Domande

Se un genitore riceve in eredità da suo padre un bene immobile,  il bene  quando muore questo signore, poi passa alla moglie o ai figli?

Il problema è relativo alla successione del coniuge. A è il coniuge, B è il figlio, il nonno morendo lascia a B l’immobile I, questo è il punto. Facciamo che B è sposato con il coniuge e ha due figli F1 e F2. Questa è l’ipotesi.  Il bene di famiglia, diciamo così,  quale linea segue? Voi cosa rispondete, dove andate a cercare? Facciamo un po’ questo esercizio, nell’ipotesi in cui B ha fatto testamento e nell’ipotesi in cui B non ha fatto testamento. Facciamo l’ipotesi in cui B non ha fatto testamento, il caso più comune. Se B non ha fatto testamento, dove le troviamo le regole per capire a chi vanno i suoi beni? Dal 565 in poi. Se B non ha fatto testamento, allora si applicano le regole sulla successione legittima 565 in poi. Andremo a vedere le norme che riguardano le persone che abbiamo in gioco, cioè i figli e il coniuge. Con riguardo ai figli ci dice che al padre e alla madre succedono i figli in parti uguali. Se noi proseguiamo, dove troviamo la successione del coniuge? Art. 581 Concorso del coniuge con i figli. Quando con il coniuge concorrono i figli legittimi o figli naturali, o figli legittimi e naturali, il coniuge ha diritto alla metà dell’eredità, se alla successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi. Il nostro qual è di questi casi? L’ultima parte, dice negli altri casi, quando concorrono più figli, qua ci sono due figli. Il 581 ci dice che al coniuge spetta 1/3, ammettiamo che ci sia solo questo immobile nella successione, 1/3 I , agli altri figli avremo 2/3 da dividere per due, quindi 1/3 e 1/3. Dobbiamo anche tener conto di che cosa, qual è l’altro elemento che dobbiamo considerare? Dobbiamo andare a vedere per quel che riguarda i diritti che vengono riservati al coniuge. Il 540 secondo comma ci dice che al coniuge spetta il famoso diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza se era o del de cuius o comune, quindi se e era di proprietà esclusiva del defunto o comune. Essendo questo un legato che rientra nei diritti del coniuge come legittimario, si aggiunge. Dobbiamo distinguere. Se quella casa era di proprietà, ma può anche essere una seconda casa, adibita a casa delle vacanze oppure una casa data in locazione. In questi casi, il coniuge può vantare il diritto di abitazione su quella casa? No. Perché  il diritto di abitazione è solo se era la residenza. Ma se quell’immobile I è residenza familiare, al coniuge spetta anche il diritto di abitazione e dunque, se quell’immobile li è l’unico cespite del patrimonio ereditario, capite che i diritti del coniuge, quando si tratta di casa adibita a residenza familiare, sono molto tarati perché ha questo diritto di abitazione. Che osservazioni vengono da fare a proposito? Il bene appartiene alla famiglia del marito, non della moglie, dovrebbe andare solo ai figli. Era così prima della riforma.  Prima della riforma il coniuge non aveva veri diritti successori, ma aveva soltanto un legato di usufrutto. Non succedeva nella proprietà, ma succedeva nell’usufrutto. Prima della riforma al coniuge sarebbe spettato l’usufrutto, non ricordo in che proporzioni,  con la conseguenza che alla morte del coniuge l’usufrutto si consolida con la nuda proprietà e  se la nuda proprietà fosse andata a figli, questi diventano proprietari in pieno. Effettivamente queste regole sulla successione del coniuge lasciano perplessi, l’eccesso di tutela è evidente,  siamo passati da troppo poco a troppo tanto. Pensate poi se ci fosse il secondo coniuge. C si risposa alla morte di B e ha altri figli o ce li ha senza risposarsi. Se si risposa c’è il problema della successione del  coniuge di C,  comunque c’è il problema della successione degli eventuali altri figli. Questo bene, da B  transita a C e da C transita a C1  che sarebbe il coniuge, o ai figli di questa nuova unione. Il problema c’è. È anche per questo che soprattutto all’atto del secondo matrimonio, in quelle situazioni familiari dove ci sono