Commercio internazionale

E’ tendenzialmente un bene anche tra paese ricco e paese povero. Il paese ricco ha tecnologia avanzata ed è definito ricco perché permette alla sua popolazione di produrre un’ampia varietà di beni e servizi e perché tale produzione è permessa dal possesso di know-how e tecnologia k permettono di realizzare tutto ciò. Se in economia chiusa, un paese riesce attraverso il lavoro (e altri input) a produrre una vasta quantità di beni, il salario del lavoro sarà alto proprio per permettere alla sua popolazione di acquistare questi beni. Quindi economia ricca (avanzata). Qualsiasi paese k partecipa allo scambio internazionale, anche se povero, trae beneficio da ciò. Questo vale anche per il paese ricco k interagisce con il paese povero, xkè permette di avere a disposizione una + vasta gamma di beni e servizi. Cmq nello scambio internazionale il paese povero non diventa ricco. Ma in definitiva lo scambio internazionale è vantaggioso per tutti. Modelli di scambio internazionale:

  1. Quello classico dei vantaggi comparati (1815): basato sulle diverse tecnologie;
  2. Modello di Heckscher Ohlin

Il modello classico. Ci muoviamo in un modello ipotizzando regime di concorrenza perfetta, dove ciascun paese partecipando allo scambio sfrutta al meglio la dotazione iniziale sono possibili solo scambi qualitativamente superiori, k portano a situazioni di ottimo Parietano  si raggiunge quando non sono più disponibili situazioni superiori, cioè k portano benessere ad almeno una parte senza svantaggiare l’altra. In presenza di un paese povero e di un paese ricco si potevano trovare delle soluzioni via via Pareto superiori, ma per quanto queste situazioni via via superiori favorissero sempre il paese povero, questo rimane sempre povero rispetto al ricco.

Non è possibile k il paese povero prenda il posto di quello ricco e viceversa. La distinzione tra i due modelli (1-2) è k il modello 1) assumeva diversità di tecnologie tra paesi e si adattava a ipotizzare scambio internazionale tra paesi ricchi e poveri. Dava ragione di convenienza allo scambio spiegando la diversità di tecnologie. Ma questo modello non è sostenibile perché le diversità tecnologiche non possono costituire la ragione di scambio tra 2 paesi. Per differenze di tecnologie si intende k viene usato un solo fattore di produzione, il lavoro, k identifica la diversità di tecnologia stessa. Se il paese A ci sta 3 ore a produrre il bene e in B ci sto 5 ore, ci sono alla base di questa differenza delle diversità dovute all’avanzamento tecnologico di un paese piuttosto k un altro. Il paese A possiede un vantaggio nel produrre quel bene, e questo vantaggio deriva dall’utilizzo di una diversità tecnologica. Da qui deriva k lo scambio internazionale è comunque conveniente nel momento in cui i paesi possiedono delle diversità. Un paese k presenta anche solo un vantaggio in una produzione rispetto a un altro paese, fa si k lo scambio internazionale conviene a condizione k questo avvenga a ragioni di scambio intermedie a quelle autarchiche.

Presupposti: libero mercato a livello internazionale in cui i prezzi relativi sono intermedi ai prezzi relativi interni. Se un paese riesce ad avere maggiore disponibilità di beni e servizi con lo stesso numero di h lavorate, o viceversa riesce ad avere la stessa quantità di beni e servizi riducendo il numero di ore di lavoro, allora è possibile lo scambio internazionale à questo deve consentire una maggiore quantità di beni e servizi con la stessa quantità di lavoro (dunque la stessa quantità di beni con minor quantità di lavoro). E’ controproducente k un paese si accanisca  a produrre un bene di cui non ha convenienza è meglio k si concentra a produrre quello k gli riesce meglio e comprare l’altro da un paese dove quella produzione riesce meglio.

Questo conduce alla specializzazione delle produzioni il paese è specializzato nella produzione dove è meglio (+ abile); l’altro paese si specializza nell’altra produzione perché è più abile. Ragione di scambio internazionale è il tasso di cambio in un regime dove la valuta non esiste (quindi è rappresentato dal numero di h di lavoro). Questo modello Ricardiano è inadeguato perché dovrebbe condurre ad una specializzazione COMPLETA, dove le produzioni sono scambiate a ragioni di scambio intermedie a quelle autarchiche. Se guardiamo la situazione mondiale possiamo trovare per ciascun paese una produzione per cui è più abile.

