Imposta sul reddito delle persone fisiche

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NOZIONI ECONOMICHE DI “REDDITO”

Le principali nozioni di reddito elaborate dagli economisti sono:

  • il reddito come prodotto, che corrisponde all’idea secondo cui un’entrata ha natura di reddito solo se deriva da fonte produttiva;
  • il reddito come entrata, che comprende non solo i frutti del patrimonio e dell’attività del soggetto, ma tutti gli incrementi patrimoniali indipendentemente dalla causa (esempio anche entrate a titolo di donazione ricevuta);
  • il reddito come consumo, teorizzato da chi sostiene che andrebbe tassato solo il reddito consumato (non quello risparmiato).

Il nostro ordinamento ha da sempre fatto proprio il concetto di reddito come prodotto, anche se nel vigente T.U. vi sono molte ipotesi che fanno divergere la concezione di reddito verso il reddito – entrata.

IL REDDITO NEL TESTO UNICO

Le imposte sui redditi sono disciplinate dal TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi) – d.lgs 917/1986, modificato con una successiva con la riforma nel 2003. Il presupposto dell’imposta sul reddito è il possesso di un reddito, concetto la cui definizione non è data espressamente ma si può desumere dalle definizioni (invece espresse nell’art. 6 del T.U.) dei singoli redditi:

 

  • redditi fondiari;
  • redditi di capitale;
  • redditi di lavoro dipendente;
  • redditi di lavoro autonomo;
  • redditi d’impresa;
  • redditi diversi.

Poiché tutte le categorie derivano da fonti produttive, si desume una definizione di reddito come incremento di patrimonio che deriva da un’attività produttiva. Per comprendere la ratio della classificazione bisogna tener presente che il legislatore ha dovuto contemperare esigenze di:

  • omogeneità (nel contenuto di ciascuna categoria);
  • omni comprensività (si è dovuto comprendere, nelle categorie delineate, tutta la materia imponibile).

L’esigenza di omni comprensività ha portato alla definizione di categorie più ampie di quelle usate in altre materie del diritto (come la nozione di impresa) all’estensione ad altri redditi non pienamente rispondenti alla definizione della categoria (esempio redditi assimilabili a quelli di lavoro dipendente) ed all’elaborazione di una categoria residuale (“altri redditi”, o redditi diversi). A ciascuna categoria corrispondono particolari regole di determinazione.

IL POSSESSO DI REDDITI

Più in particolare, il presupposto dell’imposta sui redditi deriva dalla compresenza di tre elementi:

 

  • un elemento oggettivo, il reddito;
  • un elemento soggettivo, il contribuente;
  • un elemento relazionale, il possesso di reddito da parte del contribuente.

Il possesso di redditi non assume significato assunto nel codice civile né un significato uniforme per tutte le categorie reddituali:

  • il possesso è da intendersi come percezione nei redditi di capitale, di lavoro e diversi principio di cassa);
  • il possesso va riferito all’immobile nel caso di redditi fondiari;
  • nel caso di reddito di impresa il reddito è un dato contabile (non vi è infatti possesso del reddito, ma dell’apparato produttivo).

REDDITO E PATRIMONIO

Reddito e patrimonio sono concetti da tenere distinti:

  • il patrimonio è un concetto statico (valore stock), l’insieme delle situazioni soggettive a contenuto economico di cui è titolare un soggetto in un dato momento (diritti reali, crediti, debiti, eccetera);
  • il reddito è un concetto dinamico (variazione, flow) dato dalle variazioni incrementali del patrimonio.

Bisogna tener conto, però, che non tutti i movimenti di denaro sono reddito (esempio apporto di capitale da parte dei soci) – mentre, secondo il TU, sono tassabili anche i proventi conseguiti in sostituzione dei redditi e le indennità a titolo di risarcimento dei danni consistenti nella perdita di redditi (in quanto relative al “lucro cessante”, un mancato guadagno di natura reddituale – mentre non è tassabile la quota di risarcimento riferibile al “danno emergente”). Anche la nozione di incremento del patrimonio va intesa in senso lato: vi sono compresi non solo i proventi (in natura od in denaro) ma anche le utilità derivanti dall’uso di un bene o dalla fruizione di un servizio (sono compresi quindi i c.d. redditi figurativi – esempio l’utilità derivante dal possesso di un fabbricato da parte del proprietario – nonché i benefit di cui fruiscono i dipendenti).

PROVENTI A TITOLO GRATUITO ED ONEROSO

Di regola sono tassabili i proventi acquisiti a titolo oneroso (esempio corrispettivi contrattuali), mentre sono invece esclusi quelli acquisiti a titolo gratuito. Non sono soggetti ad imposta sul reddito né le donazioni né le eredità.

