I rapporti speciali di lavoro

Introduzione. La specialità come strumento di differenziazione della disciplina del rapporto per una specifica tutela del prestatore di lavoro

La previsione dei rapporti speciali di lavoro trae la sua giustificazione dall’esigenza di differenziare la disciplina del rapporto in relazione alle caratteristiche specifiche dell’attività lavorativa e alle concrete articolazioni della situazione di sottoprotezione sociale tipica del lavoratore subordinato. L’obiettivo della tutela della posizione del prestatore di lavoro richiede un adattamento del modello di tutela: la realtà del lavoro subordinato si presenta come un universo differenziato per gruppi professionali e aggregati sociali. In linea generale questa esigenza viene avvertita e soddisfatta dalla contrattazione collettiva: al contratto collettivo compete la funzione di fissare il regolamento normativo – tipo del rapporto.

Nei rapporti speciali di lavoro l’intervento legislatore è da ricollegare ad una valutazione di insufficienza o inadeguatezza della contrattazione collettiva o all’obiettivo di favorire la formazione professionale e l’occupazione. In conclusione, la specialità si atteggia come uno strumento di tecnica legislativa funzionale ad una articolazione della tutela del lavoratore. A fianco di questa ratio vi è la necessità di contemperare l’esigenza di tutela del lavoratore subordinato con altri interessi pubblici o collettivi ritenuti dal legislatore particolarmente rilevanti.

Sezione A: I rapporti speciale caratterizzati dalla tipicità degli interessi pubblici coinvolti.

Il rapporto di lavoro dei marittimi e della gente dell’aria

Trova la sua disciplina nel Codice della navigazione. Queste imprese sono sottoposte ad una speciale disciplina anche per il rapporto di lavoro, per ragioni di interesse pubblico connesse alle esigenze superiori della sicurezza e della regolarità della navigazione nonché della conservazione del patrimonio navigante. L’assunzione deve avvenire mediante stipulazione formale ed è subordinata all’iscrizione in appositi albi o registri. L’inserzione del lavoratore nautico nella speciale organizzazione formata dall’equipaggio, giustifica la sua sottoposizione al potere gerarchico del comandante e, prima ancora, dell’autorità pubblica.

A questo affievolimento della tutela del lavoratore nautico fa riscontro la previsione di garanzie rafforzatrici della tutela dei diritti patrimoniali. La specialità del rapporto di lavoro nautico trae il suo fondamento nel Codice della navigazione, riconosciuto quale fonte esclusiva dell’intera materia nautica. Ciò ha indotto anche il legislatore dello Statuto dei lavoratori ad introdurre una deroga all’applicabilità della L. 20 maggio 1970, n. 300. Recita il terzo comma dell’art. 35: “Ferme restando le norme di cui agli artt. 1, 8, 9, 14, 15, 16 e 17, i contratti collettivi di lavoro provvedono ad applicare i principi di cui alla presente legge alle imprese di navigazione per il personale navigante”.

 L’enunciato afferma il diritto del lavoratore nautico alla tutela della sua posizione nell’impresa lascia scoperta la concreta attuazione di front a tutta una serie di ipotesi. Al riguardo la Corte Costituzionale ha ridotto il rilievo del predetto rinvio alla contrattazione collettiva, escludendone l’operatività in materia di licenziamento e di sanzioni disciplinari. Per le controversie di lavoro della gente di mare, queste sono devolute alla competenza esclusiva del giudice del lavoro.

Il pubblico impiego. Le sue origini storiche

L’impiegato pubblico intratteneva con l’amministrazione un duplice rapporto:

  1. il rapporto organico, o d’ufficio, in base al quale egli era inserito nell’organizzazione amministrativa ed era legittimato ad esercitare i poteri connessi a quell’ufficio;
  2. il rapporto di servizio, dal quale discendevano diritti ed obblighi reciproci, non diversi da quelli del contratto di lavoro.

L’interazione tra i due rapporti aveva indotto a dare maggiore importanza alla relazione funzionale tra pubblica amministrazione e dipendente e quindi a sottolineare il momento dell’autorità da cui discendevano le seguenti conseguenze:

    1. il rapporto non si costituiva con il contratto, ma nasceva da un atto unilaterale dell’amministrazione pubblica (provvedimento di nomina) e ciò imprimeva sin dall’origine al rapporto un carattere autoritario;
    2. il rapporto era interamente disciplinato da leggi e regolamenti ed era gestito mediante l’emanazione di atti amministrativi sia per l’assunzione, sia per ogni altra vicenda modificativa, che per l’estinzione;
    3. la subordinazione era gerarchica e non meramente tecnico – funzionale, cioè connessa con la struttura gerarchica degli uffici nei quali si articola l’organizzazione degli apparati amministrativi;
    4. il giudice competente a conoscere delle relative controversie era quello amministrativo.

