Il processo

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GLI ORGANI DEL PROCESSO TRIBUTARIO: sono le Commissioni regionali, provinciali e la Corte di Cassazione. Il collegio giudicante delle commissioni è formato da 3 membri nominati con d.p.r. su proposta del Ministro delle finanze fondata su graduatorie fomate in base a criteri e punteggi predeterminati; ed il presidente è sempre un magistrato. I membri possono esse scelti non solo tra  i laureati in giurisprudenza ed economia e commercio, ma anche tra geometri, ingegneri, periti aziendali, architetti, ma non possono farne parte coloro che svolgono attività professionale in materia tributaria. La giurisdizione delle commissioni tributarie comprende tutte le controversie aventi ad oggetto tributi di ogni genere e specie, (compresi quelli regionali, provinciali, comunali, e il contributo al servizio sanitario nazionale).mentre sono escluse le controversie riguardanti gli atti dell’esecuzione forzata che devono essere risolte dal giudice ordinario salvo che riguardino la regolarità formale o la notificazione del titolo esecutivo, perché tali questioni attengono al ruolo e quindi sono da proporre, con ricorso contro il ruolo, alle commissioni tributarie. Le questioni riguardanti il ruolo vanno sollevate mediante ricorso contro il ruolo stesso da proporsi alle commissioni tributarie. Non tutti gli atti a contenuto tributario possono essere impugnati dinanzi alle commissioni, gli atti impugnabili sono elencati in modo tassativo, per questo vi è anche una giurisdizione del giudice amministrativo in materia tributaria, da definire in via residuale. La competenza territoriale delle commissioni tributarie provinciali è determinata dalla sede dell’ufficio o dell’ente che ha emesso l’atto che si impugna: bisogna proporre ricorso alla commissione nella cui circoscrizione ha sede l’ufficio o l’ente contro cui si propone ricorso.

LE PARTI: le parti del processo tributario sono: il ricorrente ed il resistente. Il ricorrente è obbligato a farsi assistere da un difensore tecnico; non è necessario solo in 3 casi:

 

  • controversie di valore inferiore ai 5 milioni,
  • ricorsi contro i ruoli formati dai centri di servizio,
  • se il ricorrente è un soggetto abilitato all’assistenza tecnica.

La parte resistente è il soggetto che ha emesso l’atto che si impugna, se il ricorso è però presentato in seguito al silenzio rifiuto rispetto ad un’istanza di rimborso allora la parte resistente è l’ufficio cui è stata presentata l’istanza la cui sede determina, inoltre la competenza territoriale della commissione. Se la parte ricorrente è l’Agenzia delle entrate o un ente locale, non ha bisogno di difensore tecnico. I mezzi di impugnazione si dividono in rescindenti e sostitutive, le prime conducono ad una sentenza di annullamento della sentenza impugnata, (o cassazione),  le seconde metto capo ad una pronuncia che sostituisce a tutti gli effetti di quella impugnata. I mezzi di impugnazione nel processo tributario sono: il ricorso in appello alla commissione tributaria regionale, il ricorso per cassazione , contro le sentenze della commissione tributaria regionale, la revocazione contro le sentenze di primo e secondo grado e la cassazione, questi sono mezzi d’impugnazioni ordinari, mentre è impugnazione straordinaria la revocazione contro sentenze passate in giudicato.

IL RICORSO: è l’atto iniziale del processo tributario, il cui contenuto tipico è una domanda motivata che il ricorrente rivolge al giudice. Deve contenere l’indicazione:

 

  1. della commissione adita,
  2. del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza o sede legale e domicilio eletto ed il codice fiscale;
  3. della parte resistente,
  4. dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda.
  5. dei motivi.

Per quel che riguarda i motivi del ricorso, possono essere di fatto (mancata emissione di scontrino), o di diritto (irregolarità procedimentali che riguardano l’applicazione delle norme). Deve essere sottoscritto dal difensore e deve determinare l’oggetto del processo, che si compone di due elementi: l’oggetto della domanda, ovvero il provvedimento che si chiede al giudice e del motivo del ricorso. Nei processi di impugnazione, indicare i motivi, significa indicare il vizio dell’atto che si impugna. L’indicazione di questi elementi è prevista pena l’inammissibilità del ricorso, che può essere rilevata ad ogni stadio e grado del processo.

NOTIFICA: Per dare avvio al processo, il ricorso deve essere portato a conoscenza della controparte, attraverso notifica, e del giudice, con la costituzione in giudizio. La notifica può essere fatta mediante ufficiale giudiziario, per spedizione postale ovvero con consegna dell’atto alla controparte. La notifica deve essere fatta entro 60 giorni dalla notificazione dell’atto contro cui si ricorre tranne l’ipotesi di ricorso contro rifiuto tacito, che non può essere proposto prima di 90 giorni dalla presentazione dell’istanza di rimborso, ma prima della prescrizione del diritto alla restituzione.

