Analisi di alcuni elementi non affrontati nell’articolo 2082 del codice civile

Liceità dell’attività

Non si specifica che l’attività svolta dall’imprenditore debba essere lecita. Un attività è considerata illecita quando viola una o più norme imperative, (quando non è conforme ai regolamenti, agli obblighi di concorrenza, quando l’attività non ha le concessioni/licenze/autorizzazioni prescritte per lo svolgimento dell’attività) è contraria all’ordine pubblico, è contraria al buon costume, è immorale. Per stabilire se possiamo considerare un’attività illecita attività di impresa ci dobbiamo rifare al principio per cui da un attività illecita non possono sorgere benefici: ciò comporta che chi svolge un’attività illecita sarà sottoposto a tutti gli obblighi previsti per l’imprenditore commerciale (quindi è esposto a fallimento) ma non riceverà i benefici derivanti dal suo status.

Impresa illegale = senza autorizzazioni concessioni

Tale illecito non esclude l’acquisto della qualità di imprenditore con pienezza di effetti sia sfavorevoli che favorevoli e tutte le sanzioni del caso amministrative e penali. È esposto al fallimento.

Impresa immorale = oggetto dell’attività illecito

Non potrà ricavare assolutamente i benefici derivanti dalla qualifica di imprenditore (pretese del titolare d’azienda, agire per chiedere tutela della concorrenza, eccetera) ma sarà sottoposto esclusivamente agli obblighi ed esposto a fallimento. Per le professioni intellettuali la qualifica di imprenditore è esclusa dal legislatore. I liberi professionisti in quanto tali non sono imprenditori: lo sono soltanto quando la professione intellettuale è esercitata nell’ambito di un’altra attività qualificabile come impresa (medico che dirige la sua clinica privata); diventa imprenditore quando l’apparato di cui si serve non è più strumentale rispetto all’attività della professione, ovvero della sua attività personali.

Se il libero professionista ha dei dipendenti non è imprenditore: l’esercizio di una professione non costituisce di per sé attività di impresa, neppure quando l’attuazione di tale attività comporti l’impiego di mezzi materiali e dell’opera di qualche ausiliario. Perché? Ciò è un beneficio concesso ad alcune attività, volutamente volto a tutelare, almeno inizialmente, le attività protette, ovvero quelle disciplinate da un ordine professionale, per il cui esercizio è richiesto il superamento di un esame e l’iscrizione all’albo. L’ordine assolve infatti a funzioni di vigilanza qualitativa della prestazione erogata, imponendo esami d’accesso, aggiornamenti e effettuando controlli a tutela dei clienti.

Attualmente però, molti liberi professionisti esercitano attività non regolate da nessun ordine professionale, quindi non sono sottoposti né al controllo dell’ordine né alle regole volute per l’imprenditore. Non sono sottoposti al fallimento ma non godono nemmeno degli strumenti di difesa a tutela della concorrenza, della disciplina del marchio e dell’azienda.

Erogano le loro prestazioni per mezzo del contratto d’opera intellettuale che prevede l’esecuzione personale della prestazione. Chi sono? Si usa un criterio sostanziale dato che non tutte le professioni sono iscritte all’albo, basato sul carattere eminentemente intellettuale della prestazione: non è libero professionista (anche se iscritto all’albo apposito) ma imprenditore commerciale il farmacista perché vende specialità farmaceutiche acquistate dalle case produttrici.