La formazione del contratto di lavoro

La capacità del prestatore di lavoro.

Fra i presupposti del contratto c’è la capacità dei soggetti stipulanti. Come noto dal diritto privato, la capacità giuridica si identifica con l’attitudine del soggetto ad essere titolare di diritti e doveri e si acquista al momento della nascita. Accanto a tale nozione si può collocare quella di capacità giuridica speciale come attitudine fisiologica o capacità naturale della persona, essenziale all’esecuzione della prestazione. Questo significa che al rapporto di lavoro si applicano tutte le regole dettate per la capacità delle persone fisiche. Il contratto di lavoro stipulato senza il rappresentante legale (ove richiesto) sarà, pertanto, annullabile. Se il soggetto stipulante non ha raggiunto la maggiore età, l’art. 2 c.c. stabilisce, comunque, che “in tal caso il minore è abilitato all’esercizio dei diritti e delle azioni che dipendono dal contratto di lavoro”. La capacità di essere titolare della posizione di lavoratore subordinato si acquista, dunque, per effetto del raggiungimento dell’età minima di ammissione al lavoro (fine degli studi o, come minimo, 15 anni).

Spersonalizzazione dell’imprenditore; continuità d’impresa; infungibilità della prestazione

Per ciò che concerne il datore, invece, non sono previsti requisiti soggettivi speciali: ha rilevanza solo la differenza tra gli imprenditori ed i datori di lavoro titolari di attività prive di fini lucrativi, visto che si impongono obblighi e limiti particolari soltanto ai datori-imprenditori. In questo paragrafo analizziamo alcuni principi fondamentali:

  1. Principio della spersonalizzazione dell’imprenditore: la qualità dell’imprenditore è rilevante per gli effetti:
    1. Della formazione: l’art. 1330 c.c. stabilisce che la proposta o l’accettazione restano ferme anche in caso di morte o di sopravvenuta incapacità;
    2. Della conclusione: sotto questo profilo si rileva il principio della continuità dell’impresa;
    3. Della successione: si vedano il principio della infungibilità soggettiva della prestazione e della irrilevanza della persona dell’imprenditore
  2. Principio della continuità dell’impresa: secondo l’art. 2112 c.c. “in caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario e il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano”.

Questo principio si rifà ad un altro principio

    1. della normale irrilevanza della persona dell’imprenditore (anche mortis causa).
  1. Principio della infungibilità soggettiva della prestazione: all’opposto, la successione nel contratto di lavoro, (sia mortis causa sia inter vivos) è da ritenere esclusa dal lato del lavoratore, in ragione della rilevanza della persona ai fini dell’esecuzione della prestazione.

Procedimento di formazione del contratto. La forma e la rilevanza del consenso sulla genesi

Si prevedono due elementi essenziali per il contratto di lavoro (come per i contratti in generale):

  1. Il consenso: il contratto è l’effetto della volontà delle parti, quindi la sua formazione dipende dall’incontro fra proposta e accettazione. Il problema è stabilire quando si verifica l’esatta corrispondenza tra esse: essa avviene mediante l’adesione del lavoratore alla offerta di lavoro del datore. Ma, diversamente dal contratto di adesione, la determinazione uniforme non è unilaterale bensì bilaterale.
  2. La forma: vige il principio della libertà della forma, facendo eccezione soltanto (necessitano di forma scritta):
    1. I contratti di arruolamento marittimo (concluso per atto pubblico)
    2. I contratti di lavoro a tempo parziale
    3. I contratti di lavoro per prestazioni temporanee
    4. I contratti di formazione e lavoro.

La Direttiva 1991 n°91/553, attuata con il D.Lgs del ’97 n° 152, ha imposto al datore l’obbligo di informazione (riguardo al luogo di lavoro, data di inizio, durata etc.), che può essere adempiuto nella lettera d’assunzione entro 30 gg. Il momento genetico ed il momento attuativo sono due momenti distinti, in tutti i tipi di contratti, ma per quel che riguarda il rapporto di lavoro il momento attuativo è molto più importante, per due motivi:

  1. La qualificazione (autonomo o subordinato)
  2. La prova dei fatti (art. 1697 c.c.)

Ovvero: lo svolgimento della prestazione è ritenuto comportamento concludente ai fini della prova e del contenuto.

Il periodo di prova

L’art. 2096, al primo comma, prevede che “salvo diversa disposizione delle norme corporative, l’assunzione del prestatore di lavoro per un periodo di prova deve risultare per atto scritto”. Se privo di forma scritta, richiesta ab sustantiam, il patto è nullo e l’assunzione è da ponderarsi definitiva. Al terzo comma prosegue: “Durante il periodo di prova ciascuna delle parti può recedere dal contratto senza obbligo di preavviso. Se però la prova è stabilita per un tempo minimo necessario, la facoltà di recesso non può esercitarsi prima della scadenza del termine”. Per quanto riguarda il tempo massimo, invece, il legislatore è intervenuto limitandolo a sei mesi. Anche alla fine di una prova al lavoratore spettano il TFR e le ferie e, qualora assunto, il periodo è valido per gli scatti di anzianità.