GLI ATTI IMPUGNABILI: il processo può essere instaurato solo se il contribuente ha ricevuto la notifica di un atto dell’amministrazione e solo nei casi tipici previsti dalla legge:

 

  • avviso di accertamento,
  • avviso di liquidazione,
  • avviso di mora,
  • provvedimento che irroga sanzioni,
  • iscrizione a ruolo e cartella di pagamento,
  • atti delle operazioni catastali,
  • rifiuto espresso o tacito di rimborso,
  • diniego o revoca di agevolazioni.

Questi atti sono detti impugnabili autonomamente, gli atti che non fanno parte di questo elenco sono impugnabili non autonomamente, cioè, possono essere impugnati solo dopo aver ricevuto uno di quelli elencati. Le azioni esperibili: a seconda che si segua la teoria dichiarativa o costitutiva, le impugnazioni avranno come esito una sentenza di natura meramente dichiarativa, volta ad accertare una situazione oppure sarà rivolta all’annullamento dell’atto. Si ritiene che:

 

  • quando l’impugnazione verte su vizi formali dell’atto e il giudice riconosce fondato il ricorso, si ha l’annullamento dell’atto;
  • hanno carattere impugnatorio anche le azioni di rimborso;
  • mentre quando il giudizio verte sull’an o sul quantum dell’imposta, il giudizio il giudizio è meramente di accertamento.

LA COSTITUZIONE IN GIUDIZIO: il ricorrente dopo aver notificato il ricorso, deve costituirsi in giudizio deve cioè depositare il proprio fascicolo, in cui è inserito il ricorso ed i documenti che vengono prodotti,  presso la segreteria della commissione. La parte resistente deve a sua volta costituirsi in giudizio depositando il proprio fascicolo con le controdeduzioni e i documenti. La mancata costituzione del ricorrente rende inammissibile il ricorso, mentre, invece, non è essenziale la costituzione della parte resistente, non riceverà però l’avviso di fissazione dell’udienza, né la notifica dell’istanza di pubblica udienza, né la comunicazione del dispositivo e, se il ricorrente rinuncia al ricorso, il processo si estingue senza bisogno di accettazione della parte non costituita.

FASI PREPARATORIE: dopo che il ricorrente si è costituito in giudizio la segreteria sottopone il fascicolo del processo e lo sottopone al residente della commissione, che assegna il ricorso ad una delle sezioni. Il presidente della sezione compie un esame preliminare sul ricorso per verificare se vi sono cause di inammissibilità. Ha anche il potere di dichiarare la sospensione, l’interruzione e l’estinzione del processo. La fase successiva è la fissazione dell’udienza di trattazione, di cui deve essere dato avviso alle parti almeno 30 giorni liberi prima nei quali le parti possono depositare documenti, fino a 20 giorni prima e memorie, fino a 10 giorni liberi prima dell’udienza.

L’UDIENZA DI TRATTAZIONE: la trattazione della controversia può avvenire in pubblica udienza o in camera di consiglio. La pubblica udienza deve però essere richiesta da una delle parti e notificata alle altre parti almeno 10 giorni prima dell’udienza altrimenti avviene in camera di consiglio. L’udienza pubblica prevede che, dopo la relazione di uno dei componenti del collegio giudicante, le parti siano ammesse alla discussione, quindi il collegio delibera in camera di consiglio e la sentenza è resa pubblica attraverso il deposito presso la segreteria della commissione entro 30 giorni dalla deliberazione. Il segretario deve far risultare il deposito apponendo data e firma sulla sentenza. La segreteria deve notificare il dispositivo della sentenza alle parti costituite entro 10 giorni dal deposito. Il termine per impugnare la sentenza è di 620 giorni dalla notifica del testo integrale della sentenza, su richiesta di una delle parti, in mancanza di notifica opera il termine di un anno dal deposito della sentenza.

