Come trasferire le risorse?

“Come trasferire i saldi finanziari positivi delle famiglie verso i saldi finanziari negativi delle imprese? Come si compensano le divergenti posizioni finanziarie di famiglie ed imprese? Come si passa dai centri di generazione/accumulazione del risparmio ai centri di effettuazione degli investimenti?” La finanza deve rispondere ai tipici o naturali bisogni finanziari degli operatori, in particolare le famiglie hanno eccedenze di surplus, mentre le imprese hanno necessità di investimenti. Rispetto alle diverse esigenze dei macro-operatori di trasferimento dei surplus, il sistema finanziario ha diverse soluzioni. Seguiremo un itinerario storico-evolutivo delle diverse forme-tecnologie del sistema finanziario.

  1. Nel primo di questi modelli non c’è finanza: siamo nello stadio dell’economia di sussistenza, di auto-consumo o di baratto, agli albori dello sviluppo economico. La produttività è bassa: Y è appena sufficiente a soddisfare le esigenze primarie. Non esistono investimenti, accumulazione e surplus economici.
  2. Nel secondo stadio (quello della tesaurizzazione) c’è la rivoluzione agricola: si coltiva con fertilizzanti, trattori etc. La produzione aumenta sino ad eccedere le esigenze di consumo: si manifesta il surplus. Il surplus viene tesaurizzato: investito in attività reale: si è costretti ad investire tutto il risparmio in beni durevoli o immobili. Anche in questo stadio non c’è finanza: non c’è trasferimento di risorse. Non ci sono attività e passività finanziarie. A differenza di prima, lo sviluppo economico ha fatto un grande salto. In questo caso non è possibile una disuguaglianza tra S e AR, le due grandezze coincidono sempre: il saldo finanziario è uguale per tutti: si è in una situazione di indifferenziazione dei saldi finanziari. Questo implica che la famiglia che risparmia tanto non sa dove lasciare i propri soldi. Dopo un certo livello vi sarà un disincentivo al risparmio: meglio un viaggio all’estero (consumo) piuttosto che acquistare “la ennesima lavatrice”.
  3. Le due soluzioni, che dal punto di vista ideologico sono opposte, dal punto di vista del modello finanziario si eguagliano:
    1. Vetero-capitalismo (quello della prima rivoluzione industriale inglese): l’effettuazione del risparmio era accentuata nel settore delle imprese. Il saldo finanziario era 0 per famiglie ed imprese, ma le imprese disponevano di più risparmio.
    2. Socialismo o economia pianificata: al posto delle imprese abbiamo lo Stato, ma non cambia niente: “le famiglie muoiono sempre di fame” hanno risparmi ed investimenti bassi, in altre parole.

Vi è una mancata differenziazione (de-specializzazione nei comportamenti finanziari) delle posizioni finanziarie da un lato (famiglie), e dall’altro (Stato) un accentramento dell’attività di investimento. Il settore che fa gli investimenti è anche quello che li finanzia. Un solo soggetto di potere comanda. La valutazione nell’efficienza di questa tecnologia è quindi estremamente negativa: non risponde ai bisogni degli operatori e non garantisce trasferimento di risorse.

4. Arriva la finanza (il sistema finanziario, ma non ancora gli intermediari o imprese finanziarie): è la situazione in cui le imprese (che devono fare gli investimenti) e le famiglie (che si specializzano nell’attività di creazione del risparmio) riescono a incontrarsi tramite la creazione di strumenti finanziari, che permettono e rappresentano contrattualmente uno scambio di denaro a titolo creditizio (ovviamente non a titolo gratuito): azione, obbligazione, prestito in generale. Per quanto riguarda la finanza, abbiamo 3 stadi fondamentali:

    1. La finanza interna: il finanziamento viene fatto mediante i propri risparmi ed utili.
      1. La finanza esterna diretta
      2. Le divergenze tra famiglie ed imprese (nella finanza esterna diretta)
    2. La finanza esterna indiretta

La finanza esterna diretta. Il collegamento tra settori in surplus e quelli in deficit è un collegamento diretto. C’è un rapporto diretto tra creditore e debitore: ultimate lander e ultimate borrower. Lo scambio di risorse avviene attraverso “un’innovazione finanziaria tecnologica” chiamata obbligazione o azione. Questa tecnologia ha caratteristiche opposte a quelle precedenti: esiste una specializzazione quanto a posizioni o comportamenti finanziari. I bilanci ed i saldi finanziari sono diversi e tipici. Si ha decentramento nell’attività di investimento (opposto all’accentramento precedente). Il segreto dello sviluppo economico è nell’attività di investimento: è la scelta decisiva sulle sorti di una nazione. In questo modello, per effettuare investimenti, è necessario che due soggetti siano d’accordo: impresa e famiglia, che sono, tuttavia, liberi di raggiungere o meno il consenso. Si dice che il “controllo sull’investimento” lo faccia la famiglia. Il decentramento della scelta di investimento porta alle seguenti conseguenze:

