Potenzialità e limiti alla metafora politica

Potenzialità.

Nonostante i fenomeni politici stiano alla base della maggior parte delle azioni messe in atto in un organizzazione, questo fatto raramente viene ammesso apertamente; la politica viene discussa solitamente in privato, in presenza di persone fidate o con i membri della stessa coalizione. La politica organizzativa diventa un argomento tabù e di conseguenza risulta difficile trattarlo in maniera esauriente. Ogni aspetto della vita organizzativa trova origine in qualche interesse specifico e la metafora organizzativa aiuta a comprendere il fenomeno che esiste tra il fenomeno politico e quello organizzativo. La metafora politica sfalda il mito della razionalità organizzativa: è vero che una direzione razionale, efficace ed efficiente è fondamentale, ma questa razionalità a favore di chi opera? Tutte le decisioni prese dai dirigenti e spacciate per razionali non sono altro che il frutto degli interessi politici dei dirigenti stessi; queste decisioni sono ovviamente razionali, efficaci ed efficienti ma allo stesso tempo permettono a chi le ha prese di perseguire i propri obiettivo. Inoltre la visione della razionalità può cambiare da individuo a individuo, ciò che può sembrare razionale a una persona non necessariamente è considerato razionale anche dagli altri (per il semplice fatto che non tutti hanno gli stessi interessi e obiettivi). Il concetto di razionalità viene usato per mantenere una certa integrità nell’organizzazione, enfatizzare la razionalità come giustificazione alle decisioni prese (cercando di nascondere il fatto che quelle decisioni sono state prese per raggiungere un interesse personale).

La metafora politica, a differenza di quella meccanicistica e organicistica (le quali consideravano l’organizzazione come un sistema integrato), considera le organizzazioni per quello che sono, ovvero insiemi disintegrati di persone con interessi differenti. Ulteriore punto a favore deriva dal fatto che questa metafora introduce la variabile politica nell’analisi del comportamento umano. Alla base della maggior parte dei comportamenti c’è un interesse specifico, ovviamente questo non significa che tutte le azioni umane sono spinte dall’egoismo e dalla voglia di realizzare i propri interessi, gli individui sono diversi e le tendenze politiche di alcuni possono essere più marcate di quelle di altri. Infine la metafora ci rende consapevoli del ruolo che le organizzazioni giocano nella società e delle conseguenti implicazioni sociopolitiche (se il nostro Paese è democratico, è giusto che un individuo per otto ore al giorno esegua degli ordini?)

Limiti.

L’analisi dell’organizzazione dal punto di vista politico può portare a un vera e propria politicizzazione del fenomeno organizzativo; questo spingerebbe gli individui a intravedere implicazioni politiche in tutte le azioni umane (gli individui diventerebbero spiriti machiavellici). Ultimo limite riguarda l’eccessiva enfatizzazione dei principi pluralistici; è vero dire che ogni individuo mira a realizzare i propri interessi e che all’interno di un’organizzazione più di una persona detiene il potere. La metafora politica a volte sopravvaluta il potere dei singoli individui affermando che molti di essi sono dotati di potere (proveniente da fonti differenti).

Il lato negativo: le organizzazioni come strumenti di potere. 

Il progresso e l’evoluzione delle organizzazioni ha avuto da un lato effetti positivi, ma ha prodotto anche effetti negativi. La maggior parte dei cibi che ingeriamo quotidianamente sono raffinati con conservanti, coloranti e scoloranti, correttori di acidità e acidificanti, ma nonostante ciò vengono pubblicizzati: le aziende pagano milioni per pubblicizzare prodotti dannosi per la salute, contribuendo alla diffusione di malattie cardiache, polmonari e in ultimo del cancro (sigarette e altri derivati del tabacco in primis). Il problema che questo non è l’unico danno; le organizzazioni nuocciono anche all’ambiente, con le tonnellate giornaliere di rifiuti e scorie di ogni tipo, che raramente vengono smaltite per via degli altri costi di smaltimento. Molte multinazionali oltre a provocare effetti dannosi per la saluti e l’ambiente, calpestano anche le libertà delle popolazioni dei paesi in cui instaurano le loro filiali. Il problema di fondo è che tutto questo non viene impedito; la diffusione di malattie, il degradamento ambientale e gli incidenti sul lavoro sono considerati un aspetto inevitabile. L’immagine dell’organizzazione che ha come obiettivo il soddisfacimento degli interessi di tutti maschera la realtà: le organizzazioni spesso e volentieri tralasciano aspetti estremamente importanti (inquinamento, danni alla salute), quindi i loro prodotti non soddisfano l’interesse di tutti, bensì quello di una percentuale della popolazione.

