Capitolo 1

Marketing management

4 elementi:

1) individuazione e esame dei bisogni dei consumatori e dell’ambiente mercato

2) scelta contestuale tra:

  1. target
  2. offerta di output
  3. vantaggi competitivi

3) offrire prodotti superiori a quelli concorrenti

4) efficacia in funzione del grado di soddisfazione del cliente

Manifesti del marketing management

“Il marketing è tutta l’impresa, cioè il soddisfacimento del cliente”, Drucker 1957. “Il consumatore e la sua soddisfazione sono il vero centro”, Keith 1960.

Per quanto marketing oriented, la finalità di un’impresa è quella di realizzare un plusvalore economico.

Secondo Levitt (1960), “è necessario ridefinire la missione in modo coerente con le aspettative dei mercati di sbocco”.

L’American Marketing Association, nel 1985, definisce così il marketing: “processo di pianificazione e realizzazione della concezione, del pricing, della promozione e della distribuzione di idee, beni e servizi, al fine di creare scambi che consentano di conseguire gli obiettivi di individui ed organizzazioni”.

4 postulati:

1) il carattere processuale (analisi, pianificazione, realizzazione e controllo)

2) indifferenza rispetto agli output

3) scambio

4) finalizzazione al soddisfacimento

Kotler ha suggerito che, affinché uno scambio si manifesti, sono sufficienti 4 condizioni:

1) almeno due parti desiderano trattare

2) ciascuna dispone di un valore per l’altra

3) ciascuna è in grado di trasferire valore e comunicare

4) ciascuna è libera di accettare o meno

Gli obiettivi dei soggetti:

Il soggetto dell’offerta (impresa) conta su un valore di scambio remunerativo. I soggetti di D (clienti) sostengono costi che sono inferiori all’utilità che attribuiscono al bene o servizio che acquistano. La sovranità del consumatore, che sta alla base del marketing management, va correttamente intesa come libertà di scelta tra alternative di prodotti. Il marketing, in questo contesto, ha lo scopo di allargare le alternative di offerta. I criteri di valutazione con cui i soggetti organizzano la loro funzione di utilità influiscono sull’asimmetria informativa dei rapporti di scambio. “gli universi della produzione e del consumo”, quindi, “sono strutturalmente diversi” (Cozzi, ’95).

Gli oggetti di scambio

Non sono rilevanti le caratteristiche fisico-merceologiche, ma i suoi attributi funzionali e simbolici. Ogni prodotto può essere descritto come un “paniere di attributi” (product idea).

Levitt, nell’85, distingue tra (cfr. appunti):

  • prodotto generico: dà un generale vantaggio al cliente
  • prodotto atteso: insieme di servizi che lo accompagnano (ingloba il prodotto generico e possiede caratteristiche aggiuntive)
  • prodotto ampliato: specifica un’immagine di marca (tecnicamente non cambia)
  • prodotto potenziale: non esiste ancora, deve inserirsi nel mercato; es.: modalità alternative di offerta (leasing)

Le relazioni

Le interazioni a lungo termine privilegiano il carattere bidirezionale dei rapporti e implicano un rapporto continuativo nel cui ambito avviene anche uno scambio di informazioni.

Marketing management e microeconomia

Nei modelli microeconomici le preferenze sono esogene. Nei modelli di marketing, invece, le risposte comportamentali dei consumatori sono strumenti specifici per il processo di scelta. La composizione ottimale del marketing mix è stata riferita, negli studi di microeconomia degli anni ’50 e ’60, a forme di mercato intermedie: concorrenza imperfetta ed oligopolio differenziato (Lambin, ’76). Tra le forme di mercato rilevanti per il marketing non rientra la concorrenza pura o perfetta.

Gli stadi evolutivi

Sono ricondotti a 5 orientamenti da parte di chi governa l’impresa:

1) alla produzione: beni standardizzati con un’elevata efficienza produttiva (eccesso di D)

2) al prodotto: continuo miglioramento funzionale

3) alle vendite: obiettivo di breve periodo di vendere (eccesso di O)

4) al mercato: flessibilità ed elasticità (adattamento alle variazioni della domanda)

5) al marketing: supera i limiti degli orientamenti precedenti

Il marketing contribuisce, a livello corporate, all’identificazione stessa delle capacità market driving e customer satisfaction. Il punto di arrivo, secondo McKenna, è “il marketing ovunque”, ossia una cultura di marketing in tutti i processi aziendali.

Oltre il One best way (Taylor)

Intendiamo riferirci a 3 tendenze:

1) dematerializzazione dei fattori produttivi (hardware) per competere in modo innovativo: sul piano competitivo ed innovativo, rende più necessaria l’interazione tra le aree funzionali

2) la tendenza alla moltiplicazione dei modelli di impresa

3) la tendenza alla disintegrazione verticale dei processi produttivi (formazione del capitale umano): ci si deve concentrare maggiormente sulle fasi nelle quali maggiormente si eccelle. Questo comprende anche processi di outsourcing funzionale (per le fasi restanti) e di disintegrazione verticale nella quale si inquadra la service economy

Non è più possibile separare le valenze strategiche da quelle operative. Alla strategia si sostituisce la “visione strategica”, di vitale importanza per il top-management. Un’altra importante implicazione sono le interazioni tra le competenze di marketing e quelle di carattere tecnologico. La contestualizzazione, ovvero la differenziazione è rappresentata dal pluralismo di modelli, come nel concetto post-fordista.

Il one best way ha due elementi che alimentano i vantaggi competitivi (rilevanza del know-how e del know-why)

1) competenze

2) specificità degli ambienti socio-culturali