Il rapporto pubblico, a partire dagli anni ’70, ha attraversato una fase di lenta ma significativa trasformazione, dovuta anche ai sindacati. A questa nuova presenza ha fatto seguito il graduale riconoscimento del metodo della negoziazione collettiva per le varie categorie di pubblici impiegati. Particolare rilevanza ha la L. 2 marzo 1983, n. 93, denominata legge – quadro sul pubblico impiego, sia per favorire l’omogeneizzazione delle posizione giuridiche, la perequazione e trasparenza dei trattamenti economici l’efficienza amministrativa del personale pubblico, sia per avvicinare nei contenuti la normativa dei rapporti di impiego pubblico a quella del lavoro privato. In particolare aveva previsto l’inserimento sistematico dell’accordo sindacale.

Le due fasi della riforma del pubblico impiego ed i principi fondamentali della cosiddetta contrattualizzazione. La più recente miniriforma della dirigenza

La tendenza verso il superamento della divisione del lavoro pubblico da quello privato, è all’origine della delega conferita al Governo dall’art. 2, L. 23 ottobre 1992, n. 421, per l’emanazione di disposizioni volte a ricondurre sotto la disciplina del diritto civile i rapporti di lavoro pubblico ad eccezione di quelli relativi ad alcune categorie dello Stato. Una delle innovazioni fondamentali, conseguente alla cosiddetta contrattualizzazione del rapporto di pubblico impiego, è stata la programmata abolizione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e l’attribuzione al giudice ordinario della competenza relativa alle controversie di lavoro dei pubblici dipendenti.

La L. n. 421 ha tuttavia fatto salvi “i limiti collegati al perseguimento degli interessi generali cui l’organizzazione e l’azione delle pubbliche amministrazioni sono indirizzate”. In attuazione della legge – delega n. 421 hanno fatto seguito, nel corso del 1993, alcuni interventi “correttivi”. Nell’arco di pochi anni, sia l’esperienza maturata nella fase di prima applicazione della riforma, sia l’esigenza di procedere ad un recupero di efficienza e ad una riduzione degli sprechi gestionali nell’ambito della pubblica amministrazione, hanno indotto il legislatore ad avviare una seconda fase del processo riformatore.

Così, con la L. 15 marzo 1997, n. 59 è stato riaperto il termine della delega per la riforma del lavoro pubblico. Va ricordata la nuova delega legislativa in tema di contrattazione collettiva e di rappresentatività sindacale nell’area del lavoro pubblico, cui è stata data attuazione con il D.Lgs. 4 novembre 1997, n. 396. Accanto a questa vanno segnalate la delega con la “conseguente estensione al lavoro privato nell’impresa”; nonché la delega al governo per estendere il regime privatistico del rapporto di lavoro anche ai dirigenti generali; ed infine la nuova delega relativa alla cosiddetta devoluzione al giudice ordinario di tutte le controversie relative al rapporto di lavoro.

A queste deleghe si è data attuazione con i D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, e 29 ottobre 1998, n. 387. L’esigenza di dare ordine alla disciplina del rapporto di lavoro pubblico ha indotto il legislatore ad intervenire delegando il governo ad emanare un testo unico che ne riordinasse le norme; tale delega è stata assolta con l’emanazione del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Infine il legislatore ha accentuato la portata del collegamento tra nomine dirigenziali e successione dei governi. 

 

Alcuni fondamentali profili di specialità del rapporto di lavoro pubblico

Si può ritenere che la riforma del lavoro pubblico abbia determinato una vera e propria trasformazione del rapporto ma che non abbia per contro eliminato i profili di specialità.

A) Tale specialità è ben evidenziata dalle norme concernenti il sistema delle fonti di disciplina dei rapporti di lavoro e le relazioni sindacali. E’ stata apprestata una particolare disciplina al fine:

    1. di garantire la contrattazione collettiva da possibili interventi soppressivi o limitativi da parte del legislatore;
    2. di evitare il ripetersi di fenomeni di sovrapposizione regolativi tra contratto e legge.

Il legislatore ha stabilito in primo luogo che le norme di legge intervenute dopo la stipula di un contratto collettivo possono essere derogate da successivi contratti collettivi e, per la parte derogata, divengono inapplicabili; invece, per le norme di legge e di regolamento o per gli atti amministrativi che attribuiscano incrementi retributivi, è disposta l’automatica cessazione di efficacia a far data dal successivo contratto collettivo. In secondo luogo, la legge ha precisato che le norme privatistiche si applicano ai rapporti di lavoro presso le pubbliche amministrazioni. Altra norma di rilievo è quella che stabilisce limiti al contenuto del contratto di lavoro pubblico. Questo è fissato esclusivamente dai contratti collettivi ovvero dai contratti individuali, alle condizioni previste da quelli collettivi. Il vincolo alla parità di trattamento dei pubblici dipendenti ed il divieto di erogazioni economiche unilaterali così stabilito sembrano configurare limiti esterni imposti a tutela di un interesse pubblico all’autonomia della pubblica amministrazione come privato datore di lavoro.

