Delegated monitoring

È stato teorizzata da Diamond, che recupera molti principi dalla teoria dell’agenzia. La teoria dell’agenzia spiega i rapporti tra mandante (principal) e mandatario (agent). In una situazione di asimmetria informativa e di obiettivi diversi c’è il problema di assicurare che l’agente non faccia il suo interesse ma quello del mandante. Questa teoria viene applicata al rapporto debitore/creditore e ai rapporti tra proprietà e management: gli azionisti delegano ai manager la gestione, ma c’è il rischio che essi facciano i propri interessi. Stessa cosa dicasi tra manager e dipendenti. Con la teoria dell’agenzia applicata alla banca, Diamond spiega il rapporto creditizio tra risparmiatore e banca: il risparmiatore è in una posizione di mandante e delega alla banca lo screening, il monitoring, il prestito e la gestione del rischio (anche perché, come avevamo già visto, la banca è più efficiente nello svolgimento di tali operazioni, perciò ne riduce i costi). Si pone il problema dell’asimmetria informativa. Diamond sostiene che il risparmiatore non riesca a controllare la banca, ovviamente, ma conta invece sugli strumenti di incentivo e sanzione: il “enforcement”. La chiave è il carattere di passività nominalistica che ha il deposito: l’incentivo che la banca ha a comportarsi correttamente è intrinseco nelle caratteristiche tecniche del deposito. Il deposito ha valore fisso e nominalistico; la banca è in posizione di “residual claimant (titolare di diritti residuali)” nei confronti dei prestiti. Il fatto che la banca debba rimborsare i depositi al loro valore nominale, qualunque sia il rendimento, la spinge a prestare in maniera efficiente. Ad esempio, se un risparmiatore cede parte del proprio surplus ad un fondo azionario, se il fondo investe male il risparmiatore ci perde. Dando gli stessi soldi alla banca, se la banca fa cattivi investimenti, essa non può deprezzare il deposito. Non è solo la regolamentazione che progredisce, ma anche la tecnologia, che ha come scopo rendere accessibile a basso costo l’informazione (internet), ed ha un impatto molto grande sul livello dell’asimmetria informativa.

Efficienza del sistema finanziario

  1. Efficienza di completezza (full instance efficiency): presenta una gamma ampia e diversificata di strumenti finanziari; essa dipende fondamentalmente dall’innovazione finanziaria (l’ampiezza della gamma dei prodotti); un sistema è completo quando è in grado di innovare. La securitization, i derivati, etc. danno la possibilità di coprire rischi che prima non si riuscivano a coprire: il sistema è più completo.
  2. Efficienza valutativa o fondamentale: (è molto legata a quella informativa) si intende il fatto che il mercato è intelligente e sa fare i calcoli. Scontando il cash flow, fissa il prezzo dell’azione: traduce l’informazione disponibile in una proiezione di flussi di cassa, dopo di che li sconta fino a giungere al valore attuale. In poche parole, si valuta il livello futuro dei P dei titoli e li si attualizza. Naturalmente, per essere efficiente valutativamente bisogna essere efficienti informativamente. Ma si potrebbero comunque avere tutte le informazioni senza valutarle bene. L’efficienza informativa è una condizione necessaria per l’efficienza valutativa. L’importanza dei mercati oggi è decisiva, più dei manager di impresa: se un manager decide di un’operazione che i mercati non desiderano, egli potrebbe essere costretto a comportarsi come vogliono i mercati. Se i mercati non valutano correttamente il valore delle azioni potrebbe sfumare una buona operazione.
  3. Efficienza operativa (o in senso statico o X efficiency): minimizza il costo di produzione medio unitario.
  4. Efficienza allocativa (o in senso dinamico): tipica della finanza; è uno dei grandi compiti del sistema finanziario: allocare al meglio le risorse in surplus, che affluiscono ai progetti che presentano la massima redditività attesa. Si raggiunge il punto di uguaglianza tra la produttività marginale di tutti gli I di capitale possibili. Così come alla base dell’efficienza operativa c’è un sistema competitivo, alla base dell’efficienza allocativa c’è l’orientamento al profitto degli azionisti. L’efficienza allocativa impedisce le crisi bancarie. Un altro aspetto nodale/critico è l’ampiezza degli investimenti considerati: in questo senso la banca locale che vuole prestare solo nella sua provincia probabilmente è allocativamente meno efficiente della banca nazionale.
  5. Efficienza informativa: si intende la capacità dei P dei titoli (cioè del valore delle attività finanziarie) di riflettere istantaneamente, pienamente e correttamente le informazioni disponibili. Quando cambia il set informativo cambia immediatamente il Prezzo. Essere efficiente rispetto a tante informazioni è chiaramente meglio che essere efficiente rispetto a poche informazioni. Quando un mercato è efficiente, sia rispetto a tante sia rispetto a poche informazioni, nessun operatore è in grado di battere il mercato: non esistono per definizione titoli sopra o sottovalutati: non esistono profitti. Analizziamo ora il fenomeno dell’arbitraggio