Da questo dovrebbe discendere osservando le diverse competenze e tra queste individuando la tecnologia come mix di capitale e lavoro la possibilità di individuare il modello Ricardiano nella realtà, ma il problema è k non abbiamo una SPECIALIZZAZIONE COMPLETA. Questo avviene perché Riccardo ipotizza l’utilizzo di TECNOLOGIE LINEARI. Non esiste un solo prodotto per ogni categoria merceologica, perché i consumatori richiedono differenziazione. Questo rende difficile quasi impossibile, per un paese di specializzarsi in una produzione di un prodotto. Ci sono prodotti italiani k vengono prodotti all’estero e poi vengono reimportati in Italia per sfruttare il “vantaggio tecnologico”.

Oggi dunque la commercializzazione è diventata così complessa per cui è impossibile avere specializzazione completa. TECNICHE LINEARI funzione di produzione lineare; ha rendimenti di scala costanti: quando parliamo di tecnologie lineari potremmo anche non parlare di rendimenti di scala, perché non abbiamo nemmeno la scala, in quanto abbiamo solo un fattore produttivo (lavoro). Quindi non siamo di fronte a rendimenti di scala. Nella realtà nulla ci dice k la specializzazione favorisce i rendimenti di scala.

E’ impossibile dunque realizzare la specializzazione completa a livello internazionale con rendimenti di scala. Per tutte queste ragioni il modello di Riccardo è importante per spiegare il concetto di specializzazione produttiva, ma di fatto non è applicabile alla realtà. Oggi la specializzazione produttiva non completa si spiega con il possesso di fattori produttivi specifici (fattori posseduti in maggiori quantità) da parte di ciascun paese. Questo modello permette l’evoluzione nel modello di Heckscher Ohlin. Il modello di Riccardo è comunque importante perché dice k lo scambio è vantaggioso anche per i paesi meno abili ipotesi k vale anche per i modelli successivi. à specializzazione; livellamento dei salari tra paesi.

Modello di Heckscher Ohlin

è caratteristica fondamentale: prende in considerazione 2 input produttivi (capitale e lavoro) e assume k la produzione di un bene (ci sono 2 beni producibili) ha una funzione di produzione in cui intervengono i 2 fattori. I 2 beni si distinguono per il fatto k uno viene prodotto con tecnologia ad alta densità di capitale e l’altro bene con una tecnologia ad alta densità di lavoro. Ne discende k il paese che ha più capitale tenderà a specializzarsi nella produzione del bene k richiede un’alta densità di capitale.

Viceversa il paese k ha più lavoro, si specializzerà nella produzione del bene ad alta ad alta densità di lavoro. L’alta densità di lavoro e di capitale è espressa in termini relativi, per cui è possibile k un paese abbia una forte presenza di tutti e due gli input ed è possibile k i 2 beni si producano con la stessa necessità di risorse. Però non è ragionevole ipotizzare la superiorità del paese su tutti e due gli input. Pur nell’ambito di 2 tecnologie k richiedono un’alta densità di capitale, sicuramente uno dei 2 prodotti richiederà sempre un po’ meno dell’altro.

Modello 2×2

(2 paesi, 2 beni output, 2 fattori input). Quindi funzione di produzione a 2 variabili: ipotesi à concorrenza perfetta del mercato del prodotto, il k indica omogeneità del prodotto (cioè è uguale x il paese A e x il paese B, quindi vale dire k viene usata la tecnologia uguale x entrambi i paesi prodotto omogeneo). Heckscher Ohlin ha riadattato la funzione di produzione di Riccardo (lineare ad una variabile) alla presenza di 2 fattori, quindi è una funzione di produzione sempre lineare. Quindi aumentando l’impiego degli input, il prodotto aumenta esattamente nella stessa proporzione. I 2 input hanno produttività marginali identiche à la 1°, 2° ,3° quantità di input danno sempre la stessa produttività. Questo implica, con prezzi input costanti, k il costo di produzione medio marginale è lo stesso.

