Orario di lavoro

1) Le prime iniziative della Comunità: Nel Trattato di Roma non c’era nulla, eccezione fatta all’art.140 TCE (ex art.118) per una stretta collaborazione tra gli Stati Membri su tutti gli aspetti relativi alle condizioni di lavoro. Nel 1975  fu formulata una raccomandazione del Consiglio per fissare entro il 1978 la durata minima di ferie annue retribuite in 4settimane, e nel 1978 una sulla durata dell’orario di lavoro che non deve superare le 40ore in tutta la Comunità. 2) Direttiva 2003/88/CE organizzazione dell’orario di lavoro: La Commissione nel 1990 presentò una proposta di direttiva ad ampio raggio che comprese tutte le norme minime in materia di durata max del tempo di lavoro, di riposo, di congedi, di lavoro notturno, di lavoro nei fine settimana, di ore supplementari sistematiche; però la direttiva approvata nel 1993 (n°93/104) riguarda solo aspetti sotto il profilo della salute e sicurezza dei lavoratori sul luogo di lavoro; poi è stata emanata la direttiva 2003/34/CE che comprendeva anche campi esclusi e oggi rientra tutto nella 2003/88/CE. Contenuto: fondata sull’art.137.2 TCE (migliorare integrazione e cooperazione sociale), concerne la materia della durata settimanale del lavoro, dei riposi, del lavoro a turni e del lavoro notturno e definizioni su orario di lavoro, periodi di riposo, periodo notturno, lavoratore notturno, lavoro a turni. Ia Parte direttiva: Orario di lavoro: qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni conformemente alle legislazioni. I 3criteri devono coesistere. Lavoro notturno: qualsiasi periodo di almeno 7ore, definito dalla legislazione che comprenda necessariamente l’intervallo tra le 24 e le 5. Lavoratore notturno:  lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno 3ore del suo tempo di lavoro giornaliero, impiegate in modo normale, nonché svolgere durante il periodo notturno una parte del suo orario di lavoro annuale. Durata max settimanale del lavoro: non può superare le 48ore per ogni periodo di 7giorni compreso lo straordinario. Il limite delle 48ore riguarda la durata max media: deve essere rispettato nell’ambito di un periodo non superiore a 4mesi. Non si precisa quale sia la soglia oltre la quale calcolare le ore di straordinario, né pone limiti ad esso. La direttiva si concentra molto sulla materia dei riposi per tutelare la salute dei lavoratori e gli Stati possono applicare o introdurre disposizioni più favorevoli alla prestazione della sicurezza e della salute dei lavoratori. Ferie annuali: ogni lavoratore deve godere di ferie annuali di almeno 4settimane suscettibile di sostituzione patrimoniale solo in caso di cessazione del rapporto. Riposo giornaliero e settimanale: nel corso di ogni 24 ore un periodo min di 11 ore consecutive di riposo e per ogni 7giorni un riposo ininterrotto min di 24ore a cui si sommano le 11ore di riposo giornaliero. Il riposo settimanale potrà essere determinato con riguardo ad un periodo di riferimento non superiore a 14 giorni. IIa Parte direttiva: Lavoro notturno e turni:  si utilizza il lavoro a turni per incrementare la capacità produttiva delle imprese. Lavoratore notturno: non deve superare le 8ore in media per un periodo di 24ore; se il lavoro comporta rischi particolari o tensioni fisiche o mentali non devono lavorare più di 8ore nel corso di un periodo di 24 ore durante il quale effettuano un lavoro notturno. Hanno una grande tutela: devono beneficiare di una valutazione gratuita del loro stato di salute a intervalli regolari; quelli che hanno problemi di salute con un nesso con la prestazione di lavoro notturno devono essere trasferiti ad un lavoro diurno; sul datore che fa regolarmente ricorso a lavoratori notturni grava un obbligo d’informazione nei confronti delle autorità competenti; lavoratori notturni e quelli inseriti in turni devono beneficiare di un livello di protezione in materia di sicurezza e di salute adatto al loro lavoro. Deroghe: ammesse in materia di riposo giornaliero e settimanale, di pause, di durata del lavoro notturno. Non è detto che il giorno di riposo sia la Domenica, gli Stati possono decidere, evitando di porsi in contrasto con la diffusione del c.d. “lavoro nei fine settimana” (squadre di lavoratori adibiti a turni di 12ore per 2giorni) che ha preso corpo nei Paese della Comunità. Max dell’elasticità nel riconoscimento dell’”autonomia contrattuale individuale” in tema di durata settimanale del lavoro, ci sono state aspre critiche attenuate in parte dall’inserimento della clausola di non regresso. 