Capitolo 15 – Le politiche distributive

La distribuzione commerciale dei beni di consumo

È sia una componente del marketing-mix dell’impresa produttrice sia un’attività svolta da altre imprese commerciali. Porter colloca la distribuzione commerciale tra le componenti dell’ambiente mercato e la considera una delle forze che compongono la “concorrenza allargata”. Ha 3 funzioni fondamentali:

1) assortimento di prodotti sostitutivi e complementari; frazionamento in lotti, magazzinaggio, trasporto, servizio, informazioni

2) funzioni svolgibili sia dalle imprese produttrici che da quelle distributrici: ingrosso

3) canali di distribuzione: copertura distributiva, sistemi logistici in uscita e comunicazione con i distributori.

N.B.: I canali di distribuzione

1) canale indiretto lungo: produttore – ingrosso – dettaglio – consumatore

2) canale indiretto breve: produttore – dettagliante – consumatore. In questo ambito si è andato diffondendo il meccanismo del franchising, nel quale il produttore (franchisor) cede l’uso del proprio marchio al dettagliante (franchesees). Il consumatore lo percepisce in termini di presenza diretta del produttore sul mercato. Il produttore può così disporre di punti di vendita senza sostenere gli investimenti necessari. Il costo medio unitario è decrescente all’interno di ciascun intervallo e, se il suo livello, aggiungendovi il margine del dettagliante, è inferiore a quello del costo medio unitario relativo al circuito lungo, al produttore conviene scegliere il circuito breve.

3) canale diretto: produttore – consumatore. Ha il pregio del controllo diretto, ma impone alti costi fissi.

L’Italia è un caso patologico per quanto riguarda l’alto grado di polverizzazione dell’apparato distributivo al dettaglio.

N.B.: I criteri di scelta del canale di distribuzione sono di 3 tipi:

1) economico restrittivo: riferito solo al costo

2) di controllo: considera l’efficacia in termini di marketing

3) di flessibilità: quando il prodotto presenta un’elevata stagionalità

La scelta della copertura distributiva (ovvero della numerosità dei punti vendita):

1) copertura elevata: intensiva

2) copertura estensiva

3) bassa senza esclusiva: selettiva

4) bassa con esclusività: esclusiva

Le possibilità di controllo aumentano dalla distribuzione estensiva a quella selettiva ed esclusiva.

Kotler, McDougall e J.L. Picard (il capitano dell’Enterprise J) hanno individuato alcune categorie tipiche di beni:

1) convenience goods: basso valore unitario, ad acquisto ricorrente e routinario

2) shopping goods: ad acquisto ragionato, implicano una ricerca attiva da parte del consumatore, basata sul confronto tra prodotti

3) specialità goods: di elevato valore, di marca

Comunicazione-distribuzione

Le imprese produttrici possono seguire 3 itinerari:

1) sviluppare elevata pressione sui distributori (strategia push)

2) intensa pubblicità (strategia pull): pressioni sui consumatori (a l.t.) necessitano di investimenti ingenti

3) strategia mista

Il trade marketing (= marketing commerciali – dei distributori)

Fornari nel 1999 lo definisce “tutte le attività che, basate sul concetto di cliente-canale, puntano a conoscere, pianificare e gestire il processo distributivo in modo da ottenere da un lato un efficiente impiego delle risorse aziendali e dall’altro duraturi vantaggi competitivi nello scambio dei prodotti”.

In Italia, all’inizio, esisteva una rete distributiva polverizzata, ma non ancora pletorica. Con il diffondersi della standardizzazione i produttori divennero gli attori-chiave. Negli anni ’60-’70 la reazione delle imprese distributrici è stata modesta, proprio per colpa dell’elevata polverizzazione, nonché per motivi di origine legislativa: la legge 426/1971 ha ridotto l’opportunità di contrapporre al marketing industriale il marketing commerciale.

Dal 1999, con l’applicazione del D.Lgs. 114 del 31 Marzo 1998, si è pervenuti ad un’ampia liberalizzazione del settore del dettaglio.

I fattori sottostanti allo sviluppo del trade marketing

Le grandi imprese produttrici cominciarono a vendere non più attraverso i canali di distribuzione ma ai canali stessi:

  • acuirsi della concorrenza
  • sviluppo dimensionale
  • posizione attiva di marketing sia da parte dei sell-in (i distributori) sia da parte dei sell-out (impresa produttrice)
  • esigenza di razionalizzare i sistemi logistici
  • la de-materializzazione favorisce il ruolo delle imprese di servizio
  • revisioni ampie delle strategie: cambiamento delle strutture organizzative
  • integrazione tra funzione di marketing e di vendita
  • nuovi sistemi informativi e nuovi servizi di supporto
  • ci si avvale di specifici strumenti di analisi, tra cui il DPP (Direct Product Profitability) e le Matrici DPP-Volume:

DPP                                                                (cosa fare a seconda della Q di vendita e del margine di guadagno?)

AB (alto DPP e basse vendite)

–          evidenziare profittabilità al trade

–          resistere a eventuali richieste avanzate dal trade

–          nessun intervento per ridurre il Dpc

–          azioni di consumer marketing

AA (alto DPP e alti volumi)

–          evidenziare profittabilità al trade

–          resistere a eventuali richieste di sconti

–          nessun intervento per ridurre il Dpc

BB (basso DPPP e basse vendite)

–          interventi per ridurre il Dpc

–          disponibilità a considerare eventuali richieste di sconti avanzate dal trade

–          azioni di consumer marketing

BA (basso DPP e alti volumi)

–          azioni sul trade per aumentare il prezzo al consumo

–          interventi per ridurre il Dpc

–          migliori condizioni al trade

–          controllo concorrenza nel punto vendita

Volumi di vendita

Le leve operative del trade marketing

  1. negoziazione delle condizioni di vendita, differenziate per cliente
  2. cooperazione nelle fasi antecedenti il lancio di nuovi prodotti
  3. produzione su commessa (raramente utilizzata, come abbiamo visto nel Cap. XIV, a causa degli svantaggi per il produttore)
  4. in-store merchandising
  5. minimizzazione dei costi per entrambe le parti
  6. piani di promozione
  7. ricorso a procedure organizzative basate sul category management.