L’organizzazione e il dominio.

Il fenomeno organizzativo viene ricollegato ai processi di dominio sociale, caratterizzati dall’elaborazione, da parte di singoli individui o di gruppi, di strumenti per imporre la propria volontà agli altri. Questi processi si sono verificati nel corso dei secoli e si sono evoluti fino al giorno d’oggi. Basti pensare alla nascita degli eserciti (un esercito è costituito da individui che eseguono gli ordini di qualcuno che sta sopra di loro) e alla costruzione delle piramidi; nella costruzione della piramide di Giza sono stati impegnati un numero esorbitante di persone, anche se andrebbero definiti schiavi, per il posizionamento di 2300 blocchi, tutti trasportati a mano per molte miglia. Per questo motivo la storia della sua costruzione viene spesso utilizzata come metafora dello sfruttamento. Nelle organizzazioni moderne i dipendenti non sono più schiavi in quanto hanno acquisito dei diritti (diritto di sciopero, diritto alle dimissioni) e sono salariati. I capi sono perlopiù azionisti e non faraoni, ma siamo sempre in presenza di una situazione tale che lo sforzo di molti reca beneficio a pochi. Tra gli studiosi di questo aspetto della realtà organizzativa ricordiamo Weber, Robert Michels e Karl Marx.

Weber concentrò particolarmente la sua attenzione sulla funzione della burocrazia nei processi di dominio e sull’analisi delle diverse forme di burocrazia che hanno caratterizzato le diverse epoche storiche. Secondo lui il dominio può realizzarsi sia attraverso l’uso diretto della minaccia e della forza, sia attraverso forme più sottili quali la legittimazione (esercizio del potere da parte di un individuo riconosciuto dalla società), in base alla quale il governante si sente in diritto di governare e i governanti si sentono in dovere di obbedire. Weber individua tre tipi di autorità:

  • Carismatica: il capo riesce a comandare sulla base di qualità personali. I subordinati hanno fiducia in quella persona e lo legittimano a comandare. La burocrazia è poco articolata e instabile e solitamente è costituita da un numero ristretto di persone di fiducia del capo.
  • Tradizionale: il capo è legittimato a comandare dal rispetto della tradizione e del passato (ad esempio nella monarchia assoluta). Il governante può avvalersi di due tipi di burocrazia, quella patriarcale nella quale gli amministratori rispondono delle loro azioni direttamente al capo e sono pagati (solitamente parenti o persone di fiducia) e quella feudale, nella quale gli amministartori hanno una certa indipendenza, nel senso che in cambio della fedeltà al capo viene loro riconosciuta un’autonomia in settori ben delimitati (ma non vengono pagati).
  • Razionale – legale: l’autorità è regolata da leggi e procedure; il potere è legittimo solo se si ottiene nel rispetto di quelle leggi e attraverso le procedure previste. La burocrazia è una struttura razionale – legale e l’autorità è posta al vertice di essa.

Weber rileva che i tre tipi di dominio raramente sono riscontrabili in forma pura, le organizzazioni tendono a presentare delle forme di dominio miste e per questo motivo al loro interno è riscontrabile un certo livello di tensione. Secondo Weber la burocratizzazione delle organizzazioni è una minaccia alle libertà e ai valori social – democratici umani, in quanto coloro che sono al vertice strumentalizzano la burocrazia per perseguire gli interessi a lo cari e non gli interessi della massa. Per questo motivo la burocrazia potrebbe trasformarsi in una gabbia di ferro, se l’amministrazione è totalmente burocratizzata chi sta al vertice ha una sorta di potere inamovibile. Anche Michaels è sulla stessa linea di pensiero, egli teme il fatto che spesso le organizzazioni vengano controllate da una cerchia ristretta di person, dando vita a una sorta di oligarchia (che letteralmente significa “Governo dei pochi”; il filosofo Aristotele temeva questa forma di governo non perché antidemocratica, ma perché i pochi che detenevano il potere o non ne avevano il diritto, o lo facevano infrangendo la legge o abusavano del loro potere). Egli afferma che tendenzialmente coloro che arrivano al potere cercano di portare a termine i loro interessi e non quelli della collettività; la democrazia diventa così una facciata dietro alla quale si nasconde ciò che in realtà è l’oligarchia. Come già visto nella metafora politica spesso le azioni realizzate dai capi vengono giustificate con il principio di razionalità quando in realtà sono spinte da un’interesse specifico.