In materia di mezzi di finanziamento dell’impresa occorre distinguere tra i fondi che possono essere acquisiti in forma di capitale azionario (equity) e i fondi che possono essere acquisiti in forma di debito (debt).
II debito, di regola, è caratterizzato dal fatto che esso deve, a una determinata scadenza, essere ripagato e il relativo interesse deve essere corrisposto periodicamente e indipendentemente dagli utili prodotti dall’impresa.
Il capitale, in questo contesto, è invece sinonimo di proprietà. Il capitale azionario è composto dai conferimenti effettuati da parte dei fondatori dell’impresa, dal capitale conferito da altri investitori in cambio di partecipazioni nell’impresa, dagli utili prodotti dall’impresa e non distribuiti.
Anche se questa linea di confine tra finanziamento di debito e finanziamento di capitale sfuma con riguardo a taluni strumenti finanziari, assai variabili da ordinamento a ordinamento, che hanno le caratteristiche sia del capitale di rischio sia del capitale di debito, il binomio “equity – debt” resta comunque quello riconosciuto e più comunemente condiviso. Prima dell’intervento riformatore sul diritto societario, soltanto la società per azioni (S.p.A.) ha potuto fare ricorso a tutte le risorse del finanziamento di debito laddove la società a responsabilità limitata (S.r.l.) si è dovuta accontentare del credito bancario, essendo alla stessa preclusa l’emissione di titoli obbligazionari e di strumenti finanziari di contenuto similare, come previsto dall’art.2486, co.3, c.c. e dall’art.18, Legge 216/1974 (sostituito dall’art.12, Legge 77/1983).
Con la riforma, dunque, è stato eliminato questo divieto mediante l’introduzione del nuovo art.2483 c.c., che attribuisce alla S.r.l., appunto, la facoltà di emettere titoli di debito. Il D.Lgs. n.6/2003 apre definitivamente le porte del mercato del capitale di credito alla S.r.l., rimuovendo il divieto di emissione di obbligazioni (art.2486, co.3 c.c.) e consentendo alla stessa, sulla base di una previsione dell’atto costitutivo (art.2483 c.c.), di emettere “titoli di debito”; locuzione, questa, estranea al codice civile e adoperata per indicare titoli di credito emessi non già solverteli causa, ma crederteli causa, in funzione, cioè, della provvista di capitale di credito. Questa locuzione viene poi ripresa dall’art.1, co.2, lett.b, T.U.F. (D.Lgs. n.58/1998), che annovera tra gli strumenti finanziari “le obbligazioni, i titoli di Stato e gli altri titoli di debito negoziabili sul mercato dei capitali”. Da questa disposizione, che ricomprende le obbligazioni nel novero dei titoli di debito, si desume che le S.r.l. possono emettere oggi le obbligazioni e i titoli a esse assimilabili.
La condizione per procedere da parte di una S.r.l. alla emissione di titoli di debito è rappresentata dall’esistenza di una previsione dell’atto costitutivo, la quale rappresenta, a sua volta, un limite legale del potere di rappresentanza della società; per cui, si deve ritenere inapplicabile, in ipotesi di emissione non prevista dall’atto costitutivo, l’art.2475 bis c.c.,che, al pari dell’art.2384 c.c., esclude l’opponibilità delle limitazioni “che risultano dall’atto costitutivo … anche se pubblicate” ai terzi, salvo che si provi che costoro hanno agito intenzionalmente a danno della società.
Pertanto, la società non sarà obbligata e il capitale versato dal sottoscrittore potrà essere considerato come una attribuzione senza causa e, quindi, ripetibile. Ovviamente, nell’ipotesi di emissione prevista dall’atto costitutivo, ma posta in essere in violazione di limiti, modalità e maggioranze necessarie, sarà applicabile l’art.2475 bis.
L’atto costitutivo dovrà stabilire il procedimento di emissione dei titoli di debito, attribuendo la relativa competenza ai soci o agli amministratori. In questa opzione in tema di emissione delle obbligazioni, che deriva dall’ampliamento dell’autonomia statutaria – obiettivo primario di tutto l’intervento riformatore – si avverte l’influenza del regime previsto per le obbligazioni bancarie dall’art.12 T.U.B., che, alla luce del carattere di attività di ordinaria gestione dell’attività dell’impresa bancaria proprio dell’emissione delle stesse, attribuisce la relativa competenza agli amministratori.
Nella disciplina che regola l’emissione dei titoli di debito da parte di una S.r.l., non vengono fissati limiti quantitativi alla loro emissione, diversamente da quanto prevede in tema di S.p.A. l’art.2412 c.c., che fissa, invece, nel doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato il plafond per le emissioni di obbligazioni al portatore o nominative.
Invero, per la S.r.l., il legislatore rimette, anche in questo caso, all’autonomia statutaria la determinazione di siffatti limiti, i quali, pur essendo indicati quali eventuali, è opportuno che siano specificati.
Dalla lettura sistematica del nuovo art.2483 c.c. si evince che il finanziamento cartoralizzato della S.r.l. può atteggiarsi, al pari del finanziamento obbligazionario di cui agli artt.2410 e seguenti c.c., come postergato (art.2411, co.1, c.c.), indicizzato (art.2411, co.2, c.c.) e variabile nella remunerazione “in dipendenza di parametri oggettivi anche relativi all’andamento economico della società”. Diversamente da quanto fino a ora illustrato, deve ritenersi inammissibile, invece, l’emissione di titoli di debito convertibili in partecipazioni sociali, così come accade per le obbligazioni convertibili della S.p.A., che configgerebbe con il divieto assoluto di fare delle partecipazioni “oggetto di sollecitazione all’investimento” (art.2468, co.1).
