Il caso Amid

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Con la sentenza del 14 dicembre 2000, causa C-141/1999, Algemene Maatschappij voor Investering en Dienstverlening NV (AMID)v Belgian State, i giudici dichiararono l’incompatibilità con l’art. 52 del Trattato CE, della normativa belga che impediva il riporto in avanti di perdite prodotte in Belgio da una società con stabile organizzazione in Lussemburgo, imponendone l’imputazione alla stabile organizzazione nell’esercizio in cui le stesse erano prodotte, nonostante il reddito di quest’ultima fosse esente da imposta in Belgio in virtù di una convenzione contro le doppie imposizioni.

 La questione era sorta nell’ambito di una controversia tra la società Amid e lo Stato belga in merito al diniego di quest’ultimo di autorizzare la detrazione delle perdite, subite dalla Amid nella sua sede belga nel corso di un esercizio contabile, dagli utili conseguiti dalla stessa sede nel corso dell’esercizio successivo, in quanto l’amministrazione belga sosteneva che tali perdite avrebbero dovuto essere imputate agli utili realizzati dalla stabile organizzazione situata nel Granducato del Lussemburgo nel corso dell’esercizio contabile in cui erano state realizzate.

 Nel corso dell’esercizio 1981 la Amid realizzava una perdita, mentre la sua succursale lussemburghese produceva un utile. Poiché una compensazione della perdita belga con l’utile prodotto in Lussemburgo era impedita dalle norme di quest’ultimo Stato, la Amid decideva di portare in avanti la perdita al fine di compensarla con gli utili prodotti in Belgio nell’anno successivo. L’amministrazione finanziaria, sulla base del disposto dall’art. 66 del regio decreto di attuazione del CIR del 1964, sosteneva, tuttavia, che nella fattispecie posta alla sua attenzione la perdita avrebbe dovuto essere imputata all’utile registrato nello stesso anno dalla stabile organizzazione in Lussemburgo e sulla base di ciò procedeva a rettificare la detrazione.

La questione arrivò davanti allo Hof van Beroep te gent il quale, pur ritenendo l’avviso di rettifica conforme ad una convenzione stipulata tra i due Stati, osservò che essendo stata assoggettata ad imposta sia in Belgio che in Lussemburgo la Amid aveva perso la possibilità di utilizzare la perdita, mentre tale preclusione non si sarebbe verificata qualora la stessa società avesse avuto una succursale in Belgio. In quest’ultima situazione, la perdita avrebbe, infatti, potuto essere detratta dal reddito imponibile. Per tale motivo il giudice nazionale ritenne di dover chiedere alla Corte se la normativa in questione ostacolasse in qualche modo la libertà di stabilimento garantita dal Trattato CE.

Chiamati in causa su tale problematica i giudici affermarono che «l’art. 52 del Trattato (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) osta alla normativa di uno Stato membro in forza della quale una società di diritto nazionale avente la sede sociale in tale Stato membro può detrarre dagli utili imponibili di un dato anno, le perdite subite nel corso dell’anno precedente soltanto a condizione che tali perdite non abbiano potuto essere imputate sugli utili realizzati nel corso dello stesso anno precedente da una delle sue sedi stabili situata in un altro Stato membro, […] mentre sarebbero deducibili se le sedi secondarie della detta società fossero situate esclusivamente nello Stato membro in cui essa ha la sede sociale».

 Pronunciandosi sul punto, la Corte dichiarò, dunque, l’incompatibilità della normativa in esame con l’art. 43 del Trattato CE, sulla base del fatto che essa aveva come conseguenza una disparità di trattamento non giustificata da alcuna differenza di situazione obiettiva, creandosi in sostanza solo un ostacolo alla libertà di stabilimento.
Il caso Amid, con riferimento all’utilizzo transfrontaliero delle perdite si inserisce a completamento dell’iter interpretativo del divieto di restrizioni avviato dai giudici con la sentenza ICI, chiudendo quel quadro che vede la totale equiparazione dei diritti spettanti ad una stabile organizzazione con quelli spettanti ad una società.