dei beni di un certo rilievo, si cerca di fare degli assetti proprietari che spettano ai figli. Quando si è sposata una nobildonna spagnola di 80 e passa anni, con un uomo spagnolo più giovane, i figli cosa hanno chiesto? Hanno  proprio chiesto questo, fare dei contratti che tutelassero la loro posizione impedendo che il coniuge potesse  poi subentrare. Ammettiamo che B all’atto del matrimonio con C voglia tutelare i diritti dei suoi figli. C’è un B previdente, che vuole tutelare di più i suoi figli, proprio per far si che la casa del nonno vada ai suoi figli. Quali sono gli strumenti che voi potreste suggerire? Una donazione. La donazione però che rischi ha? Quali sono i rischi della donazione? Ad esempio la quota della moglie. Nel nostro caso è vero che B può fare la donazione ai figli ma c’è un rischio di intervento della moglie. Ci vogliono due cautele. Uno. B è tranquillo se oltre l’immobile ha altri beni nel suo patrimonio,  per cui quell’immobile cade nella disponibile, lui non vuole privare la moglie, ma vuole che l’immobile di famiglia vada ai figli. Potrebbe fare una donazione con riserva d’usufrutto a sé e alla moglie. Si può fare l’usufrutto a favore di due persone. Bisogna vedere l’età della moglie, si tiene conto anche della vita residua presunta. Altra cosa da considerare è la qualità del coniuge. All’azione di riduzione non si può rinunciare in vita ma si può rinunciare dopo la morte. Se la moglie ha già di suo e ci si può fidare, è ragionevole escludere che eserciterà l’azione di riduzione, nelle famiglie ci si conosce, è una operazione con un margine di rischio. Le persone cambiano, incontrano altre persone che le fanno cambiare idea, c’è sempre un margine di rischio. L’altro rischio della donazione qual è, quale potrebbe essere l’altra ragione per cui io sarei piuttosto dubbiosa nell’usare la donazione per beneficiare i miei diritti? Se dono a mio figlio la casa di mio padre, mio figlio può poi trovare dei problemi a rivenderla sul mercato. Perché? Siccome l’azione di riduzione, i diritti dei legittimari sono opponibili ai terzi, anche se sappiamo adesso c’è stata la modifica per cui passati 20 anni dalla donazione siamo tranquilli, vent’anni sono tanti, il bene resta li bloccato. Consideriamo l’ipotesi che mio figlio si trasferisca, la vita è complicata, siamo molto più mobili. Adesso è qua e la casa gli piace moltissimo, se va a vivere in Francia può vendere quella casa e comprarsene una in Francia. Ma può incontrare delle difficoltà. Se è figlio unico non ci sono altri legittimari oltre il coniuge. Se ci sono fratelli ci sono altri legittimari oltre il coniuge. I beni immobili oggetto di donazione è difficile venderli. Ci vuole più tempo per trovare l’acquirente, ma posso trovare anche un acquirente disposto a rischiare fino ad un certo punto. Potrebbe essere più da rifletterci se anziché fare una donazione potrei fare che cosa? Ad esempio una vendita simulata. Facciamo finta che sia una vendita. Questo certo, è possibile poi esercitare l’azione di simulazione, ma questo è un po’ più complicato, creiamo qualche ostacolo in più soprattutto nei confronti dei terzi, i terzi vedono che c’è stata una vendita e possono essere più tranquilli. Torniamo al nostro caso. Ammettiamo che B abbia fatto testamento e abbia lasciato quell’immobile del nonno ai figli. Allora qui, quali altre regole andremo a considerare?  Non più la successione legittima, ma le regole sulla successione dei legittimari, 536 e seguenti. Il nostro problema sarà quello di sapere se lasciando l’immobile ai figli qualcuno possa protestare. Quel qualcuno è proprio il coniuge. Art. 540. A favore del coniuge è riservata la metà del patrimonio dell’altro coniuge, salve le disposizioni dell’art. 542 per il caso di concorso con i figli.  