L’economia internazionale

L‘economia internazionale un tempo rappresentava il nucleo essenziale e maggioritario della politica economica e si occupava di descrivere i rapporti economici tra Paesi, in quanto le responsabilità dei governi era concentrata sui rapporti con l’estero. Prima dell’applicazione sistematica delle politiche keynesiane i compiti dello Stato erano fornire un supporto legislativo utile al funzionamento dell’economia e prelevare un certo ammontare dì imposte per far fronte alla spesa pubblica. Tuttavia il precipuo compito era rifornire il Paese della moneta.

Lasciando il sistema economico libero di agire, l’attenzione dei responsabili della politica economica, e in particolare degli economisti che offrivano suggerimenti di buone pratiche, era concentrata sugli scambi internazionali, seppur in dimensione limitata rispetto all’attuale fenomeno della globalizzazione. Principalmente per questo motivo non ha più senso esaminare un mercato chiuso. La politica economica internazionale nasce concentrandosi sul perché, anche in presenza di scambi internazionali, un certo bene sia prodotto in diversi Paesi o regioni geografiche nonostante si possa osservare che un determinato Paese è normalmente favorito nella produzione di un certo bene.

La politica economica internazionale parte dall’osservazione dei vantaggi (in termini di minori costi derivanti dalla specializzazione) che possiede un Paese nella produzione di un certo bene, tale che dovrebbe attirare gran parte (o al limite la totalità) della domanda del bene stesso. La politica economica si è concentrata sul perché avviene lo scambio internazionale, sugli ostacoli e sui rimedi attuati per evitare scambi indesiderati. L’analisi ha sviluppato una serie di modelli: sugli scambi comparati, sulla specializzazione della produzione, sugli ostacoli e i dazi alle importazioni, sui supporti alle esportazioni.

Un secondo nucleo di studi pone l’attenzione riguardo i problemi di carattere monetario. L’analisi dei mercati monetari è imprescindibile dall’analisi dei rapporti con l’estero: la variazione del tasso di cambio tra due valute provoca la modificazione dei prezzi relativi nei due Paesi. L’analisi delle problematiche monetarie ha seguito un’evoluzione. La moneta rappresenta uno strumento per gli scambi a cui si attribuisce un valore liberatorio, in quanto libera da un’obbligazione chi effettua un pagamento. La moneta cartacea è un titolo di credito; quest’ultimo nasce da una semplificazione e possiede determinate caratteristiche. Il titolo di credito rappresenta un credito nei confronti dell’emittente.

La moneta è stata introdotta dai mercanti, ritenuti buoni pagatori, che effettuavano i propri pagamenti nei confronti di altri mercanti mediante una lettera di credito, con la funzione di agevolare gli scambi. La moneta ha subito nel corso del tempo un percorso evolutivo. All’inizio si è decido di utilizzare un materiale con un forte valore intrinseco. Parallelamente si sono manifestate due tipologie di moneta, accanto alle monete d’oro: le banconote e le monete in metallo vile. In ogni caso (banconote e monete in metallo vile) la moneta era accettata perché la collettività era sicura che nei forzieri della banca centrale era fisicamente presente una quantità di oro a garanzia del valore delle monete.

Il tasso di cambio tra due monete, ossia il rapporto a cui vengono scambiate le due monete, era determinato univocamente calcolando il rapporto sul contenuto in oro nelle monete dei due Paesi; il cambio era fisso in quanto automaticamente determinato. Con l’intensificarsi degli scambi non era possibile mantenere questo sistema perché rappresentava un freno al commercio internazionale. Si sviluppa, con l’affermazione del dollaro e della sua affidabilità, un sistema misto per cui i dollari posseduti dalle diverse banche centrali sono andati ad accrescere la quantità di oro; il valore della moneta nazionale era garantito dalla stessa quantità di dollari o di oro. La moneta rappresenta anche una riserva di valore che consente di affrontare necessità di acquisto immediate e future.

Con l’ulteriore aumento dei scambi internazionali gli Stati Uniti non hanno più retto a questo sistema, giungendo a un accordo che ha sganciato il valore delle monete nazionali dall’oro e dal dollaro. Mentre in precedenza gli sforzi delle banche centrali erano concentrati sul mantenimento delle riserve auree per garantire il valore della propria moneta, con la liberalizzazione dei tassi di cambio le monete sono soggette all’andamento del libero mercato.

Ad esempio se il Paese A aumenta le esportazioni si verificano un aumento della domanda di moneta del Paese A e un aumento del prezzo della moneta, la quale si apprezza nei confronti delle altre monete. Di conseguenza le esportazioni diventano sempre più onerose per il resto del mondo. Compito della politica economica internazionale è gestire le problematiche derivanti da questi eventi. Tutto questo percorso si differenzia per l’Unione Europea: in precedenza si è cercato di legare il valore delle diverse valute europee ad una moneta di riferimento, mantenendo, ove possibile, una certa convergenza, in termini di apprezzamenti e deprezzamenti, di tutte le monete appartenenti all’area; il problema è mettere in atto gli strumenti adatti.

La moneta unica ha trasferito i problemi di gestione in capo agli organismi dell’UE e ha modificato i pesi relativi delle singole valute. Prima dell’UEM ogni Paese dell’UE si presentava come un piccolo soggetto; al contrario, oggi si propone con una dimensione equiparabile al peso degli Stati Uniti. In sintesi, l’economia internazionale si caratterizza attualmente per un’ attenzione agli scambi e ai vantaggi relativi alla produzione ma presenta anche una forte connotazione monetaria. Un qualsiasi fenomeno che avviene in un’economia può avere effetti inaspettati (presenta forti interconnessioni) sui mercati degli altri Paesi, come dimostra la recente crisi dei mutui americani.

La crisi di liquidità americana, infatti, si è estesa più o meno direttamente ai mercati internazionali, conducendo alla riduzione delle stime di crescita negli altri Paesi. La politica economica internazionale si occupa anche di altri problemi complessi, come il lavoro. Ad esempio, il lavoro minorile, nonostante le forti ricadute sociali, secondo alcuni studiosi può essere considerato “il male minore” perché in alcune realtà estremamente povere rappresenta l’unica forma di lavoro disponibile. Tuttavia il lavoro minorile provoca un enorme danno ai bambini stessi e all’intera collettività, in quanto la mancata formazione culturale non permette la crescita di un Paese. L’interpretazione dei fenomeni risulta complessa ed è influenzata dall’approccio utilizzato da chi effettua l’analisi; ad esempio, in un modello teorico basato sulle ipotesi della concorrenza perfetta la libera concorrenza ne rappresenta la soluzione efficiente.