La riduzione del capitale sociale
La riduzione del capitale sociale ha luogo in due possibili modi: riduzione reale, realizzata mediante una diminuzione del patrimonio netto (e conseguente rimborso ai soci) quando il livello del capitale viene ritenuto esuberante rispetto all’oggetto sociale e riduzione nominale, consistente in un adeguamento del capitale sociale al patrimonio netto sceso al di sotto del capitale nominale in seguito alle perdite accumulate dalla società. A queste ipotesi se ne aggiungono altre connesse a diversi fenomeni in relazione ai quali si può verificare una riduzione del capitale sociale.
Più idonea sul piano pratico pare la distinzione tra casi di riduzione obbligatoria e facoltativa del capitale sociale, a seconda che la società debba o possa ridurre il capitale medesimo. Tutte le fattispecie di riduzione del capitale devono rispettare il limite generale posto dall’art. 34 della Seconda dir. soc., secondo cui qualsiasi operazione di riduzione non può portare il capitale sociale al di sotto della soglia fissata dal legislatore comunitario (all’art. 6), a meno che il capitale non sia contestualmente aumentato sino a tale importo.
La finalità delle disposizioni che disciplinano l’ipotesi di riduzione mediante diminuzione del patrimonio netto, è armonizzare una serie di regole dettate a tutela dei soci e dei creditori sociali; questi ultimi fanno affidamento sull’integrità ed effettività del capitale sociale e sono interessati a conoscere ed eventualmente opporsi a riduzioni del capitale sociale che possano pregiudicare i loro diritti. Si afferma la necessità che gli Stato membri tutelino l’osservanza ed armonizzino l’applicazione dei principî atti a salvaguardare la parità di trattamento degli azionisti che si trovano in condizioni identiche e la protezione dei creditori esistenti prima della decisione di riduzione.
Il procedimento di riduzione reale del capitale sociale
L’eccezionalità e la pericolosità dell’operazione in relazione alla funzione del capitale sociale spiegano la previsione da parte del legislatore di una serie di cautele procedimentali nell’interesse dei soci e dei creditori. La tutela dei soci viene realizzata dall’art. 30 della Seconda dir. soc., che detta una procedura rigorosa per addivenire alla riduzione, prevedendo che:
- l’avviso di convocazione dell’assemblea deve contenere indicazione dello scopo e modalità della riduzione;
- la delibera dell’assemblea deve essere assunta con il voto favorevole di una maggioranza che non può essere inferiore ai due terzi dei voti attribuiti ai titoli rappresentati o al capitale sottoscritto rappresentato, fermo restando che gli Stati membri possono prevedere che sia sufficiente la maggioranza semplice dei voti per il caso in cui sia rappresentata almeno la metà del capitale sottoscritto;
- la delibera assembleare deve essere oggetto di pubblicità secondo le forme di cui all’art. 3 della Prima dir. soc.;
- se esistono più categorie di azioni, la decisione dell’assemblea dei soci sulla riduzione del capitale sociale è subordinata alla votazione separata di ciascuna categoria di azionisti i cui diritti siano lesi dall’operazione.
Con riguardo alle modalità con cui la riduzione deve essere effettuata, il dato normativo è scarno; l’operazione può essere realizzata liberando i soci dall’obbligo di versamenti ancora dovuti ovvero rimborsando agli stessi parte del capitale. La scelta deve ritenersi rimessa all’assemblea che dovrà osservare il principio della parità di trattamento tra gli azionisti.
La tutela dei creditori sociali
Alla tutela dei creditori sociali sono dedicati gli artt. 32 e 33 della Seconda dir. soc.; a tale riguardo, il legislatore comunitario ha distinto le due fattispecie della riduzione reale e nominale del capitale sociale. Per l’ipotesi di riduzione reale del capitale, l’art. 32 impone agli Stati membri di prevedere una forma di garanzia per i creditori il cui titolo sia anteriore alla pubblicazione della decisione di riduzione del capitale sociale, relativamente ai crediti non scaduti al momento della pubblicazione. Tale diritto può essere negato dagli Stati membri solo se il creditore gode di adeguate garanzie o se queste non sono necessarie tenendo conto del patrimonio della società.
Gli Stati membri sono tenuti a disporre che la riduzione del capitale sociale non sia operante finché i creditori non siano soddisfatti o un’autorità giudiziaria non abbia rigettato la loro domanda. L’art. 33 si riferisce all’ipotesi di riduzione nominale del capitale sociale, consentendo agli Stati membri di non applicare quanto disposto dall’art. 32 nelle ipotesi di operazioni poste in essere allo scopo di compensare le perdite.
La riduzione nominale non comporta alcuna riduzione del patrimonio della società, che si è già verificata a seguito delle perdite, e l’operazione è meramente volta ad adeguare la cifra del capitale nominale al minor valore dell’attivo netto. In tal caso, i creditori potranno trovare tutela impugnando la delibera assembleare che ha disposto la riduzione, per quei vizi rispetto ai quali sia consentita l’impugnazione anche da parte di terzi.
Anche nel procedimento di riduzione nominale del capitale deve essere rispettata la parità di trattamento tra gli azionisti. Ove non sussistano diverse categorie di azioni, le perdite devono gravare in egual misura su tutti gli azionisti, o mediante riduzione del valore nominale di tutte le azioni emesse o mediante annullamento di un determinato numero di azioni proporzionale tra tutti gli azionisti.
Qualora siano state emesse azioni di diversa categoria, sarà necessario il voto favorevole di ciascuna categoria di azionisti i cui diritti siano lesi dall’operazione di riduzione. Occorrerà verificare se le diverse categorie di azioni partecipano alle perdite in misura eguale o meno per rispettare il principio della parità di trattamento. Non tutte le perdite interessano il legislatore comunitario, ma soltanto quelle gravi; l’art. 17 della Seconda dir. soc. lascia agli Stati membri libertà di determinazione in ordine alla misura percentuale che fa qualificare grave l’entità di una perdita, purché detta misura non venga fissata a più di metà del capitale sottoscritto. Verificandosi una perdita grave l’art. 17 non specifica le misure da adottare, ma si limita ad imporre genericamente la convocazione dell’assemblea per gli opportuni provvedimenti (sciogliere la società o prendere altri provvedimenti).
L’art. 33 estende la possibilità di escludere le tutele previste in favore dei creditori per l’ipotesi di riduzione reale del capitale anche per il caso in cui le somme liberate a seguito della riduzione non vengano distribuite ai soci bensì accantonate in una riserva, purché l’importo di detta riserva non sia superiore al 10% del capitale sottoscritto risultante a seguito della riduzione. La riserva dovrà avere il carattere dell’indisponibilità e utilizzabilità solo per copertura di future perdite o per aumento del capitale mediante incorporazione di riserve, nella misura in cui gli Stati membri consentano tale operazione; in tal modo la garanzia per i creditori rimane sostanzialmente inalterata, posto che non si verifica alcuna liberazione della parte di capitale oggetto di riduzione.