I fondi aperti

La costituzione di un fondo aperto avviene per iniziativa di una società che, ottenuta l’autorizzazione dalla Banca d’Italia, sentita la Consob, promuove la Sgr e riesce a convincere diversi quotisti a sottoscrivere il fondo.

In primo luogo, i fondi aperti avranno un obiettivo di raccolta, indispensabile per raggiungere un equilibrio tra costi e ricavi: infatti, la Sgr riceverà delle commissioni per il servizio di gestione di patrimoni che offre (commissioni che in Italia sono abbastanza care, intorno all’1,5%), perciò, se il fondo ha dimensioni adeguate, i ricavi saranno sufficienti a tenere in piedi tale struttura; se il fondo ha invece dimensioni modeste, i ricavi non saranno sicuramente sufficienti a coprire tutti i costi di una struttura come una Sgr. Per questo motivo, durante la fase costitutiva, si definisce un obiettivo minimo di raccolta, che è quello al di sopra del quale la Sgr ottiene una remunerazione per la propria attività. Se, al momento della costituzione, tale obiettivo non è stato raggiunto, la Sgr avrà tutta la convenienza a non far partire il fondo e a restituire i capitali agli investitori.

Poniamo, invece, che la Sgr raggiunga l’obiettivo minimo di raccolta e costituisca il fondo aperto. Prima di andare ad analizzare nello specifico il funzionamento di un fondo aperto, è importante identificare i soggetti di questo fondo, che saranno obbligatoriamente tre, ma possono essere anche quattro: Sgr; partecipanti al fondo: gli investitori che forniscono capitale; banca depositaria: ha una funzione di garanzia per il funzionamento del fondo, perché garantisce ai partecipanti al fondo che i capitali da loro investiti saranno gestiti secondo quanto previsto dal regolamento del fondo stesso. Inoltre, la banca depositaria è anche l’organismo che negozia i titoli e li detiene in portafoglio e perciò eseguirà tutte le operazioni ad essi legate: staccherà le cedole se si tratta di obbligazioni, staccherà i dividendi se si tratta di azioni, staccherà i diritti di opzione se si tratta di azioni di società che deliberano un aumento di capitale, ecc; rete di vendita: è il quarto soggetto che non necessariamente parteciperà al fondo, perché, spesso, le Sgr fanno capo a gruppi bancari che dispongono già di una rete di vendita. In questo caso la rete di vendita non sarà necessaria, perché la Sgr, di proprietà del gruppo bancario, raccoglie i fondi tra gli investitori, conferisce la gestione del portafoglio ad una banca depositaria terza (per evitare conflitti di interessi) e colloca le quote in emissione attraverso la rete di vendita del gruppo bancario a cui fa capo. Tuttavia, le Sgr sono società per azioni che non necessariamente devono essere di proprietà di una banca, poiché chiunque può costituire un Sgr, se dispone dei requisiti previsti dal Testo Unico della Finanza. In questo caso, la Sgr sarà una struttura autonoma, che sceglierà la propria banca depositaria e si rivolgerà ad una rete di vendita per collocare le quote del fondo in emissione al pubblico indistinto degli investitori.

Per collocare le quote del fondo in emissione al pubblico indistinto degli investitori, la Sgr deve predisporre due documenti fondamentali: il prospetto informativo e il regolamento.

Questi documenti sono indispensabili perché le Sgr mettono in atto un’operazione che prende il nome di sollecitazione del pubblico al risparmio: a differenza di quanto avveniva con le Sim, le Sgr non hanno con gli investitori un rapporto di mandato attraverso il quale stabilire il livello di rischio degli investimenti, bensì dispongono di una rete di vendita attraverso la quale sollecitare gli investitori, che quindi dovranno capire esattamente quale sia la proposta. Ciò si realizza attraverso il prospetto informativo, all’interno del quale dovranno essere specificati i criteri di investimento del patrimonio, che consentiranno agli investitori di percepire il livello di rischio che vanno ad assumere. Il regolamento è invece meno importante rispetto al prospetto informativo e riporta semplicemente una serie di dettagli operativi.

Adesso torniamo ad esaminare nello specifico il funzionamento di un fondo aperto appena costituito. Poiché il fondo è aperto, in qualsiasi momento a partire dalla costituzione, i quotisti potranno richiedere il rimborso delle proprie quote, così come nuovi investitori potranno sottoscriverne di nuove. Siccome la sottoscrizione e il riscatto possono avvenire in qualsiasi momento, dopo la costituzione l’entità del fondo verrà continuamente modificata. Andiamo a vedere cosa può accadere.

