Strategie aziendali per evitare il ticket licenziamento

Autore:
Antonella Palumbo
  • Giornalista

Strategie aziendali per evitare il ticket licenziamento

Le aziende ricorrono a dimissioni volontarie per bypassare i costi del ticket, specialmente in contratti con lunga anzianità.

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Perché le aziende favoriscono le dimissioni volontarie rispetto ai licenziamenti

Le relazioni lavorative si intrecciano spesso con tensioni inevitabili tra aziende e dipendenti, specialmente quando si affronta il tema delle cessazioni. Sorprendentemente, molte aziende preferiscono che i propri collaboratori si dimettano di propria iniziativa, piuttosto che procedere con licenziamenti ufficiali. Ma cosa motiva questa scelta?

Nel cuore di ogni separazione lavorativa, i desideri delle due parti sono quasi sempre contrastanti. Abbiamo ricevuto la testimonianza di un dipendente alle prese con un difficile scenario professionale: dopo cinque anni di attività, l’azienda ha deciso di concludere il rapporto con lui. Anche il lavoratore, amareggiato dalle mutate condizioni, vorrebbe andarsene. Tuttavia, è la pressione dell’azienda a stupirlo: “Mi chiedono di firmare il licenziamento la prossima settimana. Ma cosa firmo esattamente?”, si interroga. Scopre, con sorpresa, che si tratta delle dimissioni, un passo che gli precluderebbe il diritto alla disoccupazione.

Licenziamento o dimissioni: un gioco di interessi contrapposti

Quando un’organizzazione decide di concludere un contratto di lavoro, emergono due interessi ben distinti. Da una parte, il dipendente spesso preferirebbe essere licenziato invece di dimettersi. Infatti, scegliere di dimettersi volontariamente significa rinunciare a tutele fondamentali come la Naspi, le indennità essenziali per chi perde il lavoro non per propria scelta.

Dall’altra parte, le imprese sono avvantaggiate se il dipendente abbandona “volontariamente” il posto. Questo perché il licenziamento comporta costi aggiuntivi per l’azienda, rappresentati dal “ticket licenziamento” – un elemento finanziario che l’azienda preferisce evitare di affrontare. Il ticket risulta particolarmente oneroso per i lavoratori con anzianità prolungata.

Il peso del ticket licenziamento

Il ticket licenziamento è una spada di Damocle per molte aziende. Calcolare il contributo richiesto implica tenere conto delle normative correnti, come quelle attuative per il 2024. Le imprese devono prepararsi a versare 635,67 euro per ogni anno di servizio del dipendente, entro un limite massimo stabilito. Queste somme devono essere corrisposte non appena il rapporto di lavoro si interrompe.

Sebbene questo obbligo possa essere evitato per alcuni contratti a termine, i costi del ticket spingono le aziende a preferire le dimissioni volontarie piuttosto che affrontare un licenziamento formale. È una realtà che incentiva le imprese a cercare percorsi alternativi.

Strategie aziendali e il dilemma dei dipendenti

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La vita lavorativa è spesso teatro di scontri di interessi. Da un lato, i dipendenti cercano di tutelare i propri diritti e la stabilità economica attraverso accessi alla Naspi. Dall’altro, le aziende utilizzano strategie per ridurre le spese, incoraggiando le dimissioni piuttosto che avviare procedure di licenziamento.

Per la persona che ci ha scritto, questo si traduce in un difficile bivio: accettare di dimettersi o sfruttare opzioni legali che costringano l’azienda ad un licenziamento formale? Le decisioni, talvolta apparentemente semplici sul piano amministrativo, comportano ripercussioni sostanziali.