Discriminazione e abuso: le sfide delle donne in agricoltura
Come il caporalato e il lavoro sottopagato colpiscono le lavoratrici agricole
In agricoltura, il fenomeno del caporalato colpisce duramente, e le donne non sono esenti da questa piaga. Anzi, sembrano sopportare un peso doppio, vittime di una retribuzione inadeguata e di sfruttamento da parte di intermediari senza scrupoli. Secondo l’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil, la disparità di trattamento economico nei confronti delle braccianti agricole è significativa: esse guadagnano il 24,9% in meno rispetto agli uomini. Le retribuzioni più basse sono solo la punta dell’iceberg di un problema sistemico che affligge il settore agricolo.
Le cifre dell’Osservatorio parlano chiaro: circa 300mila donne lavorano regolarmente in campagna, rappresentando un terzo del totale degli operai agricoli ufficiali. Esse vengono pagate mediamente 5.400 euro annui, rispetto ai 7.200 delle loro controparti maschili. Un divario che non è giustificato né dall’età, né dalla nazionalità o dall’esperienza lavorativa. Inoltre, la maggior parte di queste donne sono italiane e sono relegate a ruoli di raccolta e impacchettamento.
“Le donne che lavorano in agricoltura subiscono spesso condizioni di sfruttamento ancora peggiori e insostenibili di quelle degli uomini,” afferma Giovanni Mininni, segretario generale della Flai Cgil.
I rischi e gli abusi che affrontano le lavoratrici “in nero”
In Italia, non solo le lavoratrici regolari subiscono ingiustizie, ma anche coloro che lavorano irregolarmente diventano preda di sistemi di sfruttamento ben rodati. Secondo stime fornite da ActionAid, tra le lavoratrici agricole irregolari ci sono tra le 51 e le 57mila donne, spesso soggette a tentativi di ricatto sessuale e sfruttamento brutale. A differenza degli uomini, molti dei quali provengono dall’Africa e dall’Asia, una quota rilevante di queste lavoratrici arriva dall’Albania e dalle aree povere dei Paesi dell’Est europeo, tra cui la Bulgaria.
Le storie di queste donne raccontano esperienze di adescamento con promesse di lavori dignitosi e paghe adeguate che si trasformano in incubi di disillusione e abuso. Una giovane donna bulgara, per esempio, ha accettato un’offerta di lavoro che prometteva un salario decente in una fabbrica di cipolle. Ma all’arrivo in Italia, ha trovato solo condizioni di vita miserevoli e retribuzioni da fame. Questa è solo una delle numerose storie raccontate nel rapporto dell’Osservatorio, che spesso coincidono con richieste di favori sessuali in cambio del salario promesso.
Lotta per giustizia e riconoscimento
La situazione delle donne nel settore agricolo è un riflesso di disuguaglianze più ampie nella nostra società. Dati alla mano, la presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio, Maria Grazia Giammarinaro, sottolinea l’urgenza di riconoscere e affrontare queste problematiche. Il suo accorato appello invita a non ignorare la presenza e il contributo delle donne, troppo spesso date per scontate o nascoste nelle sterili statistiche della manodopera agricola.
Il settore agricolo necessita di una seria riflessione e interventi specifici per garantire condizioni di lavoro dignitose e una giustizia sociale che non discrimini più in base al genere. Fino a quando si potrà tollerare una tale disuguaglianza? Riconoscere il problema è il primo passo verso il cambiamento. La questione rimane aperta e urgente, richiedendo azioni decise per migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle donne nei campi, garantendo parità di retribuzione e la fine del caporalato. Le iniziative e le denunce continuano nella speranza di un equilibrio finalmente giusto.
Fonte: www.ilsole24ore.com

