Opzione Donna 2026: verso il ritorno alla formula originale
L’obiettivo è ridare centralità a Opzione Donna e prevenire nuove penalizzazioni, con un modello pensionistico più flessibile e equo.

Nonostante la mancanza di una nuova riforma delle pensioni formale, il 2026 promette di essere l’anno delle trasformazioni significative nel campo della previdenza in Italia. Alcuni esponenti del governo hanno recentemente acceso il dibattito con dichiarazioni che anticipano potenziali modifiche nella legge di Bilancio 2026. Tra le misure principali in discussione, ci sono cambiamenti radicali per Opzione Donna, la proposta di pensionamento anticipato indirizzata alle lavoratrici.
Fare il punto su opzione donna: un nuovo slancio?
Attualmente, l’amministrazione è al lavoro su una revisione complessiva delle politiche previdenziali, considerando opzioni come Quota 41 per chi ha raggiunto i 62 anni e nuove penalizzazioni basate sull’ISEE. Tuttavia, è stato l’intervento del sottosegretario Claudio Durigon a suscitare un rinnovato interesse. Durante un’intervista rilasciata al Corriere della Sera, Durigon ha parlato dell’intenzione chiara del governo di “bloccare l’aumento di tre mesi dei requisiti per la pensione di vecchiaia, previsto dal 2027”, e ha espresso la volontà di “estendere l’uscita a 64 anni con 25 anni di contributi”. Convogliando il TFR verso una previdenza che integra diversamente le risorse, il governo sta valutando un approccio innovativo.
Fra le proposte, una delle più discusse è la revisione di Opzione Donna. In passato, questa misura ha generato un ampio dibattito. Se da un lato è stata lodata, dall’altro è stata anche criticata per la sua scarsa accessibilità. Sorprendentemente, invece di eliminarla entro il 2026, come molti prevedevano, sembra che il governo stia valutando di rafforzarla. Questo avverrebbe in un contesto in cui Quota 103 potrebbe essere eliminata, e in cui la chiusura al 31 dicembre 2025 dell’Opzione sembrava un destino inevitabile.
Un’analisi dei flop riscontrati
Negli ultimi tempi, Opzione Donna ha incontrato notevoli ostacoli, tanto da essere definita un flop in relazione al numero di donne che hanno davvero beneficiato di questo percorso di pensionamento anticipato. Le restrizioni imposte hanno portato a un calo delle richieste significative negli ultimi anni. Durigon evidenzia come questo possa essere attribuito all’esaurimento della “platea naturale delle beneficiarie”.
Ma in che modo il governo intende rivitalizzare questa misura? Le restrizioni attuali hanno ridotto la cerchia di lavoratrici eligibili: inizialmente, la misura era accessibile a tutte le donne con 35 anni di contributi e almeno 58 anni d’età per le lavoratrici dipendenti (59 per le autonome). Ora, invece, vi accedono categorie specifiche, come invalide, caregivers o licenziate, e l’età pensionabile è stata ritoccata aumentando la soglia d’uscita tra 59 e 61 anni in base a determinate condizioni.
Potenziare opzione donna: cosa aspettarsi?

Interpretare l’intento dietro le parole di Durigon può risultare complicato. Quando il governo parla di potenziamento, potrebbe significare un ritorno alla originaria inclusività della misura, eliminando i vincoli oggi in essere e ripristinando un’uscita dal lavoro a 58 anni per le dipendenti e 59 per le autonome. Questo approccio appare attraente, poiché la versione attuale non suscita più l’interesse come un tempo.
Un’alternativa più ambiziosa sarebbe smantellare il sistema interamente contributivo, introducendo un metodo misto di calcolo. Tuttavia, date le origini dell’Opzione, questa strada sembra poco percorribile. Più realisticamente, si potrebbe pensare ad un allargamento della platea a nuove categorie di lavoratrici: forse includendo chi svolge lavori estremamente impegnativi o usuranti.
In sintesi, il destino di Opzione Donna dipenderà dalle decisioni che verranno prese nella prossima legge di Bilancio. La curiosità è viva: ci si chiede se le annunciate novità riusciranno a trasformare davvero il volto della pensione anticipata per le donne in Italia, accogliendo una più ampia categoria di lavoratrici.