Dopo aver raccolto dai sottoscrittori l’importo sufficiente a costituire il fondo, ad esempio 40 milioni, e aver raggiunto la data prevista per la sua costituzione, il capitale dovrà essere investito secondo quanto previsto nel prospetto. Supponendo che il prospetto preveda di investire all’interno del settore automobilistico, il primo giorno verranno acquistate le azioni di una serie di società automobilistiche, scelte in base al loro andamento economico e al loro peso nel mercato: se anche fossimo convinti che un titolo sia nettamente superiore agli altri, non potremmo investire solo in quello, perché mancherebbe la caratteristica della diversificazione degli investimenti, che è fondamentale nell’ambito della gestione collettiva. Immaginiamo che, al termine del primo giorno, vengano investiti 25 milioni, mentre gli altri 15 milioni siano ancora liquidi. Se anche il secondo giorno non mettessimo in atto nessuna nuova operazione, la possibilità che il portafoglio mantenga la stessa composizione del giorno prima è praticamente nulla. Questo perché, se anche la liquidità fosse rimasta pari a 15 milioni, tutte le azioni acquistate sarebbero state soggette all’oscillazione del loro valore di borsa. Supponiamo quindi che, al termine del secondo giorno, il valore degli investimenti sia salito a 26 milioni, per un valore globale del fondo di 41 milioni. Il valore globale del fondo, valutato giorno per giorno è fondamentale dal punto di vista degli investitori, perché se andiamo a dividere quel valore per il numero di quote, otteniamo il valore della singola quota, ossia la cifra che otterrebbe un investitore se chiedesse il rimborso della sua quota in quel preciso momento.

Immaginiamo adesso che il terzo giorno i gestori vadano ad investire il 100% del capitale del fondo, che non disporrà più di liquidità. Anche in questo caso potremo calcolare il valore globale del fondo e il valore della singola quota, ricordando che anche il numero di quote può variare a seguito di nuove sottoscrizioni o di riscatti. Ovviamente, tali quote saranno sottoscritte e riscattate al nuovo valore del fondo.

Nella teoria economica si sostiene che il fondo di investimento, in quanto operatore istituzionale esperto, rappresenti un elemento di stabilizzazione del mercato, perché dovrebbe capire quando è il momento di comprare e quando invece è il momento di vendere. In realtà, quando la borsa sale, normalmente sale anche il valore del fondo; salito il valore del fondo, coloro che vi avevano investito guadagnano, e questo attira nuovi sottoscrittori. I nuovi sottoscrittori sono coloro che, in un fondo che è arrivato ad investire il 100% del suo capitale, apportano nuova liquidità, che verrà utilizzata per effettuare nuovi investimenti. Ciò provoca un ulteriore aumento del valore del fondo e, a seguito dei nuovi investimenti, un ulteriore aumento del valore delle azioni, che a loro volta alimentano il valore del fondo, attirando nuove sottoscrizioni. Dall’altra parte, lo schema si ripete sostanzialmente in maniera analoga. Supponiamo di aver investito il 100% del capitale del fondo e che un investitore, che necessita di liquidità, si presenti a chiedere il riscatto delle sue quote. Riscattare le proprie quote significa chiedere un rimborso al fondo stesso, che però, avendo investito il 100% del suo capitale, non dispone di liquidità per soddisfare tale richiesta. L’unica cosa che potrà fare il gestore del fondo sarà vendere alcune delle azioni che detiene in portafoglio, per raccogliere la liquidità necessaria a far uscire il sottoscrittore dal fondo. Con la vendita, di fatto, si deprimerà il mercato azionario, per cui anche la quota del fondo comincerà a scendere. L’effetto a catena che avevamo visto in positivo in una fase di rialzo, si ripropone in negativo in una fase di ribasso, perché la vendita di titoli determinerà un ribasso del valore del fondo, che a sua volta provocherà le richieste di riscatto da parte di altri sottoscrittori e così via. Visti in questo mondo i fondi comuni di investimento non sono assolutamente uno strumento di stabilizzazione del mercato, anzi, esasperano l’andamento borsistico. Più precisamente, se il mercato è sostanzialmente piatto, è possibile che il fondo svolga questa funzione di stabilizzazione, poiché i gestori, in quanto operatori esperti, sapranno individuare più agevolmente i titoli sopravvalutati o sottovalutati, per decidere se vendere o acquistare; se invece l’andamento del mercato è molto altalenante, i fondi di investimento non saranno assolutamente in grado di stabilizzarlo, perché anche i singoli investitori saranno in grado di percepire le oscillazioni e di decidere di conseguenza, influenzando così anche l’andamento del fondo. Vedremo poi che la stabilizzazione vera è realizzata attraverso i fondi pensione, che hanno un andamento molto più stabile nella raccolta e nelle uscite e, di conseguenza, un bravo gestore del fondo pensione sarà in grado di acquistare e vendere alle condizioni effettivamente opportune.