Quindi se voglio raddoppiare la produzione devo raddoppiare gli input impiegati. Funzione di produzione lineare → rendimenti di scala costanti. Altra ipotesi è k la funzione oltre ad avere rendimenti di scala costanti è REGOLARE: se nel lungo periodo interviene una modifica nella tecnologia dettata dal know-how, passiamo ad una tecnologia k comunque si mantiene ad alta densità dell’input prevalente. Sulla bisettrice ho la stessa quantità di capitale e lavoro; nel momento in cui nel lungo periodo modifico la mia tecnologia, questa sicuramente si manterrà nello stesso versante della bisettrice in cui era posizionata la vecchia tecnologia. Ipotesi i fattori di produzione mobili all’interno del paese e immobili sul mercato internazionale.

Questo significa k un input può essere istantaneamente trasferito alla produzione dell’altro bene, senza costi di conversione, transazione eccetera, purché ci si mantenga nel paese. Nel paese c’è mobilità perfetta. A livello internazionale non c’è mobilità perciò non si hanno spostamenti di macchinari, attrezzi eccetera, né ci sono migrazioni della forza lavoro. Non c’è mobilità degli input. In particolare per il lavoro non c’è mobilità perché si ipotizza k il mercato del lavoro è omogeneo. La migrazione è un fenomeno economico nasce se la popolazione ritiene k altrove possa trovare una migliore condizione lavorativa e di vita.

Se non c’è questa disponibilità all’accoglienza da parte dell’altro paese questa migrazione non può avvenire (non c’è domanda). In sostanza non c’è mobilità perché c’è sufficiente disponibilità di forza lavoro in entrambi i paesi. Se c’è mobilità è perché c’è disomogeneità dei mercati del lavoro. Assumere k ci sia mobilità interna e immobilità internazionale, significa k c’è un solo tipo di capitale e k anche il lavoro sia omogeneo, cioè idoneo a produrre entrambi i beni (quindi non ci sarebbe convenienza economica a dar luogo a flussi migratori). Si assume k le situazioni non mettono nessun tipo di ostacolo al commercio internazionale (altrimenti non sarebbe più concorrenza perfetta).

Dette tutte queste ipotesi il modello afferma k un paese esporta un bene nella cui produzione è impiegato in modo relativamente più intensivo l’input di cui il paese è relativamente più dotato. Da qui si deduce che l’altro paese esporta l’altro bene di cui ha più vantaggio a produrre, e da qui nasce lo scambio internazionale, se non si raggiunge la specializzazione perfetta. Il fatto che il Paese si specializzi nella produzione in cui è più agevolato, perché ha più input, ci fa ipotizzare che entrambi i paesi abbiano vantaggio a scambiare i beni. C’è la possibilità di raggiungere la specializzazione perfetta (completa) ma non è detto che il prezzo di input sia uguale in entrambi i paesi.

Se nello scambio internazionale (dove i prodotti raggiungono un prezzo internazionale a cui vengono scambiati) un paese è fortemente specializzato non avremmo più la possibilità di fare degli aggiustamenti a livello internazionale per quel paese il quale non potrà più affrontare azioni di abbandonare il bene X per il bene Y e quindi non potrà aumentare la sua produzione.

Specializzazione = aumenta la domanda internazionale di quel bene, si aumenta la produzione che aumenta la domanda interna degli input per la produzione, in particolare la domanda dell’input più densamente utilizzato. Quindi c’è trasferimento di input da una produzione ad un’altra e si tende a una maggiore specializzazione. Questo non è possibile in un paese totalmente specializzato perché già utilizza tutti i suoi input per la produzione di quel bene. Viceversa, se assumiamo un  prezzo del bene che non può variare un eventuale aumento della quantità dell’input implica il fatto che l’input viene offerto ad un prezzo più basso, quindi ci sarà la possibilità di un aumento della produzione di quel bene.

