Il caso Imperial Chemical Industries

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Successiva alla causa Futura, è stata la sentenza del 16 luglio 1998, C-264/1996, Imperial Chemical Industries plc. A differenza del caso precedente, in tale circostanza la Corte dovette affrontare, per la prima volta, la problematica delle perdite nell’ambito di discipline di consolidamento di gruppo e, dunque, tra soggetti giuridici autonomi. La controversia era insorta sull’applicabilità della normativa britannica del Consortium relief alle società residenti nel Regno Unito e facenti parti di un gruppo unitario, le quali si erano avvalse del loro diritto di stabilimento per creare consociate (controllate) in altri Stati membri per il tramite di una società holding.

 Il caso era il seguente: la Imperial Chemical Industries plc (ICI) con sede nel Regno Unito e la Welcom Foundation Limited (WF), anch’essa stabilita in tale Stato membro, formavano un “consorzio” (Gruppo di imprese) attraverso il quale possedevano, in ragione del 49% per l’ICI e del 51% per la WF, la società Coopers Animal Health (Holding) Ltd.L’attività di quest’ultima consisteva nel detenere partecipazioni di controllo in società commerciali svolgenti le loro attività in più Stati. Tra le 23 controllate, 4 – tra le quali la Coopers Animal Health Ltd (CAI) – erano stabilite nel Regno Unito, 6 in altri Paesi membri e 13 in paesi terzi.

Gli articoli 258 e 259 dell’Income and Corporation Tax Act consentivano di dedurre le perdite subite da una delle società operative possedute dalla Holding dal reddito delle società partecipanti al Consortium (ICI e WF). Avendo la CAI realizzato delle perdite per gli esercizi chiusi negli anni 1985, 1986 e 1987, la “consorziata” (controllante) ICI aveva chiesto, in applicazione degli artt. 258-264 dell’Income and Corporation Taxes Act, di beneficiare di uno “sgravio fiscale”, deducendo dagli utili imponibili da essa realizzati durante i periodi corrispondenti agli esercizi in passivo della CAI le perdite pregresse di quest’ultima, per un importo pari al 49% (ossia la quota della sua partecipazione nella Holding), delle stesse.

Le disposizioni normative richiedevano, tuttavia, ai fini dell’applicazione dello “sgravio di gruppo” che i soggetti partecipati dalla Holding fossero tutti residenti nel Regno Unito. Non essendo tale requisito soddisfatto, l’Inland Revenue negò la richiesta, avanzata dalla ICI, di portare in deduzione del proprio reddito le perdite prodotte dalla CAI (controllata della Holding).

Arrivata la questione davanti ai giudici comunitari, questi affermarono che «l’art. 52 del Trattato osta ad una normativa di uno Stato membro che, per quanto riguarda le società stabilite in tale Stato membro facenti parte di un consorzio attraverso il quale possiedano una holding e che esercitino il loro diritto alla libertà di stabilimento per creare, tramite tale holding, consociate in altri Stati membri, subordina il diritto ad uno sgravio fiscale alla condizione che l’attività della holding consista nel detenere esclusivamente o principalmente le azioni di consociate stabilite nello Stato membro interessato».

 La sentenza ICI, sulla quale avremo modo di tornare nel prosieguo, riveste un’importanza tale nell’orientamento giurisprudenziale comunitario che va oltre il singolo caso trattato. Essa costituisce, infatti, incipit ad un filone di pensiero che vede l’estensione della tutela accordata dal diritto comunitario a fronte delle disposizioni discriminatorie adottate dallo Stato di provenienza (cosiddetto diritto di stabilimento in uscita).