Merita una particolare menzione, poi, la pubblicità del regolamento del prestito, essendo previsto che la decisione di emissione, che prevede le condizioni del prestito e le modalità del rimborso, venga iscritta, a cura degli amministratori, presso il registro delle imprese. Alla luce di questa previsione, il titolo potrà fare rinvio alla delibera di emissione soggetta a pubblicità e quindi potrà atteggiarsi quale titolo a letteralità incompleta. Peraltro, occorre anche segnalare che la modifica delle condizioni del prestito e delle modalità del rimborso deve essere espressamente prevista dalla decisione di emissione dei titoli e deve essere decisa dalla maggioranza dei possessori degli stessi.
Proseguendo nell’esame del nuovo art.2483 c.c., si deve ritenere che i titoli considerati sono valori mobiliari ex art.129 T.U.B., che il rapporto fondamentale alla base dell’emissione dei titoli di debito è un contratto di mutuo e che si tratta di titoli di massa, dato che la decisione maggioritaria postulata dall’art.2483, co.3, c.c. per la modifica delle condizioni del prestito e delle modalità del rimborso presuppone una pluralità di possessori dei titoli. L’accesso da parte della S.r.l. alla tecnica cartolare per la raccolta del capitale di credito non è però senza limiti.
I titoli emessi possono essere sottoscritti soltanto da investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale a norma delle leggi speciali; nell’ipotesi di trasferimento, l’alienante risponde della solvenza della società nei confronti degli acquirenti. Di questa garanzia legale della solvenza della società, non possono godere gli acquirenti che siano investitori professionali o soci della società medesima.
Da questa nuova previsione normativa si desume, pertanto, che i titoli di debito, pur essendo titoli di massa, sono connotati da una riserva di sottoscrizione in favore di particolari soggetti, che si interpongono tra la società emittente e il pubblico, e che sono qualificati “investitori professionali soggetti a vigilanza prudenziale”. La categoria dei soggetti considerati dalla disposizione, probabilmente è desumibile dall’art.28 del regolamento Consob in materia di emittenti, che, sotto la rubrica “investitori professionali”, rinvia agli investitori definiti dall’art.31 del regolamento Consob in materia di intermediari.
Il menzionato art.31, co.2 definisce operatori qualificati – tra gli altri – gli enti sottoposti a vigilanza prudenziale quali “intermediari autorizzati, società di gestione del risparmio, SICAV, fondi pensione e le compagnie di assicurazione”. Si è detto che, salvi i casi in cui acquirenti dei titoli di debito siano altri investitori qualificati o i soci della società, l’alienante risponde della solvenza della società. Da questa formulazione normativa è legittimo ritenere che la responsabilità dell’alienante è disegnata sulla analoga regola del diritto comune in tema di cessione del credito (art.1267 c.c.): chi trasferisce il titolo risponde nei limiti di quanto ha ricevuto. Resta, ovviamente, salvo il caso in cui il trasferente sia gravato di una responsabilità più ampia, in ragione dello strumento cartolare utilizzato.
Tuttavia, la riserva di sottoscrizione dei titoli a investitori professionali qualificati, con esclusione del collocamento tramite gli stessi presso il pubblico, dovrebbe rendere la S.r.l. emittente esente dall’applicazione della normativa primaria e secondaria in materia bancaria e di intermediazione finanziaria.
La riserva di sottoscrizione da parte dei soggetti menzionati crea una netta soluzione di continuità tra società emittente e pubblico, che dovrebbe renderla immune dalle normative indicate, il che rappresenta una condizione essenziale perché questa nuova tecnica di finanziamento non resti sulla carta. Ovviamente, nell’ipotesi di successivo trading dei titoli di debito da parte dei sottoscrittori, al fine di recuperare la liquidità investita, le normative menzionate torneranno a essere applicabili.
In ordine allo spazio di operatività della garanzia di solvenza della S.r.l., in ipotesi di circolazione del titolo, prevista dell’art.2483, co.3, la lettera della norma indurrebbe a ritenere che il primo intermediario sottoscrittore risponde della solvenza della società in ogni caso, anche nelle ipotesi in cui l’obbligazione è stata collocata tra il pubblico da altro investitore qualificato, successivo prenditore del titolo.
È chiaro che questa soluzione interpretativa rischia di disincentivare il ricorso al mercato dei capitali da parte delle imprese, poiché non è credibile che un intermediario accetti tale ruolo di garante, con relativa immobilizzazione di capitale, anche quando la circolazione del titolo tra il pubblico non è stata da lui voluta.
Probabilmente, la tutela dell’investitore non qualificato avrebbe dovuto essere perseguita non attraverso queste forme di garanzia dell’intermediario, che rischiano, come detto, di disincentivare il ricorso a tali forme di indebitamento da parte della S.r.l., bensì ponendo il sottoscrittore in condizione di valutare natura e caratteristiche dell’investimento, rendendo obbligatoria la predisposizione di un prospetto informativo. A ogni modo, data l’assoluta novità di tale disposizione, è quanto mai necessario attendere la sua realizzazione pratica e, di conseguenza, gli effetti che questa produrrà nel mondo delle imprese. Soltanto dopo aver compiuto tale verifica si potrà valutare l’opportunità di introdurre eventuali modifiche alla disciplina prescritta dal nuovo art.2483 c.c.