delle cause fu un tasso elevato di crescita demografica.

L’emigrazione dalle regioni agricole non fu a vantaggio dell’occupazione industriale perché gli emigranti cercavano di guadagnarsi da vivere con servizi non qualificati inoltre era diffusa la sotto occupazione che raggiungeva il 23 per cento. Il livello dei risparmi era basso. Nei primi anni 60 subentrarono investitori privati e consorzi internazionali di banche. In tal modo i paesi erano condannati a una crisi debitoria. Un’altra difficoltà derivava dal fatto che le esportazioni dipendevano da uno o al massimo due prodotti per esempio lo zucchero nei caraibi e il caffè in brasile.

Tra i paesi del terzo mondo un gruppo a sé era quello dei produttori di petrolio il cui PIL stava raggiungendo quello dei paesi più avanzati. L’india cominciò la sua esistenza indipendente nel 47 con i vantaggi di un’elite coltissima. Lo sviluppo del paese fu programmato attraverso tre piani quinquennali a partire dal 51 fino al 66. L’industria cresceva ma l’economia era decisa dal settore agricolo perché ben oltre il 70 per cento della popolazione lavorava nei campi. Le fluttuazioni del primario erano responsabili dell’intera economia. Il fertilizzante e l’acqua non sempre erano a disposizione e finirono per trarne vantaggio i coltivatori più grandi.

Per quanto riguarda le attività industriali il piano dava maggiore spazio all’industria gandhiana ad alta intensità di lavoro. Gran parte dell’industria pesante produceva a costi elevati e le imprese industriali erano amministrate da proprietari stranieri che venivano accusati di sottrarre ricchezza al paese. Considerando le estrema povertà e l’alto tasso di crescita demografica, è difficile dire fino a che punto si sarebbe potuto fare meglio. Il Ghana fu la prima colonia africana a conquistare l’indipendenza nel 57. Era il territorio dell’Africa nera più ricco e la sua industrializzazione fu avviata con la consulenza di alcuni eminenti economisti. Il Ghana aveva il pregio di disporre di una forte riserva di valuta estera. Nonostante i forti investimenti industriali sul modello socialista i progetti furono un fallimento e il paese fortemente esposto con l’estero dichiarò bancarotta nel 66 quando Nkrumah fu cacciato. Al fallimento contribuì il crollo del prezzo del cacao il principale prodotto di esportazione del paese.

Quello del Ghana non fu l’unico caso di riduzione del reddito tra i paesi africani. Problemi del genere afflissero tutta l’africa nera. A mano a mano che gli stati acquisivano l’indipendenza si trovavano alle prese col problema di rimediare alla loro debolezza economica. Gli aiuti sotto forma di prestiti rappresentavano per le economie più povere dei pesi che si sarebbero rivelate incapaci di sostenere. In quegli anni trovarono ampio consenso soprattutto tra i critici del capitalismo tesi che sostenevano la responsabilità dello sfruttamento. L’accusa tuttavia cade se si pensa che i loro rapporti commerciali con il terzo mondo erano insufficienti a produrre tali effetti. Questa interpretazione ignora inoltre gli aumenti dei prezzi delle merci prodotte nel terzo mondo.