DPR N.600/1973 ART.39 CO.2 E DPR N.633/1972 ART.55
L’accertamento induttivo viene effettuata sulla base di dati o notizie comunque raccolti dall’Amministrazione Finanziaria e di presunzioni semplici, prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.
Tale metodologia di accertamento consiste nella rideterminazione del reddito sulla base di dati e notizie comunque raccolti, prescindendo in tutto o in parte dalle scritture contabili, avvalendosi di presunzioni semplici anche non gravi, ma comunque precise e concordanti.
Può essere usato quando il contribuente non ha indicato il reddito nella dichiarazione del reddito, non è stato possibile ispezionare le scritture contabili ovvero la non disponibilità delle stesse a causa di omissioni e false indicazioni, non sono stati esibiti gli atti e i documenti richiesti dall’Agenzia delle Entrate, mancata esecuzione degli inviti disposti dall’Ufficio, gli studi di settore sono stati compilati in maniera infedele o inesatta, o di scostamenti superiori al 15% o comunque a 50 mila €.
L’accertamento induttivo e il riconoscimento dei costi
Quando non è possibile contestare con prove documentali l’inapplicabilità dell’accertamento induttivo per insussistenza dei presupposti che lo giustifichino, il contribuente potrà chiedere il riconoscimento dei costi sostenuti e inerenti ai maggiori redditi presunti, in conformità con quanto statuito dalla Corte di Cassazione (sentenze: 1166/2012, 3995/2009, 28028/2008, 640/2001 e 3317/1996) e come precisato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n.32/E/2006 al paragrafo 5.5.
Caso pratico
Una società dismette la propria attività operativa e, pur non procedendo, di fatto, ad effettuare più nessun adempimento dichiarativo, non procede alla chiusura della partita iva. A seguito di controlli incrociati, la società di persone, in questo caso, subisce una verifica fiscale e l’emissione di un avviso di accertamento, con notifica di correlativi provvedimenti in capo ai soci.
Caposaldo della ricostruzione induttiva è la presunzione per cui il reddito dell’anno accertato, ed il volume d’affari, debba essere considerato pari a quello dell’ultimo esercizio in cui è stata presentata la dichiarazione. E tutto ciò, sulla scorta della presunzione pre cui l’attività d’impresa si sia svolta nelle medesime condizioni degli anni precedenti.
In questo caso risulta indubitabile la liceità del criterio accertativo utilizzato dall’AF.
L’omessa presentazione strada della dichiarazione, infatti, apre l’accertamento induttivo. Ciò non toglie, però, che la struttura della pretesa impositiva debba essere tale da rispettare i canoni di logicità e i limiti imposti dalla suprema corte.
Infatti, è vero che il Fisco può determinare il reddito del contribuente sulla base dei dati e delle notizie raccolte ma ciò non si traduce nel libero arbitrio.
Nel caso in esame, dunque la presunzione secondo cui il reddito dell’anno accertato debba essere ritenuto identico a quello dell’anno precedente, non può essere ritenuta come logica e coerente, dunque corretta, in forma della non comparabilità degli anni analizzati.
Fac-simile ricorso
Alla Commissione tributaria ___
RICORSO GIUDISDIZIONALE
Proposto da ___, con sede legale in ___, partita Iva ___, a mezzo del legale rappresentante ___, rappresentata e difesa, anche in via disgiuntiva, da ___, giusta procura apposta a margine del presente atto, con elezione di domicilio presso ___.
CONTRO
L’Agenzia delle Entrate ___, in persona del Direttore pro tempore, per annullamento dell’avviso di accertamento numero ___, protocollo numero ___ emesso a valore dell’anno d’imposta ___ ai fini Ires, Iva ed Irap (All.n. ___).
Avverso il predetto atto amministrativo, ___, a mezzo dei sottoscritti procuratosi alla lite,
ELEVA GRAVAME
Per i motivi di seguito adotti.
IN FATTO
In data ___ l’Ufficio accertante ebbe a notificare il questionario numero ___ mediante il quale richiese al contribuente la produzione della plurima documentazione contabile ivi dettagliatamente indicata, al fine di sottoporre ad analisi e verifica le presunte risultanze reddituali relative al periodo d’imposta ___ (Unico ___).
La parte, consapevole della circostanza che nel periodo de quo non era stata gestita alcuna attività d’impresa, omise di soddisfare l’altrui preliminare richiesta conoscitiva.
IN DIRITTO
1. Violazione dell’onere della prova ex articolo 2697 codice civile, nonché dell’articolo 1, D.P.R. numero 917/1986.
Controparte muove da un indimostrato presupposto fattuale – “(…) pur esercitando sino 12/07/2007 (…)” – per concepire e quantificare la qui avversata pretesa erariale.
