E’ importante la struttura finanziaria?

La struttura finanziaria è l’insieme di tutti i titoli emessi da un’impresa (obbligazioni, prestiti bancari, azioni etc.).

Modigliani e Miller

Modigliani e Miller dimostrarono che, in un mercato perfetto, la politica dei dividendi è irrilevante. Provarono che le decisioni di finanziamento in un mercato perfetto sono ugualmente irrilevanti. La loro famosa proposizione 1 afferma che un’impresa non può modificare il suo valore totale semplicemente dividendo i flussi di cassa in due: è determinato dalle sue attività reali e non dai titoli che emette. Ciò permette di separare completamente le decisioni di investimento da quelle di finanziamento.

In questo capitolo ipotizziamo che nessuna emissione di debito abbia alcuna conseguenza sul valore di mercato del debito esistente (rimuoveremo quest’ipotesi nel prossimo capitolo).

Il punto fondamentale sul quale si basa la proposizione 1 è che il valore di mercato di qualsiasi impresa è indipendente dalla sua struttura finanziaria, se gli investitori possono prendere o dare a prestito alle stesse condizioni delle imprese cioè allo stesso tasso di interesse privo di rischio.

Proposizione 1: il valore dell’impresa è determinato nella parte sinistra del bilancio dalle attività reali e non dalle combinazioni di fonti di finanziamento utilizzate dall’impresa.

Applicazione della proposizione 1: nella realtà, la proposizione di M&M trova poca applicabilità in quanto il mercato è imperfetto. Se un’azienda ha un utile del 15% e i tassi di interesse a debito sono al 10, avrà una buona leva finanziaria, ma se i suoi azionisti possono reperire denaro allo stesso identico tasso perverranno al medesimo risultato e sarà per loro indifferente il fatto di indebitarsi con l’azienda o con una banca.

L’effetto leva finanziaria sui rendimenti

La leva aumenta il flusso atteso di utili per azione, mentre non aumenta il prezzo dell’azione. Ciò è dovuto al fatto che la variazione degli utili attesi viene totalmente compensata dalla variazione del tasso di capitalizzazione degli utili.

Rendimento atteso delle attività = reddito operativo atteso / valore di mercato di tutti i titoli

Il rendimento atteso di un portafoglio è la media ponderata dei rendimenti attesi dei singoli titoli.

Rendimento atteso del capitale netto = rendimento atteso delle attività + rapporto debito/capitale netto x (rendimento atteso delle attività – rendimento atteso del debito).

La proposizione 2 di Modigliani e Miller: il tasso di rendimento atteso delle azioni di un’impresa indebitata aumenta in proporzione al rapporto debito/capitale netto. Per assurdo verrebbe da pensare che più ci si indebita più si guadagna.

Il tasso di aumento dipende dalla differenza tra il rendimento atteso delle attività, il tasso di rendimento atteso di un portafoglio e il rendimento atteso del debito.

Normalmente, il rendimento del capitale netto aumenta in maniera lineare finché il debito è privo di rischio. Ma se la leva finanziaria aumenta il rischio, il rendimento richiesto dagli obbligazionisti è maggiore e l’incremento del rendimento rallenta. Più l’impresa si indebita più il rischio si trasferisce dagli azionisti agli obbligazionisti (2° gioco).

La relazione rischio/rendimento

Sono direttamente proporzionali. L’effetto leva finanziaria consiste nell’aumentare l’ampiezza delle fluttuazioni delle azioni. Il beta delle attività dell’impresa è una media ponderata dei beta di tutti i singoli titoli.

Beta delle attività = (incidenza del debito x beta del debito) + (incidenza del capitale netto x beta del capitale netto).
(Ricorda da intermediari finanziari) Il beta è l’indicatore di sensibilità del Prezzo dello specifico titolo che lega la variazione dell’indice di borsa alla variazione del Prezzo dell’azione. Un titolo azionario con un Beta elevato (> di 1) è molto aggressivo e rischioso: molto reattivo. Sale e scende molto al minimo cambiamento dell’indice di borsa. Un titolo con Beta basso è difensivo. Formula: Rendimento di mercato x Beta = rendimento del titolo (è una specie di indice di leva).

La tesi tradizionale

Il rendimento atteso di un portafoglio composto da tutti i titoli di una società viene spesso indicato come:

Costo medio ponderato del capitale = ra = (D/V x rD) + (E/V x rE) (vedremo che considerando anche le imposte si giunge al WACC).

