Il mercato dei cambi

Caratteristiche qualificative

Il mercato dei cambi presenta varie caratteristiche. Innanzitutto, possiamo dire che è il mercato più grande al mondo: sul mercato dei cambi si negoziano quotidianamente circa 2.000 miliardi di dollari (più del PIL della Svizzera). In secondo luogo, il mercato dei cambi è l’unico vero mercato globale, che funziona 24 ore al giorno. All’interno di questo mercato si negozia un prezzo (il tasso di cambio è il prezzo del potere di acquisto espresso in una valuta rispetto al prezzo del potere di acquisto espresso in un’altra valuta), ma il luogo in cui si negozia è irrilevante, perciò il mercato non si ferma mai. Il mercato dei cambi parte a Tokio; quando Tokio sta chiudendo apre Londra; quando Londra sta chiudendo apre New York; quando New York sta chiudendo riparte Tokio. La terza caratteristica del mercato dei cambi è quella di essere un mercato prevalentemente all’ingrosso di tipo interbancario. Il denaro che i clienti prenotano quando devono recarsi all’estero rappresenta la parte al dettaglio di questo mercato ed è in realtà una minoranza del mercato globale. Si parla quindi di mercato all’ingrosso di tipo interbancario perché i tagli delle operazioni sono significativi e perché questi importi circolano tra banche che scambiano continuamente acquisti e vendite tra di loro.

L’enorme giro di affari relativo al mercato dei cambi deriva dal fatto che le banche comprano quantità significative di una certa valuta, per osservare poi cosa succede al prezzo di quella valuta negli istanti immediatamente successivi: se il prezzo sale, anche di poco, avendo acquistato una quantità significativa, dalla vendita si otterranno ingenti profitti. Quindi, le operazioni si chiudono in tempi brevissimi, al massimo alcune ore dopo il loro inizio. Il mercato dei cambi è perciò un mercato totalmente speculativo, sia in senso positivo che in senso negativo: positivo perché speculare significa “guardare avanti”, e chi investe rischia molto, ma, se ha avuto l’intuizione giusta, guadagna anche molto; negativo perché non c’è un’economia reale sottostante, perciò, se le operazioni portano i prezzi ad allontanarsi troppo dalla realtà, possono manifestarsi problemi molto seri.

Inoltre, il mercato dei cambi è un mercato molto competitivo e fortemente concentrato: competitivo perché i leader cambiano di anno in anno; concentrato perché i primi dieci trader movimentano da soli circa il 75% di quei 2.000 miliardi di dollari al giorno di cui abbiamo parlato inizialmente. Questi due elementi contribuiscono ad incrementare il rischio che potenzialmente si corre operando su questo tipo di mercato: nel caso in cui una banca specializzata in operazioni in cambi fallisca, l’effetto domino per le controparti potrebbe essere molto ampio.

Per questo motivo, il mercato dei cambi viene attentamente osservato dai regolatori, sebbene si tratti di un mercato per sua caratteristica deregolamentato. Deregolamentato significa che i modi in cui si negozia e chi può negoziare non sono stabiliti per legge.

Tuttavia, il mercato non è totalmente deregolamentato, nella misura in cui gli intermediari che operano al suo interno sono regolamentati: i regolatori, infatti, sperano di controllare indirettamente il mercato attraverso la regolamentazione degli intermediari (la regolamentazione più significativa è quella relativa al capitale, su cui insiste la normativa di Basilea 2: a più alti livelli di rischio assunti deve corrispondere una più alta dotazione di capitale). Per il fatto di essere deregolamentato, il mercato dei cambi viene definito un mercato OTC (Over The Counter, “sul banco” in italiano): questa espressione deriva dalla terminologia farmaceutica, in cui viene usata per indicare i prodotti da banco, per i quali non è necessaria la ricetta, e viene utilizzata in questo contesto per indicare la libertà di negoziazione.

Cosa si negozia

Abbiamo già detto che, in generale, all’interno del mercato dei cambi si negozia un prezzo rispetto a un altro prezzo, ma ora entreremo più nel dettaglio. Il mercato dei cambi può essere distinto in due grandi segmenti: cambio a pronti e cambio a termine.

I contratti di cambio a pronti fanno riferimento a quelle operazioni che vengono regolate entro 48 ore dalla data di negoziazione: ciò significa che l’operazione di acquisto o di vendita di una valuta darà vita ai relativi flussi di cassa entro 48 ore. Ormai, questo arco temporale è praticamente virtuale e rimane come retaggio di un mercato dei cambi che, fino a poco tempo fa, era di tipo telefonico e richiedeva un tempo tecnico di circa 48 ore per la regolazione delle operazioni. Oggi il mercato dei cambi è quasi esclusivamente elettronico e i tempi tecnici per trasmettere gli ordini di addebito o di accredito si sono notevolmente ridotti. Perciò, il termine di 48 ore è in realtà indicativo di un tempo tecnico necessario per la consegna e il ritiro.