Per vero, all’opposto, l’attività d’impresa già esercitata attraverso la società di persone ___, si è conclusa nell’esercizio finanziario ___ per il quale la dichiarazione reddituale fu ritualmente presentata; tale circostanza fattuale risulta dal verbale di contraddittorio ___, protocollo numero ___ (All.n. ___).
È di necessità, una breve precisazione in ordine al presupposto dell’imposizione codificata dall’articolo 1 del Tuir. L’elemento che connota la definizione di presupposto d’imposta contenuta nell’articolo 1 è il “possesso”; circa il significato di tale riferimento, è utile richiamare quanto precisato dalla Relazione ministeriale all’articolo 1[5], D.P.R. numero 597/1973, dove si legge che “più che alla titolarità giuridica dei redditi, la norma intende riferirsi alla loro materiale disponibilità da parte del soggetto d’imposta”.
È innegabile che dovendosi privilegiare la materiale disponibilità, questa non può essere determinata sulla base di un’asserita ipotetica gestione d’impresa, la quale deve costituire un evento storico/fattuale e non una mera ipotesi.
2. Violazione dell’articolo 41, comma 2, D.P.R. numero 600/1973 – Illogicità ed erroneità della motivazione e conseguente violazione dell’articolo 42, comma 2 dell’anzidetto decreto.
Controparte accerta i rispettivi valori imponibili (reddituali ed agli effetti Iva) utilizzando, pedissequamente, gli esiti già oggetto della dichiarazione tributaria resa per il precedente periodo d’imposta, l’esercizio finanziario ___, e, quindi ritenendo, con congettura del tutto immaginifica, che la gestione d’impresa di un dato periodo annuale produca redditi ed esiti economici del tutto identici in quello successivo. Costituisce dato di comune conoscenza che questa induzione trova cittadinanza nel mero spazio dell’astrazione e, non certo, in quello in cui si manifestano i concreti accadimenti aziendali.
Allo scopo d’individuare l’oggettivo ambito fattuale in cui può trovare operatività l’articolo 41, comma 2, D.P.R. n.600/1973 è di risolutivo aiuto il supporto interpretativo concepito dalla Suprema Corte nei seguenti giudizi:
Cassazione, 21/06/2002, numero 9099: “(…) a) per un verso, in tema di accertamento dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, gli elementi e le circostanze di fatto utilizzate non debbono necessariamente riferirsi all’anno in contestazione, ma possono risalire ad anni diversi, allorché si riflettano sul periodo fiscale interessato traducendosi in autonomi indici di capacità contributiva, onde, a tal fine, si palesano idonee le vicende relative, come nella specie, alla situazione patrimoniale del contribuente accadute in anni differenti” (Cassazione, 02/06/1992, numero 6714, e 22/12/1995, numero 13089). Nella fattispecie, la Corte si era concessa un’esemplificazione fattuale al fine di meglio chiarire il pensiero interpretativo e cioè, a dire: “(così, ad esempio, l’acquisto di un appartamento nel 1972 implica necessariamente la possibilità di adempiere, negli anni successivi, ai relativi oneri di mantenimento, possibilità che si traduce in indice autonomo di capacità contributiva per detti anni)”; Cassazione, 03/08/2007, numero 17133: “In tema di accertamento delle imposte sui redditi, il comportamento omissivo del contribuente, che trascuri di rispondere ai questionari previsti dall’articolo 32, comma 4, D.P.R. numero 600/1973, autorizza l’Amministrazione a procedere ad accertamento muovendo dalla constatazione che i fatti esposti nelle richieste rispondano a verità o che i documenti richiesti non sussistono oppure impedisce al contribuente di esibire tardivamente gli atti che è stato invitato ad esibire; tale omissione, tuttavia, non consente all’Amministrazione di individuare il reddito a suo totale arbitrio, essendo comunque necessaria l’indicazione delle presunzioni, anche semplici, da cui ha tratto le somme contestate al contribuente”; Cassazione, 22/10/2007, numero 22118: “(…) pertanto, è ammissibile l’utilizzazione, da parte dell’ufficio Iva, dei dati esposti dallo stesso contribuente in altra dichiarazione, relativa allo stesso periodo ed a diverso tributo o, a maggior ragione, accertati da altro ufficio tributario per i suoi propri fini”; Cassazione, 21/12/2007, numero 27008: “In tema di accertamento induttivo ex articolo 39, comma 2, D.P.R. numero 600/1973, l’irrilevanza della fonte di acquisizione e notizie non consente all’Ufficio di prescindere dall’inerenza di questi ad un determinato specifico periodo d’imposta, attesa l’autonomia di ciascun periodo d’imposta, con la conseguente illegittimità della presunzione della costanza di reddito in anni diversi da quello per il quale è stata accertata la produzione di un determinato reddito”.