REDDITI IN NATURA E VALORE NORMALE

Oltre ai redditi monetari, vi sono redditi non monetari (in natura) che possono essere costituiti da beni o servizi: ad essi dev’essere attribuito il valore normale (che è un valore monetario) dato dal prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza, a parità (o prossimità) di condizioni di tempo e luogo. Per determinare tale valore si guardano i listini e le tariffe; con riguardo alle azioni ed obbligazioni quotate si ci riferisce alla media delle chiusure nell’ultimo mese – per le non quotate si usa il patrimonio netto della società emittente.

REDDITO LORDO E NETTO

Nel sistema delle imposte sul reddito, il reddito tassato è quello al netto dei costi. Di regola, sono costi deducibili solo quelli inerenti alla produzione del reddito tassato. Non sempre i costi sono dedotti interamente, anche perché talvolta questi sono solo forfetizzati; mentre altri sono deducibili a fini agevolativi.

PROBLEMI DI DEPREZZAMENTO

Il reddito sottoposto ad imposta è una grandezza monetaria e dunque un eventuale deprezzamento della moneta pone due problemi al legislatore:

  • se la base imponibile dell’imposta debba essere depurata degli incrementi puramente nominali;
  • se la misura dell’imposta debba essere adeguata al deprezzamento della moneta.

Il nostro sistema, in linea generale, non dà rilievo a tali fenomeni, salvo casi previsti dalla legge (esempio leggi di rivalutazione monetaria con pagamento dell’imposta sostitutiva); alcune leggi tributarie prevedono la loro revisione quando il deprezzamento (secondo dati ISTAT) supera una certa soglia.

PERIODO D’IMPOSTA

Il reddito assume rilievo come reddito di un determinato periodo di tempo, che è tecnicamente denominato periodo d’imposta (di rilevanza sia formale che sostanziale) al quale corrispondono autonome obbligazioni tributarie:

  • per le persone fisiche coincide con l’anno solare;
  • per le società è l’esercizio sociale (qualora questo abbia durata superiore ai due anni, coinciderà in ogni caso con l’anno solare).

Per la determinazione del reddito rilevano i fatti che si verificano entro il periodo d’imposta. Nel caso di componenti relative a più periodi possono valere:

  • il principio di cassa (nella maggior parte dei casi), per cui rileva il momento in cui il reddito è percepito;
  • il principio di competenza economica (per le imprese), per cui ha rilevanza la competenza economica di costi e ricavi (cioé il momento di maturazione del reddito).

I REDDITI DEL “DE CUIUS”

Con riguardo all’imposta sui redditi, gli eredi subentrano al posto del “de cuius” in un duplice aspetto:

  • sono obbligati in solido per gli obblighi tributari del “de cuius”;
  • ereditano i redditi del de cuius:
    • quelli tassati per cassa che il de cuius non ha incassato sono tassati agli eredi al momento della percezione (come se fossero redditi loro propri);
    • gli altri redditi non sono veri e propri redditi, ma entrate patrimoniali derivanti dalla realizzazione dei crediti che fanno parte dell’asse ereditario (esempio crediti derivanti dall’attività professionale del de cuius).

Il periodo d’imposta può essere interrotto a causa di morte (per le persone fisiche) o per operazioni straordinarie come trasformazione, fusione, scissione, liquidazione (per le società).

I REDDITI DI PROVENIENZA ILLECITA

Un tempo si pensava esclusa la tassabilità dei redditi prodotti illecitamente, in quanto si riteneva incompatibile che un fatto fosse contemporaneamente imponibile ed illecito – e quindi che tale reddito non fosse idoneo ad essere oggetto di un possesso (ma piuttosto oggetto di confisca, o gravato dell’obbligo di restituzione, eccetera). Dal 1993, invece, sono da considerarsi comprese nel reddito anche quelle componenti derivanti da atti o fatti illeciti (civili, penali od amministrativi) qualora non siano già sottoposti a sequestro o confisca penale (perché in tal caso il possesso di tali redditi non sarebbe più indice di capacità contributiva): un provento illecito (es. derivante dallo sfruttamento della prostituzione) è dunque tassabile secondo le regole di determinazione della categoria reddituale in cui viene ricondotto – e, qualora non si riesca ad classificarlo in nessun altra categoria, si qualificherà come reddito diverso.

LA RESIDENZA FISCALE

I residenti sono tassati sul complesso dei loro redditi ovunque prodotti (è il principio della “worldwide taxation“) mentre i non residenti sono tassati solo per i redditi prodotti in Italia (il “source – based taxation“). La nozione fiscale di residenza (così come stabilita nell’art.3 del TUIR) è diversa da quella civilistica ed, in particolare, con il termine “persona fisica residente” si indica quella persona fisica che presenti una delle seguenti caratteristiche:

  • sia iscritta all’Anagrafe Italiana per la maggior parte del periodo d’imposta;
  • abbia in Italia il centro degli affari od interessi (che coincide col domicilio civilistico);
  • abbia dimora attuale entro il territorio italiano.

