La moneta e i cambiamenti della moneta nel mercato e nei vari momenti storici

La moneta nasce con il diffondersi delle prime comunità, quando gli uomini incominciarono a svolgere una produzione non totalmente dedicata all’autoproduzione. Si sviluppa lo scambio basato sulla specializzazione produttiva. In una prima fase lo scambio è molto limitato in termini quantitativi e di frequenza; infatti è sufficiente il baratto. Con l’intensificarsi dell’attività di scambio il baratto diventa difficilmente attuabile. Ogni collettività finisce per individuare un altro bene da utilizzare come intermediario negli scambi.

Si hanno esempi di moneta-merce che permette lo scambio secondo un rapporto multilaterale, ciascuna collettività sceglierà la merce più appropriata (ad esempio conchiglie, ciottoli, semi), generalmente di piccole dimensioni, così da poter essere facilmente gestibile, e con la caratteristica di conservarsi nel tempo. I pezzi di metallo diventano migliori nel momento in cui se ne riconosce la rarità: in altre parole, il valore è intrinsecamente elevato anche con riferimento a una quantità fisica esigua. Dopo la moneta metallica, in un successivo passaggio la collettività nutre certezza nella quantità del metallo stesso: si cominciano a produrre pezzi di uguali dimensioni che garantiscono tutti lo stesso valore e hanno impresso il marchio di un’autorità riconosciuta dall’intera collettività. La moneta metallica:

  • svolge una funzione di intermediazione negli scambi;
  • è una misura del valore degli beni, in quanto determina il prezzo in termini assoluti e relativi ragionando in termini numerici;
  • non è deperibile;
  • è maneggevole;
  • può essere facilmente costituita con la quasi certezza che non perderà valore nel tempo, ossia costituisce riserva di valore in quanto possiede il medesimo potere di acquisto;
  • diventa uno strumento a carattere liberatorio, ovvero la moneta è riconosciuta come tale e la collettività percepisce che quello ricevuto come pagamento può essere a sua volta utilizzato per successive transazioni.

Una caratteristica fondamentale è data dal riconoscimento della moneta come tale da parte dell’intera collettività. In alcuni casi, però, la popolazione non ha riconosciuto la moneta in quanto soggetta a una spaventosa perdita di potere di acquisto, ossia a un fenomeno di super inflazione. Un classico esempio in cui la moneta non viene più accettata come tale riguarda l’inflazione tedesca che colpì la Germania tra le due guerre mondiali. Recentemente la super inflazione ha colpito più volte l’economia dei Paesi sudamericani. Il primo esempio di moneta cartacea è rappresentato dalla lettera di credito, o meglio la lettera di cambio, proposta nell’undicesimo secolo dai banchieri genovesi per evitare di trasferire grandi quantità di denaro.

Nel corso dei vari secoli gli scambi sono cresciuti e si sono perfezionati; in parallelo anche il meccanismo della moneta si è affinato nelle sue diverse forme e strumenti. Alla fine del 1800 i mercati monetari internazionali si assestarono al gold standard: il valore di ogni valuta nazionale andava ricondotta alla quantità di oro contenuta nei forzieri delle singole banche centrali e il controvalore in oro era dichiarato ed immutabile. Escludendo una corsa alla banca centrale, si ammetteva che non vi fosse una riserva in oro pari al valore delle monete circolanti, anche se la conversione era tuttavia consentita.

Questo sistema ha retto finché alcuni Paesi si trovarono in avanzo commerciale, in cui le esportazioni superano le importazioni, mentre altri Paesi verificarono una situazione di disavanzo commerciale in cui, al contrario, le importazioni sono maggiori delle esportazioni. Per sanare il deficit commerciale, che rappresenta un debito nei confronti dell’estero, le banche centrali dei Paesi in disavanzo dovevano finanziarlo privandosi di riserve auree. Un Paese stabilmente in deficit si trova a dover riconoscere un minor valore incorporato nell’unità monetaria, in base a una perdita persistente e consistente: questa è la svalutazione.

