Le società di gestione del risparmio

Alcuni cenni temporali

Analizzando le società di intermediazione mobiliare, abbiamo parlato, tra gli altri argomenti, della gestione individuale di patrimoni. Adesso, parlando delle società di gestione del risparmio, andiamo ad analizzare la gestione collettiva di patrimoni.

La gestione del risparmio tende ad essere, da sempre, un attività piuttosto complicata, poiché gli investimenti devono essere canalizzati verso titoli non sempre facili da individuare e che devono rispondere alle caratteristiche di ogni singolo investitore. Negli Stati Uniti, dove la ricchezza si è formata molto prima che in Europa, si è cominciato, negli anni Venti, ad avere il problema di risparmiatori privati che si chiedevano su quali titoli della borsa americana investire il proprio risparmio: la scelta risultava molto difficile, dal momento che le informazioni erano molto più limitate rispetto ad oggi. Ricordiamo, tra l’altro, che all’epoca cominciava a diffondersi una cultura dell’investimento azionario che avrebbe portato alla bolla speculativa alla base della crisi del 1929. In ogni caso, nel 1924, nasce il primo fondo comune di investimento.

In Italia, il processo di creazione della ricchezza avviene molto più tardi rispetto agli Stati Uniti e, in particolare, dopo il boom economico del secondo dopoguerra, ossia dopo gli anni Sessanta. Nello specifico, la creazione dei fondi comuni di investimento risulta un processo estremamente lungo, tanto che il primo di essi nasce solo nel marzo 1983, con l’approvazione della legge n. 77. Non andremo però ad analizzare questa legge, poiché anch’essa è stata ormai integralmente sostituita dal Testo Unico della Finanza che, come abbiamo già visto, contiene tutto ciò che c’è da sapere sui regolamenti della finanza italiana.

La regolamentazione delle società di gestione del risparmio

Per comprendere meglio il funzionamento delle società di gestione del risparmio, è conveniente andare ad analizzare alcune definizioni proposte dal Testo Unico della Finanza, anticipando che tali società hanno l’incarico di costituire fondi comuni di investimento, i quali si dividono in fondi aperti e fondi chiusi.

Nell’art. 1 del Testo Unico della Finanza troviamo, in primo luogo, la definizione di società di gestione del risparmio: “La società di gestione del risparmio (Sgr) è la società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia, autorizzata a prestare il servizio di gestione collettiva del risparmio”. “Avente sede legale e direzione generale in Italia” è importante per capire, come nel caso delle Sim, quali sono le Sgr soggette alla regolamentazione italiana.

L’art. 1 del Testo Unico della Finanza definisce anche cosa sia la gestione collettiva del risparmio: “La gestione collettiva del risparmio è il servizio che si realizza attraverso: la promozione, istituzione e organizzazione di fondi comuni di investimento e l’amministrazione dei rapporti con i partecipanti; la gestione del patrimonio di Oicr.”

Gli Oicr. sono gli organismi di investimento collettivo del risparmio, definiti dal Testo Unico della Finanza come: “i fondi comuni di investimento e le Sicav”.

Dobbiamo quindi capire cosa siano i fondi comuni di investimento e le Sicav. Il Testo Unico della Finanza definisce il fondo comune di investimento come: “il patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte; il patrimonio del fondo, sia aperto che chiuso, può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote”. Le Sicav, invece, sono le società di investimento a capitale variabile, ma non ne vediamo la definizione.

Abbiamo già detto che i fondi comuni di investimento si dividono in aperti e chiusi. Adesso andremo a trattare i fondi aperti, perciò sarà utile vedere la definizione fornita dall’art. 1 del Testo Unico della Finanza: “Il fondo aperto è il fondo comune di investimento i cui partecipanti hanno diritto di chiedere, in qualsiasi tempo, il rimborso delle quote secondo le modalità previste dalle regole di funzionamento del fondo”.

L’attività delle società di gestione del risparmio

La Sgr è l’intermediario finanziario istituzionale preposto alla gestione dei fondi comuni.

Ciò significa che, fatte le debite modifiche, la Sgr è l’equivalente della Sim, cioè è lo strumento con il quale si mettono in piedi dei servizi di gestione patrimoniale collettiva. Per costituire una Sgr occorrono una serie di requisiti molto simili a quelli previsti per le Sim (Titolo III del Testo Unico della Finanza: autorizzazioniedella Banca d’Italia, sentita la Consob; iscrizione all’albo; definizione dei fondi; ecc).

Abbiamo visto che le Sgr possono gestire collettivamente i patrimoni attraverso fondi comuni o attraverso Sicav. Brevemente, ricordiamo che le Sicav sono uno strumento analogo al fondo comune, ma sono organizzate in forma di società per azioni: se vogliamo andare a definire la forma giuridica di questi due strumenti, le Sicav possono essere definite come fondi statutari, mentre i fondi comuni di investimento possono essere definiti come fondi contrattuali. Di fatto, le Sicav sono la trasposizione, su regolamenti europei, di uno strumento inventato in Francia, con il quale si attua una gestione collettiva del patrimonio attraverso la forma della società per azioni, e ciò significa che l’insieme dei patrimoni gestiti per conto degli investitori non va a far parte di un’entità a sé stante, ma diventa capitale di questa società, ossia gli investitori non diventano portatori di un interesse specifico di un fondo, ma diventano azionisti di una società che gestisce i patrimoni. In Italia, le Sicav non sono particolarmente diffuse, in parte per la difficoltà di gestirle, ma, soprattutto, per il fatto che la legislazione sui fondi comuni di investimento è stata introdotta nel 1983, mentre quella sulla Sicav nel 1992. Perciò, dal 1983 al 1992, la necessità di gestire collettivamente i patrimoni veniva soddisfatta esclusivamente attraverso i fondi comuni di investimento, che hanno così trovato il modo di svilupparsi fino al punto di spegnere l’interessa relativamente a nuovi strumenti con le stesse finalità.

Tornando a parlare dei fondi comuni di investimento, possiamo osservare che la definizione dell’art. 1 del Testo Unico della Finanza contiene tutto ciò che operativamente serve. Abbiamo visto, innanzitutto, che il fondo comune di investimento è un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti, gestito in monte. Se il concetto di patrimonio autonomo è semplice, non lo è altrettanto quello della suddivisione in quote, che fa riferimento alla costituzione stessa del fondo. Il fondo comune di investimento, in qualità di strumento di gestione collettiva del risparmio, è uno strumento utile ad una moltitudine di investitori per gestire i propri patrimoni. Ciò significa che un insieme di investitori viene invitato a partecipare alla costituzione di un fondo unico e che ognuno di essi sottoscriverà una piccola quota di questo fondo. In questo modo otteniamo un patrimonio autonomo, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di partecipanti. È poi opportuno prestare attenzione alla gestione in monte, uno degli elementi fondamentali della gestione collettiva: infatti, “gestito in monte”, significa che l’intero patrimonio viene gestito collettivamente da una società, per conto di tutti i quotisti.

Abbiamo poi visto che il patrimonio del fondo può essere raccolto mediante una o più emissioni di quote. Nel caso del fondo aperto, vedremo che questo discorso non ha senso, perché viene superato dalla definizione successiva, quella specifica di fondo aperto, che già abbiamo visto. Andiamo quindi ad analizzare più nello specifico, i fondi aperti.