Si ritengono, infine, fiscalmente residenti in Italia, fino a prova contraria, i cittadini emigrati in “paesi a regime fiscale privilegiato” (indicati in una “lista nera”).

DEBITORI D’IMPOSTA

Il sistema di tassazione dei redditi si compone di due imposte:

  • una che colpisce le persone fisiche;
  • una che colpisce le persone giuridiche ed, in generale, tutte quelle diverse da persone fisiche (fanno eccezione quelle società i cui redditi sono direttamente imputati ai soci).

Tutti i soggetti titolari di rapporti giuridici a contenuto patrimoniale sono soggetti passivi d’imposta in senso sostanziale; gli altri soggetti (come società di persone ed associazioni professionali) su cui possono gravare solo obblighi formali sono soggetti passivi in senso formale.

REDDITI DEI CONIUGI

Un tempo, i redditi dei due coniugi erano cumulati in uno, aumentando dunque la base imponibile e dunque l’imposta: tale norma, penalizzante la famiglia (uno dei principi tutelati dalla Costituzione), è stata dichiarata illegittima dal 1976 dalla Corte Costituzionale. Oggi i redditi di ciascun coniuge sono infatti tassati separatamente (penalizzando così, però, le famiglie “mono-reddito”). I redditi relativi a “fondo patrimoniale” e “comunione legale” sono imputati nel loro ammontare netto per metà a ciascun coniuge (salvo diversa pattuizione convenzionale). I redditi derivanti da “bene del minore” sono (per usufrutto) destinati per metà ad ogni genitore; mentre i redditi derivanti da attività lavorativa del minore (od, in generale, quelli non soggetti ad usufrutto legale) sono sia del minore che dei genitori (in qualità di rappresentanti legali) che devono presentare la dichiarazione dei redditi di pertinenza del figlio minore.

REDDITI PRODOTTI IN FORMA ASSOCIATA

Per il principio di trasparenza (per cui la società di persone è trattata come uno “schermo trasparente” e non un soggetto autonomo), i redditi della società di persone (ed altri soggetti equiparati) sono sottoposti ad una particolare disciplina:

  • la società non è soggetto passivo d’imposta ed i suoi redditi sono tassati come redditi dei soci (e stesso vale per la società di fatto, le società di armamento e le associazioni professionali);
  • le perdite della società sono ripartite tra i soci alla stessa maniera degli utili; se l’ammontare delle perdite supera i redditi dell’anno, la differenza può essere dedotta negli anni successivi (ma non oltre al quinto).

In particolare, inoltre:

  • nelle S.A.S. i soci accomandanti non possono dedurre le perdite che superino la loro quota sociale;
  • taluni costi sostenuti dalle società semplici sono imputabili ai soci come “oneri deducibili”;
  • le ritenute operate sui redditi della società sono scomputate dall’imposta dovuta ai soci.

Alla società fanno invece capo obblighi formali (tenuta della contabilità, presentazione della dichiarazione, eccetera) funzionali all’applicazione dell’imposta personale dovuta dal socio.

IMPRESE FAMILIARI

Le imprese familiari (a differenza di come avviene dal punto di vista civilistico, in cui già rileva la situazione di fatto) hanno rilevanza fiscale se, prima dell’inizio del periodo d’imposta, sia redatto atto pubblico (o scrittura privata autenticata) da cui risulti che nominativamente i familiari collaborano nell’impresa, prestando attività di lavoro con carattere continuativo e prevalente. Onde evitare comportamenti elusivi, ai collaboratori familiari non potrà essere attribuita a fini fiscali una quota del reddito complessivo superiore al 49%. E’ necessario, inoltre, che la dichiarazione dei redditi dell’imprenditore indichi le quote di partecipazione dei collaboratori familiari, ed attesti che tali quote sono proporzionate alla quantità e qualità di lavoro effettivamente prestato nell’impresa in modo continuativo e prevalente. D’altra parte, ciascun familiare dovrà attestare nella propria dichiarazione di aver prestato la sua attività di lavoro in modo continuativo e prevalente.

REDDITO COMPLESSIVO E PERDITE DEDUCIBILI

La base imponibile lorda è costituita, per i soggetti passivi “residenti”, dal complesso dei redditi ovunque prodotti, dal quale si deducono gli oneri per ottenere la base imponibile netta, cui si applicano le aliquote (progressive per scaglioni) che determinano la misura dell’imposta lorda. In particolare, la determinazione dell’imponibile avviene:

  • individuando e determinando i singoli redditi, secondo le norme proprie di ciascuna categoria;
  • calcolando il reddito complessivo mediante la somma algebrica dei redditi delle varie categorie (compensando le perdite d’impresa o di lavoro autonomo coi redditi della stessa categoria);
  • calcolando il reddito imponibile mediante deduzione degli oneri dal reddito complessivo;
  • calcolando l’applicazione delle aliquote al reddito imponibile.