SOSPENSIONE, INTERRUZIONE ED ESTINZIONE DEL PROCESSO: sebbene la regola generale sancisca che il giudice tributario può risolvere ogni questione che sia rilevante per dare risposta alla domanda proposta dal ricorrente, vi sono casi in cui deve sospendere il processo ed attendere che un altro giudice risolva la questione. Questo avviene nei casi in cui è presentata querela di falso, per decisioni attinenti allo stato o alla capacità delle persone, quando il giudice pone una questione di costituzionalità o una questione di interpretazione di norme comunitarie alla Corte di giustizia della Comunità europea. La sospensione è dichiarata con ordinanza, durante la sospensione non possono essere compiuti atti del processo e quando cessa la causa di sospensione deve essere presentata entro 6 mesi istanza di trattazione. L’interruzione si ha quando muore la parte privata o il suo legale rappresentante o il suo difensore, ma anche in caso di perdita di capacità di stare in giudizio, radiazione dall’albo, eccetera le conseguenze sono analoghe a quelle della sospensione: non possono essere compiuti atti e se la parte da cui è derivata l’interruzione non presenta tempestivamente istanza per la ripresa, il processo si estingue. L’estinzione naturale del processo è la sentenza di merito che accoglie o respinge il ricorso, ma possono esserci casi in cui il processo si estingue prima: per rinuncia al ricorso, che deve essere accettata dalle parti che hanno interesse alla prosecuzione del processo; per inattività delle parti, se l’impulso di parte è previsto come necessario per la prosecuzione del giudizio;  per cessazione della materia del contendere, per es. in caso di conciliazione, o quando l’amministrazione ritira l’atto impugnato eccetera.

LE PROVE: la regola generale in materia di prove è che il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti. Nel processo tributario non sono ammesse prove orali, ma si basa su prove scritte: le parti possono liberamente produrre documenti probatori in giudizio, inserendoli nel fascicolo oppure con allegati alle memorie difensive fino a 20 giorni prima dell’udienza. Il giudice può anche di sua iniziativa:

  • disporre accessi, ispezioni;
  • richiedere dati, informazioni e chiarimenti;
  • ordinare l’esibizione di documenti;
  • richiedere relazioni tecniche ad organi dello Stato;
  • disporre lo svolgimento di una consulenza tecnica.

Le commissioni possono, infine, ordinare alle parti il deposito di documenti ritenuti necessari per la decisione della controversia. Il ricorrente non può avvalersi  come mezzo di prova a suo favore di tutti quei documenti che si sia rifiutato di esibire in seguito a richiesta dell’ufficio (parte resistente) a meno che non dimostri che ciò è dipeso da causa a lui non imputabile. La confessione non è disciplinata, tuttavia, nel caso in cui il ricorrente dichiari fatti a lui sfavorevoli il giudice può decidere di tenerne conto. Le prove assunte in sede penale, in seguito ad indagini di polizia giudiziaria, se rilevanti in ambito tributario, e se non vi sia pregiudizio per il processo penale, possono essere utilizzate ai fini fiscali. Il giudicato penale, non vincola il giudice tributario, ma può essere utilizzato come mezzo di prova liberamente valutabile. Per i fatti per i quali non esiste né la prova che siano accaduti, ma neppure il contrario, interviene la regola dell’onere della prova, in base alla quale il giudice decide in senso sfavorevole alla parte che aveva l’onere della prova. In particolare:

  • L’Amministrazione ha l’onere di provare i presupposti di fatto del provvedimento che ha emesso;
  • L’onere della prova grava, invece, sul ricorrente quando allega elementi che riducono o elidono il tributo.
  • Nei processi di rimborso, il ricorrente ha l’onere di dimostrare che sussistono i presupposti del diritto di credito che deduce in giudizio;
  • Anche quando si discute dell’applicazione di una esenzione, l’onere della prova grava sul contribuente.

I PROVVEDIMENTI DEL GIUDICE: il giudice tributario può emettere 3 tipi di provvedimenti: sentenze, ordinanze, decreti. Sentenze: il collegio si pronuncia con sentenza in tutti i casi in cui definisce il giudizio, sia quando decide il ricorso nel merito, sia quando dichiara l’estinzione del giudizio o l’inammissibilità del ricorso. Contenuto: è pronunciata in nome del popolo italiano ed intestata alla Repubblica italiana, sottoscritta dal presidente e dal relatore deve contenere:

  • l’indicazione della composizione del collegio, delle parti e dei difensori;
  • un’esposizione sintetica dello svolgimento del processo;
  • le richieste delle parti;
  • l’esposizione dei motivi in fatto e in diritto;
  • il dispositivo.

È resa pubblica mediante deposito nella segreteria della commissione, il deposito deve risultare dall’apposizione della data e della firma del segretario. Il dispositivo è comunicato alle parti entro 10 giorni dal deposito. Ordinanza: il giudice si pronuncia con ordinanza in tutti i casi in cui non definisce il giudizio: quando sospende l’atto impugnato, sospende il processo ecc. I decreti riguardano lo svolgimento del processo e sono provvedimenti del presidente con cui per esempio assegna il ricorso ad una sezione.