Andiamo a leggere allora il 542 al comma due. Quando i figli, legittimi o naturali, sono più di uno, ad essi è complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del defunto. Se l’immobile è unico bene c’è una lesione di C, a lui spetta un quarto. Può essere che il testatore abbia altri beni. Se non beni immobili conto corrente, beni mobili di qualche valore. Bisogna vedere se è in grado di tutelare anche il coniuge C. Facendo testamento può lasciare a B l’immobile e a C qualcos’altro che equivalga ad un quarto del patrimonio. Oppure cosa potrebbe fare? Lasciare ai figli la nuda proprietà e al coniuge l’usufrutto. In questo caso se lascia ai figli la nuda proprietà e al coniuge l’usufrutto, potrebbe darsi se il coniuge è abbastanza giovane, può darsi che l’usufrutto finisca per essere  lesivo dei diritti  dei figli. In questo caso che regola si applica? Poco dopo c’è una norma che abbiamo preso in considerazione. È il 550, quello che si chiama la cautela socciniana. Qui c’è il problema. Se l’usufrutto supera la disponibile e va a ledere i diritti dei figli, i figli cosa possono scegliere? O di eseguire tale disposizione o abbandonare la nuda proprietà della porzione disponibile e chiedere quindi la legittima. Possono scegliere se dar seguito a quella che è la volontà testamentaria, o se invece preferiscono, avere subito la legittima. Se il lascito è residuo della legittima del coniuge, anche il coniuge potrà eventualmente fare questa scelta. Vedete che con il testamento si possono trovare tante soluzioni, fermo restando che con il coniuge bisogna fare i conti. Ricordate il caso che vi ho segnalato del secondo coniuge che ha esercitato la riduzione non solo nei confronti della donazione che il marito defunto aveva fatto al figlio ma anche della donazione che  la prima moglie aveva fatto al figlio. Questo è un problema che bisogna avere presente. Quale avrebbe potuto essere una soluzione, non più sul diritto successorio ma sul diritto di famiglia? Uno può anche dire, che bisogno c’è di sposarsi. Se anziché sposare  C avessero deciso di convivere, questi problemi non si sarebbero posti. Buona o cattiva la regola del nostro codice, il convivente non ha diritti successori. La decisione di convivere può darsi che, anche per C magari poteva essere più conveniente. Pensate se C essendo vedova aveva già di suo una pensione di reversibilità. Le nuove nozze determinano l’estinzione del diritto alla pensione di reversibilità. Questo per dirvi che i casi vanno esaminati da tanti punti di vista, le situazioni non sono mai una uguale all’altra, c’è sempre un qualcosa di diverso. Questi esempi ci aiutano a ragionare e a mettere in movimento le regole che abbiamo appreso, esaminato a tavolino. Altro caso, ragioniamoci insieme. Marito e moglie hanno avuto una figlia, figlia di lei e non di lui, lui l’ha riconosciuta. Lei prima di sposarsi è rimasta incinta di una persona che non sarà suo marito. Il nuovo compagno, diciamo così riconosce la figlia e poi sposa la madre. La figlia, a sua volta ha una figlia con un uomo con cui non è sposato. La madre della nipote muore. A, la madre ha una figlia F, che ha una figlia N, nipote. A è sposata con X che anche lui è padre di questa figlia. F è morta. Successivamente muore anche la madre di F. Alla morte di F i suoi beni sono andati ad N. Però X  proporne al padre di N di firmare un foglio in cui decidono che l’eredità dei beni di A vada al fratello di X e non a N. Questo può essere considerato un patto successorio? Il padre di N, signor Y, non è sposato. X riguardo a F, cosa è? F rispetto ad X è una figlia come? Legittimata. Parliamo adesso della successione da A ad N. Se non c’è testamento abbiamo successione per rappresentazione.  N succede al posto di F in quanto F non può accettare essendo premorta. Qui se N è minore ci vuole il giudice tutelare. Questo fatto dev’essere dopo. Se è dopo la morte non è un patto successorio. I patti successori sono patti fatti in vita al momento della morte. X avrà diritto ad una sua quota. L’altra quota di questo immobile va ad N. Abbiamo un immobile I che cade in comunione fra X ed N. Probabilmente ½ e ½, facciamo per semplicità ½ e ½. Alla morte di A, c’è un immobile che cade in comunione fra il nonno e la nipote. X vuole che alla sua morte il bene vada direttamente al fratello. Questo è un patto successorio! Non possiamo disporre di successioni future.  