DEDUZIONI E DETRAZIONI

L’imposta sul reddito delle persone fisiche è un’imposta personale perché la sua disciplina tiene conto di una serie di circostanze di natura personale, che incidono sull’imposta dovuta tramite due strumenti tecnici:

  • deduzioni dal reddito complessivo (che avvantaggiano i possessori di redditi elevanti in quanto il vantaggio che ne trae il contribuente cresce in ragione dell’aliquota marginale);
  • detrazioni dall’imposta (che si applicano fino a concorrenza dell’imposta – non possono generare quindi crediti nei confronti del fisco).

GLI ONERI DEDUCIBILI

Sono oneri deducibili dal reddito complessivo delle persone fisiche quegli oneri costituiti da determinate “spese personali” che incidono sulla capacità contributiva del contribuente, tra cui:

  • spese mediche ed assistenza specifica;
  • assegni periodici corrisposti al coniuge (a seguito di separazione, annullamento o scioglimento del matrimonio) che rappresentano, invece, reddito (assimilato a lavoro dipendente) per il coniuge beneficiario;
  • contributi assistenziali e previdenziali previsti dalla legge;
  • contributi versati per forme pensionistiche complementari;
  • determinate erogazioni liberali.

E’ deducibile inoltre un importo pari alla rendita catastale delle “prima casa”, in modo che il reddito della casa in cui si abita non sia colpito da imposta.

L’APPLICAZIONE DELL’ALIQUOTA

Determinato il reddito imponibile è necessario applicare l’aliquota, che è crescente secondo scaglioni di reddito; secondo la disciplina del 2007, per ottenere l’imposta lorda si applicano aliquote di:

  • 23% per i redditi fino a 15.000€;
  • 27% per i redditi da 15.000€ a 28.000€;
  • 38% per i redditi da 28.000€ a 55.000€;
  • 41% per i redditi da 55.000€ a 75.000€;
  • 43% per i redditi oltre i 75.000€.

LE DETRAZIONI

Dall’ammontare del’imposta lorda si detraggono, per ottenere l’imposta netta:

  • detrazioni per carichi di famiglia (periodicamente aggiornate con decreto del Presidente del Consiglio);
  • detrazioni sostitutive delle spese di produzione (a chi ha redditi di lavoro dipendente od assimilati, di lavoro autonomo o d’impresa di ammontare minimo);
  • oneri vari (ammessi nella misura del 19%) per:
    • interessi passivi per mutui agrari;
    • interessi passivi per mutui ipotecari contratti per l’acquisto della prima casa;
    • spese sanitarie oltre i 129,11€;
    • spese funebri;
    • spese di istruzione;
    • premi di assicurazione sulla vita;
    • spese di mantenimento/restauro di immobili di interesse storico;
    • erogazioni liberali per finalità particolarmente meritevoli;
    • spese veterinarie;
    • spese per badanti;
    • contratti di locazione (determinati in maniera forfettaria) destinati alla prima casa.

LA DETERMINAZIONE DEL SALDO DOVUTO

Una volta determinata l’imposta netta, vengono scomputati:

  • crediti di imposta (es. per doppia imposizione all’estero);
  • versamenti effettuati a titolo d’acconto;
  • ritenute alla fonte subite a titolo d’acconto.

Se l’ammontare ha saldo negativo, il contribuente può scegliere con riguardo all’eccedenza:

  • di utilizzarla per compensare i versamenti d’acconto od a saldo dei periodi successivi;
  • di chiederne il rimborso.

REDDITI SOGGETTI A TASSAZIONE SEPARATA

Alcuni redditi, percepiti una tantum ma derivanti da un procedimento produttivo pluriennale (e quindi relativi a più periodi d’imposta), sono soggetti a tassazione separata, non sono cioè compresi nel reddito complessivo del periodo d’imposta e ma tassati separatamente in base a distinta aliquota. Rientrano in tali regimi:

  • l’indennità di fine rapporto (TFR);
  • le plusvalenze di cessione di aziende possedute per più di 5 anni;
  • le indennità per perdita dell’avviamento in caso di cessazione della locazione di un esercizio commerciale;
  • il risarcimento attribuito a titolo di perdita di redditi pluriennali;
  • i redditi a formazione pluriennale attribuiti ai soci in caso di recesso da società.

Il TFR è imponibile per un importo ridotto delle rivalutazioni già tassate, e l’aliquota è pari a 12 diviso per il numero di anni di durata del rapporto; per gli altri redditi, l’imposta è tassata su un’aliquota calcolata come media di quelle applicate nel biennio precedente.