La riclassificazione dello Stato Patrimoniale

Impieghi:

Capitale circolante: Crediti commerciali, Rimanenze (scorte di magazzino), debiti commerciali, attività finanziarie necessarie ad assicurare la liquidità aziendale

  1. Capitale fisso:
  2. Immobilizzazioni

Fonti:

  1. Capitale di credito: Debiti verso banche, Debiti verso fornitori
  2. Capitale proprio: Capitale sociale, Riserve, Utile/perdita di esercizio
  3. Capitale fisso e circolante e immobilizzazioni

L’attivo di Stato patrimoniale può essere bipartito in capitale fisso e circolante, in base al tempo di ritorno in forma liquida. Costituisce l’insieme degli investimenti a breve ed a m/l termine, dando luogo ad un fabbisogno finanziario, che evidenzia la necessità di reperire fonti di finanziamento.

Il capitale fisso è costituito da immobilizzazioni tecniche e finanziarie; le immobilizzazioni tecniche a loro volta possono essere suddivise in materiali e immateriali.

Le immobilizzazioni tecniche materiali sono costituite da fabbricati, immobili, terreni, impianti, attrezzature e simili. Sono soggette al processo di ammortamento pluriennale (con l’eccezione dei terreni) e ritornano in forma liquida dopo una pluralità di esercizi (scadenza > 12 mesi).

Le immobilizzazioni tecniche immateriali sono formate da know-how, brevetti, marchi, licenze, avviamenti e simili. Sono ammortizzate in conto, ossia non è prevista la costituzione di un fondo specifico ad hoc per ogni cespite, come nel caso delle immobilizzazioni materiali.

Le immobilizzazioni finanziarie sono costituite da partecipazioni di controllo, di riferimento o di minoranza in altre imprese nonché da titoli a scadenza a m/l termine (obbligazioni, mutui attivi, crediti finanziari verso controllate e collegate). Non sono soggette ad ammortamento.

Capitale proprio e di credito

Il passivo di Stato patrimoniale si può dividere in capitale proprio, sottoposto al rischio della remunerazione (a piena discrezione del soggetto economico), e capitale di credito. Il capitale proprio è formato da capitale sociale, riserve e risultato d’esercizio; quello di credito è composto da debiti verso banche, fornitori ecc. a breve ed a m/l termine.

L’indebitamento a breve o passivo corrente è composto da debiti verso banche, verso fornitori, verso l’Erario, anticipi ricevuti da clienti, rate di prestiti in scadenza e utili non ancora distribuiti.

L’indebitamento a m/l termine o passivo consolidato è rappresentato principalmente da finanziamenti durevoli ottenuti da istituti di credito: l’impresa si impegna a restituire il denaro entro una certa data e dietro pagamento di rate a varia periodicità e con saggio d’interesse fisso o variabile pattuito. Di norma il finanziamento è coperto da garanzie reali sui beni dell’azienda e/o su quelli del proprietario. L’impresa può inoltre usufruire di contributi in conto capitale, in conto interesse o a fondi perduto, sovente erogati da enti pubblici e comunitari. Tra le passività durevoli includiamo gli accantonamenti ai fondi TFR: sono fonti di finanziamento che generano uscite monetarie solo al momento della cessazione del rapporto di lavoro di uno o più dipendenti..

Credito a breve termine

Si tratta di credito reiterabile (rinnovabile). Consiste in diverse forme di affidamento (scoperto massimo) oppure di credito ordinario garantito (sconto, conto corrente). Il suo utilizzo non è vincolato. Periodicamente il comitato di controllo della banca verifica se il soggetto interessato sia ancora meritevole di fiducia ed eventualmente ritira l’affidamento concesso. La banca può modificare unilateralmente, anche in breve tempo, le condizioni contrattuali inizialmente pattuite.

Credito a medio/lungo termine

Non necessariamente è rinnovabile. Consiste in diverse forme di finanziamento pluriennale garantito (mutuo). Il suo utilizzo è vincolato. Non è soggetto al controllo periodico della banca per il rinnovo delle condizioni. L’impresa concorda con la banca la periodicità di rimborso del finanziamento, le cui condizioni non possono essere modificate unilateralmente.

Le fonti di finanziamento possono in sintesi avere:

– una natura interna (per esempio gli aumenti di capitale) o esterna (per esempio i mutui bancari);

– un costo determinato e costante, nel caso dei prestiti a tasso fisso e delle obbligazioni a cedola fissa;

– un costo determinato e non costante, nel caso dei prestiti a tasso variabile e nelle obbligazioni indicizzate per esempio al tasso interbancario Libor, è il tasso di riferimento più frequentemente adottato per i crediti contratti sui mercati internazionali ed è pari alla media dei tassi “lettera” applicati da cinque delle principali banche nel trasferimento di fondi sul mercato interbancario di Londra.

– un costo indeterminato e variabile, nel caso della remunerazione del capitale sociale attraverso i dividendi.

Vi sono inoltre fonti prive di costi apparenti, come l’autofinanziamento, che effettivamente è oggetto di un’analisi costi/benefici. Il capitale accumulato è soggetto ad un costo opportunità, ossia è reinvestito in attività strumentali solo se si ritiene possa fornire un soddisfacente rendimento.

Disinvestimento

Di attività ritenute non più strategiche o remunerative in modo soddisfacente. Sulla scia di tale tendenza, negli ultimi anni hanno conosciuto grande diffusione i fondi di private equity, il cui scopo è assumere il controllo di aziende rilevandone i pacchetti azionari di controllo. Questi fondi dispongono di molta liquidità, che possono all’occorrenza moltiplicare attraverso il meccanismo della leva finanziaria;

La crisi delle conglomerate ha certamente contribuito alla crescita dei fondi di private equity. Le conglomerate sono grandi gruppi costituiti da società finanziarie, che controllano imprese tra loro autonome ed operanti in settori differenti. L’esigenza della capogruppo di focalizzarsi sul core business ha determinato la necessità di trovare rapidamente acquirenti per le società non strumentali. I fondi si sono quindi gettati nella gestione degli spin-off : acquistare grosse società in esubero a prezzi vantaggiosi per avviarne lo “spezzatino”, ovvero la suddivisione in sottoimprese più facilmente vendibili e valorizzabili sul mercato. In effetti il valore complessivo del patrimonio aziendale è minore della sommatoria dei ricavi ottenuti dalla singola alienazione degli assets, in quanto viene di norma garantito uno sconto all’acquirente del blocco. Il guadagno del fondo è dato proprio dal differenziale tra prezzo d’acquisto e realizzo complessivo delle singole attività.