I vizi della volontà

Come ricordiamo dalle istituzioni del diritto privato, il contratto può essere inficiato (quindi annullabile) dai vizi:

  • errore motivo (influiscono sui motivi)
  • errore ostativo (influiscono sui motivi)
  • dolo (influiscono sulla divergenza tra volontà ipotetica e dichiarazione)
  • violenza (influiscono sulla divergenza tra volontà ipotetica e dichiarazione)

Come anticipato, tuttavia, è l’esecuzione ad avere concreta influenza dei vizi della volontà e sull’annullamento. L’ipotesi di errore, nel contratto di lavoro, è connessa strettamente alla considerazione soggettiva della persona (intuitus personae) dell’obbligato (prestatore), in relazione alle caratteristiche della prestazione dovuta. È possibile affermare, dunque, che la considerazione soggettiva della persona del lavoratore sia un elemento essenziale del contratto, ma che sia, nella pratica, la sua esecuzione ad essere motivo di impugnativa.

Il divieto di discriminazione e la tutela della riservatezza del lavoratore

La legge 1970 n° 300 del 1970 (detta anche Statuto dei lavoratori), all’art. 8, vieta al datore di raccogliere informazioni non rilevanti ai fini della valutazione professionale del lavoratore (c.d. indagini personali), prima e durante lo svolgimento del rapporto (e implicitamente permette le indagini sull’idoneità lavorativa). All’art. 38 vieta le indagini per l’accertamento della sieropositività. La Corte Cost. ha, tuttavia, ammesso indagini sanitarie allo scopo di prevenire rischi per la salute dei terzi. L’art. 15 dello Statuto vieta ogni discriminazione, nell’assunzione, per motivi di ordine sindacale, politico, razziale, religioso, di lingua e di sesso. Due direttive comunitarie, risalenti al 2000, vietano le discriminazioni fondate sulla razza, sull’origine etnica, sulle religioni, sulle convinzioni personali, sugli handicap, sull’età o sulle tendenze sessuali. Vietano, inoltre, le molestie che violino la dignità della persona o abbiano carattere intimidatorio. Qualora violate, queste misure per la parità di trattamento implicano una sanzione penale, ex art. 38 dello Statuto.

Il trattamento dei dati personali

La legge 675 del 1996 tutela le persone fisiche e giuridiche rispetto al trattamento dei dati personali nei confronti dei soggetti responsabili di banche dati, definite come il complesso di dati personali organizzato in funzione di:

  • raccolta
  • registrazione
  • organizzazione
  • conservazione
  • selezione
  • elaborazione
  • diffusione.

È stato istituito il Garante con compiti di controllo e poteri sanzionatori. Sono stati riconosciuti i diritti informatici. Il consenso dell’interessato è richiesto in talune ipotesi, soprattutto in quelle relative al trattamento dei dati sensibili, che ricordano molto quelli specificati dalle direttive comunitarie di cui sopra. La legge 675 ha espressamente salvaguardato le disposizioni dello Statuto (art. 8) dei lavoratori che, già prima della sua emanazione, assicuravano una tutela rinforzata del diritto alla riservatezza. Va notato che i dati sensibili (in particolare quelli sindacali o sanitari) sono assai spesso legittimamente conosciuti dall’azienda. Il lavoratore ha diritto in ogni caso di essere informato del trattamento dei dati che lo riguardano. A volte il trattamento è svolto dagli stessi sindacati, per garantire maggiore tutela.

La simulazione nel contratto di lavoro

Il problema della divergenza tra la volontà e la dichiarazione si presenta a proposito della simulazione (art. 1414 c.c.) nella quale la volontà dichiarata ai terzi si contrappone alla controdichiarazione dei contraenti (che è quella efficace). Si ha la prevalenza del contratto effettivo dissimulato su quello apparente simulato. In materia lavoristica, tuttavia, il motivo illecito corrisponde alla frode della legge (intento fraudolento), mentre l’accordo simulatorio funge da strumento per la realizzazione del risultato pratico corrispondente al motivo illecito. Di qui l’invalidità sia del contratto simulato sia del contratto dissimulato, e, ove possibile, la sostituzione automatica della disciplina imperativa del rapporto. Questo accade, per esempio, quando si stipuli un contratto di lavoro autonomo, per eludere la disciplina di tutela per il lavoratore. Sarà anche, ovviamente, ritenuto nullo il contratto dissimulato con oggetto o causa illeciti.