LA CONDANNA ALLE SPESE: le spese sono a carico del soccombente e sono liquidate con la sentenza.

LE DECISIONI DELLE DOMANDE DI RIMBORSO: in questo caso la decisione è complessa, in quanto non deve limitarsi ad impugnare il provvedimento negativo, deve accertare il credito e condannare l’Amministrazione a rimborsare le spese.

LA COSA GIUDICATA: è il risultato finale del processo. Le decisioni di merito diventano definitive, quando producono un particolare effetto: la cosa giudicata sostanziale, ovvero quel effetto della sentenza che scaturisce dalla statuizione di esistenza o inesistenza del diritto fatto valere in giudizio. La cosa giudicata formale indica la stabilità che la sentenza acquisisce quando scade il termine per impugnarla in via ordinaria.

L’APPELLO: è il giudizio di secondo grado con il quale la parte soccombente può impugnare la sentenza della commissione provinciale proponendo ricorso alla commissione tributaria regionale. Deve essere proposto entro 60 giorni dalla notifica della sentenza integrale di primo grado ovvero entro un anno dal deposito della sentenza. Il ricorso deve essere notificato alla controparte cui segue la costituzione in giudizio. La costituzione avviene nei termini e nei modi previsti per il ricorso di primo grado. Se l’appellato è totalmente vittorioso in primo grado, qui deve solo costituirsi in giudizio, ma se la sentenza è stata solo parzialmente favorevole insieme alle contro deduzioni potrebbe proporre un appello incidentale. L’atto di appello, sia esso principale o incidentale, deve contenere l’esposizione dei fatti, l’oggetto della domanda ed i motivi dell’impugnazione: occorre specificare che in secondo grado non si agisce contro il provvedimento impugnato, ma contro la sentenza di primo grado. L’appellante non può proporre al giudice domande nuove non proposte in primo grado, né nuove eccezioni per impedire che si richieda qlc di diverso o più esteso rispetto alla richiesta di primo grado. L’effetto devolutivo automatico è quel meccanismo  per cui le deduzioni ed i materiali acquisiti in primo grado passano automaticamente all’esame del secondo giudice., tuttavia le questioni e le eccezioni non accolte in primo grado che non sono espressamente riproposte in appello, si intendono rinunciate.

LE SENTENZE DI APPELLO: possono avere contenuto soltanto processuale o di merito. Le decisioni di merito sostituiscono quelle di primo grado, quelle di rito sono classificabili:

  • decisioni dichiarative dell’inammissibilità dell’appello,
  • decisioni di estinzione del giudizio di appello,
  • decisioni di rimessione al primo giudice.

Nei primi due casi cessa il processo e passa in giudicato la sentenza di primo grado, nel terzo il processo prosegue, anzi ricomincia in primo grado.

IL GIUDIZIO DI CASSAZIONE: le sentenze delle commissioni tributarie regionali sono impugnabili in Cassazione per cause tipiche:

  • motivi attinenti alla giurisdizione, questo problema di fatto no esiste più perché le Commissioni sono competenti per ogni tributo;
  • per violazione delle norme sulla competenza,
  • per violazione e falsa di norme di diritto,
  • per nullità della sentenza o del procedimento,
  • per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Il ricorso in cassazione deve essere proposto entro 60 giorni dalla notifica della sentenza integrale di secondo grado  ovvero entro un anno dal deposito della sentenza, deve essere sottoscritto, pena l’inammissibilità, da un avvocato cassazionista e notificato alla controparte e depositato nella cancelleria della Corte di Cassazione entro 20 giorni dalla notificazione. Insieme al ricorso deve essere depositata copia autentica della sentenza che si impugna. La controparte può contraddire mediante un contro ricorso, che deve essere notificato entro 20 giorni dal termine per il deposito del ricorso e depositato in cancelleria entro 20 giorni dalla notifica. Le parti devono poi attendere la fissazione dell’udienza, le parti possono presentare memorie fino a 5 giorni prima dell’udienza. Il giudizio di Cassazione, se viene accolto il ricorso, si conclude con una sentenza che annulla la sentenza impugnata.

GIUDIZIO DI RINVIO: la corte di cassazione può rinviare alla commissione tributaria regionale o a quella provinciale quando accerta anomalie (es. vizi nella sentenza impugnata) del giudizio svoltosi davanti alla stessa commissione provinciale e cassa una sentenza della commissione regionale che avrebbe dovuto rinviare e non lo ha fatto, alla commissione provinciale. Il giudizio di rinvio è promosso d’ufficio quando il rinvio è disposto da una commissione tributaria, mentre invece, occorre l’impulso di una delle parti quando è disposto dalla Corte di cassazione. La causa deve essere riassunta nel termine perentorio di un anno dalla pubblicazione della sentenza della Cassazione pena l’estinzione del processo.