È un patrimoni, ma comunque il genitore che dispone di beni immobili dei figli minore, deve disporre di una autorizzazione del giudice tutelare. Qui abbiamo un eccesso di vizi. Ci sarebbe anche lesione della quota di N rispetto a X. Lui è nonno, N ha dei diritti come discendente sempre per rappresentazione. Essendo nonno ed essendo la madre premorta, N succede per rappresentazione. Lui può lasciare al fratello nei limiti della disponibile. Altre cose? Se uno muore senza figli e senza fare testamento il patrimonio va alla moglie o anche ad altri fratelli? Dobbiamo cercare nelle successioni legittime, poi cerchiamo la successione del coniuge. Dal 565 in poi, perché non ha fatto testamento. Avremo il coniuge che concorre. L’art. è il 582. Cosa ci dice? Al coniuge sono devoluti i due terzi dell’eredità se egli concorre con ascendenti legittimi o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli uni e con gli altri. In questo ultimo caso la parte residua è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle, secondo le disposizioni dell’art. 571. Se non ci sono figli ma c’è il coniuge. Nel caso abbiamo coniuge e fratelli e sorelle. Al coniuge vanno 2/3, a fratelli e sorelle l’altro terzo che andrà diviso in parti uguali fra  a meno che non si tratta di fratelli o sorelle unilaterali, in questo caso agli unilaterali spetterà la metà. La figura del coniuge è la più mobile. I figli tendono ad escludere tutti gli altri, il coniuge concorre sia con i figli, sia con ascendenti, sia con fratelli e sorelle se ci sono. Non so se di questo abbiamo parlato la volta scorsa. Facciamo il caso di una persona che fa testamento e non ha parenti stretti. Lascia i suoi beni ad un amico, oppure ad una istituzione benefica. Dopo un po’ che ha fatto testamento ha un figlio. Muore senza aver cambiato le sue volontà. Il problema è: dal testamento risulta che il patrimonio è stato lasciato tutto all’istituzione benefica o all’amico. Quali sono i diritti del figlio? Cosa vi pare, sarebbe giusto che tutto vada all’istituzione benefica e il figlio rischia di prendere solo la legittima? No. È chiaro che la nascita di un figlio è una cosa che sopravviene, potremmo definirla come una sopravvenienza. È qualcosa che cambia le carte in tavola rispetto al programma. Il testatore non ha avuto la possibilità di revocare, non ci ha pensato. Interviene il codice. Prevede, all’art. 687 la revocazione del testamento per sopravvenienza di figli. Se quando uno fa o testamento o non aveva figli o ignorava di averli (ad una donna non sfugge se ha generato un figlio!), poi viene fuori un figlio, magari nasce anche postumo, chi lo sa. Questo determina la revocazione, è un caso di revocazione di diritto delle disposizioni testamentarie. Il testatore potrebbe aver previsto questo evento, cioè aver contemplato, magari ha fatto testamento da un notaio avveduto, che dice consideriamo l’ipotesi che poterebbe saltar fuori il figlio visto che lei ha avuto una vita movimentata, prevediamo questa situazione. Se nel testamento l’ipotesi della sopravvenienza del figlio è stata considerata, si applicano le disposizioni testamentarie, sennò la nascita provoca la revocazione di diritto del testamento. Andiamo a vedere, sappiamo che testamento e donazioni hanno delle similitudini. Sono entrambi atti liberali. Vediamo che anche le donazioni sono revocabili per sopravvenienza di figli, 803. Qua si dice possono essere revocate. Nel testamento abbiamo una revoca di diritto, nella donazione abbiamo la possibilità di chiedere la revocazione. Perché secondo voi questa differenza? Ha senso o non ha senso? Si che ha senso. Se sono in vita posso disporre come voglio del patrimonio. Il donante può valutare se è il caso di tener ferma la donazione che aveva una sua giustificazione perché ad esempio il donante ha un fratello o sorella che vuol beneficiare, o ha tanti beni  e soldi che quella donazione cambia niente. Si può chiedere la revoca della donazione. In certi casi quando ho disposto di un bene di un certo rilievo, magari l’unico significativo, se ci sono dei figli fa piacere che vadano a loro.  