Il mercantilismo

L’affermazione dello Stato moderno

Nel corso del XVII secolo cominciarono faticosamente a formarsi gli Stati nazionali. Solo paesi con dimensioni territoriali adeguate potevano permettersi il lusso di mantenere una burocrazia stabile con lo scopo di amministrare lo Stato, ma soprattutto di esigere le tasse, e solo con entrate adeguate gli Stati potevano mantenere eserciti e flotte sempre più grandi e sempre più costosi. Il 1600 segnò la definitiva affermazione del mercantilismo.

Olanda, Inghilterra e Francia furono i primi paesi a sperimentare nuove forme di amministrazione pubblica, di rappresentanza degli interessi e di intervento statale nell’economia. Le 3 diverse esperienze identificano 3 diversi modelli di Stato e 3 livelli diversi di performance economica.

L’Olanda

Dall’indipendenza al primato nel commercio internazionale

Il centro finanziario e manifatturiero di maggiore importanza fu Bruges, fino al XV secolo e quello successivo la leadership passò ad Anversa.

Le principali città delle province del nord aderivano alla lega Anseatica, dalla quale furono escluse nel corso del XV secolo. Nonostante l’esclusione dalla Lega, nel 1471 venne sancita la libertà di commercio nel Mar Baltico anche per le navi olandesi.

Nel ‘600 si concretizzò un sistema dualistico dove Anversa era la capitale finanziaria ed il principale centro commerciale ed Amsterdam assumeva l’assoluto predominio nel Baltico. A ciò si aggiunge un’affermata agricoltura molto evoluta.

Nella seconda metà del ‘500 i Paesi Bassi iniziarono una lunga lotta per l’indipendenza dall’impero spagnolo; le cause furono i motivi religiosi e la difesa di antiche autonomie municipali.

L’azione repressiva inasprì la lotta e portò, nel 1581, alla divisione dei Paesi Bassi. La regione meridionale rimase sotto il controllo spagnolo mentre la settentrionale dichiarò l’indipendenza nel luglio di quell’anno.

Fu decisivo l’appoggio dell’Inghilterra e la superiorità in mare che segnò l’inizio del declino spagnolo.

Dopo 40 anni di guerra, questa giovane nazione era la più sviluppata d’Europa; uno dei fattori che ne favorì il successo fu il grande esodo di protestanti dalle province meridionali. Amsterdam e l’intera Olanda divenne il centro propulsivo dello sviluppo, mentre ci fu la decadenza di Anversa determinata dal blocco del porto, imposto dagli olandesi.

La flotta olandese era superiore a quella spagnola e francese e rivaleggiava alla pari con quella inglese.

La cantieristica olandese era all’avanguardia e costruiva navi migliori a minor costo. Con questo vantaggio tecnologico e con avanzate conoscenze in campo finanziario e commerciale gli olandesi assunsero il controllo del commercio internazionale e Amsterdam divenne il centro della più ampia rete di commerci esistente.

Il vero salto di qualità avvenne quando gli Olandesi si inserirono nei commerci con l’Oriente (compagnia olandese delle Indie orientali: VOC, fondata nel 1602), superando il predominio portoghese.

Il successo olandese fu legato, oltre al commercio, anche al grande sviluppo manifatturiero e delle aree agricole.

Oltre all’importante industria tessile, anche altre attività di trasformazione conobbero grande sviluppo, come lo zuccherificio e la cantieristica. Un grandioso sistema di dighe e idrovore allargò di parecchio la superficie coltivabile ed il risultato fu una produttività superiore alla media europea e la possibilità di utilizzare manodopera contadina anche in attività manifatturiere.

La supremazia sui mari e un colonialismo nuovo

Un ruolo determinante fu svolto dalle risorse naturali e dai fattori tecnologici (torba, energia eolica). La mancanza di un potere centrale e la scarsa importanza delle corporazioni permisero il libero sviluppo di nuove attività.

Il ruolo olandese sarebbe stato ridimensionato solo dall’inizio della rivoluzione industriale.