  • Probabilmente l’investimento è più efficiente: visto che bisogna essere concordi in 2, la scelta degli investimenti è più severa e rigorosa; c’è un miglioramento nell’efficienza allocativa delle risorse.
  • Il patto del decentramento delle scelte economiche a livello politico: è un sistema di democrazia economico, a differenza dei precedenti sistemi economici totalitari.
  • È un sistema che garantisce un soddisfacimento delle esigenze. “Tutti sono contenti”, grazie al trasferimento effettuato dalla finanza.
  • È un sistema complesso da realizzare, quindi perviene a decisioni in maniera più lenta.

Divergenze tra famiglie ed imprese (nella finanza esterna diretta). Il problema di fondo è la diversità di esigenze tra il settore in surplus ed il settore in deficit. Dal punto di vista delle esigenze finanziarie, imprese e famiglie sono molto distanti. Le caratteristiche delle obbligazioni che le famiglie sono disposte a comprare, sono estremamente diverse o addirittura opposte rispetto alle caratteristiche delle obbligazioni che le imprese vorrebbero vendere. Negoziare non è semplice.

  • La diversità di esigenze è data innanzitutto dal punto di vista del rischio e della sicurezza: le famiglie vogliono investire i propri risparmi in attività finanziarie sicure, non sono speculatori né imprenditori. Hanno esigenze transattive o precauzionali. Al contrario è naturale che le imprese non possano far altro che offrire alle famiglie il rischio massimo: il rischio d’impresa.
  • Dal punto di vista del rendimento, le famiglie vorrebbero il rendimento più alto possibile, mentre per le imprese il rendimento delle obbligazioni è un costo.
  • Dal punto di vista della liquidità (della durata o scadenza), le famiglie vogliono impiegare i loro risparmi a breve (potendo accedere al proprio risparmio in caso di esigenze), mentre le imprese finanziano investimenti a lungo termine.
  • Anche sotto il profilo dell’ammontare, le famiglie generano piccole quote parcellizzate e frammentate di risparmio, mentre le imprese sono poche e vogliono finanziarsi per grandi importi: non vogliono trattare con 10.000.000 di famiglie con un risparmio di un euro, bensì con 1 famiglia che ha un risparmio di 10.000.000€.
  • Ulteriori diversità di preferenze riguardano la valuta: l’impresa potrebbe cercare finanziamenti in valuta estera, ma non è detto che le famiglie vogliano sopportare il rischio di cambio. Anche il tasso di interesse può essere scelto diversamente, tra fisso e variabile.
  • L’ultimo problema riguarda l’accessibilità geografica/localizzazione: è un problema banale di contatto fisico. La famiglia dovrebbe prendere il treno, andare in città, incontrare l’imprenditore, perdendo tempo etc.

Per tutti questi problemi, la finanza esterna diretta è molto difficile. Si può cercare di intervenire per alleviare alcuni problemi. Citiamo le più significative innovazioni per superare i problemi della finanza esterna diretta:

  • gli agenti/broker/mediatori finanziari: si pongono in mezzo alle imprese/famiglie e possono fornire servizi logistici o informativi sul rischio (essi consigliano ma non si accollano il rischio), sulla necessità, sull’ammontare, eccetera;
  • i mercati secondari: agiscono sui problemi di scadenza e liquidità;
  1. Il mercato primario è il mercato di emissione degli strumenti finanziari.
  2. Il mercato secondario non è detto che ci sia ed è quel mercato dove si scambiano strumenti finanziari già emessi. Può garantire la liquidità allo strumento finanziario e quindi alla famiglia che lo detiene: anche un titolo a lunghissima scadenza, se c’è un efficiente mercato secondario, non riscontra problemi di liquidità. Il rischio, tuttavia, resta sempre sulle famiglie.

La finanza esterna indiretta. 

Tra imprese e famiglie vi è un operatore che entra in contatto con le famiglie, emette un proprio debito e allo stesso tempo acquista la passività dell’impresa: questo operatore si chiama intermediario creditizio. Il più importante di tutti si chiama banca. Non è un mediatore, bensì un intermediario: spezza il flusso in due parti. Il trasferimento diventa indiretto e passa attraverso l’intermediario: una nuova categoria di impresa. In questo stadio, oltre ai principi di de-specializzazione e di decentramento decisionale ancora più spiccati (addirittura devono essere d’accordo 3 soggetti: banca, famiglie, imprese), si aggiunge un terzo principio che è la trasformazione dei flussi: si hanno due scambi diversi. Dal punto di vista dell’efficienza del sistema, non è poi molto diverso dal quello precedente. Grazie all’aiuto della banca, è più facile che il trasferimento finanziario si realizzi, ma non è possibile sostenere in assoluto che l’ultimo stadio (la finanza esterna indiretta) sia il più efficiente in quanto a funzionalità: è semplicemente più realizzabile. Per quanto riguarda l’efficienza nello svolgere le funzioni è tuttora aperto un dibattito tra sostenitori di banca e mercati. La funzione dell’intermediario creditizio è la trasformazione dei flussi, soddisfando specularmente e contemporaneamente sia imprese sia famiglie. Come abbiamo già visto, trattando la finanza diretta, imprese e famiglie necessitano di strumenti finanziari diversi. La banca trasforma i titoli risolvendo molti dei problemi di cui sopra:

  • Dal punto di vista del rischio, non si ha timore che la banca fallisca.
  • Dal punto di vista della liquidità, le imprese possono aver generato azioni, mutui trentennali, etc. mentre il deposito è a vista, in tempo reale.
  • Dal punto di vista dell’ammontare, i tanti piccolissimi depositi (pulling di risorse) generano i grossi prestiti di cui necessitano le imprese.
  • Per quanto riguarda l’accessibilità e la localizzazione, le banche sono presenti ovunque coi loro sportelli in modo capillare; sebbene la struttura sia molto costosa, garantisce grande facilità di accesso.

In questo modo, trasformando i flussi, le banche riescono ad offrire un prodotto su misura per famiglie ed imprese. Ripetiamo che la funzione produttiva della banca è proprio questa trasformazione del flusso: raccolgono risparmio e lo prestano a caratteristiche diverse. La parte fondamentale non è soltanto il passaggio, bensì la trasformazione! La banca si accolla il rischio dell’impresa, senza trasferirlo e ciò ha indubbiamente un costo. Ecco qual è il costo della funzione produttiva della banca. Il problema è che questo costo dovrebbe essere minore del costo della finanza diretta. Lo “spread” è la differenza tra costi effettivi dell’impresa e costi di transazione e di rischio: è il costo della tecnologia finanziaria per la collettività. È stato dimostrato che sia più conveniente la finanza indiretta, perché è possibile avere uno spread inferiore a carico della collettività.Ovviamente la funzione di trasformazione dei flussi costa alla banca. Lo spread tra il rendimento sui depositi e i prestiti alle imprese viene incamerato dalla banca a titolo di copertura dei costi di trasformazione ed a titolo di utile. Nonostante via sia un operatore aggiuntivo, esso migliora il guadagno di tutti. Come fa la banca a contenere i costi dell’intermediazione e della funzione di intermediazione, generando uno spread basso? Perché il finanziamento all’impresa fatto dalla banca è nettamente meno costoso di quello fatto direttamente dal settore in surplus?

  • La banca è un operatore specializzato nella finanza e nel trasferimento. Rispetto al finanziatore famiglia (canale diretto) il finanziatore indiretto (la banca) gode di “economie di scala: la banca è grande, la famiglia è piccola. I costi fissi incidono diversamente su un milione di euro o su 100 milioni.
  • Altro fattore: la diversificazione è collegata alla dimensione. Se la famiglia ha 100 euro da investire non può diversificare l’investimento, diversificando di conseguenza anche il rischio e riducendolo. Il rischio che prende la banca è ridotto, in quanto diversificato. Trasformando i singoli contratti di prestito ed i singoli contratti di debito, a livello di totale attivo e totale passivo, non ci può essere squilibrio eccessivo. È vero che un deposito (a breve) finanzia un mutuo (a lungo), ma non è possibile che il passivo sia tutto a lungo termine, mentre tutto l’attivo sia a breve, c’è per forza un equilibrio, grazie alla diversificazione.
  • Inoltre la banca sa investire in maniera più appropriata, la famiglia non ha competenze in merito: non dispone di “know-how” specifico.
  • La banca ha potere contrattuale, potendo quindi negoziare tassi di interessi o clausole più favorevoli, o chiedere garanzie, riducendo ulteriormente il rischio. Anche il potere di informazione riduce il rischio.
  • La banca, infine, svolge la funzione monetaria: è un altro grandissimo punto di vantaggio nella funzione creditizia e nell’assunzione del rischio, rispetto alla famiglia.

Applicando il metodo del conto delle fonti e degli impieghi dei fondi alla banca, scopriamo che la dominanza delle attività e delle passività finanziarie è assai superiore alle attività reali: il saldo finanziario non è particolarmente rilevante: non siamo di fronte ad un operatore con un surplus “normale”. Emette passività finanziarie per “finanziarie” attività finanziarie. L’attività finanziaria non compensa l’attività reale. Così facendo compensa tutti gli squilibri finanziari (surplus e deficit). In poche parole, la banca opera più nel mondo della carta che in quello dei beni e servizi reali. Mercati ed agenti non risolvono il rischio, la banca quantomeno lo riduce.