I contratti di cambio a termine, invece, fanno riferimento a quelle operazioni che vengono regolate oltre le 48 ore. In questo caso, la scelta non deriva più da finalità pratiche e tecniche, ma da ragioni contrattuali di qualche tipo. Dal momento che il mercato dei cambi è un mercato OTC, il mercato dei contratti a termine è totalmente personalizzabile, ma, generalmente, si fa ricorso a scadenze tipiche: 1, 3, 6, 9 e 12 mesi. Le scadenze più liquide sono quelle che vanno da 1 a 6 mesi; progressivamente si negozia sempre meno e oltre i 12 mesi il mercato diventa molto meno liquido, perciò sono pochi i trader disposti a negoziare.

Fino a una decina di anni fa, i trader svolgevano la loro attività speculativa prevalentemente nel comparto a pronti, mentre negli ultimi dieci anni i trader si sono progressivamente spostati nel comparto dei contratti a termine.

Come si negozia

Abbiamo già detto che il tasso di cambio è il prezzo del potere di acquisto espresso in una valuta rispetto al prezzo del potere di acquisto espresso in un’altra valuta, ma il fatto che si negozi un prezzo rispetto a un altro prezzo può sembrare un concetto un po’ astratto. Per capire come avvengono le negoziazioni dobbiamo fare un ragionamento che prende avvio da alcune convenzioni.

Convenzionalmente, il “come si negozia” da vita a due meccanismi di negoziazione: certo x incerto: quantità certa (fissa) di valuta domestica x quantità incerta (variabile) di valuta estera. Prima di vedere dove viene usata questa convenzione, precisiamo che, in tutte le convenzioni, la valuta in quantità certa deve essere considerata come la merce oggetto di scambio, mentre la quantità incerta è il prezzo di quella merce. In ordine preciso, le valute e/o i mercati che usano questo tipo di convenzione sono: € (euro), Lgs o Gbp (sterlina), Aus $ (dollaro australiano), $ (dollaro). L’euro, in qualsiasi parte del mondo, quota sempre certo, perciò, per tutta l’aerea euro vale questo tipo di convenzione. A Londra, invece, la sterlina quota con questa convenzione nei confronti di tutte le valute eccetto l’euro. Lo stesso avviene per il dollaro australiano nei confronti di euro e sterlina, e per il dollaro americano nei confronti di euro, sterlina e dollaro australiano; incerto x certo: quantità incerta (variabile) di valuta domestica x quantità certa (fissa) di valuta estera. Questa convenzione vale per tutte le valute diverse dalle quattro viste in precedenza. Per fare un esempio, supponiamo di voler valutare il prezzo del potere d’acquisto espresso in yen rispetto al prezzo del potere d’acquisto espresso in franchi svizzeri: se la negoziazione avviene a Tokio, la valuta merce sarà il franco svizzero, mentre lo yen sarà il prezzo; viceversa, se la negoziazione avviene a Zurigo, la valuta merce sarà lo yen, mentre il franco svizzero sarà il prezzo.

Quelle viste, quindi, sono le convenzioni con cui si esprimono i prezzi.

Meccanismi di negoziazione

Il mercato dei cambi è il secondo mercato di dealer che incontriamo (il primo era il mercato interbancario), ossia un mercato in cui vale il principio del “two-way quotation system”. Bisogna quindi capire che cosa indicano i prezzi e che tipo di impegno assume chi quota i prezzi.

Innanzitutto, ricordiamo che il dealer è sempre il price maker, ossia colui che fa i prezzi. Quando i clienti “colpiscono” il dealer, lo colpiscono sui prezzi che lui ha stabilito, ossia sono price taker. In questa situazione l’indeterminatezza è forte, perché alcune volte i dealer negoziano tra di loro: in generale, quando un dealer colpisce i prezzi di un altro dealer si spoglia del suo ruolo e assume anch’esso quello di cliente.

L’ultimo elemento convenzionale che ricordiamo è il modo con cui si esprimono i tassi di cambio. Abbiamo già detto che i tassi di cambio sono rapporti (prezzo/prezzo), perciò, quando scriviamo, ad esempio, $/€, indichiamo il numero di dollari divisi per una certa quantità fissa di euro. Ciò significa che al denominatore troviamo sempre la valuta merce (la valuta certa), mentre al numeratore troviamo sempre il prezzo (la valuta incerta).

