Nuove imposte su seconde case: cosa sapere dal 2025

Autore:
Davide Bernasconi
  • Giornalista

Nuove imposte su seconde case: cosa sapere dal 2025

Le normative fiscali stanno cambiando: dall’IMU alla TARI, l’impatto delle nuove tasse su chi possiede immobili secondari preoccupa molti italiani.

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L’impatto delle nuove tasse sugli immobili in Italia: una sfida per i proprietari

Nel panorama immobiliare italiano sta per giungere una trasformazione fiscale che interessa chi possiede una casa. Dal 2025, i proprietari di immobili secondari devono prepararsi per un aumento delle imposte. Questa prospettiva potrebbe sollevare preoccupazioni tra coloro che hanno investito nel mattone, spingendoli a chiedersi come affrontare al meglio questa situazione complessa e in continua evoluzione.

La complessità della fiscalità immobiliare

In Italia, la gestione delle tasse sugli immobili è un tema intricato, caratterizzato da normative in costante evoluzione. Le case principali, a meno che non siano di lusso, sono esenti dall’Imposta Municipale Propria (IMU) e richiedono solo il pagamento della tassa sui rifiuti (TARI). Tuttavia, la situazione cambia radicalmente per chi detiene una seconda proprietà. In questo caso, l’onere fiscale diventa evidente e ineludibile.

L’IMU, che varia tra i diversi comuni italiani, è un tributo fisso per le seconde case, con alcune eccezioni sotto forma di sconti o agevolazioni in circostanze specifiche. Al contrario, la TARI grava sul proprietario a meno che l’immobile sia affittato, trasferendo così il costo all’inquilino. Se la casa rimane non occupata o viene utilizzata per le vacanze, il proprietario è comunque responsabile di questa tassa, seppur con la possibilità di ottenere riduzioni. Inoltre, i redditi da locazione sono tassati secondo due regimi: quello ordinario (IRPEF) e il regime della cedolare secca. Quest’ultimo ha recentemente subito un rialzo delle aliquote, toccando il 26% per gli affitti brevi, un valore che potrebbe sembrare eccessivo per molti proprietari.

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Vendere un immobile in Italia porta con sé considerazioni fiscali da non sottovalutare. Se la vendita avviene entro cinque anni dall’acquisto, si applica la tassa sulla plusvalenza, calcolata sulla differenza tra prezzo di vendita e d’acquisto, rientrando nell’ambito dell’IRPEF ordinario. Dopo cinque anni, questa tassazione non si applica, a meno che non si tratti di un immobile ricevuto in eredità, in cui l’imposizione dipende dal tempo trascorso dall’accettazione dell’eredità.

In caso di ristrutturazioni che beneficiano del superbonus, la cessione della proprietà entro dieci anni dall’intervento comporta un’imposta sul guadagno del 26%. La posizione geografica di una seconda casa influisce significativamente sugli obblighi IRPEF: immobili nello stesso comune della prima abitazione sono tassati diversamente rispetto a quelli situati altrove. Il governo italiano, nel frattempo, sembra determinato a incentivare l’utilizzo degli immobili sfitti, una componente cruciale nei piani abitativi nazionali.

Il ruolo cruciale delle rendite catastali

Le grandi ristrutturazioni richiedono inevitabilmente l’aggiornamento delle rendite catastali degli immobili italiani. Questo obbligo può incidere notevolmente sugli aspetti fiscali, poiché un incremento delle rendite porta a un aumento dell’IMU e a un cambiamento nella Dichiarazione Sostitutiva Unica (ISEE). Inoltre, modifica la base imponibile IRPEF per le case sfittate situate nello stesso comune della prima proprietà.

Per chi desidera entrare nell’universo degli investimenti nel settore immobiliare, è essenziale considerare attentamente questi fattori fiscali. Tra cambiamenti normativi continui e obblighi fiscali complessi, la gestione degli immobili richiede un’attenta pianificazione strategica e una profonda comprensione delle normative vigenti. Solo così sarà possibile evitare che i nuovi oneri erodano una porzione significativa dei rendimenti attesi.