 La svalutazione è il riconoscimento ufficiale di un minor valore della moneta valuta, mentre il deprezzamento è indotto dal mercato. La svalutazione provoca ripercussioni a livello mondiale con il problema dei tassi di cambio, fino ad allora fissi in base al gold standard. La Prima guerra mondiale ovviamente non aiuta la difficile e porta alla creazione di ingenti debiti di guerra, mentre la crisi americana del 1929 si propagava anche nel resto del mondo. Nel luglio 1944 la conferenza di Bretton Woods, alla quale parteciparono 44 Paesi sviluppati, cerca di fornire un nuovo assetto ai mercati.

In seguito si stabilisce che le banche centrali non sono più in grado di garantire la convertibilità in oro e, contemporaneamente, si riconosce una maggiore stabilità e affidabilità nel dollaro. Le valute possono essere convertite in dollari e, a sua volta, si garantisce la convertibilità dei dollari in oro, secondo il rapporto di 35$ per oncia di oro fino. Gli accordi di Bretton Woods non si limitarono a garantire il passaggio al gold Exchange standard, basato sulla convertibilità del dollaro in oro, ma crearono altre sì organismi permanenti con la funzione di gestire le transazioni internazionali. Nasce il Fondo Monetario Internazionale, o FÌVIT, operativo dal 1946 e sì costituisce la Banca Internazionale per la Ricostruzione e lo Sviluppo, o BIRS, oggi conosciuta come World Bank.

A questi eventi segue la stipula di un accordo internazionale per la regolamentazione degli scambi, meglio noto come GATT, con il precipuo scopo di eliminare gli ostacoli al commercio internazionale. Il gold Exchange standard, che rimane un sistema a cambi fissi, regge fino al 1971: nell’agosto di quell’anno. infatti, il presidente statunitense Nixon dichiara l’inconvertibilità del dollaro in oro. La collettività internazionale, tuttavia, crede nella moneta, indipendentemente dal fatto che essa sia convertibile o meno in oro. L’intero sistema ha retto nonostante le numerose svalutazioni e rivalutazioni intervenute nel corso degli anni. Il marco tedesco è stato rivalutato nel 1961 e nel 1969; la sterlina inglese ha subito due svalutazioni nel 1949 e 1967, con riferimento a tutta l’area del Commonwealth (in quanto le monete di quell’area erano agganciate alla sterlina inglese); anche il franco francese venne svalutato, nel 1949, nel 1958 e nel 1969.

Nel 1971 con la fine del convertibilità dei dollari in oro si passa a un sistema di cambi flessibili: il tasso dì cambio si determina dall’oscillazione del mercato, in base all’intersezione tra domanda ed offerta di moneta.. Il tasso di cambio fisso garantisce sicurezza, favorisce l’esistenza di condizioni di prezzo certe e conduce a una più facile e libera circolazione. Infatti, ancora in presenza del gold Exchange standard, si manifesta al volontà di stringere più fortemente alcune monete con la nascita nel 1950 dell’UEP che, tra alterni successi e insuccessi, rimase in vita fino al 1958. Nel 1972 termina l’area della sterlina con riferimento ai paesi del Commonwealth.

Nel frattempo, in ambito europeo, si ritenta una collaborazione più stretta tra i Paesi europei con la nascita, nel 1957, della CEE, con la finalità di mantenere che una stabilità sotto il profilo economico. Nel 1972 prende avvio il serpente monetario: in un sistema di cambi flessibili si definisce un limite di oscillazione delle valute, assumendo una moneta di conto, sintesi delle monete partecipanti che devono oscillare intorno alla moneta di conto. Il sistema regge fino al 1979, anno in cui venne sostituito da un sistema più vincolante.

Dal 1979 al 1992, infatti, lo SME funziona con lo stesso principio del sistema precedente ma ponendo vincoli di oscillazione più stretti intorno all’unità monetaria di conto, diversi a seconda del singolo Paese aderente (ad esempio per l’Italia l’intervallo è stato molto più ampio rispetto ad altri Paesi). In questo periodo intervengono ben undici svalutazioni. Nel 1992 lo SME termina il suo operato a causa della svalutazione della sterlina e della lira; i Paesi aderenti si impegnano anche a sostenere, in caso di necessità, le altre valute appartenenti al sistema, oltre che rispettare i vincoli di oscillazione imposti.