 B) Il legislatore ha individuato nella qualifica dirigenziale e nelle relative responsabilità uno dei punti nodali della riforma. Al riguardo, appare la distinzione tra responsabilità di indirizzo politico e responsabilità di direzione amministrativa. Un elemento di particolare rilievo della riforma è quello relativo alla ridefinizione del rapporto di lavoro dei dirigenti, investiti del ruolo di interpretare l’interesse dell’amministrazione nella gestione del rapporto di lavoro. Con il D.Lgs. n. 80 del 1998 è stato contrattualizzato anche il rapporto di lavoro dei dirigenti generali. I dirigenti sono responsabili del risultato dell’attività svolta dagli uffici ai quali sono preposti, della realizzazione dei programmi e dei progetti loro affidati, della gestione delle risorse umane, finanziarie e strumentali loro assegnate. La verifica è affidata a servizi di controllo interno da istituirsi in ogni amministrazione.

C) Il D.Lgs. n. 165, oltre a precisare che la L. 20 maggio 1970, n. 300 si applica alle pubbliche amministrazioni indipendentemente dal numero dei dipendenti, per quanto riguarda il rapporto di lavoro ribadisce che esso è disciplinato dalle disposizioni civilistiche e dai contratti collettivi. Il legislatore è intervenuto a regolamentare alcuni istituti ritenuti di particolare rilievo. Va ricordato il part – time. In base alla L. 23 dicembre 1996, n. 662 la trasformazione in part time può avvenire a richiesta del lavoratore. E se la prestazione lavorativa residua non è superiore al 50% della prestazione normale, è consentito al lavoratore altresì lo svolgimento di attività di lavoro autonomo o subordinato nonché l’iscrizione in albi professionali. Il legislatore ha inoltre regolato la responsabilità e il potere disciplinare in modo analogo a quello previsto dall’art. 7 dello Statuto dei lavoratori, in particolare attraverso l’originale previsione di una sorta di patteggiamento e con la devoluzione delle funzioni del collegio di conciliazione e arbitrato. Per quanto riguarda l’orario di lavoro si articola su 5 giorni alla settimana, compresi i pomeriggi. Anche la disciplina delle mansioni presenta notevoli particolarità, si è infatti specificato che il dipendente pubblico deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni “considerate equivalenti”. L’assegnazione a mansioni superiori, anche se illegittima attribuisce al dipendente il diritto al maggior trattamento retributivo ma non costituisce mai il presupposto del diritto alla promozione. Anche per le eccedenze di personale è stata dettata una disciplina speciale simile a quella del settore privato. Alla rilevazione di eccedenze di personale corrisponde un collocamento in disponibilità per la durata massima di 24 mesi del personale che non sia stato possibile utilizzare altrimenti. Ma, a differenza che per i lavoratori privati collocati in mobilità, il collocamento in disponibilità non risolve il rapporto di lavoro e l’indennità di cui godono i lavoratori interessati resta a carico dell’amministrazione di provenienza sino alla riutilizzazione del lavoratore.

D) Profili di specialità sono, infine, rinvenibili nella disciplina delle controversie relative al rapporto di lavoro pubblico. In base alla nuova disciplina restano devolute le controversie in materia di concorsi per le assunzioni e quelle relative ai rapporti di lavoro non contrattualizzato, mentre le controversie concernenti l’assunzione ma non relative a concorsi passano anch’esse al giudice ordinario. Al giudice ordinario sono attribuite le controversie per la repressione del comportamento antisindacale delle pubbliche amministrazioni e alla procedura di contrattazione collettiva. Infine, anche per le controversie relative ai rapporti di lavoro con le pubbliche amministrazioni è stato introdotto un tentativo obbligatorio di conciliazione.

 

Contrattualizzazione del lavoro pubblico ed interessi generali

Le disposizioni della riforma del lavoro pubblico non sembrano aver cancellato il collegamento funzionale tra il rapporto e l’interesse istituzionale della pubblica amministrazione all’organizzazione dei propri uffici e servizi. In particolare viene sancito il collegamento funzionale tra gli atti organizzativi a contenuto generale attraverso i quali si estrinseca il suddetto potere di organizzazione, e le determinazioni organizzative di contenuto puntuale e specifico che, al pari degli atti inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro, vengono a collocarsi nell’area dell’organizzazione del lavoro e in un ambito esclusivamente contrattuale.