Come si crea la base monetaria

Esistono diversi aggregati monetari (Ml, M2, eccetera) dove si considera di seguito un aggregato monetario che contiene il precedente, estendendo la definizione moneta a qualcosa di sempre più lontano dal circolante e non avente la caratteristica di assoluta liquidità e disponibilità. La teoria economica, sulla base di un modello keynesiano, individua quattro canali di espansione e propagazione della base monetaria:

  1. il sistema creditizio;
  2. il Tesoro;
  3. l’estero;
  4. il mercato aperto.

Questi strumenti rispondono alla domanda: “In che modo la banca centrale crea base monetaria?”

Il sistema creditizio

La banca centrale ha funzioni di controllo e di vigilanza sul sistema creditizio. Svolge altre sì la funzione di prestatore di ultima istanza: attraverso diversi strumenti tipici del sistema creditizio, il sistema bancario può scontare crediti assunti e prendere a prestito moneta dalla banca centrale, la quale anticipa liquidità al sistema bancario, rendendo più o meno agevole l’anticipazione e con effetti sulla gamma dei tassi di interesse. In sintesi:

  • + base monetaria → i ↓
  • – base monetaria → i ↑

Quando canale utilizza il tasso di interesse come strumento. All’aumento dell’offerta di moneta il tasso di interesse scende. Un altro strumento consiste nell‘agire sui coefficienti di riserva, modificando la percentuale di depositi che il sistema creditizio deve mantenere come riserva obbligatoria presso la banca centrale (oltre ala! riserva libera). La variazione della percentuale di raccolta da tenere in riserva determina la quantità di credito. In sintesi:

  • coefficiente ↑ → stretta monetaria
  • coefficiente ↓ → espansione monetaria

La creazione di base monetaria può essere valutata attraverso la considerazione del moltiplicatore monetario, concetto di natura keynesiana. Il moltiplicatore bancario è il coefficiente per il quale va moltiplicata l’iniziale quantità di moneta per determinare la quantità di moneta effettivamente creata; è determinato dalla quantità di depositi che il sistema bancario mette a riserva, libera ed obbligatoria, e dal livello del tasso di interesse che incide sui richiedenti prestiti e sui depositanti. Nei Paesi anglosassoni i depositi non sono remunerati. La concorrenza tra banche si basa oggi sui servizi accessori e non più sui tassi di remunerazione dei depositi, salvo rare eccezioni. importanti questioni riguardano anche gli ostacoli alla concorrenza stessa nel settore bancario.

Il Tesoro

Si occupa del reperimento delle risorse necessarie per sostenere la spesa pubblica. Teoricamente il Tesoro può presentarsi all’istituto centrale dì emissione richiedendo un’anticipazione, ossia l’erogazione di un prestito che si concretizza nella creazione di base monetaria, stampando nuova moneta. Questo strumento è il politicamente meno oneroso nel breve periodo ed è semplice da attuare, ma nel lungo periodo conduce all’inflazione.

L’estero

Ogni qualvolta l’istituto di emissione decide o è costretto ad intervenire sul mercato dei cambi, opera una variazione di base monetaria. Decide di intervenire in un sistema di cambi flessibili attraverso politiche volte a raggiungere l’obiettivo (ad esempio mediante politiche di sostegno). L’istituto di emissione, di concerto con le banche centrali partecipanti a un sistema di cambi fissi, è chiamato a sostenere la parità facendo fronte alle esigenze espresse dal mercato affinché il tasso di cambio ufficiale sia uguale al tasso di cambio reale. Mantenere una parità fittizia rispetto al suo valore reale significa rendere la valuta del Paese non più accettata, estromettendola dai mercati internazionali. Si crea un mercato parallelo, come, ad esempio, il mercato nero dei rubli nell’ex Unione sovietica, che ha conseguenze dannose perché il valore della valuta è decisamente inferiore a quello ufficiale. Il Paese che non è intervenuto per sostenere il tasso di cambio è svantaggiato nelle esportazioni, in quanto il potere di acquisto è fortemente ridotto.

Il mercato aperto

E’ un mercato di attività finanziarie sul quale l’istituto di emissione vende o acquista titoli. L’istituto di emissione interviene sui mercati nazionali e internazionali laddove avviene la compravendita di titoli, con un certo prezzo dì acquisto, liberamente scambiabili e con una remunerazione. In questo mercato, generalmente, si ha equilibrio spontaneo: tutti coloro che desiderano vendere titoli al prezzo corrente (di equilibrio) vendono esattamente la quantità che desiderano vendere e tutti coloro che desiderano acquistare titoli acquistano esattamente la quantità che desiderano acquistare. Non esiste eccesso di domanda o di offerta. Chi opera sul mercato aperto è in equilibrio con riferimento alla quantità di titoli posseduta e anche con riferimento alla quantità di moneta che possiede. La detenzione di titoli e alternativa al possesso di moneta. La quantità di moneta posseduta dai soggetti è esattamente uguale alla quantità di moneta in circolazione. La domanda di moneta è uguale all’offerta di moneta quando:

  • i soggetti detengono quella quantità di moneta che desiderano effettivamente detenere;
  • non ci sono spinte a modificare questa ripartizione tra titoli e moneta;
  • non c’è nessun desiderio insoddisfatto degli operatori.