Lo SME ha retto le undici svalutazioni intervenute tra il 1979 e il 1992 ma non il crollo del muro di Berlino, evento imprevedibile per le sue ricadute anche sul piano economico. Dopo la Seconda guerra mondiale, in ambito europeo, si afferma il marco tedesco come valuta di riferimento e per un certo periodo alcuni Paesi dichiararono un aggancio della propria valuta al marco. Nel 1989 cade il muro di Berlino e si verifica l’unificazione tedesca che comporta la necessità di decidere sul futuro della valuta nazionale, ovvero il marco occidentale, e sulla determinazione del tasso di cambio in base al quale di Tedeschi orientali dovessero convertire i propri marchi orientali in marchi occidentali.

La Germania opta per un tasso di cambio 1:1, salvando in tal modo un’enorme quantità di marchi. Le decisioni prese dalla banca centrale tedesca dopo la Seconda guerra mondiale erano orientate alla ricerca della stabilità dei prezzi e alla resistenza alle pressioni inflazionistiche. Improvvisamente si immette un’enorme quantità di moneta ed è necessario procurarsi risorse anche sui mercati esteri per poter sostenere questa espansione di base monetaria e per attuare la ricostruzione postbellica. La Germania esce da questa esperienza senza che il marco risulto indebolito e senza pagare, se non in misura irrisoria, un prezzo in termini di inflazione. L’ottenimento di capitali e di risorse era possibile:

    1.  rivalutando il marco;
    2. facendo svalutare le altre valute;
    3. aumentando l’offerta di moneta e accettando, di conseguenza, un aumento dell’inflazione;           
    4. determinando deflazione e disoccupazione negli altri Paesi europei.

Gli altri Paesi europei iniziano a subire la pressione tedesca ed incontrarono la recessione indotta da un processo di deflazione. I Pesi potrebbero ottenere una svalutazione ma in presenza di rigidi vincoli non è possibile. Per rispettare le regole del serpente monetario gli altri Paesi non possono che seguire le decisioni tedesche, subendo la fase di recessione. Ad un certo punto questa situazione porta alla svalutazione della sterlina e della lira. Spesso si è parlato di una svalutazione immotivata della lira, forzata da ragioni economiche e, soprattutto, politiche.

 Nel 1992 inizia un nuovo percorso di risanamento e di rientro in certi parametri stabiliti. Il 31 dicembre 1998 vengono ufficializzati i tassi di cambio tra le monete appartenenti all’area euro e l’euro stesso. Tra il 1999 e il 2002 si è vissuto un periodo di transizione, con tassi di cambio fissi. Il simbolo dell’euro (€), richiama la moneta greca, in quanto la Grecia può essere considerata la culla della civiltà europea. Si è deciso di utilizzare tante monete in previsione della futura perdita del potere di acquisto delle monete stesse. Gli organismi monetari internazionali sono responsabili del governo dell’indebitamento dei Paesi in via di sviluppo.

Il FMI ha continuato, anche dopo la caduta del sistema di Bretton Woods, a erogare prestiti in dollari ai Paesi in via di sviluppo. Oggi si pone il problema dell‘insostenibilità del debito estero da parte di questi Paesi, che non hanno efficientemente utilizzato i fondi disponibili: la crescita attesa non si è verificata e si nuovi aggiunti nuovi prestiti, sempre in dollari, per pagare gli interessi sui debiti esistenti. Il dollaro nel corso del tempo è iniziato a crescere: per questo motivo i Paesi in via di sviluppo devono restituire un debito che nella loro valuta è cresciuto in modo esponenziale; tutta la produzione del Paese è destinata al pagamento di una parte del debito contratto. Ad esempio, la crisi in Argentina nasce con la contrazione di debiti in dollari e con la volontà, da parte del governo argentino, di mantenere una parità fittizia con il dollaro.