LA SOSPENSIONE CAUTELARE DEGLI ATTI IMPUGNATI: il ricorso contro uno degli atti impugnati, non ne sospende l’esecuzione. Il contribuente può richiedere alla stessa Amministrazione di sospendere la riscossione, nell’esercizio dei suoi poteri di autotutela; ovvero chiedere nello stesso ricorso, con atto separato, la sospensione dell’esecuzione dell’atto impugnato. Devono però sussistere 2 presupposti:

  1. il fumus boni juris, ossia la probabile fondatezza del ricorso;
  2. il periculum in mora, ossia il pericolo di danno grave ed irreparabile.

La decisione spetta alla commissione, ma in casi di eccezionale urgenza il presidente può disporre la sospensione. La sospensione può essere subordinata alla prestazione di idonee garanzie. Gli effetti della sospensione cessano con la pubblicazione della sentenza di primo grado e il provvedimento che respinge la sospensione non può essere impugnato.

LA CONCILIAZIONE: anche nel processo tributario le parti possono trovare un accordo per cui il processo non si chiude con una sentenza, ma con la conciliazione. Non sono conciliabili questioni che riguardano le sanzioni, può avvenire solo mentre la lite pende in primo grado. La conciliazione se si realizza in sede processuale, può essere proposta sia da una delle parti, sia dalla commissione. Se si raggiunge un accordo è redatto un processo verbale che chiude il processo e costituisce il titolo per la riscossione delle somme dovute. Se in udienza le parti non raggiungono un accordo, la commissione può assegnare un termine non superiore a 60 giorni per la formazione di una proposta stragiudiziale. Se la conciliazione avviene fuori dal processo, l’ufficio deve depositare in giudizio il documento che formalizza l’accordo: proposta di conciliazione e accettazione. Il giudice tributario deve valutare la legittimità formale della conciliazione e la sua ammissibilità. Raggiunta la conciliazione, gli importi concordati devono essere pagati mediante versamento diretto entro 20 giorni .

L’ESECUZIONE DELLE SENTENZE TRIBUTARIE: esecuzione in senso stretto si ha solo per le sentenze di condanna: le sentenze delle commissioni sono suscettibili di esecuzione attraverso l’esecuzione forzata, ma anche con l’ottemperanza, la quale, non ha per oggetto solo l’adempimento dello specifico obbligo statuito dalla sentenza, ma anche gli obblighi indiretti che ne derivano. Per le sentenze che annullano atti amministrativi non è configurabile un’esecuzione in senso stretto, dato che gli atti si eseguono da sé. Le sentenze che respingono l’impugnazione di un atto impositivo, sono puramente dichiarative, resta in vita l’atto impugnato e il precetto che deve essere eseguito è quello contenuto nell’atto impugnato, non è contenuto nella sentenza. Nel caso di sentenza che condanna l’amministrazione al rimborso, il creditore può agire solo quando la sentenza è passata in giudicato ed è necessario un adempimento formale: deve chiedere alla segreteria della commissione il rilascio di copia spedita in forma  esecutiva, munito di tale documento può promuovere l’esecuzione forzata.

GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA: spesso l’esecuzione forzata sui beni delle pubbliche amministrazioni non dà risultati utili a causa dei limiti alla pignorabilità di tali beni. Il creditore può tutelarsi promuovendo giudizio di ottemperanza dinanzi alla commissione tributaria, la quale può nominare un commissario ad acta che emetterà i provvedimenti necessari. L’ottemperanza può riguardare tutte le sentenze che comportino obblighi per l’amministrazione, non solo le condanne. Il ricorso può essere proposto dopo che è scaduto il termine per l’adempimento degli obblighi posti dalla sentenza a carico dell’ufficio. La competenza spetta alla commissione tributaria provinciale se la sentenza da ottemperare è di tale organo ovvero alla commissione tributaria regionale in tutti gli altri casi. Il ricorso deve essere depositato in doppio originale presso la segreteria della commissione che provvederà a comunicarlo alla controparte che può, entro 20 giorni presentare memorie e documenti. Decorso tale termine il presidente della commissione assegna il procedimento alla stessa sezione che ha emesso la sentenza ottemperata, il ricorso è trattato in camera di consiglio, con facoltà di intervento delle parti. Il collegio adotta le disposizioni intese a realizzare l’ottemperanza con sentenza impugnabile solo per cassazione. Realizzata l’ottemperanza, il collegio dichiara chiuso il procedimento con ordinanza.