C’è una similitudine. Entrambi possono essere revocati ma la disciplina è diversa: testamento revoca di diritto, altri casi no. Quali sono gli altri casi in cui il testamento viene revocato? In modo espresso, implicito Parliamo un attimo adesso della divisione. È un aspetto importante, poi cono questo chiudiamo. Se ci sono più eredi, al momento della morte cosa si verifica? Una situazione di comunione ereditaria. È una comunione incidentale, nasce a prescindere dalla volontà degli interessati. Tenete presente che il libro secondo non disciplina la comunione ereditaria ma  disciplina invece la divisione. Lascia intendere che la comunione è una situazione precaria, destinata ad evolvere in una situazione in cui ciascuno ha la sua parte e ne è  proprietario esclusivo. Questa situazione precaria può protrarsi per molto tempo e per molti anni. È vero che ciascun coerede può chiedere in qualunque momento la divisione, 713. I coeredi possono sempre domandare la divisione. La divisione può essere in qualche modo  rinviata per tutta una serie di ragioni. Intanto perché gli eredi sono un minore di età, o concepiti. Se è concepito non si fa la divisone finché nasce, al massimo sono nove mesi. Per il minore di età il testatore stesso può dire non fate la divisione finché il minorenne non compie la maggior età. Il rinvio può essere chiesto al giudice ed essere il giudice a disporre un rinvio dopo il compimento della maggior età. Possono esserci situazioni soggettive che giustificano il rinvio della divisione, ma anche esigenze oggettive, legate alla qualità dei beni, al fatto che i beni non sono in quel momento comodamente divisibili, oppure sono beni che in quel momento sul mercato non si vendono bene. Può essere conveniente per tutti aspettare un momento più favorevole. Qui possono esserci considerazioni che considerano un rinvio della divisione. Quando la divisione viene fatta, gli effetti della divisione sono retroattivi, si verificano dal momento della morte. Il che significa che ciascun coerede è considerato proprietario dei beni che gli vengono assegnati fin dal momento della morte. Consideriamo il caso di Tizio che muore e lascia un terreno edificabile, un albergo e una azienda. Ci sono dei minori si aspetta la loro maggiore età. Ad uno spetta poi il terreno, all’altro albergo e  all’altro l’azienda. Gli eredi si considerano proprietari fin dal momento della morte. Durante il periodo della comunione gli eredi possono eventualmente disporre della propria quota ereditaria, della quota intesa come valore ideale. In questo caso però se vendono la quota ereditaria, gli altri eredi hanno diritto di prelazione legale. Il che, è capibile che gli eredi hanno diritto di prelazione. La prelazione legale è opponibile ai terzi. L’erede ha il retratto successorio. Quindi può riscattare dal terzo la quota che gli è stata assegnata. Qua c’è la procedura che riguarda come si realizza il conteggio. Intenzione di vendere, proposta di alienazione indicando il prezzo e in questo modo si consente ai coeredi di esercitare la donazione. Se la procedura non viene eseguita, il coerede può riscattare. Questo riguarda la vendita della quota, non la quota di singoli beni. Come posso vendere un singolo bene se non è ancora stata fatta la divisione? Questa è considerata una alienazione condizionata al fatto che in sede di assegnazione effettivamente quel bene venga assegnato al coerede. Perché se mi viene assegnato, divento proprietario al momento della morte e poteva disporne. Se non viene assegnato non poteva disporne e l’alienazione viene privata di efficacia, viene meno la condizione alla quale era subordinata. Ora, il codice disciplina minutamente il modo in cui viene fatta la divisione, noi non stiamo a seguire tutto. Cosa è importante sottolineare? Che la divisione può essere fatta o dal testatore, è lui che da le norme sulla divisione e stabilisce o direttamente l’attribuzione dei singoli beni e questo è un discorso a parte, oppure può individuare le