Approfondimenti sui patti successori

Il problema è capire cosa sono davvero i patti successori. È un grosso limite all’autonomia privata. Bisogna capire quando un determinato accordo costituisce un patto successorio costituendo un vincolo già attuale ma destinato ad operare comunque dopo la morte. Se a mio figlio sia pur pensando nella mia mente ad un assetto futuro, pensando ad una distribuzione post generazionale della ricchezza, acquisto un appartamento. Decido di testare a me l’usufrutto e a lui la nuda proprietà. Questo costituisce un modo di anticipazione di una futura divisione della ricchezza, però non è un patto successorio. È una operazione che produce effetti già in vita, io sono già titolare di usufrutto e lui di nuda proprietà. Pur avendo uno scopo pratico è perfettamente valido, efficace in vita.

Lo stesso vale per le donazioni. Sono già efficaci in vita. Il problema si pone per quelle donazioni dove abbiamo delle condizioni. Ad esempio, quelle condizioni per cui si pone una condizione sospensiva in modo da far decorrere gli effetti della donazione dopo la morte, allora qui si può discutere se è un patto successorio. Alcuni ritengono di si. Pur essendo stipulata in vita gli effetti si rinviano post mortem. Problema di distinguere quelle situazioni in cui certi accordi sono già efficaci in vita e pur avendo a che fare con assetti successori sono validi, e operazioni che producendo effetti post mortem, non sono validi. È vietato stipulare un patto volto a regolare assetti successori.

Quindi ci sono tanti strumenti che l’autonomia privata individua per fare uno slalom fra le norme successorie. Strumento vietato è il mandato post mortem. Se do un mandato ad una persona che produce effetti post mortem, è un modo per aggirare i divieti. Se è già efficace in vita e il compimento di atti materiali sono posticipati dopo la morte, si ritiene che in fondo si tratta di situazioni che hanno a che vedere con l’attività del defunto. Pensate anche all’esecutore testamentario, ma è consentito dal testamento. C’è questo problema. Le assicurazioni sulla vita producono effetti dopo la morte, ma siccome producono effetti già in vita, il contratto è efficace, c’è tutta una questione molto delicata e dibattuta dalla dottrina su quali contratti siano efficaci e validi in quanto hanno effetti in vita, e quelli in cui gli effetti sono rinviati dopo la morte  dopo la morte e costituiscono una violazione. Post mortem e mortis causa. Sono leciti quelli che già in vita producono degli effetti, non sono leciti quelli invece in cui essendo l’efficacia destinata a prodursi dopo la morte, sono mortis causa, è la morte la causa giustificativa del prodursi degli effetti. Questa è la distinzione su cui ogni volta si discute. È in questo senso o in quest’altro? Magari vi porto un po’ di giurisprudenza nelle prossime occasioni.

Io posso vincolarmi in vita per realizzare operazioni economiche, ma se il patto in vita è destinato a subire una serie di effetti mortis causa non lo posso fare. Poi vi porto qualche sentenza e lo vediamo. Si discute sul trust. È uno strumento utilizzato molto per fare operazioni familiari e di passaggio generazionale della ricchezza. Se attribuisco una gran parte del patrimonio mobiliare o titoli di credito, il trust è un istituto di diritto inglese ma non solo. Regolato dalla legge straniera, non esiste disciplinato dalla legge italiana. Le leggi comunitarie introducono delle norme sulla fiducia (trust vuol dire fiducia) che vengono sempre stracciate.

Nella legge comunitaria (si fa per dare attuazione a direttive comunitarie) è da qualche anno che viene inserita una norma sulla fiducia, però siccome c’è la condizione che implica il riconoscimento del trust, si ritiene che sulla base della convenzione dell’Aia, è diffuso il fatto di fare dei trust che sono tutti interni. I soggetti sia chi lo istituisce sia il beneficiario sia il trust in (il trust implica tre soggetti) sono tutti interni, anche i beni sono interni. L’unica cosa straniera è la legge regolatrice. Esempio. Decido di costituire in trust una  parte del mio patrimonio. Individuo il trust in che può essere o una persona fisica (parente o amico di cui ho fiducia) o professionale.

Ci sono associazioni e operatori finanziari che si incaricano di fare il trust in. Trasferisco una parte del patrimonio. Lui si impegna a farne una certa gestione. Si impegna ad amministrare il bene e a cavarne delle rendite. A consegnare a me, o a consegnare a persone che io vi indico è dividere in parti uguali le rendite del patrimonio. Noi però ci scriviamo che alla morte del disponente, alla mia morte, quel patrimonio lui debba dividerlo tra questi miei tre figli. Capite che ho realizzato in vita un assetto successorio, ho già stabilito come il mio patrimonio andrà diviso.

Differenza col testamento. Col testamento posso cambiare idea, col trust se non prevedo espressamente la possibilità di cambiare, quell’assetto economico resta ferreo. La caratteristica del trust è che quel patrimonio resta per così dire segregato, isolato rispetto al patrimonio del trust in. Il bene che io attribuisco non si confondono con il suo patrimonio ma resta isolato, ragion per cui da un lato lui non può disporne presso terzi, dall’altro i suoi creditori personali non si possono rifare sui beni dati in trust, deroga al 2740, norma generale sulla responsabilità patrimoniale tipico del contratto in forza della legge straniera. Uno dei problemi sul trust è proprio questo.

La caratteristica del trust, il vantaggio rispetto all’istituto romanistico della fiducia, oppure pensate anche al mandato senza rappresentanza. Il mandatario lo acquista e il bene diventa suo rispetto ai terzi. Qui gli obblighi nascenti dal trust non valgono solo fra le parti. Qui ci possiamo chiedere. Il trust è o non è  un patto successorio? Se guardo la clausola che dico alla mia morte distribuisci il bene fra i figli? Viene da dire di si, effetti mortis causa. Ma se guardiamo all’operazione nel suo complesso diciamo di no, il trasferimento dei beni è attuale e le rendite sono già attuali. C’è qualcuno che dice no ste cose non si fanno sono contro i patti successori.

Altri dicono l’operazione ha attività mere esecutive, si tratta di una parte di questa operazione da eseguirsi dopo la morte, ma la distinzione mortis causa e post mortem si guarda anche dal punto di vista come si guardano le cose. Si ammette prevalentemente che si possa fare una operazione di questo genere ma con due cautele. Uno evitiamo che sia in danno ai creditori (pregiudizio creditori); due problema della tutela dei legittimari. Questa operazione non può essere lesiva dei diritti dei legittimari, se lo è, è soggetta a riduzione. Sono situazioni in cui in alcune ormai si è raggiunto un indirizzo. Altre sono abbastanza discusse. C’è un’opinione prevalente ma anche una minoritaria.