2.1) Altre direttive in materia di orario: primi interventi di carattere non vincolante da parte dell’ECOSOC e del Parlamento Europeo sulla riduzione e riorganizzazione del tempo di lavoro, in più ci sono state direttive per ampliare la 93/104 perché erano esclusi alcuni settori: aereo, ferroviario, stradale e marittimo; quindi si arriva alla 1999/63/CE nella quale si dice che l’orario di lavoro della gente di mare poi la 2000/79/CE relativa all’orario di lavoro del personale di volo nell’aviazione civile; infine la 2002/15/CE che riguarda l’orario di lavoro per l’autotrasporto su strada. L’iniziativa comunitaria più rilevante è quella che culmina con l’adozione della direttiva 2000/34/CE con la quale si è modificata la 93/104 al fine di comprendere i settori e le attività da quest’ultima escluse. C’è stata difficoltà da parte di molti Paesi ad adeguarsi per quanto riguarda ai tempi limite e quindi ci sono state molte procedure d’infrazione attivate dalla Commissione e sentenze di condanna pronunciate dalla Corte nei confronti di diversi Paesi. 3) Orario di lavoro nella Giurisprudenza nella Corte di Giustizia: con la sentenza “Simap” si afferma che la nozione di orario di lavoro va intesa in opposizione al periodo di riposo e ciascuna delle due nozioni esclude l’altra. La Corte ha confermato che non esistono periodi intermedi fra l’orario di lavoro e quello di riposo. Ferie: devono essere di almeno di 4settimane e gli Stati non possono decidere di diminuirle, le ferie riguardanti un anno non possono ad esempio essere accumulate tutte alla fine dell’anno, ma una parte di esse andrà riportata a quelle dell’anno successivo; inoltre non possono essere sostituite con un’attribuzione patrimoniale se non in caso di cessazione del rapporto. In contrasto il diritto italiano afferma che il periodo di ferie va goduto almeno 2settimane anche consecutive, in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e per le restanti 2settimane entro 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. Riposi giornalieri e settimanali: la Corte vuole assicurare l’effettività dei riposi perché se il datore non li rispetta va contro la disciplina nazionale. C’è stata una sentenza contro la G.B. che voleva l’annullamento della direttiva 93/104 (prevede che i lavoratori possano beneficiare di tali diritti a periodi di riposo e indica che il datore non è tenuto a garantire chi i lavoratori godano effettivamente di tali diritti); ed è stata pronunciata basandosi sul fatto che nella formulazione dell’art.118A (si vuole promuovere il dialogo sociale e facilitare il dialogo per valutare quali decisioni prendere) non vi è nulla che possa indicare le nozioni di ambiente di lavoro, sicurezza e salute andrebbero interpretate in senso restrittivo e non invece come riguardanti tutti i fattori fisici e di altra natura in grado di incidere sulla salute e sulla sicurezza del lavoratore nel suo ambiente di lavoro ed in particolare in taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro. La Corte, l’orario e le libertà economiche: la Corte si è espressa sul nesso tra orario di lavoro e politica della concorrenza: si parla di una richiesta della G.B. per chiedere di chiarire se una normativa nazionale vietasse l’apertura domenicale di esercizi commerciali al minuto; la risposta di segno negativo consentì ai giudici comunitari di far salvo il principio di riposo domenicale. Il caso “Stoeckel” e la questione del lavoro notturno femminile: un imprenditore francese violò la norme che vietava il lavoro notturno femminile; la Corte si basò su principi di parità suscitando aspre discussioni in particolare in Ita e Fra dove la legislazione era differente anche per la paura che le donne fossero soggette ad aggressioni, e ha affermato che salvo i casi di gravidanza e maternità i rischi ai quali le donne si trovano esposte a causa del detto lavoro presentino in linea generale la stessa natura da quelli a cui sono sottoposti anche gli uomini. Con la direttiva 76/207 si è stabilito l’obbligo di non vietare per legge il lavoro notturno per le donne anche se tale divieto comportava delle deroghe. La Corte ha pronunciato sentenza di condanna nei confronti di Fra e Ita per aver mantenuto in vigore disposizioni che vietavano il lavoro notturno delle donne.