norme sulla base delle quali può fare la divisione. I criteri di massima da seguire per fare le porzioni ed assegnarle ai terzi. Altrimenti la divisione può essere fatta o in via contrattuale, mediante un contratto di divisione. I coeredi si mettono d’accordo e fanno un contratto con cui dicono questo a me e questo a te. Se non si mettono d’accordo l’alternativa è andare davanti al giudice e chiedere la divisione giudiziale. Il fatto per cui la comunione ereditaria può durare molto, può derivare dal fatto che gli eredi non riescono a mettersi d’accordo, oppure perché vogliono evitare di andare dal giudice perché questo può non essere conveniente. La divisione implica un procedimento, in sintesi possiamo individuarlo in questo modo. Prima si individua la massa ereditaria, insieme dei beni che costituiscono il patrimonio ereditario e che va poi diviso. Ammettiamo che ci sono tre figli e il patrimonio debba andare a questi tre figli. Poi si individuano tre porzioni, più o meno tendenzialmente equivalenti dal punto di vista quantitativo, ma anche qualitativo. Nel senso che, in linea di massima in ciascuna porzione c’è un tot di immobili, un tot di mobili, un tot di denaro in modo che siano abbastanza omogenee. Poi assegnazione delle singole porzioni ai singoli eredi. Per quel che riguarda la formazione della massa, bisogna tener conto di un istituto importante, l’accollazione. La massa significa individuare il patrimonio ereditario. Bisogna tener conto delle donazioni che sono state fatte a chi? Ai parenti più stretti: ai figli e al coniuge. Quando alla successione concorrono più figli, oppure più figli e  il coniuge, l’idea che il legislatore ha, è che le donazioni che sono state fatte in vita a questi soggetti, non intendevano alterare il rapporto di equilibrio fra le quote che ad essi spetterebbero. Queste donazioni costituivano un anticipo sulla successione futura. Al momento della morte quei beni che erano stati donati vengono rimessi nella massa e su tutto questo si fa la divisone. Qui bisogna chiarire un momento la differenza (il discorso delle donazioni ritorna da mille punti di vista) fra il meccanismo dell’allocazione e la riunione fittizia delle donazioni (che abbiamo visto parlando dei diritti dei legittimari). Quando facciamo la riunione fittizia, quali sono le donazioni che sommiamo al relictum, al patrimonio netto lasciato? Relictum meno i debiti più le donazioni. Poi si calcola su questo insieme la quota che sarà ¼, 1/3, ½. Le donazioni che metto insieme  ai fini della riunione fittizia quali sono? Se ho donato al mio fidanzato, quella donazione la metto nella riunione fittizia per vedere se c’è stata lesione di legittima? Si, lo stesso se ho donato ad un amico, oppure ai poveri orfanelli, non importa a chi l’ho fatta. La donazione può essere elusiva dei diritti dei legittimari. Nella riunione fittizia si riuniscono tutte le donazioni, fatte a chiunque. Nell’accollazione si riuniscono solo le donazioni fatte al coniuge e ai figli. Diversa è la logica.  La logica della riunione fittizia è evitare che attraverso donazioni vengano lesi i diritti dei legittimari.  La logica dell’accollazione è che si presume che le donazioni fatte a questi prossimi siano semplicemente degli anticipi. Nell’accollazione non ci va tutto, ma solo quelle ai prossimi, prima differenza.  Seconda differenza riguarda cosa? Il modo in cui si fa. Mentre nella riunione fittizia abbiamo semplicemente una operazione contabile, nell’accollazione abbiamo un’effettiva riunione con la massa. In certi casi, l’accollazione si fa proprio mettendo il bene in comunione. A volte si fa solo per imputazione, a volte si fa rimettendo in comunione il bene oggetto della donazione. Non è solo una operazione contabile. Se ho donato al figlio 1 un bene, io pensavo di fare lo stesso con gli altri, poi però non ho avuto tempo. Il bene al momento della morte va diviso con tutti i figli. L’ulteriore differenza è che mentre i diritti dei legittimari sono inderogabili, non posso  nel testamento dire ti esonero, dall’accollazione posso dispensare.