A causa della guerra con la Spagna, gli olandesi non poterono più contare sul sale portoghese per conservare il pesce del nord che trasportavano in tutta Europa, così non esitarono a gettarsi nelle avventure coloniali, soprattutto in Asia.

Nel 1600, il numero di navi era già pari a quello portoghese, dieci anni dopo il rapporto era di 4 a 1.

Le navi portoghesi partivano da Lisbona praticamente vuote, con a bordo solo l’argento necessario per acquistare i prodotti, mentre le olandesi erano sempre cariche perché usavano come merce di scambi i manufatti e non solo i metalli preziosi. La VOC derivava dalla fusione di preesistenti compagnie che si erano impegnate nel commercio con l’Asia. La sottoscrizione di azioni era limitata a ciascun viaggio. Per la prima volta le azioni della VOC impegnavano invece gli investitori sul complesso delle attività della compagnia per un periodo di dieci anni.

Poiché le azioni della VOC erano al portatore, si creò immediatamente un mercato dei titoli; quando, poi, alla scadenza di dieci anni la compagnia si rifiutò di liquidare le azioni la VOC divenne a tutti gli effetti una SPA in senso moderno.

La società era responsabile solo di fronte ai propri azionisti.

Il suo capitale non aveva più una scadenza e divenne oggetto di stabili contrattazioni alla borsa di Amsterdam.

Il colonialismo olandese esigeva prestazioni lavorative da parte degli indigeni e per fare questo si assicurava l’appoggio militare ai principi locali, ma non si impegnavano mai in campagne militari. La compagnia imponeva alle autorità locali le proprie ragioni di scambio ed il prezzo dei prodotti coloniali era estremamente favorevole per gli olandesi. Questo colonialismo riusciva a conciliare la massimizzazione dei profitti con un contenimento estremo dei costi di gestione.

La VOC lasciava molta libertà d’azione ai suoi rappresentanti nelle colonie, il che diede largo spazio agli arbitrii e agli arricchimenti personali a scapito del bilancio della compagnia.

La compagnia olandese delle Indie occidentale nacque, invece, nel 1621 e si differenziò da quella orientale perché cercò di costruire colonie più radicate (Antille, foce dell’Hudson). La colonia alla foce dell’Hudson raggiunse i 10.000 abitanti e 4 anni dopo la sua capitale, Nuova Amsterdam, dovette essere ceduta agli inglesi che la ribattezzarono New York.

Proprio a seguito di questa sconfitta l’Olanda ripristinò la sua vecchia strategia coloniale.

Le attività tessili vennero massicciamente dislocate nelle campagne con l’avvallo delle corporazioni stesse.

Le grandi innovazioni: la borsa e le compagnie

Poiché il commercio dava profitti molto alti e la borsa di Amsterdam attirava capitale da tutta Europa, la quantità di moneta circolante in Olanda era sempre abbondante, di conseguenza i tassi di interesse rimasero più bassi e convenienti che altrove.

L’acquisto delle azioni della VOC poteva avvenire anche attraverso l’adesione a fondi comuni di investimento, e fu così che nacquero i futures. Vi era anche un sistema di controlli e garanzie di competenza degli intermediari di borsa.

La crescita costante del mercato immobiliare metteva in circolazione un numero sempre crescente di titoli e di moneta non metallica in tutte le sue forme. Le autorità olandesi non ignoravano la potenziale instabilità di questa situazione.

Ancora una volta i grandi capitalisti, in accordo con il Governo nazionale, organizzarono un sistema istituzionale in grado di bilanciare e dare solidità all’intera economia, un sistema che aveva al suo centro la banca di Amsterdam; tale organizzazione aveva il compito di garantire ogni titolo di credito.

Il controllo della VOC era affidato a 60 direttori. L’assemblea generale dei direttori era formata da 17 membri delegati dai direttori e scelti per la competenza nel commercio (era un organo agile, in grado di prendere decisioni istantanee).

I dibattiti non si limitavano a questioni tecniche ma riguardavano anche la possibilità di influenzare la politica economica o estera: in pratica la VOC si comportava come una lobby (gruppo di potere).

Tutto ciò rendeva l’intera Olanda particolarmente sensibile alle vicende economiche e commerciali.