E’ importante valutare il peso dell’economia di un paese. Se l’economia è grande rispetto al resto del mondo, un eventuale ondata di scioperi per aumentare i salari può essere soddisfatta dalle imprese perché l’aumento dei salari può essere trasferito sul prezzo del prodotto. Gli aggiustamenti di prezzo degli input vengono trasferiti sul prezzo internazionale del prodotto. Se invece l’economia è piccola, questa si pone sullo scenario internazionale come un’unica impresa piccola, quindi in concorrenza perfetta in presenza di input più bassi il paese può produrre di più, perché aumenta i suoi margini di profitto, ma non può giocare al rialzo dei prezzi.

 Problema. Questo modello è totalmente irrealistico soprattutto nel breve periodo, perché queste ipotesi di aggiustamento non sono pensabili. In realtà nel breve periodo possiamo assumere una perfetta mobilità del lavoro, ma non un perfetta mobilità del capitale perché nel capitale è presente il denaro, ma anche i macchinari, le attrezzature, know-how e quindi il capitale rappresenta i beni che si possono acquistare (macchinari) per la produzione (capitale fisico). Quindi non può esserci perfetta mobilità di entrambi gli input. Il paese può muoversi nella specializzazione, ma incontra ostacoli nella mobilità dei fattori. Quindi il modello non funziona più nel breve periodo. Funziona nel lungo e ci saranno aggiustamenti e riconversioni.

Conclusione. Spesso si dice che questo modello non spiega bene gli scambi internazionali perché fa riferimento solo alle esportazione di fattori dei due paesi, invece bisogna spiegare lo scambio attraverso il concetto di differenza di contenuto fattoriale dei 2 beni accompagnato dalla diversa dotazione di fattori specifici. Non si dice semplicemente che lo scambio internazionale è giustificato dalle diverse dotazioni di input dei due paesi, ma è giustificato dalle diverse necessità fattoriali di produzione dei prodotti, che quindi richiedono la presenza di input specifici.

Questo modello essendo così ridotto all’essenziale assume che la bilancia commerciale sia in pareggio. Si assume che K e L ci siano e quindi lo scambio internazionale è dato solo dai due beni. Per comprare un bene in sostanza pago con l’altro bene, quindi la bilancia commerciale è in pareggio. Dunque il modello non rappresenta bene la realtà. A partire dalla metà del secolo scorso la letteratura si è impegnata a spiegare perché il modello di Hekscher – Ohlin (H-O) non funziona. Quindi ha verificato le distanze tra risultati reali e quelli del modello per capire quale variabile del modello modificare per renderlo più realistico. Un’interpretazione interessante è il Paradosso di Leontieff (1953): un paese esportava prodotti con un contenuto di fattori tali da rispecchiare l’abbondanza del fattore stesso. Studiando gli USA nel ’47 è venuto fuori che le esportazioni riguardavano prodotti ad alto contenuto di lavoro nonostante il paese fosse molto dotato di K. Questo si è spiegato dal fatto che il lavoro era 3 volte più dotato di lavoro rispetto agli altri paesi. Poiché per ragioni di tipo tecnologico il lavoro USA è molto più produttivo che negli altri paesi, in realtà la loro dotazione relativa del lavoro è maggiore della dotazione di K. Nel 1947 le esportazioni USA confermano il modello H-O, essendo il lavoro molto più produttivo del capitale.

Per un lungo periodo gli studiosi non sono riusciti a dare delle spiegazioni a questo modello, ma poi queste sono arrivate: 1) analizzando i dati in modo diverso venivano fuori risultati un po’ meno in contraddizione rispetto al modello H-O; 2) l’altra questione forte a sostegno del modello H-O è che questo modello è stato elaborato in ipotesi di equilibrio stabile, infatti si perveniva facilmente ad un unico prezzo senza preoccuparsi delle ragioni di cambio. Nel 1947, gran parte delle economie mondiali erano ancora in ricostruzione post seconda guerra mondiale (l’America non era stata toccata dalla guerra e quindi si poteva considerare quasi in equilibrio, mentre gli altri paesi erano tutt’altro che stabili. Il modello H-O doveva essere applicato a condizioni ordinarie e quindi non poteva essere utilizzato in una situazione straordinaria come quella della crisi post 2° guerra mondiale. Il modello H-O fa riferimento a mercati concorrenziali, nella realtà i mercati nazionali e internazionali non sono concorrenziali. Si raggiungono situazioni vicine alla concorrenza, ma cmq siamo in concorrenza imperfetta.