Didatticamente, questo rapporto aritmetico è la maniera corretta per esprimere i cambi ed impostare poi tutte le operazioni, ma spesso il mercato utilizza delle convenzioni che possono complicare un po’ la situazione. Normalmente, il rapporto aritmetico visto in precedenza viene indicato come EURUSD, dal momento che nel linguaggio comune si è soliti indicare prima la merce e poi il prezzo, anziché ricorrere al rapporto aritmetico; altre volte, invece, troviamo l’indicazione EUR/USD: in questo caso è importante ricordare che il segno divisorio corrisponde ad un trattino e non ad un segno di frazione.

I due prezzi quotati all’interno del mercato dei cambi prendono il nome di tasso bid (denaro) e tasso ask o offer (lettera).

Esempio: BID -> ASK/OFFER –>$/€ 1,41-> 1,42

In virtù di quanto detto finora, 1,41 e 1,42 sono dollari per ogni euro, e sono i prezzi a cui il dealer si dichiara disposto ad operare: il bid è il prezzo a cui il dealer acquista la merce, gli euro, la valuta certa; l’ask è il prezzo a cui il dealer vende la merce, gli euro, la valuta certa.

Dal punto di vista del cliente, invece, il bid è il tasso a cui il dealer vende la valuta incerta, mentre l’ask è il tasso a cui il dealer acquista valuta incerta.

Il differenziale ask-bid è sempre maggiore di 0 e rappresenta, in linea teorica, il profitto che il dealer può ottenere: se il dealer acquista euro ad 1,41$ e istantaneamente rivende gli euro a 1,42$, la differenza sarà il suo guadagno. In realtà non accade sempre così, perché se il dealer acquista in un momento e non rivende immediatamente, nell’arco temporale che intercorre tra l’acquisto e la vendita i prezzi possono essere cambiati. Vedremo che, in ogni caso, l’euro-dollaro presenta lo spread più basso in assoluto. Le determinanti dello spread sono: volume (-): la relazione tra spread e volume a cui si negozia è negativa, ossia tanto più il contratto in questione è negoziato e tanto più sarà piccolo lo spread. Questo perché lo spread non è solo il pagamento per il servizio che il dealer offre, ma è anche la remunerazione per il rischio che si assume: più è alto il volume a cui si negozia e più il rischio si riduce, dal momento che sarà più alta la probabilità di trovare qualcuno disposto a vendere e, poco dopo, qualcuno disposto ad acquistare. Il tasso euro-dollaro è il più negoziato, perciò gli spread saranno i più bassi in circolazione; volatilità (+): la relazione tra spread e volatilità dei tassi di cambio è positiva, ossia tanto più i tassi di cambio si muovono e tanto più gli spread si alzano. Questo perché tanto più è volatile il mercato e tanto più il dealer rischia, perciò sarà disposto ad operare solo allargando la differenza tra prezzo di acquisto e prezzo di vendita; momenti della giornata: lo spread tende ad avere dimensioni diverse in determinati momenti della giornata di negoziazione. Per capire cosa accade dobbiamo considerare la giornata tipo di un cambista: egli, quotidianamente, compravende, e agisce con l’intenzione di tenere meno posizioni aperte possibili per il giorno seguente. Questo perché, se un cambista che opera sul mercato di Londra termina la sua giornata lavorativa avendo ancora posizioni aperte, la mattina seguente rischia di trovare dei prezzi che, nel frattempo, a New York e a Tokio, sono cambiati molto. Ciò comporta che i cambisti che cominciano a lavorare alle 7 del mattino avranno, inizialmente, poche posizioni aperte, ossia saranno al minimo dei volumi. Progressivamente l’operatività aumenterà, per arrivare a toccare il culmine nella fascia compresa tra le 11 del mattino e le 2 del pomeriggio. Dopo le 2 del pomeriggio, i trader cominceranno a chiudere le proprie posizioni e non cercheranno di aprirne di nuove, perciò, a meno che non si presentino eventi dirompenti per cui valga la pena scommettere anche a fine giornata, progressivamente il volume si ridurrà nuovamente. Quindi, in virtù dei volumi a cui si negozia, lo spread sarà ai massimi all’apertura e alla chiusura dei mercati e ai minimi nelle fasi centrali; eventi importanti (+): esiste una relazione diretta tra il livello dello spread e alcuni eventi significativi, come eventi macroeconomici o eventi politici, quali ad esempio le elezioni, che possono cambiare il regime economico di un certo Paese. In generale, la prossimità di eventi significativi comporta volatilità, sebbene diversa da quella generale già considerata come determinante del livello dello spread.