In sintesi:

  • + titoli → – moneta
  • – titoli → + moneta

Sul mercato aperto i soggetti coprano e vendono titoli finché non si raggiunge l’equilibrio; se il mercato dei titoli è in equilibrio anche il mercato della moneta è in equilibrio. Infatti: moneta + titoli = 1. Il prezzo dei titoli è il valore dei titoli, la quotazione di mercato. Il mercato aperto è un mercato di concorrenza che raggiunge l’equilibrio. Se non interviene in fatto esogeno il mercato è in equilibrio. Per ipotesi tutti i titoli sono identici. Interviene il fenomeno dell’arbitraggio: i titoli rappresentativi di un credito raggiungeranno prezzi di equilibrio che incorporano il differenziale derivante dalle caratteristiche del titolo.

Si parla di obbligazioni non datate, cioè titoli che riportano sul titolo cartaceo una remunerazione annua rispetto a un determinato valore nominale; le obbligazioni non hanno scadenza. In questo caso chi opera sul mercato dei titoli si può focalizzare solo sul prezzo dei titoli e non sul loro rendimento in quanto uguali. Lo schema presentato è un modello keynesiano. La domanda di moneta, da una parte, dipende dalle necessità di consumo e, dall’altra, dalle decisioni dei soggetti sul mercato dei titoli finalizzati a guadagnare dalla compravendita di titoli.

Domanda di moneta significa detenzione di moneta. La domanda di moneta dipende dalle necessità di acquisto del soggetto, che a loro volta dipendono dallo stile di vita, il quale dipende dal reddito. Se il reddito percepito è più elevato si suppone che i soggetti tratterranno più moneta per far fronte alle spese quotidiane. Questo è il movente transattivo di moneta keynesiano: esprime la necessità di moneta per le transazioni. Il movente è riconducibile al reddito, assumendo per date alcune condizioni.

Una remunerazione con scadenze più ravvicinate determina una minore quantità di moneta in circolazione. Si prescinde dalla frequenza dei pagamenti: la quantità di moneta detenuta dai soggetti dipende dal reddito perché le necessità di transazioni correnti sono più o meno elevate; al crescere del reddito cresce la domanda di moneta. Ciascun soggetto detiene liquidità anche per far fronte ad eventi imprevedibili: per questo motivo esiste un secondo movente precauzionale che funziona come il precedente.

 Nel modello keynesiano la quantità di moneta che il soggetto non trattiene per i due motivi di cui sopra è impiegato per l’acquisto di titoli. A livello macroeconomico esistono soggetti speculatori che comprano obbligazioni non datate con l’obiettivo di guadagnare sull’oscillazione del loro prezzo. La variabile che determina i comportamenti speculativi è il tasso di interesse di mercato: per il meccanismo dell’arbitraggio non può che esistere un unico tasso di interesse. L’apparente differenziale dei tassi di interesse è determinato, ad esempio, dalla stabilità dell’emittente, dalla sua affidabilità, dalle previsioni. Depurando la diversa gamma di tassi di interesse di questi elementi, rendendo le operazioni omogenee, si avrà come risultato che il tasso di interesse sia uno solo.

In tutti i mercati, comunque, si tende a raggiungere lo stesso prezzo per la concessione di prestiti, grazie all’arbitraggio, in quanto il tasso di interesse è unico. Nella realtà il tasso di interesse non è unico, in quanto la gamma dei tassi di interesse rispecchia le diverse condizioni a cui viene concesso il prestito. Si suppone che il tasso di interesse di equilibrio sia pari al 5%. Un titolo che ha valore nominale pari a 100 rende il 5%, ossia 5. Se il tasso di interesse di equilibrio sale al 10%, affinché il rendimento del titolo sia sempre 5, per essere concorrenziale il prezzo del titolo deve scendere a 50 (infatti 50 x 10% = 5). Al contrario, se il tasso di interesse di equilibrio scende all’1%, specularmente, per mantenere lo stesso rendimento pari a 5, il prezzo del titolo deve salire a 500 (infatti 500 x 1% = 5). In sintesi:

  • se mi aspetto che i salga — si vende il titolo
  • se mi aspetto che i scenda — si tiene il titolo

Considerando una gamma di tassi di interesse più o meno alta si ha una convergenza di giudizi da parte degli speculatori. Considerando tassi di interesse crescenti, qualsiasi sia la grandezza assoluta del tasso di interesse, vi è una convergenza di opinioni sul fatto che il tasso di interesse tenderà a diminuire; si riscontra la volontà di detenere titoli e la domanda di moneta diventa sempre più bassa. La domanda di moneta è sempre più bassa all’aumentare del tasso di interesse solo perché si verifica una convergenza di opinioni sul fatto che il tasso di interesse sia alto. Al limite, tutti deterranno titoli e nessuno contante, o viceversa. Tutte queste considerazioni permettono al mercato dei titoli di essere in equilibrio.

i di equilibrio 1%

                ↑             aspettative al rialzo del prezzo del titolo

i di equilibrio = 5%

             ↓          aspettative al ribasso del prezzo del titolo

i di equilibrio = 10%

Se la banca centrale decide che è opportuno operare sul mercato aperto aumentando l’offerta di moneta si presenta come soggetto terzo domandando titoli. In una situazione di equilibrio la banca centrale domanda titoli, aggiungendo una sua domanda alla domanda esistente. Si determina un eccesso di domanda sull’offerta di titoli e si raggiunge un nuovo equilibrio, in quanto alcuni soggetti che detengono titoli decidono di venderli. La banca centrale acquista titoli aumentando l’offerta di moneta, immettendo moneta in circolazione. Se il prezzo del titolo aumenta, il tasso di interesse di equilibrio diventa più basso. Si innesca in ogni caso un moltiplicatore.