L’accertamento analitico – induttivo è di gran lunga la più diffusa.
Tale metodo prevede la possibilità di rettifica del reddito sulla base di presunzioni non gravi e ripetuti: quali la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati dal contribuente, precise e concordanti desunte da dati di comune esperienza, anche in caso di regolare tenuta delle scritture contabili.
L’accertamento analitico – induttivo consente di desumere l’esistenza di attività non dichiarate o l’inesistenza di passività dichiarate anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordate.
L’accertamento da studi di settore è un esempio di accertamento analitico/induttivo: lo scostamento del reddito dichiarato rispetto alle risultanze dello studio di settore è una presunzione semplice di evasione, che dovrà poi essere supportata da ulteriori elementi probatori (come statuito dalle sentenze della Corte di Cassazione numeri 26635 e 26638 del 18/12/2009): qualora il contribuente non risulti congruo e coerente e lo scostamento (dal 2010), sia inferiore al 15% o comunque a 50 mila €.
Ai fini della difesa è importante dimostrare come lo studio di settore non sia assolutamente idoneo a fotografare la reale capacità di ricavi dell’impresa attraverso simulazioni.
La norma istitutiva degli studi di settore (art.62-sexies co.3[3] D.L. n.331/1993) stabilisce, infatti, che gli accertamenti analitico – induttivi possono essere emersi nel caso in cui si rinvengano gravi incongruenze tra i ricavi (compresi e corrispettivi) dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, o tra i ricavi (compensi e corrispettivi) dichiarati e quelli fondatamente desumibili dagli studi di settore.
[1] d) se l’incompletezza, la falsità o l’inesattezza degli elementi indicati nella dichiarazione e nei relativi allegati risulta dall’ispezione delle scritture contabili e dalle altre verifiche di cui all’art.33 ovvero dal controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni contabili sulla scorta delle fatture e degli altri atti e documenti relativi all’impresa nonché dei dati e delle notizie raccolti dall’ufficio nei modi previsti dall’art.32.
[2] 1. L’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto procede alla rettifica della dichiarazione annuale presentata dal contribuente quando ritiene che ne risulti una imposta inferiore a quella dovuta ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante. 2. L’infedeltà della dichiarazione, qualora non emerga o direttamente dal contenuto di essa o dal confronto con gli elementi di calcolo delle liquidazioni di cui agli art.27 e 33 e con le precedenti dichiarazioni annuali, deve essere accertata mediante il confronto tra gli elementi indicati nella dichiarazione e quelli annotati nei registri di cui agli art.23, 24 e 25 e mediante il controllo della completezza, esattezza e veridicità delle registrazioni sulla scorta delle fatture ed altri documenti, delle risultanze di altre scritture contabili e degli altri dati e notizie raccolti nei modi previsti negli art.51 e 51-bis. Le omissioni e le false o inesatte indicazioni possono essere indirettamente desunte da tali risultanze, dati e notizie a norma dell’art.53 o anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti. 3. L’ufficio può tuttavia procedere alla rettifica indipendentemente dalla previa ispezione della contabilità del contribuente qualora l’esistenza di operazioni imponibili per ammontare superiore a quello indicato nella dichiarazione, o l’inesattezza delle indicazioni relative alle operazioni che danno diritto alla detrazione, risulti in modo certo e diretto, e non in via presuntiva, da verbali, questionari e fatture di cui ai n.2), 3) e 4) dell’art.51, dagli elenchi allegati alle dichiarazioni di altri contribuenti o da verbali relativi ad ispezioni eseguite nei confronti di altri contribuenti, nonché da altri atti e documenti in suo possesso. 4. Se vi è pericolo per la riscossione dell’imposta l’ufficio può provvedere, prima della scadenza del termine per la presentazione della dichiarazione annuale, all’accertamento delle imposte non versate in tutto o in parte a norma degli art.27 e 33. Le disposizioni del precedente periodo non si applicano nei casi previsti dall’art.60, co.6. 5. Senza pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice nei termini stabiliti dall’art.57, l’ufficio dell’imposta sul valore aggiunto, qualora dalle segnalazioni effettuate dal centro informativo delle tasse e delle imposte indirette sugli affari, dalla Guardia di finanza o da pubbliche amministrazioni ed enti pubblici oppure dai dati in possesso dell’anagrafe tributaria, risultino elementi che consentono di stabilire l’esistenza di corrispettivi in tutto o in parte non dichiarati o di detrazioni in tutto o in parte non spettanti, può limitarsi ad accertare, in base agli elementi predetti, l’imposta o la maggiore imposta dovuta o il minor credito spettante. 6. Abrogate 7. Gli avvisi di accertamento parziale possono essere notificati mediante invio di lettera raccomandata con avviso di ricevimento. La notifica si considera avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario ovvero da persona di famiglia o addetto alla casa. 8. Gli avvisi di accertamento parziale sono annullati dall’ufficio che li ha emessi se, dalla documentazione prodotta dal contribuente, risultano infondati in tutto o in parte.
[3] 3. Gli accertamenti di cui agli art.39, co.1, lett.d), del d.P.R. 29/09/1973, n.600, e successive modificazioni, e 54 del d.P.R. 26/10/1972, n.633, e successive modificazioni, possono essere fondati anche sull’esistenza di gravi incongruenze tra i ricavi, i compensi ed i corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività svolta, ovvero dagli studi di settore elaborati ai sensi dell’art.62-bis del presente decreto.