Esempio: azioni = 3.000.000; Debito = D = 2.000.000; valore = V = D + E = 5.000.000; rD = rendimento del debito = 0.08; rE = rendimento atteso del CN = 0.15; E = Capitale Netto.

Costo medio ponderato del capitale = (2/5×0.08) + (3/5×0.15) = 12,2%

Nota: massimizzare il valore dell’impresa non sempre equivale a minimizzare il costo medio ponderato:

1) Gli azionisti vogliono che il management incrementi il valore dell’impresa. Preferiscono essere ricchi piuttosto che possedere le azioni di un’impresa che presenta un basso costo medio ponderato.

2) Le azioni richiedono tassi di rendimento più alti, di conseguenza il debito per obbligazioni è meno costoso.

L’ipotesi dei tradizionalisti è che un moderato grado di leva finanziaria può aumentare il reddito atteso del capitale netto (re), sebbene non nella misura prospettata da M&M. Le società irresponsabili che contraggono debiti in eccesso si accorgeranno che re aumenta molto di più di quanto prevedevano M&M. Di conseguenza il costo medio ponderato, in un primo momento diminuisce e poi aumenta. Il suo punto minimo corrisponde alla struttura finanziaria ottimale.

Ricordiamo che massimizzare ra equivale a massimizzare il valore globale dell’impresa se, come ipotizzato dai tradizionalisti, il rendimento operativo non viene influenzato dall’indebitamento.

Due ragionamenti possono essere avanzati a favore della posizione tradizionale:

1) Potrebbe essere che gli investitori non notino o apprezzino il rischio finanziario creato da un “moderato indebitamento” e che si sveglino invece nel momento in cui il debito è “eccessivo”. In questo caso gli investitori di imprese moderatamente indebitate potranno accettare un tasso di rendimento inferiore a quanto in realtà dovrebbero.

2) Questo secondo ragionamento è migliore del primo, in quanto accetta le argomentazioni di M&M se applicate a mercati finanziari perfetti ma sostiene che in realtà sono imperfetti. Le imperfezioni del mercato possono mettere le imprese che usano il debito nella condizione di fornire ai loro investitori un tasso migliore che se investissero direttamente. In questo caso le azioni di imprese indebitate potrebbero addirittura essere negoziate a prezzi superiori rispetto ai valori teorici del mercato perfetto. Se le società possono contrarre debiti a costi inferiori degli investitori, in questo caso agli investitori converrebbe contrarre debiti indirettamente, possedendo azioni di imprese indebitate. Essi sarebbero disposti ad accettare un tasso di rendimento atteso che non li compensa completamente per il rischio finanziario e operativo che corrono. Vi sono economie di scala nel contrarre debiti: i costi di transazione diminuiscono se i piccoli risparmiatori si uniscono.

Imperfezioni = opportunità

Le maggiori imperfezioni sono create dal Governo. Un’imperfezione che favorisce la violazione delle leggi di M&M crea una macchina da soldi. Molto prima che i limiti al tasso di interesse fossero rimossi, la maggior parte dei vantaggi derivanti dall’emissione di titoli con tasso variabile se n’era andata. Fino alla nuova imperfezione, la legge di M&M funzionerà. La morale è: se trovaste una clientela insoddisfatta, agite immediatamente altrimenti i mercati finanziari si evolveranno in modo da portarvela via.

Il problema è scegliere il pacchetto offerto dai manager che offra la combinazione ottimale di pacchetti di titoli che massimizza il valore di mercato dell’impresa. La proposizione 1 di M&M afferma che non esiste una combinazione migliore di altre in un mercato perfetto. Perché gli investitori dovrebbero pagare di più indebitarsi indirettamente?

Ad un aumento del rischio corrisponde un aumento del rendimento. I tradizionalisti, “avversari di M&M” sostengono che le imperfezioni del mercato rendano eccessivamente costoso il debito personale. Questo origina una clientela disposta a pagare un premio per le azioni di un’impresa indebitata. Può però esistere una clientela per le azioni di un’imprese indebitate, ma deve altresì essere insoddisfatta.

La proposizione 1 viene infranta nel momento in cui i manager finanziari scoprono l’esistenza di un bisogno che non è ancora stato appagato e lo soddisfano emettendo di qualcosa di nuovo e diverso. La controversia tra M&M e tradizionalisti alla fine si riduce ad esaminare se questo sia un compito facile o no. È difficile.