Se per caso il P dell’azione si discostasse dal suo vero valore, non riflettendo tutte le informazioni disponibili, gli operatori se ne accorgerebbero e acquisterebbero il titolo se sottovalutato e lo venderebbero se sopravvalutato, facendo il cosiddetto “arbitraggio”. Le correnti arbitraggistiche riportano lo squilibrio al livello di equilibrio dei prezzi. Da ciò cogliamo 2 implicazioni:

  1. Capiamo il valore positivo della speculazione (sinonimo di arbitraggio): porta ad un equilibrio fisiologico e funzionale.
  2. Democrazia del mercato: l’efficienza informativa è tanto maggiore quanto maggiore è il numero degli operatori che elaborano le informazioni in modo autonomo. Il giudizio che si forma (il P del titolo) probabilmente è più efficiente, proprio perché c’è una situazione di molteplicità di centri decisionali.

Questo chiama in gioco il problema della democrazia economica: un mondo con tanti centri decisionali è migliore di uno con un solo centro. Una delle critiche è che in realtà la molteplicità di centri decisionali non c’è, spesso sono grandi investitori che danno il là ai mercati, facendo partire il comportamento imitativo “c.d. di gregge”: spesso il mercato è deciso dal capo mandria: se si sbaglia “è un macello”. Un sistema efficiente sotto i profili indicati è anche stabile. Quando parliamo di efficienza informativa ne parliamo:

  • in forma debole: i P dei titoli rispecchiano le informazioni relative a P e quantità passate. Non ci sono altre informazioni. Se il mercato è efficiente, il singolo operatore non può fare meglio del mercato sfruttando i P passati per individuare quelli futuri: tutti prevedono P futuri coi P passati. L’analisi tecnica dei chartisti (chart=grafici) richiede soltanto le informazioni sul passato. Il comportamento è estrapolativo. Fare profitto così non è possibile perché le previsioni sono realizzabili da tutti. I test sull’efficienza debole considerano l’indice di borsa svolgono un’analisi tecnica sino a definire i rendimenti degli I dell’indice di mercato. Se chi opera con analisi tecnica ottiene rendimenti superiori, il mercato non è efficiente in forma debole: chi fa l’analisi tecnica batte il mercato. Normalmente i test dicono che il mercato è efficiente in forma debole: è difficilissimo battere il mercato in forma debole.
  • In forma semi-forte: i P dei titoli incorporano tutta l’informazione pubblica disponibile, non soltanto prezzi e quantità, articoli di giornali, conferenze, andamento del settore. Se si adotta questo set informativo, si svolge un’analisi fondamentale, perché si basa sui fondamenti dei P dei titoli. Se un mercato è efficiente in forma semi-forte, colui che opera con analisi fondamentale non riesce ad avere rendimenti superiori a quelli del mercato, perché il mercato incorpora tutte le informazioni. I test dimostrano che nemmeno i fondamentalisti riescono a battere il mercato, che è efficiente anche in forma semi-forte. La gestione attiva non batte quella passiva: magari ha un piccolo rendimento superiore, ma compensato dai costi per commissioni.
  • In forma forte: i Prezzi incorporano anche informazioni private. Si distingue:
    • Quasi forte: il mercato incorpora nei P le informazioni destinate agli investitori istituzionali (PA). Se il grande investitore riesce a battere il mercato, allora il mercato è inefficiente nella forma quasi forte.
    • Super forte: il mercato incorpora le voci interne alle imprese (quelle dei manager); quelle notizie riservate che non sono state dette a nessuno, nemmeno agli investitori o alla banca: è il caso dell’insider trading, che in Italia è un reato: il manager che ha informazioni particolari sulla propria impresa, specula su di esse. Se il manager consegue un profitto che il mercato non consegue, questa è inefficienza in forma super forte. Tutti i mercati sono evidentemente inefficienti in forma super forte, sebbene sia illegale.