Dalle pronunce fin qui richiamate emerge, indirettamente, che:
- Non è rinvenibile né nella norma (articolo 41, comma 2, D.P.R. numero 600/1973) né in giurisprudenza, un principio di supposizione della costanza del reddito desumibile, come sostenuto invece dall’Amministrazione, dalla facoltà di utilizzare dati e notizie comunque raccolti; di conseguenza, come correttamente affermato dalla Suprema Corte non è convincente la presunzione secondo la quale dall’accertata produzione di un reddito non dichiarato in un determinato anno (fatto noto), si possa desumere la produzione dello stesso reddito anche per gli anni successivi (fatto ignoto);
- Sussiste autonomia impositiva per ciascun periodo d’imposta, donde l’obbligazione annuale d’imposta non ha caratteristiche di fecondità ripetuta e/o di ultra attività delle risultanze dichiarative, si da riprodurne e moltiplicarne gli effetti anche per altri diversi anni d’imposta (articolo 1, comma 1, D.P.R. 600/1973).
È principio comune acquisito che lo strumento presuntivo, sia semplice che supersemplice, per poter essere fondatamente e legittimamente utilizzato deve rispondere e sottostare al generale canone di prudenza.
Del resto, ove si ritenesse, erroneamente, che l’utilizzo di presunzioni supersemplici o semplicissime fosse ammesso in maniera indiscriminata e svincolata da qualsivoglia limitazione, sia razionale che procedurale, si potrebbe legittimare una sorta di ossimoro del tipo un accertamento incerto.
Se così fosse, si giungerebbe ad una imposizione non accompagnata dalla ragionevole certezza della esistenza (o misura) del presupposto. Si tratterebbe di un approdo in contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione. Il criterio accertativo utilizzabile nella fattispecie non può ammettere ragionamenti presuntivi di qualsiasi efficacia persuasiva, la necessità di una credibilità adeguata, ancorché attenuta. Credibilità che potrebbe sussistere ad esempio, nel solo caso in cui le risultanze reddituali pregresse (anno d’imposta ___) fossero l’univoco prodotto di un contratto pluriennale che assicurasse un emolumento costante nel tempo (esempio: canone di affittanza, dividendi fissi da partecipazioni, eccetera).
Corre l’obbligo e l’opportunità di rappresentare che Cassazione, 08/03/2000, numero 2605 (in motivazione) ha ammonito che: “È opportuno aggiungere che il pur ampio potere attribuito dall’articolo 41 citato all’ufficio delle imposte – e giustificato dall’esistenza delle particolari condizioni per il suo esercizio (omessa presentazione della dichiarazione, ovvero nullità della stessa) – non può certo essere arbitrariamente esercitato, nel senso che le presunzioni poste a fondamento dell’accertamento devono pur sempre ottemperare alla regola – il cui rispetto è assoggettabile a controllo giurisdizionale – dell’inferenza (non già necessaria, ma) quantomeno probabilistica (orientamento costante: ex pluribus, sentenze numero 9961/1996 e 9782/1999) dei fatti costitutivi della pretesa tributaria ignoti (possesso di redditi) da quelli noti (dati e notizie comunque raccolti o venuti a conoscenza dell’ufficio delle imposte)”.
3. Richiesta istruttoria.
L’Amministrazione finanziaria, come già rilevato, si limita ad asserire che vi è stata gestione d’impresa negli esercizi ___ e ___ e lo fa con il solo inciso pur esercitando, omettendo di calare in atti il benché minimo supporto probatorio.
Il ricorrente, di contro, nega l’esercizio de quo e tenuto conto del noto brocardo secondo cui «negativa non sunt probanda», essendo evidente che non gli è possibile fornire la prova – ex articolo 2697 codice civile – di un fatto negativo,
ISTANZIA
Codesto Onorevole Collegio ad attivare i poteri istruttori attribuitigli dall’articolo 7, comma 1, D.Lgs. numero 546/1992, al fine di accertare l’assenza di gestione dell’impresa nei periodi d’imposta ___ e ___.
Tanto premesso, i sottoscritti procuratori alla lite
CHIEDONO
a Codesta Onorevole Commissione che voglia, contrariis reiectis, accogliere le seguenti conclusioni:
- In via istruttoria, disporre l’attivazione dei poteri istruttori ex articolo 7, comma 1, D.Lgs. numero 546/1992 al fine di accertare l’insussistenza dell’attività d’impresa;
- In via principale, annullare gli opposti atti amministrativi per i motivi indicati ai punti 1 e 2;
- Condannare l’Amministrazione finanziaria alle spese di lite nella misura risultante dalla producenda nota spese.
(Luogo) _______, (data) ________
Firma dei difensori
(_______)